giovedì 19 novembre 2015

Cosa non chiedo ai libri che leggo


Qualche mese fa ricordo di essermi appuntata l'idea per un post che avrei voluto scrivere, che faceva seguito a un meme di Lisa Agosti, la quale, a sua volta, rispondeva all'invito partito da altri.

Certo, sono passati più di sei mesi da allora, ma tanto, nel frattempo, le mie abitudini nella lettura non hanno subìto significativi cambiamenti (tranne che nell'uso, ormai sempre più frequente, dell'e-reader, al posto del libro cartaceo), dunque posso ben confermare oggi le cose che non vorrei mai trovare quando scelgo di leggere un libro.

Condividiamo le nostre idee a riguardo?

Io, a un libro non chiedo:

1) di avere un linguaggio di altri tempi, che faccia uso di una terminologia arcaica, né di essere infarcito di troppe espressioni dialettali.
Giusto martedì scorso ho offerto un esempio dell'un caso e dell'altro. Una lettura così mi stanca, rallenta il mio slancio verso i contenuti e finisce per non farmi apprezzare del tutto la storia narrata.

2) di sfoggiare una tale complessità stilistica da costringermi a leggere più di una volta lo stesso periodo perché non di presa immediata; mi è capitato di recente con un libro di Bed Lerner, "Nel mondo a venire" di cui scrivo uno stralcio per farvi capire cosa intendo:

"...le avrei voluto dire che scoprire di non essere identici a se stessi anche nel modo più destabilizzante e doloroso contiene comunque la scintilla, per quanto rifratta, del mondo a venire, in cui tutto sarà come ora ma un po’ diverso perché il passato resterà citabile in tutti i suoi momenti, compresi quelli che dalla prospettiva del nostro attuale presente sono esistiti ma senza succedere davvero."

3) di tediarmi con un flusso indiscriminato di pensieri senza apparente logica:

"Sopravvivere nello Spazio è una vera impresa. Come suggerisce la storia della guerra moderna, gli uomini hanno dimostrato di non essere in grado di vivere e lavorare insieme pacificamente per lunghi periodi di tempo. Soprattutto in situazioni isolate o estreme, la convivenza spesso sfocia in ostilità. 
Non cucini, non scopi, cosa fai? 
Non cucini, non scopi, cosa fai? 
Einstein si chiedeva se la Luna sarebbe esistita lo stesso se non l’avessimo guardata."
(Avete appena attraversato la mente di Jenny Offill in "Sembrava una felicità").

4) di non rovinarmi la suspense in poche righe. L'autore non può generarla a pagina 10 e risolverla a pagina undici.
("Amata tela" di Giulia Madonna, a parte molto altro che per me non andava, mi ha lasciato parecchie perplessità in tal senso.)

5) di lasciarmi con gli occhi sull'ultima pagina a immaginare scenari di vario genere, perché la vicenda si chiude con un finale che tiene aperte infinite possibilità. La storia deve avere un inizio, uno svolgimento, una conclusione certa. (In genere, da ciò discende il mio scarso trasporto verso le saghe e le storie divise in volumi.)

6) di imbattermi in refusi ed errori grammaticali talmente grossolani da fare impallidire qualunque lettore dotato di un minimo di preparazione scolastica. E anche in questo caso, l'esempio posso fornirvelo, rinviandovi alla lettura, se vorrete, di un mio vecchio post "Correttore di bozze per caso", dove racconto la mia esperienza con la lettura di un esordiente che mi ha fatto solo perdere un sacco di tempo.

7) di ammaliarmi con copertine improbabili (tipo quelle di molti romanzi rosa, ma anche di fantascienza, promossi dai loro autori in rete, con volti di donne o di uomini bellissimi. Nessun appeal su di me. Cassate subito!).

8) Aggiungo che non trovo comodo sfogliare libri con formati poco usuali: avete mai visto i testi della Casa Editrice Iperborea? Sono stretti e lunghi, la pagina di lettura risulta soffocata, anche perché le righe, sul lato sinistro si trovano troppo a ridosso della piega centrale e per leggere bene è necessario forzare l'apertura del libro.


9) E, in ultimo, non voglio trovarmi a maneggiare edizioni economiche di scarsa fattura: quelle piccole, compatte, con scritte fitte su carta non bianca, che ti fanno perdere la vista e anche la pazienza.



