martedì 29 settembre 2015

SCRIVERE: tra passione e mestiere


Fare lo scrittore non è un mestiere; oddio, veramente in molti casi lo diventa, però in genere la scrittura è confinata nel campo delle passioni che, per loro stessa natura, nascono spontanee. La scrittura-mestiere non lo è: non è spontanea, perde la sua magia quando ha scadenze e impone ritmi e decide argomenti che vanno trattati perché di grande interesse, a scapito di altri che sono frutto di una ispirazione autentica, ma di appeal inferiore.
Eppure c'è chi scrive per professione traendone un vantaggio economico. Scrive per mestiere il giornalista, lo scrittore a contratto con una Casa Editrice, scrive in questo modo anche il blogger (non amatoriale come tutti noi); in questi casi la passione scivola qualche gradino sotto per asservire a un esigenza di tipo diverso: la produttività costante e garantita.

Allora rifletto: sì, interpretata come sacro fuoco la scrittura creativa non ha nulla di automatico e ciclico, ma non è del tutto vero, se penso che anche scrivere per diletto ha un suo codice comportamentale fatto di impegno costante e disciplina. E giungo alla conclusione che lo scrittore "vero" fa un lavoro, lo scrittore per così dire "bohémien", guidato solo dal momento e dall'ispirazione, resta un modesto cultore dell'arte scrittoria, posso dire uno "scrivente"?

Per caso, navigando sul web, mi sono imbattuta in un video di poco più di un minuto, solleticata dalla curiosità di sentire cosa avesse da dire il premio Nobel per la letteratura Josè Saramago sul "mestiere di scrivere", titolo dell'intervista.
Ascoltatelo voi stessi:


In pratica, lo scrittore portoghese sostiene con fermezza, che anche se "la maggior parte di scrittori non sarà d'accordo con lui", SCRIVERE È UN LAVORO che, in quanto tale, "bisogna saper fare bene".

Che significa sapere fare bene un lavoro?

Significa garantire dei risultati soddisfacenti, partendo da un progetto.
Significa organizzare il tempo in funzione di quell'obiettivo.
Significa concentrarsi per dare il meglio.
Significa non trovare scorciatoie, ma sbattere quotidianamente il muso contro le difficoltà che si incontrano, affrontarle per trovare una soluzione.
Significa studio e approfondimento.
Significa non lasciarsi vincere dalla pigrizia.
Significa non raccontarsi scuse di fronte al prodotto riuscito male.
Significa sbracciarsi e qualche volta persino ricominciare tutto da capo.
Significa sacrificio.

Se vogliamo fare gli scrittori romantici, quelli che camminano con il naso all'insù e guardano il cielo per dare una forma alle nuvole e descrivere quel magico momento, allora stiamo attribuendo a ciò che facciamo il valore di un piacevole passatempo che coltiviamo per passione, certo irrinunciabile, ma che non abbiamo intenzione di fare evolvere. E nessuno ci impedisce di continuare ad avere questa visione: si è motivati in modo diverso e non oserei mai criticare chi fa della scrittura solo un momento di svago personale o una parentesi poco impegnativa.

Io chiedo di più a me stessa.

Ecco perché più volte mi capita di parlare della ritrovata consapevolezza di essere ben lontana dal mestiere della scrittrice intesa come "lavoro": resto una dilettante che scrive bene (forse), ma che raccoglie ancora male le opportunità di crescita, che usa strumenti rozzi e non sa decodificare regole. 
Sono una "scrivente".

Per fare gli Scrittori dovremmo darci un metodo, fatto di tempi da rispettare, un'organizzazione che scandisca momenti con precisione e costanza. Non "oggi non mi va, magari domani", ma "oggi non mi va, mi siedo e provo a recuperare l'ispirazione". Dovremmo imparare a "perdere tempo" quando scriviamo: perdere tempo a centrare l'obiettivo, perdere tempo a spezzare un'idea in mille piccole sottoidee per analizzarle e ricomporle in modo coerente e unitario. 
Spendere bene il tempo e non avere fretta.
La scrittura seria e convinta va avanti così, in una parola: è disciplina.

