martedì 19 gennaio 2016

L'esordiente e la sindrome de "La volpe e l'uva"


L'esordiente si sente sempre un po' vittima di qualcosa, mi sbaglio?
Non è compreso, non è considerato, gli editori lo scansano come la peste, i lettori lo guardano con sospetto, il pubblico lo snobba perché non ha un Nome.
Io sono un'esordiente: ho esordito con la pubblicazione di un romanzo che è parcheggiato nello scaffale virtuale della libreria di Amazon ormai da qualche anno e ho capito che sognare di scrivere il libro del secolo è solo un modo per credere ancora in una capacità che penso di avere; una bella favola che mi racconto ogni volta con uno slancio nuovo, per non lasciarmi scoraggiare dalla realtà, quella personale e quella oggettiva che non offre ampi panorami. Lo sappiamo bene che, quando pensiamo che scrivere sia il nostro desiderio più grande, non è sufficiente sognare: occorre lavorare, sudare, impegnarsi con costanza, determinazione, cose che ci diciamo spesso e che ricordiamo nelle nostre intenzioni ogni inizio di anno nuovo. 
E poi? 
Quando i mesi passano e tutto rimane fermo o avanza di poco, quando i risultati non si vedono e le possibilità di realizzare gli obiettivi prefissi diminuiscono, che fa l'esordiente che non sa ammettere i propri limiti né confessare qualche sua debolezza?
Attribuisce la responsabilità a fattori esterni, accusa la fortuna che non lo ha baciato, incrimina tutte le circostanze impeditive, colpevolizza il tempo che non ha avuto, gli aiuti che non sono arrivati, la giusta predisposizione che è mancata per cause a sé non imputabili.

L'esordiente è, spesso, affetto dalla sindrome de "La volpe e l'uva".

Conoscete la favola di Esopo?
Vi rinfresco il ricordo:

"Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze."

Per molti esordienti la via del successo è sempre acerba e gli altri che invece hanno saputo aspettare o muovere bene le pedine nello scacchiere della corsa alla pubblicazione sono fortunati o chissà chi hanno alle spalle. Tolto che, spesso, ciò risulti probabile, in genere è l'atteggiamento assunto dall'esordiente a penalizzarlo veramente.
A volte, ho come l'impressione che questi non coltivi sogni, ma formuli solo ambiziose pretese. 
Quanti ne esistono che:
  • sono convinti che tutti avranno la voglia e la curiosità di leggere il loro libro;
  • sono sicuri che avranno successo perché hanno scritto il romanzo che conquisterà il mondo;
  • prendono in giro il pubblico (in realtà sé stessi), con dati di vendita e riscontri capziosi* per darsi il tono dei grandi scrittori ancorché non riconosciuti;
  • pensano che ci sia un interesse talmente diffuso su ciò che hanno scritto da ipotizzare ampie condivisioni sulle pagine dei social (dove si identificano, nelle informazioni personali, con il termine "scrittore");
  • criticano il lavoro di editor e agenti che non capiscono niente.
È bello pensare in grande, ma accorgersi di avere il terreno sotto i piedi - e non una nuvola - non guasta!
Invece che accade?
  • mors tua vita mea: se qualcuno parla male del nostro libro d'esordio lo fa per metterlo in cattiva luce a vantaggio del proprio (tipo guerra fra poveri);
  • l'apprezzamento che non riusciamo a ottenere è frutto dell'invidia altrui;
  • l'obiettivo che vorremmo raggiungere non è, poi, tutta questa gran cosa;
  • svalutiamo la possibilità di essere pubblicati da un Editore perché la sua Casa Editrice non è seria, perché mette in vendita solo robetta commerciale e non è pronta a ricevere la nostra pregevole opera letteraria.
In pratica, l'esordiente si comporta come la volpe della favoletta greca: la volpe si convince che l'uva è acerba per giustificare la sua incapacità di afferrarla, l'esordiente disprezza il risultato che non sa conseguire e non se ne fa mai una colpa, perché semmai la grossa perdita è di chi non ha saputo dare il giusto peso e un adeguato valore al suo operato.

Servirebbe un esercizio di modestia e maggiore realismo, due doti che dovrebbero accompagnare sempre il nostro viaggio da esordienti.

