tag:blogger.com,1999:blog-18401924891701249542024-03-19T09:48:51.391+01:00il Taccuino dello ScrittoreIl blog di Marina GuarneriMarinahttp://www.blogger.com/profile/09563345398992115783noreply@blogger.comBlogger466125tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-1926133628885886882024-03-14T23:56:00.012+01:002024-03-15T00:29:25.443+01:00Giovedì Doc<p></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi83075KpUJNMrgwGl8NRwsLxxbAOXi-XaK6ejFarhREYccBppj_s0-IiYvFZrs6j8R-mLEVoA13VUF5BrbFYNKNIva_GavruuPmLCIigfX0_gzu5kdfAh-Dagw6eKQpPE5ULI-v5tEBP9gikjOvzlGUvmGbKnWGqXEgckuSvp_xLTcTZWHLalHFqieShg/s1080/IMG_2738.JPG" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="813" data-original-width="1080" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi83075KpUJNMrgwGl8NRwsLxxbAOXi-XaK6ejFarhREYccBppj_s0-IiYvFZrs6j8R-mLEVoA13VUF5BrbFYNKNIva_GavruuPmLCIigfX0_gzu5kdfAh-Dagw6eKQpPE5ULI-v5tEBP9gikjOvzlGUvmGbKnWGqXEgckuSvp_xLTcTZWHLalHFqieShg/s320/IMG_2738.JPG" width="320" /></a></div><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>Stasera torno al mio zapping estremo, di nuovo, come sempre, quando, davanti al televisore, sbalzo da un canale all’altro, neanche in cerca di programmi interessanti, perché non ce ne sono, ma solo per non darla subito vinta a Morfeo! Cambio, giro per i canali in un loop perpetuo, che non trova pace. Eppure, negli ultimi due mesi, ero riuscita a mollare il telecomando sul divano, puntandolo stabilmente sul primo canale Rai! Cosa rarissima. E questo per colpa di una fiction, terminata giovedì scorso.</span><span> </span></span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sarà dura, d’ora in poi, abituarsi all’assenza del dottor Fanti! del suo reparto di medicina interna, del suo staff di collaboratori, fra colleghi, specializzandi, infermieri... (mentre scrivo ho gli occhioni opalini di Candy Candy). Ma chi me lo doveva dire! Io, proprio io, conquistata da Luca Argentero! Sì, da quel Luca del Grande Fratello, terzo classificato all’edizione 2003, divenuto poi attore di film e fiction televisive di successo. L’ho lasciato col capellone nero nero, che flirtava con una concorrente del GF e me lo sono ritrovato brizzolato in camice bianco, a fare il medico in un ospedale milanese. Invecchiato (bene) e una sola cosa uguale a vent’anni fa: il sorriso pazzesco.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Fregata da un medical drama, insomma! E io che pensavo di essere un’eroina ad avere resistito alla visione dell’infinita serie Grey’s Anatomy (19 stagioni, praticamente una soap-opera), ora mi sento un’aliena ad avere ceduto a una fiction italiana, ambientata dentro un ospedale (in effetti, avevamo bisogno di un cast di dottori, dopo le categorie portate in scena, dalle immancabili forze dell’ordine a magistrati, professori, preti e, per par condicio, anche suore).</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Insomma, ho abdicato alla mia disaffezione televisiva e, per tutta la sua durata, sono rimasta fedele alla terza stagione di “<span style="color: #990000;">Doc-nelle tue mani”</span>, trasmessa sul primo canale Rai.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Punto di forza: la location. Il personale di <span style="font-style: italic;">Doc</span> agisce dentro un ospedale fighissimo, il Policlinico Ambrosiano di Milano, che è una invenzione televisiva, ma esiste nella realtà; cioè, quello vero non si chiama Policlinico Ambrosiano e non è situato a Milano, ma è il Policlinico del Campus Universitario Biomedico che si trova a Roma (una scoperta che ha potenziato il mio gradimento). Nella fiction si entra in una hall da albergo cinque stelle, ci sono ampie vetrate, scale mobili, ascensori esterni, giardini pensili, sembra di essere in un centro commerciale; le stanze sono dotate di ogni comfort ed esteticamente sono come quelle dei film americani. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Dunque, ospedale d’eccellenza con dottori d’eccellenza. A trovarlo un concentrato di competenze così mirabolante! pure gli specializzandi sono medici di lungo corso travestiti da pivelli: durante il breafing sul caso da trattare, il team siede attorno a un tavolo, di fronte a un tabellone dove vengono elencati con un pennarello tutti i sintomi del paziente e alla domanda del medico che lo ha preso in carico: <span style="font-style: italic;">“idee?”, </span>i primi a pronunciarsi sono<span style="font-style: italic;"> </span>proprio<span style="font-style: italic;"> </span>questi dottorini di primo pelo<span style="font-style: italic;">, </span>all’avvio delle loro carriere che, con una sicurezza navigata, senza alcun timore reverenziale verso i superiori, si lanciano in ipotesi da fare impallidire pure gli scienziati che hanno dato il nome alle patologie studiate.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-size: medium;">“Allora, abbiamo: Eruzione cutanea - Dolori articolari - Dolori addominali - Nausea - Vomito. Idee?” </span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E con sintomi così straordinari come non farsi venire in mente che potrebbe trattarsi di <span style="font-style: italic;">Porpora di Schonlein-Henoch</span>! Dolore e gonfiore al ginocchio? Forse <span style="font-style: italic;">Morbo di Osgood-Schlatter</span>! E in presenza di anemia - conati - emorragia - vomito: <span style="font-style: italic;">Sindrome di Mallory-Weiss.</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E poi è tutto un procedere con biopsia midollare, <span style="font-style: italic;">data la splenomegalia</span>, test di Coombs per sospetta<span style="font-style: italic;"> carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi</span> e test sierologici per infezione da <span style="font-style: italic;">virus di Epstein-Barr. </span>Le<span style="font-style: italic;"> </span>tac total body si sprecano!</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non è tutto meraviglioso? Al massimo, nella realtà, i ricoverati in medicina interna aspettano di sapere in che reparto specializzato dovranno essere spostati, con al seguito i risultati di un emocromo e al massimo una radiografia! E poi, ad avercene, negli ospedali, dottori così intuitivi (a parte belli - nota frivola)! </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Se io penso all’ultima disavventura natalizia patita qui a Roma, con mio padre improvvisamente costretto a un ricovero d’urgenza... “Doc”, per otto settimane, mi ha permesso di fare finta che celerità, precisione ed efficacia siano realmente possibili, anche quando ti metti nelle mani... non di Luca Argentero (purtroppo), ma di un primario di medicina interna che s’infastidisce se gli fai delle domande semplici: “<i>scusi, dottore, potrebbe darmi qualche notizia su mio padre?” - “...” - Compro una vocale: “scusi, dottoree!”</i></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>Perchè Andrea Fanti parla con i degenti, non li giudica, non ha l’aria di chi, guardandoti, pensa: “ecchepalle, questa, macchevuole!”, mentre l’</span><span style="font-style: italic;">Andrea Fanti </span><span>in cui mi sono imbattuta io non era mai in reparto, per trovarlo disponibile dovevo fare un voto alla Madonna e quando il miracolo accadeva sbuffava, scrollava le spalle e m’imponeva l’attesa, <i>perché il personale infermieristico è in ferie, perché le analisi non sono ancora pronte, perché bisogna escludere alcune ipotesi</i>... L’anemia di mio padre è rimasta allo stadio del “potrebbe essere” per due settimane, altroché la diagnosi assertiva degli specializzandi del Policlinico Ambrosiano! altroché attenzione alla situazione personale del paziente e alla cura delle sue esigenze (un pomeriggio mi sono improvvisata OSS, infermiera, qualsiasi cosa pur di colmare le lacune di un reparto in completo stallo). </span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Così incontrare medici d.o.c. nel “Doc” del giovedì sera mi faceva stare bene e le storie, seppure con tutte le forzature per enfatizzare i casi sceneggiati, mi distraevano dalla realtà vissuta: competenza, disponibilità e, soprattutto, pronta soluzione dei problemi (anche dei paradossi) da parte di medici solleciti, premurosi, benché “finti” a fronte di menefreghismo, scostanza e inconcludenza di medici sibillini, confusi e, purtroppo, veri.