Come vivete la vostra scrittura: siete scrittori "bohémien" o scrittori "impegnati"?
Che grado di consapevolezza avete raggiunto riguardo al "mestiere" di scrivere?








43 commenti:

  1. La mancanza di tempo e il mio stile di vita a volte mi impediscono di impegnarmi come vorrei e di rispettare le mie scadenze, però ho un progetto da portare avanti e cerco di farlo nel modo migliore possibile, con tutta la professionalità di cui sono capace e con l'obiettivo di migliorare ancora.
    Sono convinta che, se vivo la scrittura come un lavoro, ci sono maggiori possibilità che lo diventi davvero. Però lo stress e l'ansia del mio lavoro ufficiale non devono sconfinare in questo ambito.
    Sono convinta che chi ama il proprio lavoro non lavori nemmeno un giorno nella vita, e vorrei che la scrittura per me fosse questo. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È quello che ti auguro, sai?
      di potere mollare paranoie e stress da lavoro tanto detestato per approdare a un lavoro di scrittura a tempo pieno! Secondo me hai le carte in regola per coltivare un sogno del genere e ancora tutto da dimostrare con il romanzo che stai scrivendo!

      Elimina
    2. Che bella cosa hai scritto!
      Lavorare con la scrittura per me non significa solo fare la scrittrice: anche l'editor e la copywriter mi piacerebbero. Inoltre sono pubblicista. Però mi rendo conto di aver ancora moltissimo da imparare. Il romanzo è a un livello di bozza che più bozza non si può, e prima che sarà pronto passerà ancora un bel po' di tempo. :)

      Elimina
    3. Bozza promettente. Penso di poterlo dire con certezza! ;P

      Elimina
  2. Sono molto disciplinata, del resto la costanza è una mia caratteristica precisa non solo nella scrittura. Ho fatto davvero tanta strada, occorre anche un metodo, e quello l'ho trovato dopo anni, anni che, a guardarmi indietro, ero davvero una pallina da ping pong che girava a vuoto o quasi, andando raramenta a punto, ma alla fine sono state esperienze anche quelle tante partite giocate male, e tutto serve. Baci Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il mio problema principale è la distribuzione del tempo nell'arco della giornata. Vorrei dedicarne molto di più alla scrittura, ma sembra che tutto giochi a mio sfavore. In sostanza, sono una potenziale scrittrice disciplinata, ma rimango confinata al rango di scrivente semi-occasionale in mancanza di metodo e costanza. Praticamente ti invidio!

      Elimina
  3. Il mestiere di scrivere è costituito da tre cose per me: una lunghezza prestabilita, una scadenza, un compenso monetario. Se manca una delle tre non è mestiere, ma solo scrittura (scrittura buona, cattiva, dilettantesca, bohémien). Poi c'è l'arte, questa non si sa cos'è. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'arte potrebbe essere un mix: scrittura (buona) che mira a diventare "mestiere" retribuito però senza vincoli.

      Elimina
  4. Io ho un metodo di lavoro, che mi sono costruito negli anni, e non avrei problemi a fare lo Scrittore. Sulla Scritttura, magari, ci posso lavorare ma per trovare i lettori, invece, non c'è metodo che tenga :-P

    Ti lascio questo link, che avevo lasciato anche a MB, su cosa significhi essere uno scrittore che si paga le bollette:
    http://terribleminds.com/ramble/2015/09/23/peaks-and-valleys-the-financial-realities-of-the-writers-life/

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Scritttura con tre t, per darle importanza. Naturalmente. :)

      Elimina
    2. Sì, forse il vero quesito non è come essere scritttori, ma quanto saremmo "legggibili"! (La tripla g solo per simpatia!) :P

      Elimina
    3. E tu mi linki un post di inglese fitto fitto? O.o

      Elimina
    4. Michele scimunitu: chista fimmina hai scunchiuto! :)

      Long story short del post in inglese:
      il mestiere di scrittore ha momenti in cui le cose funzionano e altri (molti) in cui le cose non vanno: la scrittura non garantisce uno stipendio e il fatto che un libro o un genere vendano o meno è in larga parte determinato dalla fortuna. Ergo serve scrivere molto, soprattutto per i momenti di magra, nella speranza che di tutto quello che si scrive ci sia qualcosa che capiti al momento giusto nel posto giusto.
      Ma, alla fine di tutto, serve tanto cul*

      Elimina
    5. Bedda matri, Michele, m'avia cunfunnutu! ;)
      Grazie per la traduzione.
      E grazie per avere detto una cosa che ometto sempre di dire perché poco professionale: che nella vita il c*** serve sempre!

