martedì 19 maggio 2015

INTERVISTA DOPPIA: Surya Amarù Vs Giulio Mozzi


La Casa Editrice è il traguardo di ogni scrittore ambizioso, la pubblicazione il punto di arrivo di un iter che parte da lontano.
Così l'autore di un libro di belle speranze sa che lungo il cammino per la realizzazione del sogno coltivato da sempre può imbattersi in proposte bocciate, attenzioni negate o collaborazioni lunghe e impegnative con persone che credono nelle sue capacità.
Ho contattato due figure professionali che operano nello stesso settore, in due posizioni complementari, ma differenti: la responsabile di una neo-Casa Editrice e uno dei più stimati talent scout letterari in Italia. Ho chiesto a entrambi di rispondere a qualche domanda per confrontare il punto di vista di un editore, giovane donna con l'ambizioso progetto di affiancarsi ai colossi dell'Editoria italiana e un accreditato professionista che collabora proprio con alcuni di essi. 
Forse gli scrittori in cerca di affermazione possono trarre da questa intervista doppia alcuni spunti di riflessione, ricevere  suggerimenti o soltanto soddisfare qualche curiosità. 

E allora, parola agli esperti.

NOME: Surya Amarù
PROFESSIONE: editore Splēn Edizioni
TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI: volitiva, testarda, puntigliosa
UNO SCRITTORE CHE STIMI: Raymond Carver
UNO SCRITTORE CHE NON TI PIACE: Alessandro D'Avenia
GENERE LETTERARIO PREFERITO: racconti
ULTIMO LIBRO LETTO: Pastoralia di George Saunders

NOMEGiulio Mozzi
PROFESSIONE: consulente editoriale, insegnante di scrittura e narrazione, scrittore
TRE AGGETTIVI PER DEFINIRTI: maschio, bianco, cattolico
UNO SCRITTORE CHE STIMI: tra gli italiani viventi, Michele Mari
UNO SCRITTORE CHE NON TI PIACE: tra gli italiani viventi, la maggior parte
GENERE LETTERARIO PREFERITO: non bado molto ai generi. Solo, il fantasy mi fa dormire
ULTIMO LIBRO LETTO: Antoine Compagnon, Il demone della teoria, Einaudi


1.Tre qualità che deve avere un libro per finire sulla scrivania di un editore

SuryaCompiutezza (un libro deve avere un senso compiuto ed essere coerente  in tutte le sue parti), personalità (deve avere un suo preciso stile e un pubblico di riferimento nonché inserirsi perfettamente nel progetto editoriale della casa editrice), desiderabilità (deve generare curiosità prima e desiderio di lettura da parte del lettore).

Giulio: Essere bello, oppure essere vendibile, oppure (meglio) entrambe le cose.

2. In che modo le Case Editrici scelgono quali libri pubblicare?

Surya: Solitamente le case editrici scelgono cosa pubblicare in base alla capacità che i libri hanno di affrontare il mercato, il pubblico di lettori e la critica.

Giulio: Sulla base di un giudizio di bellezza e di un giudizio di vendibilità. Poi, ogni editore ha le sue procedure e i suoi meccanismi. E ovviamente ci sono editori ai quali importa più della bellezza e altri ai quali importa più della vendibilità.

3. Tre fattori di vendibilità di un libro

Surya: L’autore, la copertina e la “storia”.

Giulio: Una storia facile da riassumere, un dispositivo drammatico evidente, un “aggancio” con questioni d’attualità (cioè: con questioni delle quali si parla molto in quel momento).

4. "Il suo è un brutto libro" o "grazie, ma la nostra linea editoriale è diversa”? In altre parole schiettezza o diplomazia?

Surya: Sicuramente schiettezza. Personalmente dico che il libro non rientra nella linea editoriale della mia casa editrice solo quando è vero.

Giulio: Schiettezza, per carità.