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span><span style="font-size: medium;">Senza contare che quando vedevo il sorriso avvolgente di Doc, mentre, affabile, si accomiatava dai pazienti guariti, ripensavo al garbatissimo umorismo del primario che, nel consegnarmi il foglio di dimissioni di mio padre, alla mia domanda/affermazione: “<i>dunque, dottore, le cause del problema rimangono ad oggi poco chiare?”</i>, mi ha risposto: “<i>beh, signora, ha 87 anni, di qualcosa dovrà </i></span></span><span style="font-size: medium;"><i>pure morire!</i>” </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sipario.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #666666; font-family: Helvetica; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 17.2px;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-56528491951535762912024-03-08T08:59:00.002+01:002024-03-08T08:59:40.929+01:008 marzo: Donne, è arrivata la guastafeste!<p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihC84VqsrIXbD8ng778x5VxF9jSznL9eVLSO0J9zeNtY0XkhyriKpq8eDLg48iYSWBlFk-fX5T3H7uElmYHrupneUtchFlgSDjdjds1hs03VEa9Lgt1C6KOh_KoJ3Ee8jTcyF7zwxDn3riDUBOL9YolR70doo2yJufzmQ92O1yNI5MOPWR5Imt92v8q7I/s1440/IMG_2725.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1440" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihC84VqsrIXbD8ng778x5VxF9jSznL9eVLSO0J9zeNtY0XkhyriKpq8eDLg48iYSWBlFk-fX5T3H7uElmYHrupneUtchFlgSDjdjds1hs03VEa9Lgt1C6KOh_KoJ3Ee8jTcyF7zwxDn3riDUBOL9YolR70doo2yJufzmQ92O1yNI5MOPWR5Imt92v8q7I/s320/IMG_2725.jpg" width="320" /></a></div><p></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Oggi è la <i>Giornata Internazionale della Donna </i>e per ventiquattr’ore tutto s’impregnerà di giallo mimosa e di ovvietà.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Che <span>camurrìa</span> st’8 marzo! </span><span style="font-size: medium;">Ma io sono una guastafeste e invece di celebrare le figure femminili belle, brave e buone della storia, ho pensato di ricordare quelle più insopportabili, attingendo dalla letteratura classica.</span></p><a name='more'></a><span><span style="font-size: medium;"></span></span><p></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span><span style="font-size: medium;"><span>Pensavo che il trofeo fosse appannaggio esclusivo di <b><span style="color: #990000;">Lucia</span></b>, virginea creatura de “I Promessi Sposi”, con quel suo carattere gne gne unanimemente poco amato e invece, facendo una summa di protagoniste (e non), presenti in altre opere letterarie pregevoli, mi accorgo che sono tante le donne che proprio non tollero. Mi è bastato rileggere “Cime tempestose”, qualche anno fa, per detronizzare la Mondella manzoniana a favore di <b><span style="color: #990000;">Catherine Hernshaw</span>,</b> degna partner di Heathcliff, lui con il gusto sadico verso la vendetta e quell’amore totalizzante che germina sul terreno della follia, lei viziata e volubile, altrettanto fuori di testa. Del resto </span><span>nuddu</span><span> </span><span>si pigghia s’un s'assumigghia</span><span style="font-style: italic;"> </span></span><span><span style="font-size: large;">[</span>perdonerete le mie incursioni dialettali: la traduzione è a fine articolo<span style="font-size: large;">].</span></span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E <b><span style="color: #990000;">Anna Karenina</span></b>? <span>Bedda matri</span><span style="font-style: italic;">, </span>come si fa a rinunciare a tutto per amore di un tipo superficiale e vanitoso come Wronsky! </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma se volete un concentrato di personalità respingenti, è in Francia che dovete seguirmi, ancora fra le pagine della mia amata opera “<span style="color: #990000;">Alla ricerca del tempo perduto”</span>, dove le figure femminili insulse si sprecano: ritagliate ciascuna nel proprio ruolo, queste donne sanno come rendersi detestabili. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Appena appena sopportabile è la <span style="color: #990000;"><b>madre del Narratore</b></span>: signora colta, di grande sensibilità e classe, ha con il figlio un legame talmente morboso da condizionarlo in tutto; e questo figlio, nonostante qualche timido tentativo di ribellione nei suoi confronti, cede sempre al ricatto morale che la propria coscienza esercita al momento del distacco da lei: emblematico l’episodio che chiude il soggiorno a Venezia, quando il Narratore, contraddicendo il desiderio della madre di tornare a Parigi (a fronte del suo di rimanere per godere della compagnia di una giovane donna), decide di lasciarla partire da sola, salvo poi raggiungerla alla stazione poco prima del fischio del treno, dopo avere vissuto momenti di pura angoscia al pensiero di averle arrecato una sofferenza. Viva il matriarcato, si direbbe con Proust! Quanto è odiosa e deleteria questa deificazione della figura materna!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Avanti un’altra!</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Eccola, <span style="color: #990000;"><b>Odette de Crécy</b></span>, la donna di cui Charles Swann si innamora perdutamente, che continuerà ad avere un ruolo importante nell’alta società parigina, nonostante i trascorsi poco raccomandabili. Astuta seduttrice, Odette farà di Swann un personaggio patetico, vittima di un amore ingannevole (ne avevo raccontato la passione e la distruttiva gelosia in <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2017/04/in-viaggio-con-proust-il-male-di.html">questo articolo</a>). Il successo della sua scalata sociale è testimoniato dalla metamorfosi che avrà nel corso della Recherche: da cocotte dai gusti discutibili si trasforma in una nobildonna elegante, icona di stile, ma con l’inclinazione di sempre a farsi mantenere, il che la porterà a risposarsi con il conte di Forcheville, dopo la morte di Swann e, poi, a diventare l’amante del Duca di Guermantes. Del resto, <span>cu nasci tunnu ‘un pò mòriri quatratu</span>. E, poiché la mela non cade mai lontano dall’albero, che dire di <span style="color: #990000;"><b>Gilberte</b></span>, la figlia di Odette e Swann? Ragazzina altezzosa, quando tratta con sufficienza il giovanissimo Narratore innamorato di lei, ma ancora di più donna snob, quando, in età adulta, dissimula le proprie origini, vergognandosi di quelle ebree del padre. Assume il cognome del nuovo marito di Odette e facendosi chiamare Mademoiselle de Forcheville spera che si ignori che è figlia di Charles Swann. Che cosa orribile rinnegare il nome del padre per potere godere dei privilegi di una società così ipocrita! Proust paragona Gilberte alla più <span style="font-style: italic;">estesa varietà di struzzi umani</span>, quelli che nascondono la testa nella speranza<span style="font-style: italic;"> non di non essere visti, ma di non vedere che sono visti. </span>La mia antipatia verso questo personaggio si consolida e poco poco si affievolisce solo quando la sorte assegnerà a Gilberte un matrimonio infelice. E qui, anche se bisogna leggere l’opera per capire il perché, mi viene da dire: c<span>u avi cchiu avi arsu!</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E come non provare una certa avversione nei confronti di <span style="color: #990000;"><b>Albertine Simonet, </b></span>la fidanzata “prigioniera” del Narratore. Proust le riserva una fine triste, eppure, nonostante l’epilogo tragico della storia d’amore fra lei e Marcel, non riesco a farmela piacere. Questa donna, non si capisce se opportunista o solo ingenua, è piena di contraddizioni: agli inizi estroversa e intraprendente, poi blindata in un’ambiguità che ne svela i lati oscuri e il suo atteggiamento apparentemente remissivo ne fa una persona snervante, inaffidabile. <span>Ppi carità!</span> Pollice verso anche per lei.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Un’altra fidanzata da pigliare a gargiate è <span style="color: #990000;"><b>Rachel</b></span>, la donna che irretisce il povero Robert Saint-Loup, amico stretto del Narratore, il quale crede di essersi innamorato di un’attrice talentuosa ed è disposto a tutto per lei, ignorando il fatto che, in realtà, la donna <span style="font-style: italic;">raffinata</span> che si fa mantenere a suon di regali e grosse somme di denaro, altri non è se non una delle intrattenitrici di una casa di appuntamenti.