E tu, scrittore, ti inventi scuse quando dici che non hai partecipato a quel dato concorso perché tanto si sa chi lo vincerà; trovi consolatorio non realizzare che se quell'altro esordiente ce l'ha fatta è perché ha avuto tenacia o, forse, ha soltanto sfidato la sorte con più costanza o ci ha creduto di più, chissà.
Intanto scrivi, scrivi con convinzione, scrivi senza remore, buttati nell'avventura senza pretese (se non quella di dare il meglio), non risolvere i tuoi blocchi con la menzogna, non invidiare, non agire spinto dall'orgoglio, non disprezzare a parole, sogna che quell'uva è lì che ti aspetta, che devi solo allungare un po' più la mano, convincerti che saresti in grado di utilizzare qualche espediente per riuscire a toccarla senza attendere che  maturi appesa al tralcio.
Lamentarsi non serve, come non serve invidiare gli altri, mettere in cattiva luce chi è più avanti di noi, criticare il successo altrui; meritato o no che sia, lasciamo che ognuno abbia ciò che ha saputo guadagnarsi, perché oggi l'uva acerba è la casa editrice, domani sarà il lettore, un'altra volta un concorso letterario e di grappolo in grappolo, l'esordiente rimarrà senza sogni e a bocca asciutta.

(Nota per chi mi ha scritto la mail: ti ho convinto?)



* Questo post partecipa all'iniziativa Una parola al mese.

La parola di gennaio 2016 è capzioso.














45 commenti:

  1. L'unica cosa che ci interessa è chi ti ha scritto la mail. Sì, hai ragione, però a noi interessa chi ti ha scritto. Scarparo, è stato Scarparo? O è una donna? Inizia per S, C, B, M? La terza è una A? Quante lettere? Compro una vocale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Eppure l'ho scritto piccolo piccolo apposta!
      Ma tu, Helgaldo, non lo sai che fimmina di pansa sono?
      Non mi estorcerai nemmeno una lettera! :P

      Elimina
    2. INIZIA PER S? COME OSI? Pensi forse che sia io? Sandra

      Elimina
  2. Cara Marina la frase fondamentale è "Lamentarsi non serve..." eppure quanti lo fanno, metodicamente e quotidianamente?
    Molti non comprendono che prima della pubblicazione viene la passione per scrivere e, a mio avviso, anche leggere tanto.
    Forse oggi è difficile emergere ma la Buona Scrittura prima o poi troverà la sua strada e il suo editore.
    Inoltre, oggi abbiamo i social network, il blog dove pubblicare i nostri scritti (post o racconti brevi) e conquistare una piccola nicchia di lettori. Ecco, per me la fiducia e il rispetto da parte del lettore è una bella conquista e ripaga di tutti i momenti di sconforto.
    Ma lamentarsi NO! non fa per chi ama scrivere, per chi si ferisce con ogni parola.
    mimma

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Mimma, grazie per il tuo commento.
      Anch'io sono convinta che la Buona Scrittura vinca sempre, ma per chi non sa aspettare può diventare anche un investimento a perdere.
      Intanto, dev'essere, appunto, "buona" la scrittura, ma quando manca questo presupposto fondamentale... puoi appigliarti a tutte le scuse del mondo e lamentarti a vita, hai solo da tirarti su le maniche e lavorare!

      Elimina
  3. Davvero una bella riflessione!

    E grazie per aver partecipato a "Una parola al mese"

    RispondiElimina
  4. Quello di lamentarsi è un male molto italiano... Siamo un po' troppo abituati ad avere pretendendo! Sto cercando di insegnare alle miei figlie, invece, che se di vuole qualcosa bisogna faticare in prima persona per ottenelo! Da esordiente sto imparando a crearmi le occasioni!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bravissima: l'esordiente deve cercare le occasioni o crearsele.
      Fortuna che ci sono persone che interpretano bene il proprio ruolo nei confronti della scrittura.

      Elimina
  5. Io di mail te ne ho mandata più d'una, ma non credo proprio tu stia parlando con me, stavolta, anche perché io non sono nemmeno esordiente, magari se lo fossi! :)

    Se c'è una cosa che non ho mai fatto, quando si parla di scrittura, è dare la colpa a qualcun altro. Ho detto che piuttosto che aspettare secoli il responso di un editore mi auto-pubblicherei, è vero, ma è anche vero che mi assumo la piena responsabilità (a volte anche troppa) di tutte le fregnacce che scrivo. Io non penso che l'uva sia acerba, ma che io sia io... Però che dire? Si va avanti. Ci si pone degli obiettivi mettendosi in gioco, cercando di fare il possibile, anche poco, ma sempre con serietà. E il futuro... si vedrà! :-D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah, le tue mail sono graditissime! :)
      Anzi, ne avanzo una alla quale non ho ancora risposto, lo farò più tardi!

