mercoledì 19 agosto 2015

Passione è vita (riflessioni)


Qualche giorno fa, nella pagina del sito "il Mestiere di scrivere", ho letto una bellissima lettera che il ballerino russo di danza classica Rudolf Nurejev ha scritto nella fase finale della malattia, l'AIDS, che lo ha portato alla morte, nel 1993, interrompendo la sua carriera di grande danzatore e tutti i suoi meritati successi mondiali.
Al di là del suo valore umano e della commozione che essa suscita, questa lettera-testamento è un inno a quanto di più bello possa capitare a un uomo: riuscire a vivere una passione come la più straordinaria e appagante esperienza tramite cui affermare la potenza di un talento innato.

Rudolf Nureyev aveva un dono: lo portava dentro con sé, quando andava a faticare nei campi assieme al padre; quando studiava fra i banchi di scuola, quando nel tempo libero pensava solo a un paio di scarpette di danza e alla musica.
Il suo sogno da bambino povero era fare il ballerino. 
Quanto pathos nelle sue parole, quanta dedizione, quanto coinvolgimento emotivo nel ricordare gli inizi di una carriera che vivrà con umiltà per tutta la vita. 
Nel suo sfogo ho trovato degli spunti di riflessione significativi, che non posso fare a meno di trasferire nel mio ambito, quello della scrittura: del pari di ogni altra forma di arte che richieda passione e sacrificio, anch'essa necessita di un analogo trasporto per risultare "autentica" e di un analogo slancio senza secondi fini e di un'analoga abnegazione e di un impegno instancabile e sincero.
Quanti di noi scrivono per sentirsi un'aquila sul tetto del mondo? perché lo si può essere chiudendo gli occhi e aprendo il corpo alla musica, ma anche volando con la fantasia stringendo una penna in mano!
Quanti di noi avvertono il flusso del sangue animare la mano che scrive, il fervore della mente quando crea, il desiderio di sublimare un pensiero sulla carta? Quanti percepiscono il valore soggettivo di una passione che potrebbe non raggiungere alcun obiettivo, ma essere in sé un credo, un bisogno, uno sfogo fine a se stesso?
Mi ha colpito il ricordo di Nurejev di un'eccellente ballerina che aspirando a vincere un concorso, si preparava per non deludere le aspettative e che poi, non conseguendo il risultato sperato, si era ritirata dalla danza. Soltanto a questo servono i sacrifici? A vincere una sfida, a superare un traguardo? E se nessuno considera le nostre opere letterarie, se gli Editori non rispondono alle nostre pie richieste di considerazione o se rispondono con un "no" netto e avvilente, che facciamo, smettiamo di scrivere?
Andiamo alla ricerca della perfezione solo per stupire? Per vincere le resistenze del pubblico e avere l'etichetta stampata sul nostro libro "vincitore del Premio Tal de' Tali"?
Ci stanchiamo di scrivere se riceviamo critiche negative? smettiamo di imparare da chi ha qualcosa da insegnarci sulla scrittura se capiamo che ciò non porta da nessuna parte?
Ma dov'è lo spirito dello scrittore che vive la sua passione come un dono viscerale di cui non può fare a meno? Dove sono l'odore della pelle che cambia, le scarpe consunte ai piedi, il respiro che viaggia sopra le nuvole?
Il carattere di indispensabilità della passione di Nurejev mi ha colpito profondamente, mi piacerebbe pensare che anche nella scrittura si annidi il seme dell'abbandono puro alle malie della fantasia, al fascino dell'inchiostro, alla libertà delle idee.
Mi piacerebbe poter dire che non basta vincere Premi letterari o essere abbastanza apprezzati per fare di noi degli scrittori appagati, che il successo quando c'è non ci rende servi di padroni con esigenze lontane dal nostro modo di scrivere; mi piacerebbe, pensare che anche in questi casi, il sonno non sia diverso da quello di altre notti, invece di accrescere amor propri e rendere più grandi i sogni.
Non so se la scrittura possa sublimare l'arte al pari della danza, fatta di movimenti del corpo che dicono qualcosa, ma in fondo credo che ogni espressione creativa possa essere assimilata in questa visione appassionata e intimamente sentita.
Mi dispiace che il ballerino russo più famoso al mondo non possa più dimostrare il suo amore per la danza, ma io prendo questa sua lettera come un invito rivolto a tutti a vivere con passione l'interesse di cui ci sentiamo portatori, a dargli un senso vero, a indirizzarlo verso il giusto e il concreto, in un continuo scambio di sudore e silenzi che possa portarci a guardare ogni cosa dall'alto tenendo sempre i piedi per terra.