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Come non solidarizzare con il biasimevole giudizio del Narratore che rimprovera all’amico la follia di fare di una puttana un idolo inaccessibile!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma il podio dell’insopportabilità nelle donne della Recherche va sicuramente a due personaggi fortemente caratterizzati, che impregnano del loro modo di essere tutta l’opera, ora in modo preponderante, ora solo come comparse che, tuttavia, pesano anche nell’ombra. Sto parlando di <span style="color: #990000;">Oriane de Guermantes </span>e di <span style="color: #990000;">Madame Verdurin</span>.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #990000;"><b>Oriane, duchessa di Guermantes</b></span>, è una donna affascinante (il Narratore si prende una bella sbandata per lei), invidiata dalla nobiltà parigina, non solo per la posizione sociale, ma anche per i suoi salotti pieni di persone influenti e di intellettuali. Tuttavia, non fa mistero della propria misoginia: le piace ricevere uomini di prestigio a condizione che siano scapoli e se sono sposati gradisce che si presentino senza le mogli, giudicate volgari e poco eleganti nel contesto in cui lei riceve gli ospiti. Proust definisce questi uomini “<i>vedovi coatti</i>”, un genio!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">A Oriane, donna di grande intelligenza, non manca lo spirito e le sue conversazioni sono spesso accompagnate da battute molto apprezzate, okay, ma di una mediocrità imbarazzante. Per esempio, durante un convito, paragona Madame de Cambremer a una <i>mucca</i> e poi, con la complicità del marito, che stimolando la sua verve, l’aiuta a perfezionare i suoi numeri, aggiusta il tiro: <span style="font-style: italic;">“d’accordo, non assomiglia a una mucca, assomiglia a un’intera mandria”. </span>Grasse risate! Piena di giudizi sulle persone, con la sicurezza del suo egocentrismo, emette sentenze definitive, pronta a liquidare con malignità tutte le persone a suo dire poco interessanti: Odette è <span style="font-style: italic;">un’autentica imbecille</span>, addirittura <span style="font-style: italic;">immonda</span> (adesso che non ha più il fascino di un tempo) e Rachel una <span style="font-style: italic;">sciagurata, che recita in modo atroce</span>. Per la serie: <span>amaru cu c’ancaglia! </span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E veniamo a <span style="color: #990000;"><b>Madame Verdurin</b></span>, altro <span>beddu spicchiu di minnula amara!</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Velenosissima <span style="font-style: italic;">padrona</span> del “piccolo clan”, quello formato dagli habitué che si riuniscono con assiduità in casa sua. Gelosa della tribù di ricchi borghesi, i pranzi sono occasioni per ascoltare buona musica (di cui si pregia di esser un’esperta) e per parlare di politica, anche se in realtà sono funzionali solo alla sua ascesa sociale. Lei e il marito formano una coppia devastante: quando qualcuno cade in disgrazia è la fine (scuote il sistema nervoso vedere come sono trattati Swann, il professor Brichot o Saniette, l’ospite maggiormente bullizzato) e guai! guai a oscurarne l’aura di finta nobiltà: confinare in un angolo Madame Verdurin significa scatenare il suo implacabile odio, una pena che trova consolazione solo nel desiderio di distruggere la felicità altrui. Uno degli episodi più tristi della Recherche è il trattamento riservato al signor di Charlus, dopo una serata in casa Verdurin. La cattiveria che i coniugi tramano ai danni del barone è machiavellica e tutto per colpire la sua alterigia e punirlo per avere sminuito il ruolo della Padrona all’interno del suo stesso clan. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Accanto a figure primarie nella Recherche, ci sono donne che appaiono come contorni, citazioni dentro lunghe dissertazioni o vacue presenze ai ricevimenti, che non mancano di risultare indigeste. Per esempio la <span style="color: #990000;"><b>principessa di Luxembourg,</b></span> che per fare pesare la differenza di rango al Narratore e alla nonna, incontrati durante una passeggiata a Balbec, si atteggia quasi vedesse in loro delle <span style="font-style: italic;">bestiole</span> che al giardino zoologico <i>sporgono le testa attraverso le sbarre per ricevere le sue carezze</i> o <span style="color: #990000;"><b>le mogli</b></span> del notaio, del presidente dell’ordine e del primo presidente, ospiti presso il Grand Hotel di Balbec, che fiutano delle presenze “irregolari” e indagano sulla loro provenienza, come vecchie pettegole che si deliziano a sparlare: <span style="font-style: italic;">“c’è una donna con i capelli gialli, un dito di cerone in faccia e una carrozza che puzzava di “orizzontale” lontano un miglio...”</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma non dareste a tutte una bella <span>fracchiata </span>di<span> lignati a leva pilu?</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ora, io mi sono soffermata sull’odiosità femminile nella Recherche, ma è chiaro che ognuno può essersi fatto delle idee in base alle proprie letture.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non è che, per caso, invece di regalare cioccolatini e rametti di mimosa, volete infierire anche voi?</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">________________</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #990000;"><span style="font-style: italic;">Nuddu</span> </span><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">si pigghia s’un s'assumigghia</span>: </span>nessuno si piglia se non si somiglia</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Bedda matri</span>: </span>madre bella;</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Cu nasci tunnu ‘un pò mòriri quatratu</span>: </span>chi nasce tondo non può morire quadrato;</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Cu avi cchiu avi arsu</span>: </span>chi ha di più ha l’asso (per indicare persone di scarso valore)</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Ppi carità</span>: </span>per carità</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Gargiate</span>: </span>schiaffi</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Amaro cu c’ancaglia</span>: </span>amaro per chi ci casca</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Beddu spicchiu di minnula amara</span>: </span>bel pezzo di mandorla amara (brutta persona) </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Fracchiata</span>:</span> dose</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #990000;">Lignati a leva pilu</span>: </span>legnate a leva pelo (botte da orbi)</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">e per il significato di<span style="font-style: italic;"> “<span style="color: #990000;">camurrìa</span>” </span>leggete <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2020/11/lessico-familiare.html">questo post </a>;)</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com20tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-49518045969016782262024-02-25T10:33:00.000+01:002024-02-25T10:33:31.089+01:00Vite parallele<p></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: right;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrJJOLXVkpjSrAVoIEytFXJFJ2udjchr45Ik8SGidgKm-Kf56tWWI74keiO4gd9PhrdNKGbE83ClmC4LDQdWUuuIb_rKjHm_JlcFrukQdNu7ib1ZTV-nRAV8xTwDnf1rtOQDIO40JZFtddHXR27eUsx6QHZ99gf4zemU3JMnysi44j6Fls1GjHdOpckUQ/s1943/6F869031-1077-4EF3-8573-ABFD1BB8A92D.