Possibile, che non sia riuscita ad aggiungere il punto 10 all'elenco, così da sfornare un bel decalogo, che fa tanto figo nel curriculum di un blogger?








41 commenti:

  1. Non ne abbiamo moltissime in comune.

    1) Le terminologie arcaiche in genere non mi spiacciono, però neanche io amo le espressioni dialettali.

    2) Le complessità stilistiche mi affascinano. Ricordo una delle rare interviste a Thomas Pynchon in cui l'intervistatore gli chiedeva perché scrivesse in uno stile così impervio, e lui replicò qualcosa del tipo: "Non vedo perché leggere debba essere un'esperienza facile".

    3) Sul terzo punto non saprei. Il brano che proponi come esempio è in effetti molto brutto.

    4) Sono d'accordo. Guai a dissipare la suspense in breve tempo!

    5) I finali aperti mi affascinano molto e amo anche leggere storie divise in più parti (sebbene non di genere fantasy).

    6-7-8) Come si fa a non essere d'accordo?
    Le belle facce schiaffate in primo piano sulla copertina di un libro su di me hanno un effetto respingente. Lo stesso le copertine che sembrano uscite da un videogame.

    9) Nessun problema. Sono miope ma da vicino ci vedo che è una meraviglia.

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    1. È pur vero che i brani estrapolati così non possono dire chissà che, ma, comunque, certe volte la bizzarria di taluni scrittori supera ogni fantasia stilistica pensabile!

      Qualcosa mi diceva che non potessi essere d'accordo su linguaggi astrusi e storie a puntate (un brano impossibile lo hai citato proprio in uno dei commenti fatti a un mio post, qualche giorno fa!).

      Gli evidenti errori grammaticali mettono d'accordo sempre tutti!

      Quanto a caratteri fitti e piccoli, tu da vicino leggi benissimo, io devo allontanare il libro di almeno 20 cm per potere riconoscere le parole! :)

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  2. 10) di bombardarmi con marche/modelli/riferimenti-a-cose-reali che non danno nessun valore aggiunto alla storia ;-)

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    1. Se è solo una citazione, due, ma se il tenore è quello, hai ragione! :)

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    2. Sai che non ci penso? Eppure io adoro Ammaniti! Vuol dire che lui lo fa in modo perfetto! ;)

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    3. Potrebbe essere una buona spiegazione ;-)

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    4. Corollario: vale anche per la musica che stanno ascoltando i personaggi. OK un accenno, ma non esageriamo (questo lo fa spesso Murakami invece ;-) )

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    5. Caspita, ma adoro anche Murakami!

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    6. Forse lo adori tanto da perdonargli qualcosina più di altri ;-) (Probabilmente lo faccio anch'io :P )

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    7. Si fa voler bene il ragazzo! :)

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  3. Io non chiedo di raccontarmi i sogni del protagonista (sogni nel senso di ciò che sogna di notte) o ciò che mangia a pranzo e a cena o come si veste se non è strettamente necessario ai fini della narrazione. Invece certe volte questi particolari inutili vengono ripetuti sino all'irritante e senza alcun evidente scopo narrativo. Sembra che sia solo un modo per allungare la broda...

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    1. Ho letto un libro, un paio di anni fa, in cui ogni capitolo iniziava con un sogno fatto dal protagonista. Tutto così, giuro.
      Te lo presto! ;)

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  4. Ammetto che mi piacciono sia i libri di Iperborea che quelli economici, mentre mi disturbano le pagine troppo bianche e le edizioni cartonate troppo pesanti, con copertina rigida, sovracopertina, fascetta e chi ne ha più ne metta.

    Chiedo a un libro di avere un qualcosa in più, che mi porti via, che sia speciale, che posso trovare sono ed esclusivamente in quelle pagine.

    Non chiedo folle di personaggi troppo poco caratterizzati, meglio piuttosto aggiungerne man mano col procedere della trama, da qui, temo, la mia scarsa propensione alle saghe famigliari.

    Non sopporto troppi spiegoni. Il passato, l'altrove, fammelo vivere, non spiegarmelo. Se voglio un saggio compro un saggio.

    Non sopporto l'autore che odia i propri personaggi e scrive solo per dimostrare quanto schifo gli faccia la vita e l'umanità tutta. I personaggi possono fare pessime cose, ma tu, autore, amali e, se riesci, falli amare anche a me. Almeno alcuni.