5. L'errore in cui non cadrebbe mai un editore

Surya: Pubblicare un libro di dubbio valore letterario solo per compiacere qualcuno (i peggiori nemici di un editore diventano proprio i loro amici e conoscenti).

Giulio: Gli editori fanno un sacco di sbagli: come tutti.

6. Che qualità bisogna avere per fare il tuo lavoro?

Surya: Passione, competenza e tanta pazienza!

Giulio: Una sensibilità che vada oltre al proprio gusto di lettore; molta pazienza; tenacia; interesse per il lavoro altrui.

7. Una cosa bella e una brutta del tuo lavoro

Surya: I Libri. Far quadrare i conti.

Giulio: È molto bello accompagnare alla pubblicazione un’opera letteraria bella. È molto pesante, più che “brutto”, doversi far carico di ansie e ambizioni altrui.

8. I concorsi letterari influenzano le scelte delle Case Editrici?

Surya: No. Esistono numerosi concorsi letterari. Semplicemente le case editrici devono far partecipare il libro giusto al giusto concorso. 

Giulio: Il Premio Calvino sì. Gli altri è come se non esistessero. 

9. Un buon curriculum letterario aumenta le chances di uno scrittore di essere pubblicati con una Casa Editrice?

Surya: Di certo spinge un lettore o un editor a leggere con spirito diverso il testo ma alza anche le aspettative. Può quindi rivelarsi un'arma a doppio taglio.

Giulio: Se per “curriculum letterario” s’intendono gli studi universitari di letteratura, direi che non contano nulla. Se per “curriculum letterario” s’intende l’aver già pubblicato, dipende dalla natura e dall’esito di tali pubblicazioni. Se per “curriculum letterario” s’intende la frequentazione della Repubblica delle Lettere, purtroppo conta un po’ di più di quello che mi parrebbe giusto.

10. Chi ha un agente letterario alle spalle ha più chances di essere pubblicato?

Surya: Sì. Le case editrici hanno un occhio di riguardo per i testi presentati da un agente per diversi motivi. Innanzitutto il dattiloscritto è già passato al vaglio degli addetti ai lavori e ha già subito un primo editing. Inoltre gli agenti conoscono molto bene i progetti editoriali delle case editrici e propongono esclusivamente testi che potrebbero essere inseriti all'interno del loro catalogo.

Giulio: Dipende dall’agente. Negli ultimi dieci anni il numero delle agenzie letterarie è aumentato parecchio. Non tutte sono all’altezza.

11Cosa dev'essere subito chiaro in un contratto di edizione?

Surya: I diritti e i doveri delle due parti. Un contratto non deve trasformasi né in una prigione per l'autore né in un salasso per l'editore. Devono quindi essere valutati serenamente e da entrambe le parti: durata del contratto, cessione di diritti a terzi, esclusiva sulle opere future dell'autore (io personalmente sono contraria) e spettanze dell'autore.

Giulio: Tutto. Non devono esserci punti oscuri o ambigui.

12. Editoria a pagamento o no?

Surya: No all'editoria a pagamento. Meglio pubblicare da soli il proprio libro che “affidarlo” nelle mani di un editore (io li chiamo mediatori tipografici) a pagamento.

Giulio: In qualche caso ha senso – e penso soprattutto all’editoria di poesia – che l’editore spieghi bene all’autore quali sono i costi e quali sono le previsioni di vendita; e che ci si dia una mano. Poi ci sono gli editori che pubblicano qualunque cosa purché l’autore paghi: e quelli sono merda.

13. Cartaceo o digitale?

Surya: Sì al cartaceo. Sì al digitale, ma solo dei libri già dati alle stampe. Credo poco nel mercato degli ebook di aspiranti scrittori, il cosiddetto self publishing online, sia per la spesso dubbia qualità di questi testi sia perché ancora in Italia, a differenza degli Stati Uniti, il mercato dell'editoria digitale occupa una fetta di mercato irrisoria rispetto all'editoria tradizionale.