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1288" data-original-width="1943" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrJJOLXVkpjSrAVoIEytFXJFJ2udjchr45Ik8SGidgKm-Kf56tWWI74keiO4gd9PhrdNKGbE83ClmC4LDQdWUuuIb_rKjHm_JlcFrukQdNu7ib1ZTV-nRAV8xTwDnf1rtOQDIO40JZFtddHXR27eUsx6QHZ99gf4zemU3JMnysi44j6Fls1GjHdOpckUQ/s320/6F869031-1077-4EF3-8573-ABFD1BB8A92D.jpeg" width="320" /></a></div><span style="background-color: white; font-family: georgia; font-size: large;"><br /></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="background-color: white; font-family: georgia;"><span style="font-size: medium;">Si sveglia nel suo letto con uno sbadiglio che cancella l’ultimo residuo di sonno. Il materasso imbottito di lana cashmere lo restituisce alla quotidianità pieno di energie e con le ossa riposate. </span></span></div><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;"><span></span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;"><div style="text-align: justify;">Il tempo di togliere il pigiama di seta, buttarsi sotto il miscelatore a cinque flussi della doccia, indossare giacca e cravatta di pregiata manifattura sartoriale ed è ora di un caffè ben caldo, servito nella sala da pranzo, dove la luce del sole accende di rosa antico i drappeggi delle finestre e si posa sui fiori raccolti in un vaso, al centro della tavola apparecchiata per la colazione. Poi, con incedere marziale, si reca nel suo ufficio. Le sedie rivestite di velluto accolgono lo staff di collaboratori; l'ordine del giorno della fitta agenda d'impegni richiede attenzione: manovrare l’opinione pubblica attraverso gli organi di stampa; contattare capitalisti e imprenditori disposti a vendere il proprio sostegno; affiliarsi ai comitati politici più strutturati; chiedere un colloquio al Premier Tizio per convincerlo che ciò che è giusto passa anche dalle opzioni più estreme. </div></span></span><p></p><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;">Seduto comodo sulla sua poltrona girevole, ruota a destra e a sinistra senza abbandonare mai la postazione; la spalliera si riflette sulle vetrine dietro di lui, piene di targhe e onorificenze e pochi libri trovano una collocazione casuale sulla scrivania, assieme a qualche foglio in attesa di firma. In alto, sull’ultimo ripiano di una libreria, alcuni esemplari della Menorah; al suo fianco, su un'asta, la bandiera a sfondo bianco e strisce blu con la stella di David a riposo. </div></span><p></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: medium;">Tra priorità, ordini definitivi e progetti avallati senza concessioni al dubbio, arriva a fine giornata con un peso sempre più grande da smaltire, ma la coscienza non ha difficoltà ad alleggerirsi di fronte a una lauta cena. Così, mentre morde una fetta di pane azzimo e si sazia con un piatto di cicoria selvatica e una coscia di agnello cotta al forno, un ultimo pensiero gli scivola leggero in coda agli altri: “Quanti ne saranno morti, oggi?”</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><b>*****</b></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Si sveglia al mattino nel suo giaciglio di terra secca, dentro una delle capanne che offrono riparo nel deserto e confonde quello che ha sotto gli occhi con ciò che il sonno gli ha restituito; in fondo, non fa molta differenza: ormai anche i suoi sogni hanno un cielo senza luce. Si alza e si trascina in mezzo a polvere e macerie, non fa caso ai pantaloni sporchi di sangue né si preoccupa più di quanti giorni l'acqua con cui si sciacqua il viso sia rimasta a stagnare dentro il recipiente; il sole non trova spazio per infiltrarsi nelle tende. Si butta sulle spalle una coperta e ancora una volta va ad accodarsi alla fila di sfollati per recuperare una ciotola di farina, che dovrà farsi bastare per tutto il giorno. Non c’è acqua, non c’è cibo, mancano le medicine per curare i primi focolai di un’epidemia che si diffonde con la velocità del vento; tutto è precario in mezzo al disordine della disperazione. Non ha nulla da fare, nulla in cui sperare, ha solo uno scopo nella vita: salvare il futuro del figlio sopravvissuto, che trema, ma non per il freddo. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Seduto su una pietra, con gli occhi rivolti all'orizzonte segnato dalla distruzione, osserva l’enorme cimitero che, adesso, è la sua città; le pozze d'acqua riflettono le carcasse di palazzi, testimoni di migliaia di vite soppresse nell’eco della tragedia. Dentro un fossato, mescolato al fango, un cencio a strisce nero, bianco e verde con il triangolo rosso che impone la sua macchia di colore vivo in quel teatro di morte e desolazione.</span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Tra preghiere, scelte obbligate e progetti rubati, arriva a fine giornata con un carico di afflizione che non troverà conforto attorno a un focolare domestico: le sente ancora le voci di tutti quei bambini che non avranno mai la possibilità di scoprire in che mondo avrebbero continuato a vivere, se non fossero stati il pensiero insignificante nella mente di qualcuno. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Così, mentre dà un morso alla focaccia di acqua e farina e gli occhi fanno fatica a rimanere asciutti, l’ennesimo pensiero gli piomba nel cuore: “Chissà se domani sarò ancora vivo.”</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com32tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-48013397803203926042024-02-14T09:49:00.000+01:002024-02-14T09:49:42.058+01:00San Valentino con Proust: l’amore “malato” di Marcel<p><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHdlcK7AP3nrhKDz8qF-PPojiLKwM-B5nltWabPJ-8e281_xdBNdH1fidik13eJMInWx51qSa7rCthiprzGWN4_XH8i7MglKnTY4CEKm4JiS3XHAkux7Gzr3au_tnolRawgKVMzxDbEXLF1WoGyGcJXJ9mKwDidCwITLLdOkY31tSdbmRyoxFdDz07kQ4/s1080/E2FDFB2D-04C8-429E-85F2-0A0EB53FAA52.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="727" data-original-width="1080" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiHdlcK7AP3nrhKDz8qF-PPojiLKwM-B5nltWabPJ-8e281_xdBNdH1fidik13eJMInWx51qSa7rCthiprzGWN4_XH8i7MglKnTY4CEKm4JiS3XHAkux7Gzr3au_tnolRawgKVMzxDbEXLF1WoGyGcJXJ9mKwDidCwITLLdOkY31tSdbmRyoxFdDz07kQ4/s320/E2FDFB2D-04C8-429E-85F2-0A0EB53FAA52.jpeg" width="320" /></a></span></div><p></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Nel giorno di <b><span style="color: #990000;">San Valentino</span></b> voglio portarvi dentro una singolare storia d’amore, raccontata all’interno delle pagine di un libro chiamato “<i><span style="color: #990000;">La prigioniera</span>”. </i></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Mi sembra che già il titolo dica tutto.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Si tratta del quinto volume di “<i>Alla ricerca del tempo perduto</i>”, che, se contestualizzato ai giorni d’oggi, offrirebbe non pochi spunti di riflessione. Eppure, sono contenta che ancora nessuno si sia espresso sulla natura del rapporto raccontato nell’opera immensa di Proust. Sarà, forse, perché la Recherche, fra i classici della letteratura, non è un romanzo inflazionato (e ciò mi pare, a questo punto, una fortuna) o sarà perché i fruitori di una siffatta, imponente, lettura non sono interessati a forzarne l’interpretazione, ma almeno la relazione “malata” del Narratore con una delle “fanciulle in fiore”, per adesso, è salva.<span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span></span></span><p></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;">Il Narratore incontra <span style="color: #990000;">Albertine Simonet</span> nel secondo volume dell’opera, “<i>All’ombra delle fanciulle in fiore”</i>: la vede spingere una bicicletta lungo la diga di Balbec (località marittima dove trascorre le vacanze) insieme a una piccola banda di coetanee che si divertono a fare le insolenti con alcuni passanti. Ha gli </span><span style="font-family: georgia; font-style: italic;">occhi luminosi, ridenti, larghe guance olivastre sotto un “polo” nero ben calcato sulla testa </span><span style="font-family: georgia;">e lui rimane subito affascinato dal modo dinoccolato che la ragazza ha di ancheggiare mentre spinge la bici, dal suo linguaggio gergale, ma soprattutto dallo sguardo audace che gli indirizza al suo passaggio in riva al mare.</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;">Proprio la bruna ciclista, giocatrice di golf, impertinente e sbarazzina fanciulla di rango borghese, s’insinuerà nei pensieri del Narratore in un modo così pervasivo da indurlo a concepire, nel prosieguo della loro frequentazione (</span><span style="font-family: georgia;">durante il secondo soggiorno a Balbec), </span><span style="font-family: georgia;">un progetto di vita insieme, a Parigi. È qui che lui vorrebbe portarla, proponendole di venire a vivere in casa sua, mentre i genitori sono temporaneamente assenti.</span><span style="font-family: georgia;"> Sulle prime la richiesta viene elusa, ma, alla fine, Albertine decide di seguire il Narratore nella capitale francese. E qui scatta la trappola.