      Comunque, l'autopubblicazione è una scelta giusta per chi crede nelle opportunità che offre, è anch'essa un obiettivo che richiede impegno e serietà. Ecco, è proprio questo il punto: aspettare la manna dal cielo non porta a niente! Muoviti, credi nel tuo progetto? sbracciati e conquistatelo! Quello che tu stai facendo alla grande!
      (Che poi tu, mia cara Chiara, sei l'eccesso opposto: fin troppo ipercritica nei confronti di te stessa, eheh, e senza motivo!)

      Elimina
    2. Proprio per questo non mi sono sentita chiamata in causa! :-D

      Elimina
  6. Mi avevi convinto anche prima. Ma a me piace scriverti! ;)
    (E per chi ha comprato una lettera: sono un F)

    RispondiElimina
  7. Condivido ogni parola!
    E, anziché lamentarci, iniziamo a metterci sotto con gli esercizi di salto. Ho sempre pensato che una volpe più allenata si sarebbe mangiata l'uva...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Brava Tenar! Più allenamento: hop hop! Su, che il primo salto va a vuoto, il secondo sale più in alto, il terzo decolla! :)

      Elimina
  8. Non è vero che noi scribacchini/esordienti/sottoboscoletterario siamo come la volpe con l'uva della favola esopiana.
    Io sono bravissimo, però se quei £%&"#ç della casa editrice non capiscono un ò@§§*, io cosa c'entro? Sbagliano loro! E comunque l'uva fa schifo anche quando è matura!
    (Che dici, mi sono immedesimato bene? ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma non si era detto di mantenere l'anonimato? Ora tutti sanno che la famosa mail me l'hai mandata tu! :P

      Elimina
  9. Se togli anche il piacere di lamentarsi che resta? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un giorno, forse due toh, è consentito!
      Ma la lamentela reiterata è un delitto: lo dice il codice dell'esordiente! ;)

      Elimina
  10. Purtroppo il problema non è solo degli scrittori, ma un po' di tutti. Mi capita a volte di ricevere insulti dai gruppi che recensisco sui miei siti musicali perché non hanno ricevuto il voto che volevano. Del resto, è sicuramente più facile attaccare chi sottolinea i problemi (peraltro in maniera soggettiva)che lavorare per risolverli. Più in generale, sono molte poche le persone che fanno autocritica, le altre preferiscono considerarsi perfette e arrabbiarsi se qualcuno invece sottolinea i difetti. Peccato che, secondo me, senza essere consapevoli di essere fallibili e senza l'umiltà di accettare i propri sbagli, nessun artista può andare molto lontano :).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono d'accordo. È un nascondere la testa sotto la sabbia. Non è solo la critica mal tollerata, è proprio la paura di riceverla che porta talvolta l'esordiente ad affermare con presunzione di avere fatto tutto alla perfezione.
      "A che serve il giudizio di un agente letterario, tanto so che mi dirà che il lavoro non va bene e io invece so che va benissimo". Ecco, sono atteggiamenti del genere che biasimo e purtroppo in tanti si convincono che se non arrivano da nessuna parte è perché non sono capiti.

      Elimina
  11. Mah, io sono molto realista e prendo le cose per come vengono, non mi illudo ma godo dei piccoli riscontri e per fortuna ce ne sono, piccoli, come dicevo, ma che scaldano il cuore. Quel che sarà, sarà. Ho già vinto, anche tu hai già vinto Marina. Abbiamo dato libero sfogo a una nostra personalissima e imprescindibile necessità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quel "piccolo riscontro" di cui parli te lo sei guadagnato, Massimiliano. Diciamo che hai raggiunto e ti stai gustando meritatamente il tuo chicco d'uva! La soddisfazione è un premio per la buona volontà e per l'umiltà che, a mio avviso, vince sempre su tutto.

      Elimina
    2. Non diventerò ricco e nemmeno famoso, ma ti garantisco che ricevere mail di persone abituate a frequentare il mondo della letteratura che ti confortano con i loro elogi è impagabile. Sono consapevole di essere uno scribacchino prét a porter, mi godo il piacere di "raccontare storie. In merito all'umiltà credo che il tuo incessante lavoro di autocritica, perdonami ma alle volte fuori luogo perché basta leggerti per capire che sei troppo dura con te stessa, ti caratterizza come Donna e autrice intelligente. L'intelligenza è merce rara, molti, in questo senso, vivacchiano per "millantato credito".