Giulio: In questo momento un libro pubblicato solo in digitale non è ancora considerato – dall’establishment letterario – un libro vero e  proprio. Le cose cambieranno col tempo, suppongo.

14. Veloce e senza garanzie come il self-publishing oppure lungo ed efficace come l'iter editoriale ufficiale?

Surya: Lungo ed efficace come l'iter editoriale ufficiale.

Giulio: Dipende: se punto all’eternità, può importami poco di aspettare un anno o due o cinque. Se punto all’istantaneità, dieci minuti possono essere un problema.

15. I principali difetti degli aspiranti scrittori

Surya: La gran parte di loro scrivono avendo letto appena cinque libri, si paragonano a grandi scrittori, non accettano le critiche e, ovviamente, non sanno scrivere e non se ne rendono conto.

Giulio: L’incapacità di dare una valutazione realistica del valore della propria opera.

16. L'errore in cui non dovrebbe mai cadere un aspirante scrittore

Surya: Scrivere della storia della propria vita (il cosiddetto romanzo autobiografico) pensando che possa interessare a qualcuno. Essere affetti, insomma, da un'eccessiva esuberanza narcisistica.

Giulio: Avere una valutazione irrealistica del valore della propria opera.

17. Libro tecnicamente perfetto ma noioso o libro coinvolgente ma con molte carenze di tipo tecnico?

Surya: Oggi può capitare di imbattersi in un libro tecnicamente perfetto ma freddo e noioso in quanto costruito a tavolino da un ottimo editor. Preferisco per questo alcune opere che presentino alcune carenze tecniche – quelle possono essere corrette – ma che sia coinvolgente e inaspettato.

Giulio: La domanda contiene già la risposta. I “problemi tecnici” possono essere risolti in casa editrice (quelli come me sono lì apposta).

18. Opera innovativa ma di scarso impatto sul pubblico oppure opera ordinaria ma molto commerciale?

Surya: Sì alle opere innovative, di nicchia, stilisticamente e letterariamente degne di nota. Dal punto di vista commerciale la scelta può apparire senz'altro rischiosa ma se non si pretende di pubblicare il nuovo best seller da un milione di copie, “accontentandosi” invece di far quadrare il bilancio si può fare un ottimo lavoro culturale.

Giulio: Non è detto che ciò che è nuovo sia bello; e non è detto che ciò che è ordinario sia facilmente vendibile. 

19. Fra opere qualitativamente equivalenti, quanto conta l'età dello scrittore?

Surya: Non lo ritengo un elemento degno di rilevanza.

Giulio: Per me, nulla. Per l’editore, un po’. Ma dipende tutto dal tipo di opera e dal tipo di editore.

20. Quante pagine di un libro leggi prima di decidere che esso non meriti la pubblicazione?

Surya: Spesso sono sufficienti appena cinque pagine, ma per rispetto di chi ha scritto cerco di leggerne almeno una ventina e di scorrere poi velocemente tutto il testo.

Giulio: Mi impongo di leggerne trenta cartelle, anche se spesso la mia opinione è formata a pagina due.

21. Se voglio farmi pubblicare scrivo un romanzo o scrivo un racconto?

Surya: Se fossi un aspirante scrittore proverei con un romanzo perché in Italia i racconti sono da molti  considerati un genere di seconda categoria. Io però amo particolarmente quest’ultimo genere e da editore prevedo di pubblicare molte raccolte.

Giulio: Non mi interessano quelli che scrivono perché voglio farsi pubblicare. Mi interessano quelli che vogliono fare un’opera letteraria bella.

22. Tre errori imperdonabili che non vuoi trovare in un testo

Surya: L’uso improprio della consecutio temporum, l’abuso di frasi fatte, la pioggia di puntini di sospensione (che, oltretutto, non sono mai tre ma due, quattro e talvolta cinque) e di refusi. 

Giulio: Uno solo: la mancanza di un autentico desiderio di “mettere in comune” qualcosa con chi legge. (Desiderio dal quale non discendono necessariamente precise scelte narrative o stilistiche).