</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Nello sviluppo di questa storia d’amore il lettore non si aspetti di imbattersi nel classico romanticismo d’epoca, fatto di corteggiamento, serenate, dichiarazioni sotto un cielo stellato e la luna a specchiarsi sulle onde argentee del mare; nulla di festeggiabile, oggi, con una scatola di Baci Perugina e una cena a lume di candela. Tutto il rapporto tra il Narratore e Albertine si consuma nella reciproca incomprensione, nella sfiducia e nell’assenza totale di sincerità. Il Narratore non è capace di ammettere a se stesso che è innamorato di lei (né mai glielo dirà apertamente), piuttosto si fa influenzare dalla contrarietà della madre circa il suo progetto di matrimonio, così, per farla contenta, medita di rompere definitivamente il rapporto con Albertine oppure sfrutta il finto pretesto di essere innamorato di un’altra “fanciulla in fiore” per lasciarla. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E quella <span style="font-style: italic;">malattia cronica </span>che intacca la bellezza di un sentimento che dovrebbe regalare felicità anziché ansia è la stessa che trafigge il cuore e l’anima di Swann, all’inizio della Recherche; quell’implacabile gelosia che tutto travolge, rovinando la purezza di ogni emozione. L’amore è un <span style="font-style: italic;">male inguaribile, </span>possibile<span style="font-style: italic;"> </span>solo se sorretto dal seme che corrode ogni certezza: questa perdurante gelosia, nell’infliggere un dolore al Narratore, di fatto lo rassicura sulla veridicità dei propri sentimenti.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">Avrei dovuto scegliere se smettere di soffrire o smettere d’amare. L’amore infatti, come all’inizio è formato dal desiderio, così più tardi è mantenuto vivo soltanto dall’ansia dolorosa. L’amore, nell’ansia dolorosa come nel desiderio felice, è esigenza d’un tutto. Non nasce, non sussiste se non resta almeno una parte da conquistare. Si ama soltanto ciò che non si possiede per intero.”</span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E fin qui, nonostante l’aspetto masochistico dell’amore concepito solo se alimentato dal patimento sia spirituale sia materiale, nulla di nuovo: la gelosia è sempre stata una molla potente all’interno di un rapporto di coppia (quasi sempre deleteria, quando smisurata e fuori controllo), ma in questa storia, quella nutrita dal Narratore non è la gelosia ordinaria: lui non teme che la sua Albertine possa avere in mente altri uomini o che possa mostrare atteggiamenti equivoci di fronte a potenziali corteggiatori, lui ha paura che la sua <span style="font-style: italic;">piccina</span> possa avere tendenze contrarie alla morale comune (nella Francia dei primi del ‘900); scongiura il pericolo (o il dramma nella sua vita) che Albertine sia lesbica. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Le prove che raccoglie di questa presunta omosessualità, in realtà, sono solo ipotesi formulate dalla sua mente ossessionata e sempre alla ricerca di conferme (che non arriveranno mai). Non rimangono isolati certi episodi del passato; essi ritornano a torturare i suoi pensieri, unitamente alle insinuazioni, alle conversazioni equivoche e alle bugie reiterate, che tengono il Narratore ben lontano dalla verità. Qualunque forma abbia una data amicizia femminile di Albertine, superficiale come quella di una conoscenza casuale o consolidata come con le ragazze della “piccola banda” di Balbec, quel rapporto rappresenta, agli occhi del Narratore, una possibile occasione di perdizione per l’amata: un’uscita in compagnia di una donna diventa l’incontro peccaminoso di cui lei vorrà mantenere sempre il riserbo, il desiderio di un viaggio un modo per continuare a frequentare persone con il<i> vizio.</i></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Così il Narratore si trova a soffrire un lento martirio all’idea che Albertine possa godere di piaceri con i quali lui non potrebbe mai competere:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">Cos’era, in confronto a questa sofferenza, la gelosia provata il giorno in cui Saint-Loup aveva incontrato Albertine con me, a Doncières, e lei ci aveva un po’ civettato? [...] Una gelosia siffatta – quella provocata da Saint-Loup, da un qualsiasi altro giovanotto – non era nulla. Al massimo, in quel caso, avrei potuto temere un rivale, sul quale avrei cercato di prevalere. Ma qui il rivale non era simile a me, le sue armi erano diverse, non potevo lottare sullo stesso terreno, dare ad Albertine gli stessi piaceri, e nemmeno concepirli con precisione.”</span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Dalla <span style="font-style: italic;">malattia</span> del Narratore scaturisce e si consolida il morboso obiettivo di chiudere Albertine in una prigione dorata: l’appartamento in cui vive, a Parigi, nell’unico, folle, intento di tenerla fuori da ogni tentazione.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="color: #444444; font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #444444; font-family: georgia; font-size: medium;">“... avrei sopportato qualsiasi sofferenza e, se non fosse bastato, ne avrei inflitte a lei, l’avrei isolata, rinchiusa, le avrei portato via il poco denaro che aveva perché l’indigenza le impedisse materialmente di mettersi in viaggio.”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Le offre tutto, agio, distrazioni, la riempie di doni, di abiti, di oggetti preziosi, ma la stringe con le catene immaginarie della coercizione psicologica: la nasconde a tutti, le vieta alcune libertà, offrendogliene altre meno gradite, perché da esse potrebbe scaturire ciò che più lo farebbe soffrire e cioè il potenziale tradimento con delle donne; in più, gioca a fare il detective di presunti inganni orditi a suo danno. Marcel (è la prima e unica volta che, all’interno dell’intera opera, viene fatto il nome del Narratore ed è Albertine a chiamarlo così) le innalza attorno un muro fatto di sospetti, di continui controlli e la sottopone a una vera e propria clausura.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E il paradosso è che lui sa amare solo in questo modo, perché quando riesce a dominare la vita di Albertine e la sua sofferenza raggiunge una faticosa tregua, la quotidianità con lei diventa monotona e questa <span style="font-style: italic;">rassicurante</span> noia toglie vigore ai suoi sentimenti. Il Narratore ripete a se stesso che non la ama più e, anzi, la prigionia alla quale la costringe diventa anche la sua, avendo rinunciato per lei alla possibilità di realizzare il suo grande desiderio di fare un viaggio a Venezia. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E Albertine, nel frattempo, come vive la routine fra le quattro mura domestiche in cui è rinchiusa? È solo vittima dell’intimo progetto del Narratore di isolarla dal mondo oppure approfitta della sua condizione per ottenere un “buon matrimonio”? Il lusso non le dispiace, in effetti, <span style="font-style: italic;">“gli accessori d’abbigliamento erano, per Albertine, fonte di grandi piaceri” </span>e si diverte al pensiero di essere una privilegiata:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">Chissà che faccia farebbe la madre di Andrée a vedere che sono diventata una ricca signora come lei, ciò che lei chiama una signora “con quadri, cavalli e carrozze”.</span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Nella sua <span style="font-style: italic;">prigionia</span>, Albertine cura degli hobby, legge, dipinge, colleziona oggetti:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">Aveva persino cominciato delle graziose collezioni, che sistemava con gusto incantevole dentro una vetrina e che io non potevo guardare senza commozione e senza timore, perché l’arte con cui Albertine le disponeva era quella – fatta di pazienza, di ingegnosità, di nostalgia, di bisogno d’oblio – cui si dedicano i carcerati.”</span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La <span style="font-style: italic;">carica di passività, </span>la<span style="font-style: italic;"> potente facoltà di sottomettersi </span>di Albertine<span style="font-style: italic;"> </span>sono reali o nascondono la sua esigenza di crearsi una copertura per continuare a vivere secondo le proprie inclinazioni?