      Elimina
    3. Hai ragione, a suo tempo l'ho sperimentato anch'io e ne conservo sempre un bellissimo ricordo: la stima manifestata dalla gente, soprattutto quella che non ti conosce, è una botta di energia che non ha scadenza.
      Comunque grazie, Massimiliano, per le tue parole, sei gentile e - spero - sincero (ma lo sei, questo lo so!). Mi piace un sacco l'idea dello scribacchino pret a porter, eppure credimi, hai ottime chance per diventare scrittore d'alta moda! :)

      Elimina
  12. Nei miei lagna post non credo mai di essere caduta nell'atteggiamento tipico del genio incompreso. A parte che ho esordito da tempo, sono comunque la regina delle cantonate, ma il comportamento di cui parli è estendibile a diversi aspetti della vita. Gente che purtroppo si lamenta, dà la colpa ad altri fattori quando dovrebbe cercare di trovare una strada. Un bacione Sandra

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se sei fatto in un certo modo, lo dimostri nei vari aspetti della vita, vero; la scrittura è solo una parentesi. Il tuo consiglio di trovare una strada, nella sua essenzialità, è corretto. Spero che questi commenti possano essere utili a chi pensa sia inutile cercarne una!

      Elimina
  13. Ma se uno dei miei maggiori vanti è quello di non aver mai vinto un concorso letterario? :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, l'inconsapevole protagonista del mio post dice la stessa cosa ma senza avere mai partecipato a un concorso! :O

      Elimina
  14. Sì hai stuzzicato la nostra curiosità su chi potrebbe averti scritto la mail... resteremo con la curiosità.
    Comunque concordo con te, è inutile lamentarsi bisogna rimboccarsi le maniche e faticare. Molto. Non è detto che arrivino i risultati sperati, però non arrivano neanche lamentandosi e basta. :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No, ma è un ospite "dietro le quinte"; l'ho invitato spesso a commentare e... hai visto? Qui lo ha fatto: gli fischiavano troppo le orecchie! ;)
      Capito?
      Rimboccarsi le maniche.
      Faticare.

      Elimina
  15. Ho pensato a lungo prima di rispondere. Non nascondo di aver letto e riletto il post tre volte. Non perché non fosse chiaro, ma perché trovo che offra molteplici spunti. Ognuno di noi (volpe?) può identificare quel che preferisce con l'uva. Per riprendere proprio le righe finali del post, io identifico l'uva non come il lettore, ma come un grappolo di lettori. Ogni lettore, come ogni chicco d'uva, potrebbe essere diverso. Comunque il mio grappolo d'uva è irraggiungibile? Forse. Ma sono sempre lì a studiare il modo per arrivarci e per gustarlo. Mi piace pensare anche ad un ruolo invertito. Io sono il grappolo d'uva (i chicchi d'uva le mie storie) e la volpe è il mio lettore... :-) Devo convincerlo a trovare il modo per arrivare a me. Pensare ad un ruolo invertito sarebbe provocatorio? O troppo esuberante? Troppo superbo? Io la vivo come sfida: convincere la volpe-lettore a desiderarmi. Poi chissà: magari maturando qualche chicco cade da solo e la volpe-lettore, mangiandolo, desidererà ancora di più il resto del grappolo. Ma tornando a pensare di essere la volpe, non mi piace identificare l'uva come la Casa Editrice. Non è questione di avere o meno l'umiltà di ammettere le proprie incapacità. Semplicemente, non ritengo una Casa Editrice come unico tribunale in grado di "sdoganare" le mie capacità, mettendo il timbro "scrittore affermato" sulla mia fronte. Basta fare un giro in libreria per convincersene. Punto direttamente ai lettori che, metaforicamente parlando, potrebbero essere i grappoli più in alto e più invitanti. O anche qui rischio di peccare di esuberanza? Forse. Diciamo che la vivo come sfida... :-)

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Disamina attenta e molto puntuale, grazie, mi induci a riflettere soprattutto sul ruolo invertito. Non è provocatorio, bisognerebbe trovare un moderno Esopo che reinventi la storiella con una nuova morale, tipo: un grappolo d'uva per rendersi appetibile provava a mettersi in mostra più che poteva. Passava di lì una volpe distratta che, vedendola, tirò dritto dicendo: "sei grossa e succosa, ma aspetterò che cada giù un chicco"... No, ma così, si torna alla volpe pigra... :)
      "Uva-casa editrice" rispondeva nello specifico allo scontento manifestato dal mio ospite di posta elettronica che parlava di ogni editore come di un concentrato di imbroglioneria e fancazzismo, cosa che, ovviamente, non poteva trovarmi d'accordo.
      "Uva- lettori", sì, ci sta: ma loro, sono troppo snob per leggere la mia roba, disse la volpe! :)