23. Che possibilità hanno gli scrittori di farsi conoscere tramite blog, social network, pagine web statiche?

Surya: Molto buone. Diversi aspiranti scrittori sono stati scoperti proprio grazie ai loro blog e ad alcuni social network. Tutto sta nello scrivere in maniera intelligente ed evitare l’autocelebrazione.

Giulio: Da quando esistono i social network il numero di persone che vogliono “farsi conoscere” da me è aumentato vertiginosamente. In proporzione, è diminuita la mia capacità fisica di dare ascolto.

24. Quanto conta scrivere un incipit efficace?

Surya: È importante tanto quanto scrivere bene tutto il resto del libro. Ci sono incipit di memorabile bellezza, questo è vero, ma esistono alcuni capolavori letterari che se fossero stati valutati esclusivamente dal loro incipit non sarebbero mai stati pubblicati.

Giulio: Per la vendita in libreria, parecchio. Per la scelta editoriale, assai poco: si guarda al tutto, non solo all’incipit.

25. “Il tempo è un’inevitabile galleria da attraversare al buio; un compagno infedele lungo il percorso della vita; un inganno, il meno sospetto ma il più pericoloso degli inganni! Si ha tanto tempo quando non lo si chiede e poco quando lo si desidera, ma mai pensare di averne abbastanza quando non si è certi del futuro; il tempo può essere un inconsapevole traditore delle aspettative, un gioco che non conosce regole. Il tempo è padrone assoluto di vite perennemente in attesa."

Daresti una chance a questo scrittore?

Surya: Per coerenza con quanto affermato poco sopra devo dire che sono davvero poche righe per esprimere un giudizio.

Giulio: Se mi chiedessero di valutare un’opera sulla base di poche righe, mi rifiuterei. Nessuno mi ha mai chiesto di farlo, peraltro: perché gli editori non sono mica scemi.

Ringrazio i miei graditi ospiti per avere dedicato un po' del loro prezioso tempo a rispondere alle mie domande e, naturalmente, invito tutti a visitare le pagine del sito ufficiale della Casa Editrice Splen e il blog Vibrisse, bollettino di letture e scritture, curato da Giulio Mozzi.




34 commenti:

  1. Wow :)
    Grande Marina, che sei riuscita a fare un'intervista doppia. Non ci sono grandi novità, direi, ma è bello sapere che ci sono alcune certezze che persistono. C'è poco da fare: se si vuole pubblicare tradizionalmente, bisogna confrontarsi con il mercato e con chi ci opera. Ergo, un romanzo deve avere un progetto di tipo "professionale" alle spalle già a partire dal momento in cui noi cominciamo a pensare alla scrittura.
    In realtà l'affermazione è ancora più vera se si volesse fare self-publishing, perché c'è bisogno di un progetto serio e consistente anche per tutte le fasi successive.

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  2. L’incapacità di dare una valutazione realistica del valore della propria opera è un difetto molto realistico, ma perdonabile.

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  3. C'è anche chi, come me, non si pone neppure il problema: scrivo per hobby, non per diventare famoso :-D

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    1. Epperò, se ci scappa l'"ingaggio"... non si sa mai!

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  4. Bellissima intervista. Credo che entrambi, poi, abbiano detto cose molto condivisibili.

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    1. PS: a parte il fantasy che fa dormire! Che mi fa venire in mente un siparietto con un docente della Holden
      – L'unico genere senza dignità è il fantasy!
      Io: – Mah... La mia autrice è Ursula Le Guin...
      – Ah... Lei è una grande, ma scrive fantascienza
      – Veramente metà della sua produzione è fantasy e nelle interviste lo ribadisce...
      – Ah... Ma quando scrive fantascienza o mainstream...
      – Cambia personalità?
      Saltò fuori che di un'autrice che pure stimava molto non aveva letto un sacco di opere solo perché c'erano dei draghi in copertina...