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">E</span><span style="color: #444444;">ra incredibile sino a che punto la sua vita fosse inafferrabile, e fuggevoli i suoi più grandi desideri.” </span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Nella narrazione di Proust non sarà mai svelata la verità su Albertine. Tutto resta avvolto nel mistero e di questa storia d’amore rimane una lunghissima parentesi senza respiro, precaria come certi rapporti nati “macchiati” dall’incompatibilità, che, oggi, porterebbero a una rottura dolorosa o, peggio, degenerebbero in tragedie evitabili.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La fine dell’amore fra Marcel e Albertine è preparata nella pagina che chiude il quinto libro della “Recherche” e continua nel sesto, “<i>Albertine scomparsa”: </i><span style="font-style: italic;">“Mademoiselle Albertine se n’è andata”</span>, recita l’incipit, quasi come un’anticipazione di ciò che fatalmente accadrà, mentre il Narratore, consapevole di averla perduta, fra nuovi dubbi e vecchi rimpianti, ritrova la purezza del suo sentimento:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">Così, quel che avevo creduto non essere niente per me era, molto semplicemente, tutta la mia vita.”</span></span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com28tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-26189966442567301562024-02-06T10:42:00.000+01:002024-02-06T10:42:34.664+01:00“Filtro d’amore” - La bellezza (e l’utilità) delle esercitazioni letterarie<p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizupvoOsXmzMfug3jOkdxjgog4mxMem4pU5EndUaLs9YxUW9ktD_p5WgLgYskeJGSWEPdOfSWqMERKhy6CVHzZg2LuU-8RTKhzxVuOWxv9HjvoNuyOC_RBPet2zMMwWEjj2WBMYUDAygpX-QyDdEj7h5VpU8RrH_hY9AXNNks-tmo4fmHCRkIXRDSnah8/s1534/B9441467-A037-4DC7-B45E-7EACDDBC3DB4.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1534" data-original-width="1024" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizupvoOsXmzMfug3jOkdxjgog4mxMem4pU5EndUaLs9YxUW9ktD_p5WgLgYskeJGSWEPdOfSWqMERKhy6CVHzZg2LuU-8RTKhzxVuOWxv9HjvoNuyOC_RBPet2zMMwWEjj2WBMYUDAygpX-QyDdEj7h5VpU8RrH_hY9AXNNks-tmo4fmHCRkIXRDSnah8/s320/B9441467-A037-4DC7-B45E-7EACDDBC3DB4.jpeg" width="214" /></a></span></div><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span face="TimesNewRomanPS-BoldMT" style="font-weight: bold; text-align: justify;">Era ormai tutto finito. Sembrava che anche il futuro appartenesse al passato. Si erano andati contro tutta la vita. Mai una tregua. Cos'altro poteva succedere adesso?</span><span face="TimesNewRomanPS-BoldMT" style="font-weight: bold; text-align: justify;"> </span></span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Fino allora, i vaticini di Madame Tricheur si erano rivelati ingannevoli, i tarocchi poco azzeccati, i rituali del tutto inefficaci: tempo e denaro buttati in formule e pozioni di scarsa utilità. Va bene, Samantha aveva usato lo zenzero al posto del cardamomo e cinque baccelli di coriandolo anziché sette, ma riempire un sacchetto <span face="TimesNewRomanPS-ItalicMT" style="font-style: italic;">portafortuna</span> con quella roba, per recuperare il rapporto con Calogero, dopo l’ennesimo litigio, richiedeva così tanta precisione? E quel pastrocchio a base di papaya, con semi di finocchio e anice stellato, chiamato “filtro d’amore”, era servito a legarli per sempre? per non parlare dell’unguento ottenuto mescolando l’olio essenziale di ylang ylang con gocce di patchouli e salvia sclarea, che lei si era spalmata sul corpo prima di indossare la lingerie tutta pizzo e trasparenze: se questo era l’incantesimo vincente per ravvivare la passione, l’unico successo che aveva conseguito era stato lo sguardo di anguilla e un applauso smorto di lui al suo tentativo di imitare Kim Basinger in “Nove settimane e mezzo”. </span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Eppure, forse, non era tutto perduto: il dispendio di denaro, energie e fiducia, a qualcosa era servito, se quel giorno, inatteso, insperato, finalmente arrivò.<span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-size: medium;"><span></span></span><p></p><p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Le note dell’organo risuonarono dentro la chiesa, mentre gli ultimi invitati si disponevano nelle panche. Era presente anche Madame Tricheur, che, incorniciata da una parrucca di boccoli rossi, manteneva inamidato il sorriso, frutto di un ambizioso lifting più che della sua fierezza di navigata cartomante. I fiori profumavano l’altare, ai piedi dell’ambone splendeva un vaso pieno di tulipani bianchi, peonie e fiori d’arancio. Il testimone dello sposo, accanto alla moglie, si stirava ogni secondo il ciuffo ingellato e con la stessa frequenza si muoveva sul posto, come colto da una qualche impellenza. </span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La cerimonia ebbe inizio. </span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Nel silenzio smorzato appena dalle note di un violino, l’impegno solenne contenuto nelle due formule recitate davanti al celebrante fu una pietra lanciata contro i vetri di una finestra:</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«Vuoi tu, Samantha, prendere il qui presente Calogero come tuo legittimo sposo?»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«Lo voglio»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«E tu, Calogero, vuoi prendere la qui presente Samantha come tua legittima sposa?»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«...»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«Calogero?»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">«...»</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Gli sguardi degli astanti si sovrapposero come voci in una piazza affollata; il prete sollecitò la risposta, i volti paonazzi di parenti e amici stemperarono tutto quel bianco intorno a loro. Calogero si voltò verso il testimone della sposa, il testimone della sposa fece un balzello in avanti. Samantha sgranò gli occhi e si afflosciò sul marmo del presbiterio, quando vide i due uomini prendersi per mano e correre lungo la navata centrale, congedandosi con un laconico “<span face="TimesNewRomanPS-ItalicMT" style="font-style: italic;">Bye!</span>”.</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Madame Tricheur, dal fondo della chiesa, ebbe un sussulto: forse era il caso di riconsiderare ingredienti e dosi della coulis di papaya.</span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: "Times New Roman"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: center;"><span face="TimesNewRomanPS-BoldMT" style="font-weight: bold;"><span style="font-size: large;">*****</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Questo mio raccontino, dal titolo <span style="color: #990000;">“Filtro d’amore”</span> è contenuto nell’antologia “<span style="color: #990000;">Mai una tregua”</span> per il marchio “L’Erudita” di Giulio Perrone Editore, assieme ad altri racconti di autori vari, che come me hanno raccolto l’invito di continuare un <span style="color: #990000;">incipit </span>di <span style="color: #990000;">Romana Petri</span>, utilizzando solo <b>3000 battute</b>.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkyGGT4kRBcCMRqy-giwyNGzppIHAj1WnOcjuC2OE5GgJpJLv-kGWZPc5T_9OUTUnkixHjLVkMm5XJ8-EZQfvPz_o2Y6h3O3xX_vt0_LUaCccmUC85SNAQhUcAxYSjfw8xDMV0DJ2fCdQSXjFf1WotDvZiEeslHNxWsmf-ci3Q95q8pg-qghjeGL0tlUA/s3264/5F8C719A-A693-4D0E-90F6-0B59F29A8D17.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3264" data-original-width="2448" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkyGGT4kRBcCMRqy-giwyNGzppIHAj1WnOcjuC2OE5GgJpJLv-kGWZPc5T_9OUTUnkixHjLVkMm5XJ8-EZQfvPz_o2Y6h3O3xX_vt0_LUaCccmUC85SNAQhUcAxYSjfw8xDMV0DJ2fCdQSXjFf1WotDvZiEeslHNxWsmf-ci3Q95q8pg-qghjeGL0tlUA/s320/5F8C719A-A693-4D0E-90F6-0B59F29A8D17.jpeg" width="240" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFc2Wh_s25ijOqYQIe-DoqyDUnE1P68AYTT9RL9BTP0rYugZkyc07eouI_vytHEWFbOC9N9Fs6fReJ58Xe8DTSrhRQr003MilznQ3ctA7yYAMPhv9H1Zh5Dh6nfZ1No5czt6OEflZeUZd6U7UdDsOuCFxmJyv9fSJpz89C2qpi2FVC_dV50wy90yLdH18/s3264/B7EDFA76-FC1D-4CFE-B29F-49315166356C.jpeg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2448" data-original-width="3264" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFc2Wh_s25ijOqYQIe-DoqyDUnE1P68AYTT9RL9BTP0rYugZkyc07eouI_vytHEWFbOC9N9Fs6fReJ58Xe8DTSrhRQr003MilznQ3ctA7yYAMPhv9H1Zh5Dh6nfZ1No5czt6OEflZeUZd6U7UdDsOuCFxmJyv9fSJpz89C2qpi2FVC_dV50wy90yLdH18/s320/B7EDFA76-FC1D-4CFE-B29F-49315166356C.jpeg" width="320" /></a></div><p></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Le esercitazioni letterarie m’intrigano sempre per tre buone ragioni: sono un utile allenamento, non assecondano pretese ambiziose e sono sfide, tutto sommato, compatibili con i miei interessi alternativi alla scrittura.