      Elimina
  5. Non sono uno scrittore dalle mille parole al giorno, ma nonostante la carenza cronica di tempo, il lavoro, la famiglia impegnativa, il blog ecc. ho un mio metodo e procedo con costanza. So che per completare il mio nuovo romanzo non mi sarà sufficiente un anno, forse due... quel che conta è la professionalità e l'impegno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anch'io ho in corso d'opera un nuovo romanzo, ma vivo male l'idea di una disciplina, perché tutto mi impedisce di averne una. Così, prendo l'ispirazione come il più bello dei miei passatempi giornalieri (ovviamente, campa cavallo!)

      Elimina
    2. La disciplina la vivo piuttosto bene, molto meglio di quanto potessi pensare, anche perché senza di essa alla fine non riuscirei a combinare niente :-)

      Elimina
  6. SCRIVERE è certamente faticoso, non credo a quelli che dicono: è stata una passeggiata. Poi se sia un lavoro o meno... sinceramente non lo so e credo che non abbia importanza, almeno che non vogliamo legarlo ai soldi la fama il nostro sano egoismo etc etc ;)

    RispondiElimina
  7. almeno??... a meno che... visto che fatica scrivere bene ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah, poi scrivere dentro sto rettangolino con i caratteri da presbiopia cavalcante!

      Elimina
  8. Senza dubbio impegnato.Mi impongo una disciplina ferrea e scrivo anche quando non ne ho nessuna voglia in ogni momento possibile. Che poi questi momenti possibili siano pochi va da sé, visto che almeno per ora non mi guadagno di che vivere con la scrittura.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche perché sono davvero in pochi a riuscire a campare di scrittura!

      Elimina
  9. Io sono tra quelli che considerano la scrittura un lavoro che vada fatto con professionalità. Prima di tutto per una questione di rispetto: se faccio delle cose solo per hobby e per divertimento poi le regalo, al massimo mi faccio pagare la materia prima. Se faccio i biscotti li regalo. Se un racconto o un romanzo escono in un libro o in un e-book con un prezzo, devono essere fatti bene. Da qui poi tutto ne consegue a pioggia. Posso lavorare anche solo per poco tempo alla settimana, sempre di lavoro si tratterà, fatto con etica e con la massima professionalità possibile.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La vedo come te, forse è per questo che mi lamento del self-publishing: senza cambiare discorso, ma generalizzando, spesso mi accorgo di quanto poco "lavoro" ci sia dietro l'opera stampata dall'esordiente. Tutto e subito non premia. Invece anche poco ma buono è tempo ben speso. E la qualità ci guadagna

      Elimina
  10. Io prendo la scrittura come un impegno importante, è chiaro che per ora non è un lavoro perché non mi permette di vivere. Tuttavia la prendo molto seriamente, sono metodica e cerco di dedicarvi tutto il mio tempo libero (che è pochissimo) sacrificando altre cose. Essendo però una cosa che mi piace per me sarebbe il lavoro ideale. E se lo fosse non mi sembrerebbe un lavoro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Però io ho provato a riflettere anche su questo: sì, bellissimo, fare la scrittrice di professione, ma questo vorrebbe dire sfornare un libro all'anno, dunque cercare continuamente un'ispirazione che può non arrivare. Non si trasformerebbe un po' in stress, alla lunga? L'ansia da prestazione diventerebbe un carico che forse smorzerebbe il piacere di scrivere.