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    2. Mi pare di capire, allora, che chi vuole spedire un manoscritto non solo deve studiare preliminarmente la linea editoriale delle case editrici per evitare che un testo fantasy finisca alla Garzanti, per fare un esempio, ma deve anche conoscere i gusti personali di un consulente editoriale se vuole rivolgersi a questi per avere un giudizio sulla propria opera.

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  5. Interessante, brava Marina! Dal punto di vista dei contenuti hanno entrambi più che altro confermato impressioni o concetti già noti. E si è pure sfatato alcuni miti, come ad esempio che dal self publishing possano uscire capolavori, come è accaduto di là dell'Oceano. Leggo molti ebook ma mi rendo conto che in Italia questo mercato sia ancora ridotto e, specie per chi pubblica solo in formato digitale (self o con casa editrice) la percezione è quella di un libro di seconda fascia. Sono convinto che non sia così, ma tant'è. Gianni G.

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  6. Questa intervista è veramente molto interessante, e mi ha fornito notevoli spunti di riflessione, anche fuori tema. Uno su tutti: a volte penso che questi primi mesi di stesura del romanzo siano stati inutili, perché molti brani dovranno essere buttati via, il mio stile è cambiato, così come la storia. E a volte provo un senso di stanchezza abbastanza forte. Ma poi penso a quante cose ho imparato e sto imparando, e mi accorgo che, sebbene i miei passi siano lenti, possano considerarsi efficaci. E quanto ho letto in questa intervista lo conferma, sia perché molte delle cose "da evitare" sono state già superate da un pezzo, sia perché informazioni come queste, anche se non mi serviranno nell'immediato, possono entrare a far parte del mio bagaglio culturale e tornarmi molto, molto utili in futuro... :)

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  7. A me hanno colpito i fattori di vendibilità di un libro indicati da Mozzi: lui dice una storia facile da riassumere, un dispositivo drammatico evidente, un aggancio con questioni di attualità, di cui si parla molto. È un po' come suggerire cosa scrivere in un romanzo che punti al successo.

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    1. Il primo e il terzo punto credo che nel mio romanzo ci siano (o meglio, si menzionano alcuni fatti storici importanti e si toccano tematiche esistenziali che coinvolgono quasi tutta la mia generazione) il secondo devo capire cosa sia :-D

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  8. Interessante intervista. Mi conferma che bisogna "assolutamente" studiarsi i Dickens, i Simenon e compagnia cantante per arrivare al consenso. E poi forse al successo. Però ci vuole tempo ed energie...

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  9. Una cosa sia chiara. Se mi si chiedono quali sono i "fattori di vendibilità", io rispondo.
    Ciò non comporta che io identifichi il senso dello scrivere e del narrare con la produzione di oggetti caratterizzati da alta vendibilità.

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    1. Io collego i difetti di un aspirante scrittore proprio a quei fattori di vendibilità da lei citati, cioè penso che uno dei principali errori in cui incorre una parte (certo, non tutti) di aspiranti al ruolo di scrittore sia quello di volere cavalcare l'onda di una moda in corso, di drammatizzare eventi legati all'attualità al solo scopo di conquistare il favore di un editore, prima che del pubblico, a scapito di una spontaneità che forse non verrebbe premiata ma risulterebbe più autentica.
      A maggior ragione sono contenta se leggo che il senso dello scrivere e del narrare sono altra cosa.

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    2. Sono d'accordo. Io ho sempre agito in modo estremamente naturale sul mio romanzo, non mi sono "dannata" nemmeno a cercargli un genere. Però, due delle caratteristiche citate nella mia storia ci sono, e non c'è niente di male a dirlo. :)
      Ringrazio comunque il dottor Mozzi per la sua precisazione.

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  10. Bella questa doppia intervista con molti spunti di riflessione, cercherò di farne tesoro. Qualche perplessità mi sorge però sui Fantasy, non è un genere che prediligo, però vendono molto e le classifiche lo dimostrano.