10 commenti:

  1. Sì, decisamente, la scrittura deve essere anche passione. Ne conosco troppi che scrivono solo perché sperano di diventare famosi. Certo, la danza è qualcosa di fisico, corporeo, mentre la scrittura è "solo" cerebrale, però sommuove ugualmente l'anima di chi la vive con passione ;-)

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    1. Infatti mi chiedevo proprio quanti di quelli che puntano solo alla fama siano, poi, in grado di sostenere fallimenti e affrontare sacrifici.
      La passione "vera" si misura anche con i tentativi non andati in porto e con il sudore della fronte (metaforico, certo, nel caso della scrittura!)

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  2. Bellissimo post. :) E' importante ricordare che la scrittura è anche questo, al di là dei progressi a passo di formica e delle delusioni, ed è bello farlo con una persona come Nureyev. Grazie!

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    1. Grazie a te per l'apprezzamento: volevo trasmettere la sensazione che ho provato io leggendo la testimonianza del grande ballerino! Ed è ciò che penso, quello in cui credo in questo difficile cammino che ci impegna a diventare scrittori.

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  3. Io ringrazio, davvero ringrazio di avere sono una piccola parte di questa ossessione che muove i grandissimi. Perché è il genere di ossessione che porta a fare grandissime cose, ma anche a trascurare tutto il resto e, spesso, a trasformare la vita in un inferno. Perché a un certo punto non è più una scelta né un piacere, è una necessità.
    La passione-ossessione secondo me è (purtroppo) spesso una base necessaria per tutti gli artisti. Chi glielo faceva fare a tanti pittori bistrattati in vita di dipingere? O a poeti, o a scrittori? Queste persone, come Nureyev, ballano, dipingono, suonano, scrivono perché devono farlo, ricercando una perfezione assoluta al di là degli apprezzamenti e delle critiche, interagiscono, per certi versi, direttamente con l'arte. Regalano al mondo cose meravigliose. E spesso sono infelici.
    Un po' di ossessione ce l'ho. Non troppa, e aggiungo per fortuna...
    PS: grazie per aver ricordato un grandissimo con un post davvero bello.

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    1. Con certe ossessioni si nasce, c'è poco da fare! Neanche la mia passione per la scrittura, per quanto autentica e molto sentita, è così totalizzante da oscurare ogni cosa: ho altri interessi che coltivo con soddisfazione e che mi regalano il piacere del benessere. Però è innegabile che io resti ammirata da chi vive solo per realizzare un sogno insostituibile, non barattabile con nessun altro desiderio e concentra tutto su quell'unico credo. Il maestro di conservatorio di mio figlio è così ed è meraviglioso vedere come a soli 27 anni abbia quel trasporto e quella dedizione che sono un esempio bellissimo per chi vuole imparare a "sentire" il suono del pianoforte prima che a sapere battere sui tasti.
      E poi, fin da bambina, Nureyev era un mito in casa mia, amato da mia madre e perciò seguito con molta ammirazione. La mia riflessione nasce anche dal ricordo che ne conservo tutt'ora.

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  4. Bellissimo post Marina. La passione è sicuramente ciò che muove la mia scrittura, altrimenti mi sarei fermata tanto tempo fa, visto la fatica che mi costa trovare il tempo di scrivere. Mi piacerebbe essere considerata da qualche casa editrice ovviamente non lo nego, ma quando scrivo una bella pagina sono felice e per ora non voglio rinunciare a questa sensazione.

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    1. Certe volte il segreto di una passione è sapere dedicarle del tempo senza chiedere in cambio qualcosa: scrivere per il piacere di farlo, non trascurando i sogni e la possibilità di migliorarsi sempre.

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  5. Bellissimo post. Tra l'altro mi hai dato occasione di conoscere questa lettera, che ignoravo.
    Che dire, mi piacerebbe scrivere così, ma per me (per il mio approccio alla scrittura, almeno), c'è un problema di fondo. Non posso riuscire a scrivere senza pensare al successo, intesto non come numeri di vendita, ma almeno come pubblicazione, perché fondamentalmente scrivo per raccontare e quando scrivo non sono mai io, sola, con il foglio bianco... ma siamo sempre io, il foglio, e il mio lettore immaginario, senza il quale non scriverei.

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    1. Certe volte vestiamo i panni degli scrittori "puristi", quelli che vivono per la scrittura perché scrivere è bello, punto; invece, poi, sappiamo in cuor nostro che anche il pubblico di lettori è importante, cioè averne uno che si affezioni al modo in cui scriviamo e che ci regali la soddisfazione di avere fatto un buon lavoro per qualcuno e non solo per noi stessi.
      Dunque capisco il tuo punto di vista.

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