    Non sopporto il "ma guarda quanto sono bravo", l'inutile virtuosismo non giustificato. Anche se, dovendo scegliere, meglio virtuosismo che piattume.

    Non sopporto la psicologia da carta velina. Il giudizio peggiore che posso dare di una trama è "ho creato per D&D (gioco di ruolo fantasy) in mezz'ora una psicologia più interessante di questa"

    Infine il male assoluto. La fiera dell'improbabilità. Lui che si innamora di una donna misteriosa che è sua nonna (o sua mamma o sua sorella), l'amico/a che è un licantropo gay vegano di religione ebraica, l'altro che eccelle in tutto pur non avendo mai studiato niente. Ecco per storie così rogo subito.

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    1. Io di Iperborea ho letto "Luce d'estate ed è subito notte" di Stefansson. Alla fiera del libro, lo stand con quei libri stretti e lunghi mi era piaciuto un sacco, ma all'atto pratico...
      Ecco, il Lerner citato mi sapeva del tuo "ma guarda quanto sono bravo".
      (Nota simpatica: avevo letto il termine "piattume" senza la "i"... e ci stava ugualmente bene! Ahah!)

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  5. Anch’io ho problemi seri con le copertine, soprattutto quelle di uomini e donne seminudi. Può essere un capolavoro del genere, ma non riesco a comprare un libro con questi tizi sul davanti. Pure quelle monocolore composte solo da titolo e immagine minuscola mi frenano. Sì, sì. :)

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    1. Questo a riprova che le copertine di un libro sono importanti almeno quanto il loro contenuto.

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  6. I finali aperti non mi disturbano molto. Ma per il resto concordo con te. E sì anche su di me certe copertine non fanno presa.

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    1. Sai cosa temo dei finali aperti? Che un eventuale seguito possa deludermi. Ho letto due libri, il secondo era il sequel del primo: la prima storia mi era sembrata originale, la seconda ha smorzato il mio entusiasmo. Questo cambiamento di opinione su un autore non fa bene alla sua arte.

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    2. Ormai, con il filone dei prequel, un finale blindato non ti protegge più da questo rischio :-)

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    3. Vivere il "prima" della storia è anche più respingente che conoscerne il "dopo".

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  7. Sono d'accordo con quasi tutto quello che hai detto!
    Ad esempio, secondo me il linguaggio ha importanza, se una storia pretende di essere ambientata in un determinato tempo storico almeno un pochino deve accostarsi al linguaggio del tempo, soprattutto nel parlato.
    Con tutto il resto mi trovo decisamente d'accordo, soprattutto riguardo agli errori grammaticali (mi sembra assurdo, ma mi è capitato di leggerne persino il libri pubblicati da editori e non in self, inutile dire che discrimino non poco quegli editori nei miei acquisti!), alle copertine ingannevoli e al formato strano (un libro deve essere comodo da leggere, non devo sforzarmi per tenerlo aperto).

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    1. La coerenza nel linguaggio è fondamentale dove è richiesta e dici bene, un libro storico deve portarti dentro quel periodo in tutti i sensi (tranne che fare parlare in latino gli antichi romani!).
      E poi, sì, il concetto è quello: devo trovare comodo tenere in mano un libro, non posso evitare di poggiarlo sulle gambe perché se lo faccio e lascio un attimo la presa, mi si richiude a molla.

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  8. Io non scrivo nulla, qui: ne farò un meme! :-D
    Grazie per aver riportato questo argomento all'attualità. Quando lessi il post di Lisa, che avevo anche commentato, non ne avevo sentito la necessità, ma adesso sì. ;)

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    1. L'ho fatto anch'io, da Lisa: ho commentato dicendo che ci avrei pensato e dopo qualche mese mi è venuta l'ispirazione.
      Allora, ci rivediamo presto dalle tue parti! :)

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    2. Ho già preparato la scaletta del post. Oggi ne pubblicherò un altro che avevo già in cantiere. Il meme dovrebbe andare online giovedì, se riesco. :)

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  9. Ciao Marina, allora....

    Punto 1 se non amassi le espressioni dialettali, non potrei amare Montalbano e io lo adoro!! Quindi, no, non mi danno fastidio e neppure espressioni più arcaiche. CAso mai odio quelle in latino perchè proprio non lo so!