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    1. Il fantasy al giorno d'oggi e' il futuro basti pensare alle cronache del mondo emerso di Licia Troisi o la trilogia di Eragon

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    2. Infatti è quello che dico anch'io, nell'intervista il fantasy viene scartato -:)

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    3. Però, credo che dall'intervista possano discendere alcune importanti riflessioni che prescindono dal genere letterario; le domande e dunque le risposte non riguardano la sorte del fantasy o il suo successo giustificato o meno. Quello resta un gusto personale per un genere narrativo, che poi abbia tanto seguito è un altro paio di maniche.
      Forse bisognerebbe chiedere come mai si abbia tanto bisogno, oggi, di vivere storie straordinarie attraverso la lettura e perché il fantasy sia tanto ricercato. Io non lo so.

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    4. Come ha già scritto Marina, le domande poste a me e Giulio prescindono da qualsiasi genere. Il fantasy rappresenta una tipologia di letteratura al pari di ogni altra, con i suoi capolavori e con libri che, personalmente, non avrei mai pubblicato.
      Non deve essere considerato un genere di seconda categoria e, anzi, ha il merito di aver avvicinato molti ragazzi (e non solo) alla lettura.
      Che poi possa piacere o meno, appassionare o annoiare, questo rimane sempre e solo un giudizio personale.

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  11. Bell'intervista! Pero' io gli avrei anche chiesto se gli e' mai successo che hanno scartato un romanzo avendolo sottovalutato e magari un loro collega lo ha preso in considerazione ed ha avuto un successo che non si aspettavano (senza parlare di big) d'altra parte anche un bravo scrittore o scrittrice da qualche parte deve pur cominciare!

    Zzarkino

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  12. Simpatico ''trialogo''. Teste pensanti. Peccato non vederne l'esatto corrispettivo, insomma l'applicazione sistematica e reale, nelle novita' librarie delle grandi aziende editoriali...

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    1. Benvenuto, Sergio! Le teste pensanti sono sempre bene accette, anche se non la pensano come altre teste pensanti, dunque perché non aggiungere le tue considerazioni sull'argomento al posto dei tre puntini? Qui non siamo in una grande azienda editoriale, ma in un piccolo blog aperto a tutti.

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    2. Come disse Garibaldi, obbedisco (volentieri). Ah ah ah!
      Come la penso, in verita', e' ben noto in giro per riviste, siti e blog internettiani (cfr. miei contributi su Progetto Babele e su Italialibri), pero' ora son qui e qui parlo.
      E lo faro' raccontandovi una vecchia barzelletta.
      Anni Cinquanta. Due compari siciliani vanno a Milano. Nel traffico osservano le targhe automobilistiche e dopo un po' uno, stupefatto, dice in dialetto all'altro:
      ''Guarda un po' che strana citta' questa e': tutte macchine di MIssina e nessuna de MElano!''. E i due concludono che sia meglio cosi' perche' potranno esser capiti da tutti.
      Ecco. La grande editoria italiana e' uguale: un gruppo di persone che non sa leggere il Paese in cui si trova e pensa di essere lui ad imporne la lingua, percio' impone la lingua sbagliata e fallisce miseramente. Precisando: i grandi editori ci consiederano semianalfabeti e libri da semianalfabeti ci danno. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. L'Italia in realta' e' cresciuta e vuole arte artigianale ed immortale, non successini editoriali pompati e transitori.

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    3. Grazie del contributo eloquente e spassosissimo (in più me lo sento addosso, visto che sono una super siciliana trapiantata nel territorio romano!).
      Se ci soffermiamo alla morale della favola, hai detto cose importanti, la grande Editoria col nostro semialfabetismo si lecca i baffi; è più facile scendere a compromessi pompati e transitori per sopravvivere che rischiare di spegnersi dietro ai successi immortali e poco capiti.