      Elimina
  16. Non bisognerebbe mai fare di tutte le erbe un fascio, dicono i saggi. Quindi, anche se non ne conosco nemmeno uno, credo che non tutti gli editori siano uguali (non tutti imbroglioni e fancazzisti...). Ma neanche tutti i lettori sono gli stessi (non tutti snob...). Aggiungerei con un pizzico di sfrontatezza (o di fantasia?) una nuova chiave di lettura: "volpe-casa editrice" che mira con l'acquolina in bocca l' "uva-lettori" (non potrebbe essere altrimenti: deve vendere i prodotti e deve conquistarsi il mercato!). Ma per conquistare l' "uva-lettori" dovrebbe prima trovare una buona "uva-esordiente". Sta diventando un gioco di ruolo (di ruoli invertiti) e si rischia di andare fuori tema: il protagonista ignaro del tuo post è l'esordiente. Beh, l'avevo detto che erano molteplici gli spunti... :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Volpe-casa editrice, uva-lettori, esordiente-volpe' volpe-uva...
      La faccenda si fa ingarbugliata! :D

      Elimina
  17. Per fortuna non mi ha mai presa a quel modo, nemmeno quando ho iniziato. Mi vergognerei un tot adesso! Però devo dire che autori di quel genere ne sto incontrando meno che in passato. Forse non frequento abbastanza la rete, oppure sembra anche a te?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Però non si deve eccedere nemmeno nell'atteggiamento opposto, cioè credere che il non avere risultati sia per forza indice di scarso talento. E' un'aspirazione molto ardita, la nostra, e il mercato non ci aiuta, che siamo bravi o no. Anche conservare una giusta autostima è importante (e con giusta intendo suffragata dal parere di qualcuno, perché giudicarci da soli è impossibile!). :)

      Elimina
    2. Sai, a dire il vero, non mi sono mai imbattuta in "autori-volpe", poi mi è capitato di confrontarmi con questo ragazzo che mi ha scritto in privato lamentando una serie di cose (quelle che ho riportato grosso modo nell'articolo) e mi sono resa conto che l'esordiente vive spesso la sua condizione come un complesso e questo, sicuramente, non è un bene, perché quando scrivi e vuoi avere successo (chiamiamolo così) devi essere pronto a batterti, a superare ogni difficoltà, sai a cosa vai incontro e devi essere pronto anche alle delusioni, ai no, a tutto. Se ti blocchi ai nastri di partenza perché hai paura e la nascondi dietro mille scuse, forse scrivere per pubblicare non fa per te.
      E hai ragione quando dici che l'autostima è importante: un rifiuto è solo il primo gradino di una lunga scalata, vale sempre la pena affrontarla fino in cima.

      Elimina
  18. Io credo che quello che hai descritto così bene sia un atteggiamento che appartiene a molti, anche non riferendomi strettamente all'ambito della scrittura. Umiltà, passione, studio, perseveranza... professionalità anche se si tratta di esordio o di un hobby: penso che solo cercando di lavorare su tutto ciò si possa conseguire una crescita personale e da essa molto di più!
    Mi è piaciuto tantissimo questo post, che condivido totalmente nella mia piccolissima esperienza di lettrice di esordienti (e non solo: la lagna RULEZ, lo ripeto, in tantissimi ambiti! ):P
    Ciao Marina ^_^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti, che si tratti di un esordio o di una prova già superata, la cura per ciò che si fa dev'essere sempre la stessa; possono cambiare gli esiti di uno sforzo, ma il sogno resta immutato ed è come la cometa dei nostri passi nella scrittura.
      Certo, l'atteggiamento denunciato nell'articolo può sicuramente appartenere ad altri ambiti (uh, ce ne sono!), ma anche l'incoraggiamento a non mollare mai dovrebbe valere per tutto. :)

      Elimina
  19. Bellini, noi esordienti. Siamo un po' buffi, no?
    Alcuni allenati a costruire strane corde o innovative scale per staccare quel grappolo che... è maturo eccome.
    Siamo i più bellini. :D

    RispondiElimina