    2 la complessita stilistica non mi dà particolare fastidio. Tanto leggo un libro più leggero e uno più... Miller ad esempio. Konrad... insomma, li alterno.

    3/4/5/6/7/8 sono d'accordo. A parte che delle copertine non me e frega niente, a parte che i libri io li apro bene, li annoto a penna, creare suspense per distruggerla subito è come uccidere il libro e il lettore.

    9 i libri possono essere scritti su qualunque carta a me non crea problemi. Basta che sia spessa e sopporti le riletture...
    Ciaooooo

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    1. Sai che conosco tanti lettori amici miei che amano "scarabocchiare" il libro che stanno leggendo con appunti, note, sottolineature...? Questa cosa mi affascina, ma non saprei applicarla alle mie abitudini: sono maniacale con i libri, non una virgola, non un'orecchietta. Con gli ebook ho scoperto, però, il piacere di evidenziare e annotare quanto voglio senza intaccare il "sacro oggetto"! :)

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  10. Non temo nulla (neppure le orride copertine)! XD La sola cosa che chiedo a un autore è essere onesto con chi legge e sapere quello che sta facendo. Potrà sembrar banale, ma non credo lo sia. Utilizzare un registro linguistico deve essere "finalizzato a", maltrattare un personaggio deve servire a, un finale aperto deve suggerire e non annientare, e via così. Il mio è un generico dipende, quindi. Non si discute ovviamente su errori grammaticali, sulla sintassi e sulla mancanza di coerenza interna. Ma lì, siamo al minimo necessario per poter parlare effettivamente di "libro" e non di robaccia!

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    1. Il tuo "dipende" è più che giusto: generalizzo per fare capire un concetto, ma poi anch'io finisco per distinguere opere e opere. Il libro che ho citato l'altro giorno, per esempio, della Ruotolo, nonostante il linguaggio pesante per i miei gusti stilistici, a me è piaciuto molto e quello di Ben Lerner ha il suo fascino. La "robaccia" no, hai ragione, lì bocciatura secca e senza prova d'appello!

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  11. Grazie del link cara!

    Sono d'accordo con te su tutto, siamo gemelline di paranoie ossessive :D

    Il flusso di pensieri non mi disturba, ma solo se ha un senso, anche vago, a cui posso rifarmi.

    Quanto odio i libretti scritti piccoli piccoli, piuttosto usate carta riciclata se volete salvare il pianeta!

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    1. In quell'occasione, annotai il meme nella mia "lista argomenti": la sfoglio ogni volta che scrivo l'articolo per il blog. Questo era rimasto un po' indietro, ma mai dimenticato . Mi era piaciuto molto! :)

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  12. Condivido quasi tutto, ma la domanda che ti faccio è questa: di fronte alla lettura di un capolavoro come I Miserabili, Moby Dick, i fratelli Karamazov o quello che volete voi, tutte queste cose da te elencate che valenza assumono?

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    1. Giustissima osservazione, Giuseppe! Tu citi i "grandi classici" che per me fanno parte della categoria "intoccabili", dunque non in analisi. Forse avrei fatto bene a specificarlo, ma grazie al tuo commento posso rimediare: mi riferivo alle letture contemporanee, di autori non classici nel senso stretto del termine; di scrittori con cui mi confronto quando leggo per attingerne pregi da trasferire nella mia scrittura o per escluderne difetti da tenere ben lontani. Tra l'altro, ora che mi ci fai pensare, sono riuscita a leggere Anna Karenina in una edizione infirnusissima: interlinee e bordi strettissimi, carta giallina. Ma la forza della storia mi ha fatto andare ben al di là!

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    2. Ricordo di aver letto Papà Goriot in una edizione vecchia ingiallita e puzzolente... erano i tempi in cui ero follemente innamorato dei francesi, ed ero disposto a leggere fin dentro i tombini puzzolenti di una scadente brutta copia di Parigi. ��

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    3. Papà Goriot! L'ho letto anch'io, ora me ne ricordo! Potevo aggiungerlo all'elenco dei libri più rappresentativi: ero piccola, il libro aveva una copertina color crema con un riquadro al centro...

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    4. nicarè troppu cosi in comuni avemu... un po essiri sta cosa ;)

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  13. Anch'io detesto i finali aperti, e più ho amato la storia, più li detesto! Ti pare che l'autore debba lasciarci a piedi prima di averci portate a destinazione? Da denuncia. ;)

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