lunedì 2 febbraio 2015

ANIMUS SCRIBENDI - lo "scrittore" che c'è in voi.


Non esiste un mondo più complesso di quello degli scrittori, perché sono loro a scavare più di ogni altro nei meandri oscuri della mente e a far emergere dal profondo tutte le emozioni e le sensazioni archiviate dentro di noi come esperienze assolutamente personali.
Lo scrittore ha una corsia preferenziale nella vita delle persone, perché entra ed esce da ognuna di queste particelle di esistenza umana per raccontare cose che esse vogliono sentire ma da voci estranee, così da salvare il proprio pudore o per tacere l'incapacità di parlarne.
Lo scrittore punta una lente d'ingrandimento su una porzione di quella vita e la sfaccetta: ricostruisce legami e percorsi immaginati ma che di sicuro appartengono a qualcuno; ruba, senza trasgredire norme, i sogni altrui, li fa propri per condividerli con tutti.
Lo scrittore è un sarto di vite, confeziona storie cucendo parentesi di quotidianità.
Ma, forse, questa è solo una rappresentazione dello “scrittore” che è in me. 

Mi chiedo, piuttosto, quante categorie di scrittori esistano in base alla spinta motivazionale che  guida la loro ispirazione.
Mi vengono in aiuto i “generi letterari” che testimoniano la diversità fra i vari modi di indirizzare la fantasia. Ci sono autori che si esprimono meglio in determinati ambiti piuttosto che in altri, scrivono spinti da molle interiori che li fanno interpreti di pensieri o di fantasie che provano a ben rappresentare o attraverso personaggi assolutamente inesistenti e storie ai limiti dell'impossibile, oppure ancorando saldamente la propria visione della vita alla realtà.
Così provo a dividere gli scrittori in due macrocategorie:

Gli EVASORI TOTALI e gli ORMEGGIATI SUL PIANETA TERRA

Tra i primi ascriverei senz’altro gli scrittori di storie fantasy che probabilmente sono stanchi di correre dietro alla normalità chiusa nel quotidiano, così suppongo che abbiano voglia di evadere come di offrire evasione. Se devo alienarmi dalla realtà è bene che lo faccia del tutto - pensano - e spingono la loro fervida immaginazione oltre l’umanamente possibile, creando mondi in cui vivono, si confrontano, lottano, personaggi frutto di fantasia, che soddisfano la ricerca di quell’”assoluto diverso" da ciò che viviamo nella realtà.

Anche chi scrive storie legate alla fantascienza fornisce una scusa per allontanarsi dalla realtà, ma lo fa partendo da presupposti diversi e spostando l’attenzione su altri obiettivi: ciò che non vediamo non è detto che non esista, dunque portare con la fantasia se stesso, prima che il lettore, in una dimensione sconosciuta ma possibile può essere molto stimolante. Forse il desiderio o la paura di quel "qualcos'altro" che possa esistere in mondi inesplorati spinge chi ama l'incertezza a scoprire anche solo con la fantasia quei mondi, a pensarli concreti. Così anche qui l'evasione dello scrittore dalla realtà è pressoché totale.

Lo scrittore di romanzi horror, ma anche di thriller potrebbe amare il genere per esorcizzare le proprie paure, per esempio. Quando ero più giovane ero un'accanita fan di Dario Argento. Un suo film era per me una prova di forza cui cedevo attratta dal potere che la visione di quelle scene esercitava su di me: per un'ora e mezza la mia attenzione era rapita dall'eccesso di violenza e questo svuotava la mia mente da altri pensieri che appesantivano la mia quotidianità; era come un transfert emotivo che paradossalmente cancellava ogni problema. Col tempo, maturando, ho appianato certe mie instabilità adolescenziali e mi sono allontanata dal genere horror e correlati: adesso quel tipo di efferatezza mi infastidisce. Ma chi ne scrive, secondo me lo fa ancora con quell'intento: vincere delle paure, esasperare per superare, per dirla con uno slogan. L’evasione è totale perché vivere con il pensiero che certi orrori possano appartenere alla realtà diventa aberrazione, ma qui inarco le sopracciglia accettando di mettere in dubbio ciò che dico: la realtà - adesso più che mai - arriva a superare persino la fantasia (ed esempi concreti ne abbiamo quanti ne vogliamo, se ci soffermiamo su taluni episodi di cronaca)