      Elimina
  11. L'ispirazione arriva sì all'improvviso e magari quando non siamo seduti ad un foglio bianco o al pc, ma solo perché si è lavorato molto prima, scrivendo e facendo ricerche. Il cervello così allenato continua a lavorare anche quando siamo impegnati in qualcosa d'altro. Senza un chiodo fisso, senza aver provato altre strade, senza diventare ossessionati per la scrittura, l'ispirazione non arriva!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anche a me capita di rimanere concentrata su ciò che voglio scrivere anche in diversi momenti della giornata in cui mi sto dedicando ad altre cose; però in questo caso mi si sviluppa dentro una sorta di frustrazione che altera il mio equilibrio: vivo male la voglia matta di continuare a scrivere quando sono impossibilitata a farlo. Allora gestisco questa "ossessione", ma la disciplina e l'impegno costante vanno a farsi friggere!

      Elimina
    2. A me capita di pensare e ripensare a quello che scrivo quando c'è un passaggio che non mi convince o ho il dubbio su come procedere... poi l'illuminazione arriva quando sono in macchina e non posso fermarmi a prendere appunti...

      Elimina
    3. ...oppure quando ti svegli la notte e ti viene in mente quella genialata che ti risolve un problema su cui ti sei a lungo arrovellata, ma di alzarsi non se ne parla. Dici vabbè, domani corro a scriverla e il giorno dopo non ti ricordi una virgola di tutto il tuo pensiero risolutivo e maledici quel risveglio notturno...

      Elimina
  12. Per me scrivere è psico terapia, è valvola di sfogo, è viaggiare, è parlare a me stesso da vecchio amico ipercritico. Sono un casinista, questo lo ammetto, ho almeno 4 progetti iniziati e sempre in via di revisione. L'unico che ho terminato, forse, a breve, verrà pubblicato da un editore coraggiosissimo. Vedremo, speriamo, chissà. Ti ho letto immedesimandomi, brava Marina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sposo i tuoi abbinamenti: scrivere= psicoterapia, sfogo, viaggio.
      Nel mio percorso verso il titolo di "scrittrice" c'è il tentativo di "oggettivare" i contenuti, ma per farlo anch'io come te ho scritto un mare di inizi e progetti avviati messi rigorosamente in standby. Beato caos!
      In bocca al lupo per la tua prossima pubblicazione!

      Elimina
  13. Io mi autodefinisco "scribacchino", penso che esprima in pieno quanto poco "scrittore" io mi ritenga ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io per esprimere lo stesso tuo concetto ho usato il termine "scrivente", che non è un granché ma ha un suono più delicato di "scribacchino"! mamma, quanto è brutto sto termine! E tu, credimi, per me non "scribacchi" affatto! :)

      Elimina
  14. Fai bene Ariano, con gli amici mi definisco così anche io, gli scrittori si contano, e la lista non è così lunga come si crede.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non lo sai, ma a me piace leggere le cose scritte dalle persone con cui entro in contatto; è un modo per conoscerle meglio.
      Leggerò anche il tuo libro e mi farò un'idea anche del tuo "scribacchiare"! :D

      Elimina
  15. Wow, ti ringrazio tanto Marina. Nulla che la letteratura mondiale chieda a gran voce, ma penso che sia una bella storia. Grazie.

    RispondiElimina
  16. Inizio da bohémien, in uno stato di totale anarchia, e continuo da impegnata, un po’ troppo tirannica, a dirla tutta.
    Di solito mi do della scribacchina ma non disdegno affatto scrivente. Certo, scrittore... ma come sarebbe? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Intanto stiamo provando un po' tutti a capirlo!
      Però io dico che anche lo scrittore bohémien ha il suo fascino: scrivere libero da vincoli e programmazioni, senza paranoie sul quando e sul dopo...

      Elimina
  17. Non ho mai sentito il fascino dello scrittore bohémien, forse perché sono cresciuta con la convinzione di non avere un temperamento artistico (causa il frainteso parere di un insegnante), quindi sono da sempre nell'atteggiamento del lavoro: acquisire strumenti, sfruttare le possibilità, rafforzare i pregi, intervenire sui punti deboli, produrre in modo non discontinuo... non lo faccio per scelta, è il mio approccio spontaneo alla cosa. Mi piace pensare alla scrittura come un lavoro. E' un lavoro delizioso! ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il post era un altro (quello dei nerd!) ma ora mi viene da dire una cosa che credo calzi proprio a pennello: tu, Grazia, sei una PRO! :)

      Elimina