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    4. Come disse Massimo D'Azeglio, abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani.
      Se non ho capito male, mi pare che tu dica la stessa cosa: i lettori sono cresciuti, ora dobbiamo far crescere i libri. Però gli editori i libri li editano, ma sono gli scrittori che scrivono. Non è che forse sono gli scrittori che non sanno leggere il Paese? Gli italiani poi leggono davvero pochino...Se dici Progetto Babele per la strada, la gente pensa sia una nuova discoteca.
      Dacci una speranza: ci sarà qualche autore-editore-artigiano che continua a stampare libri di valore. O è tutto così negativo?

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    5. Rispondo a entrambi.
      Gli editori seri esistono ancora, seppur mosche bianche, ma dobbiamo cercarli fra i medio-piccoli. Per es. Del Vecchio, Adelphi, alcune cose di Guanda, e/o, Marcos y Marcos, Neri Pozza.
      Marina: no, ho detto che gli italiani anche se non sembra capiscono quando hanno in mano una novita'-fregatura-da-trenta-minuti o un vero-libro-da-tre-secoli, quelli che invece NON lo capiscono sono gli editori ed alcuni autori. Pero' ricordiamoci che oggi i libri sono co-scritti (bel gioco di parole?) da autori e editor, inoltre non passano al vaglio di capicollana, direttori editoriali ecc. se non sono commerciali gia' in partenza.
      Per opporsi a tutto cio' chi scrive deve farlo seriamente, cioe' leggendo buoni autori e studiando. La grammatica in primis. Una rivoluzione conservatrice: ''Scrivo con uno stile ottocentesco e me ne vanto''...

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    6. L'originalità premierebbe più della commerciabilità? Perché scrivere con uno stile ottocentesco, oggi, sarebbe davvero originale, ma alla fine è il lettore che muove le fila dell'editoria e se il lettore chiede l'opera mordi e fuggi oppure la storiella ben infiocchettata grazie al lavoro congiunto di autore e editor c'è ben poco da sperare che le Case Editrici avallino la rivoluzione conservatrice. Faccio il tifo per le mosche bianche e lo dico da lettrice, amante dei buoni libri piuttosto che da scrittrice con il suo sogno chiuso nel cassetto.

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    7. Domanda: perché sono le Case Editrici medio-piccole ad aggiudicarsi il palmares dell'Editoria italiana?

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    8. Una tesi interessante, che però davanti al Rasoio di Occam mi pare che abbia grosse difficoltà di sopravvivenza.
      Forse ci si dimentica che la maggior parte di quello che si pubblica oggi qui è una traduzione di un testo straniero. Sarà mai possibile che in tutto il mondo si producano solo testi così bassi, a disdoro dei poveri italiani che leggerebbero volentieri un testo che duri tre-secoli-tre scritto in una lingua ormai vecchia di due secoli?

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    9. Il panorama editoriale (sia italiano che mondiale) che vedono gli addetti all'acquisto dei titoli per conto delle nostre grandi case editrici e' un panorama drogato, filtrato dagli interessi economici. E questo panorama filtrato e' anche quello che i grandi gruppi ammanniscono agli italiani. Ma in realta' non e' il solo e l'unico panorama: in Italia e nel mondo esistono ottimi scrittori tenuti in disparte soprattutto in Italia. Si tratta di autori che pero' vengono letti, vincono premi e pubblicano. Ma i nostri RCS e Mondadori si guardano bene dal farli tradurre, o se li traducono poi non li promuovono... li lasciano morire d'inedia... perche' dicono: ''gli italiani sono troppo ignoranti e stupidi per capirli''. Invece quel che vorrebbero gli italiani e' ben altro. A dimostrarlo bastano due esempi: la valanga di copie vendute da Piperno ed Eco - autori bravi e ben promossi.

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    10. Caro Michele: se interpretassi bene la mia risposta qui sopra, troveresti un po' anche la tua. Si', resto convinto che se OGGI un grande editore trovasse un capolavoro inedito analogo ai Promessi Sposi e lo promuovesse farebbe soldi a palate.

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  13. Grazie della bella intervista. Di solito tendo a stancarmi a metà, ma non questa volta. :)

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