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non mi tiro indietro, in particolare quando la competizione si gioca nel rispetto di un vincolo, perché, come diciamo sempre, è facile scrivere a briglie sciolte, più difficile centrifugare concetti e parole per ottenere il succo del discorso.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quando scrivo lo faccio senza tenere conto di spazi e limiti, poi, però, leggo e aggiusto, rileggo e aggiusto ancora e lo faccio finché non arrivo a un testo che penso non debba più essere sfrondato. Sistemabile in chissà quanti altri modi sì (non si finisce mai di imparare), ma perlomeno coerente con la regola imposta da un regolamento.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Tremila caratteri sono appena due paginette di libro: sfruttando i margini di tollerabilità consentiti, in questo caso, ho ridotto un racconto che era lungo quasi il doppio e sono rimasta contenta del risultato ottenuto (la pubblicazione nel libro citato è un’altra bella soddisfazione).</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ho sfruttato occasioni simili in passato, la rubrica “<a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/search/label/La%20mia%20palestra%20di%20narrazione">La mia palestra di narrazione</a>”, presente in questo blog, raccoglie il risultato del desiderio di assecondare ogni occasione per allenarmi nella scrittura, con prove di varia natura proposte da blogger non più in esercizio (i followers della prima ora ricorderanno senz’altro <a href="https://dadovestoscrivendo.wordpress.com/">“Da dove sto scrivendo"</a> e “<a href="https://scriverepercaso.wordpress.com/">Scrivere per caso</a>”). Come non citare il “<a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/search/label/THRILLER%20PARATATTICO">Thriller parattatico</a>” o <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/search/label/INSIEME%20RACCONTIAMO%20di%20Myrtilla%27s%20House">“Insieme raccontiamo”</a>, tutte esperienze bellissime e costruttive, di cui ho lasciato traccia anche nel mio Taccuino con le apposite etichette, in elenco fra i contenuti del blog.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono una fan dei racconti che prevedono un tema, dove si è costretti a immaginare una storia che abbia a che fare con un argomento in particolare (“<a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/search?q=killer+vegano">Killer vegano</a>”, scritto per partecipare al contest “<b>Regalami un racconto</b>”, ne è un esempio), perché bisogna sforzarsi di fare quadrare la trama in quello stretto ambito e certe volte la fantasia fa salti pazzeschi, anche fuori dai propri canoni classici.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Poi, magari, mi dico: ma tutto sto allenamento sfocerà in cosa? E chissà, intanto mi tengo in esercizio! Entro in modalità <span style="font-style: italic;">babba priata </span>(scema contenta) e non perdo lo slancio creativo.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">È così, tra una cosa e l’altra, il contatto con la scrittura non mi manca: piccole occasioni, ma utili, che non smettono di insegnarmi qualcosa. Prima di tutto il divertimento, perché scrivere è faticoso, vero, ma l’aspetto ludico di questa attività è da salvaguardare, rappresentando il giusto compromesso fra la vanità (scrivere per essere letti) e il puro autocompiacimento (scrivere per se stessi). </span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Con buona pace di tutte le intenzioni e delle intenzioni di tutti.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com30tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-34154876502772879502024-02-01T10:20:00.000+01:002024-02-01T10:20:12.167+01:00Tu chiamala se vuoi saggezza<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ9qdSz77pkR4P4Jjdj0ZWCkLqfS6QyCtj_pgtTooOOnjDYD-zPQH5ymASZTRrV68rd9-yQowGa2gkNjlnI1NvQXGpvg22-sico5EufZ84qW_PtKM9DYR4u9EDLpf3GykTlETvSWVu8HmgaMaVnWSiaXMdHBc94k1xf6M7BuNa8JzJgDkzC965cCEFYjs/s696/E97AE976-9C5C-41FC-AE49-0B47DED593DB.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="510" data-original-width="696" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQ9qdSz77pkR4P4Jjdj0ZWCkLqfS6QyCtj_pgtTooOOnjDYD-zPQH5ymASZTRrV68rd9-yQowGa2gkNjlnI1NvQXGpvg22-sico5EufZ84qW_PtKM9DYR4u9EDLpf3GykTlETvSWVu8HmgaMaVnWSiaXMdHBc94k1xf6M7BuNa8JzJgDkzC965cCEFYjs/s320/E97AE976-9C5C-41FC-AE49-0B47DED593DB.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>Se è vero che l’età regala saggezza mi piacerebbe capire se posso ascrivere a tale traguardo, ancora in itinere,</span><span> la disaffezione verso abitudini che via via vado perdendo. </span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La domanda che mi pongo, in realtà, è se c’è un momento nella vita in cui ci accorgiamo di avere raggiunto quel punto di maturità che fa intravedere altre possibilità di benessere.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non più tardi di qualche anno fa mi piaceva immaginare di potere ancora diventare la scrittrice che avrei voluto essere e componevo puzzle di idee, embrioni di potenziali storie. Poi qualcosa è cambiato fuori e dentro me e parlandone in questo blog ho rischiato di trasformare la mia raggiunta serenità nello sfogo di chi prova a giustificarsi attribuendo la propria inconcludenza a fattori esterni, mentre lo scopo è sempre stato esclusivamente l’attestazione di un cambiamento personale in atto. Una nuova dimensione in cui, un giorno, mi sono risvegliata senza nemmeno accorgermene e ho semplicemente capito che <span style="font-style: italic;">fare</span> la scrittrice, in fondo, non è il mestiere che mi renderebbe felice, perlomeno non più adesso.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La maturità che sostengo di avere raggiunto, in questo caso, riguarda la consapevolezza di trovare maggiori stimoli in cose diverse: oggi, per esempio, mi appaga molto di più leggere. Sono sempre stata esigente, ma adesso non mi sento in difetto se affermo di essere fortemente selettiva, se ho scoperto che la narrativa contemporanea mi affascina poco, se rifugiarmi nei classici mi dà una maggiore soddisfazione. </span><span style="font-size: medium;">Disaffezionarmi alla scrittura, intesa come desiderio di comporre un’opera eventualmente pubblicabile, ha significato anche perdere interesse per tutte le dinamiche (e conseguenti diatribe) inerenti ai vari aspetti collegati a questo <i>sogno</i>: quanto mi sono fatta odiare con la mia avversione al selfpublishing! io che, tra l’altro, in un primo momento, ne ero stata un’attiva sostenitrice (avevo aperto un profilo sull<span style="font-style: italic;">’ei fu</span> Twitter che si chiamava “<i>Sottobosco letterario”, </i>dove mi facevo promotrice di giovani leve in cerca di visibilità: esperienza direi traumatica!) Non ho cambiato idea, ma, parlando con sincerità, non mi frega più niente di come si muove chi ha scritto un romanzo per farsi conoscere dalla gente: tutto il comparto esordienti o aspiranti scrittori è ormai totalmente fuori dai miei interessi attuali.