Nella categoria di quelli che ho bizzarramente definito “ormeggiati saldamente alla realtà” c’è tutto l’universo parallelo di scrittori che amano raccontare la realtà in ogni suo aspetto: traggono spunti da ciò che vivono o vedono, in prima persona o riferendo storie di altri ed evadono semplicemente immedesimandosi in vite che non sono le proprie ma potrebbero esserlo.
Ovviamente la categoria è piena di sfaccettature legate alla lente d’ingrandimento che puntiamo sulla storia: chi scrive storie d'amore ha bisogno di raccontare i propri sentimenti, di esternarli attraverso i personaggi che inventa; lo fa perché è protagonista della vicenda narrata e allora l'autobiografia è lo scopo della sua scrittura; ma può anche essere suggestionato da una storia d'amore vissuta da altre persone e ne scrive perché l’intenzione di dare voce ad un sentimento si manifesta come un’esigenza. La narrativa “rosa” non mi conquista particolarmente, ma le storie che raccontano di sentimenti sì e ci sono scrittori che sanno ben rappresentare il mondo chiuso dentro le persone, caratterizzare i personaggi per indurre all’immedesimazione. Storie di amicizia, di legami particolari, diari di vite vissute, o semplicemente storie e basta, quelle con trame inventate, ma che hanno il pregio di portare chi scrive (e di conseguenza chi legge) dentro gli ambienti descritti, per sentirne gli odori, o percepirne l’atmosfera. Ecco, in questi casi, l’evasione naviga sul piano terreno: lo scrittore di storie tratte dal quotidiano cerca un approfondimento soggettivo di vicende che, pur non appartenendogli, potrebbero essere possibili; lo fa per esprimere emozioni che altrimenti non saprebbero venire fuori, così narra per veicolare le proprie idee, i propri pensieri e lo fa senza la necessità di esporsi in prima persona; fa parlare i suoi personaggi, li muove come e dove vuole sotto una forte spinta emotiva che poi è quella che dà forza a ciò che scrive. 

In questo scrittore e lettore sono i lati di una stessa medaglia: lo scrittore deve trascinare se stesso in ciò che racconta, deve diventare un tutt’uno con l’idea che vuole trasferire su carta, per risultare credibile e convincente; il lettore raccoglie questa idea e la fa propria per entrare in simbiosi con la storia raccontata ed essere parte del mondo che lo scrittore vuole condividere.

Chissà che tipo di scrittore si nasconde in chi ama scrivere!




6 commenti:

  1. Io credo di appartenere alla seconda categoria.
    Mi piace creare quella giusta commistione di fantasia e realismo che consente al lettore di entrare in una dimensione sì di sogno, ma comunque a portata di mano. Se vicende straordinarie capitano ad esseri umani comuni, che si rendono capaci di mettersi in discussione, amare, soffrire e cambiare, il lettore può immedesimarci, recepire un messaggio, trovare lo spunto per "andare oltre" ...
    P.S. Il romando di Andrea De Carlo che citi fra le letture del 2013 non si chiama in realtà "lei e lui"?

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  2. E' esattamente ciò che intendevo: un sogno a portata di mano!
    Ecco, anch'io scrivo per offrirne uno!
    Ops, correggo subito la svista: hai ragione, il titolo è lei e lui. Grazie per la segnalazione.

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  3. Io faccio parte della prima categoria... Fantasy, fantascienza e thriller... insomma un trittico sorprendente.
    Amo evadere completamente dalla realtà, immergermi in un altro mondo, per poi risalire e svuotarmi della noia giornaliera.

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  4. E quello è anche il genere che va di più! :)

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  5. L'elemento fantastico è quasi sempre presente nelle mie letture e anche in ciò che scrivo. Sento il bisogno di guardare oltre la realtà contingente, non tanto per sfuggirla quanto per vederla da un punto di vista superiore, meno limitato, e così capirla meglio. Sono convinta che la realtà sia molto più fantasy di quanto si crede. :)

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  6. Mi piace molto questa interpretazione della scrittura fantasy!

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