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Spostando l’attenzione sul blogging, se penso all’entusiasmo degli inizi, ritorno a quei giorni in cui avevo voglia di ragionare sulla scrittura, sul perché e il percome di una passione condivisa con tanti: quanti esercizi letterari, quante “prove tecniche” di <i>mot juste</i> ... altri tempi! Adesso, anche questa attività ha subito un’evoluzione: mi piace sempre raccontare e raccontarmi (come amo ancora dire), lo faccio al meglio delle mie possibilità, ma con meno attenzione verso feedback, statistiche, numero dei visitatori. I commenti restano cosa gradita, ma quando pubblico non ho l’ansia di sapere quante persone raggiungo. Scrivo con un calendario più flessibile, prima erano tassativi i due giorni a settimana, adesso anche quindici giorni sono un congruo spazio di attesa fra una pubblicazione e un’altra, se non riesco a farmi venire buone idee che valga la pena condividere in un lasso di tempo minore (o se, come nelle ultime settimane, i problemi della vita diventano prioritari). E mi accorgo che prendo tutto con più filosofia perché ho smesso di aggredire i problemi: qualche anno fa, un disguido tecnico legato alla piattaforma dove ho aperto il blog mi mandava in tilt; cercavo aiuto, mi dannavo a trovare una soluzione, non accettando la mia totale incompetenza nella gestione dei mezzi informatici; oggi convivo con tutti gli intoppi che incontro: ormai da mesi ho l’account bloccato se uso certi dispositivi e sono costretta a firmarmi come anonimo; non posso accedere nei blog altrui se non dal pc fisso; su alcuni commento con il cellulare, perché lì risulto loggata, con il mio I-pad sono fuori da tutto per ragioni vai a vedere quali, ma pazienza! mi sta bene anche così.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E veniamo ai social. Lentamente mi sto disaffezionando pure a quelli. Non mi disiscrivo da X (che brutto chiamarlo così) perché non voglio salutare alcuni amici con cui sono rimasta in contatto tramite il gruppo di cui faccio parte, ma non twitto più dal 2021 e Facebook comincia a essermi indifferente: fino a qualche tempo fa postavo con più frequenza e maggiore costanza, condividevo aspetti della quotidianità, foto, mescolando cretinate a cose serie, perché traevo una qualche forma di soddisfazione personale dall’essere parte di un insieme. Adesso l’<span style="font-style: italic;">insieme</span> mi sta stretto. Continuo a mescolare cretinate a cose serie, ma lo slancio si è infiacchito. Ho cominciato oscurando il giorno del mio compleanno, perché (scusate la franchezza) mi annoiava dovere rispondere a tutti gli auguri che ricevevo (non vi dico cosa pensassi dei post di rito contenenti il ringraziamento collettivo, quelli classici tipo: “<span style="font-style: italic;">Ringrazio tutti, avete reso migliore questo giorno!</span>” et similia) e sono diventata intollerante verso i post con gli anniversari di persone e animali, i “<span style="font-style: italic;">dieci anni di noi”</span>, il <span style="font-style: italic;">“siate clementi...</span>” di chi pubblica in un gruppo i propri lavori artigianali con questo incipit divenuto, per convenzione, la formula atta a scongiurare il giudizio spietato di qualcuno (che puntualmente c’è e scatena polemiche talvolta imbarazzanti). Poi ho reso sempre meno visibile la mia quotidianità, ho perso interesse. Interagisco solo con le poche persone che stimo, sono più parsimoniosa con i like, di rado intervengo rilasciando una mia opinione, magari la formulo e poi non la invio, perché mi scoccia aprire o partecipare a discussioni. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">In buona sostanza, tolto il fascino dell’essere in contatto con persone che altrimenti non posso vedere e della condivisione di informazioni spesso utili, </span><span style="font-size: medium;">sono tornata a prediligere i rapporti umani, i sorrisi veri, le conversazioni dal vivo, le strette di mano, gli sguardi, le inflessioni della voce, i toni non deducibili solo da una faccina gialla che accompagna frasi scritte; gli abbracci, la vita per come va vissuta. E non so se è perché ho un’età che mi porta a concentrarmi su cose più concrete o se sono entrata nella fase della crescita (perdonate l’eufemismo, chiamarlo invecchiamento mi mette a disagio) in cui l’insofferenza verso un mondo che mi piace sempre meno comincia a essere pervasiva. L’età che avanza fa doni inaspettati: non so nemmeno se chiamarla saggezza, ma mi piace pensare che, in qualche modo, lo sia.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="color: #990000;">*In copertina: “Interno con vaso etrusco” - Henri Matisse</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com28tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-51242775638527008812024-01-25T10:53:00.005+01:002024-01-25T12:19:07.120+01:00 (Im)perfect Days<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUdt2214F7WqM0Nv1Yn11OBuzwPhLk6av7wutgZjvMl8NYsldM71iEB7rhTTTKjWdJOKFoF3oqGInpxtZQh_b2YrkVsrFDb59M8I-2gyLbNg6d5XKNNMArKD6nq1sL800KWxB19IWS8pQIz8CadnpOOsbKZRq33KAZ8wOZ1SE36dVLWrCEdQm382HHc3c/s1080/ED7EB74A-4507-4AF9-9C39-61BA8A61612A.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="656" data-original-width="1080" height="194" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUdt2214F7WqM0Nv1Yn11OBuzwPhLk6av7wutgZjvMl8NYsldM71iEB7rhTTTKjWdJOKFoF3oqGInpxtZQh_b2YrkVsrFDb59M8I-2gyLbNg6d5XKNNMArKD6nq1sL800KWxB19IWS8pQIz8CadnpOOsbKZRq33KAZ8wOZ1SE36dVLWrCEdQm382HHc3c/s320/ED7EB74A-4507-4AF9-9C39-61BA8A61612A.jpeg" width="320" /></a></div><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>“</span><span>Il cielo sopra Berlino” ha vinto il premio come “miglior regia”<span style="font-style: italic;"> </span>al Festival di Cannes 1987. Dopo più di trent’anni <b>Wim Wenders</b> è di nuovo sul podio, ancora al Festival di Cannes, </span><span>con </span><span style="color: #cc0000;">“Perfect Days”</span></span><span><span style="font-size: medium;">, un film ambientato a Tokyo, che ha ottenuto il riconoscimento questa volta nella categoria “miglior attore”:</span><span style="font-size: large; font-style: italic;"> </span><span style="font-size: medium;">Kōji Yakusho è il protagonista del nuovo lavoro del regista cult, tornato nelle sale cinematografiche con l’ennesima opera di successo. Apprezzamenti, giudizi esaltanti, riconoscimenti di pregio, incassi da capogiro... ne parlano tutti e questo clamore ha raggiunto anche me.</span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBZCqKb5cGaerAKhPqsjcVDEPiu_x7qFjzaFIlUf__cjy5AkjSCdoRIdEcs5KvqthsTV0aSyI6QJW5VnEDp-hiMfjZNvPMuxGVxEWnPfZPq_4atgFBIUXbvtILiG-NhCaNl7zDU5Sq_pyArxsan0wZzSUf8T3YT-0ojWqudg5qB7hCq7rTbI3cc3TIuzk/s1436/B72540CD-8E83-42FC-B4DC-008B7A1BFE43.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1436" data-original-width="1026" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBZCqKb5cGaerAKhPqsjcVDEPiu_x7qFjzaFIlUf__cjy5AkjSCdoRIdEcs5KvqthsTV0aSyI6QJW5VnEDp-hiMfjZNvPMuxGVxEWnPfZPq_4atgFBIUXbvtILiG-NhCaNl7zDU5Sq_pyArxsan0wZzSUf8T3YT-0ojWqudg5qB7hCq7rTbI3cc3TIuzk/s320/B72540CD-8E83-42FC-B4DC-008B7A1BFE43.jpeg" width="229" /></a></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;"><span>Le mie ultime settimane sono state indimenticabili (non in senso positivo, purtroppo), così ho colto l’occasione per concedermi una botta di vita, ritornando al cinema dopo secoli di disaffezione. Mi piaceva l’idea del contrasto fra le mie </span><span style="font-style: italic;">imperfect</span><span> giornate e quelle </span><span style="font-style: italic;">perfette</span><span> raccontate nella pellicola.</span></div></span><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Tutti noi rispettiamo più o meno una routine giornaliera, fatta di lavoro, appuntamenti, incastri con altri impegni, ma non so se in realtà ne siamo appagati o se riusciamo a mantenere la serenità nell’assecondare sempre le stesse abitudini. Immaginate, invece, la quotidianità di un uomo di mezza età che tutti i santi giorni si alza di buon mattino, riavvolge il futon, cura l’igiene personale, innaffia le piante che fa crescere in piccoli vasi, indossa la tenuta di lavoro, esce di casa, prende una bibita da un distributore che è proprio a due passi dall’uscio, entra nel suo furgone, attraversa la città a suon di (bellissima) musica e raggiunge i luoghi in cui svolgerà il suo lavoro. E poi immaginate questo signore mangiare un tramezzino al parco nella pausa pranzo, sorridere sempre alla stessa ragazza dallo sguardo triste, anche lei ospite quotidiana della panchina, bearsi della vista di un albero, che fotografa tutte le volte e, di ritorno dal lavoro, lavarsi in un bagno pubblico, rilassarsi in una piscina idromassaggio </span><span style="font-size: medium;"><span>e infine a casa, prima di addormentarsi, leggere un buon libro (mica robetta: la prima inquadratura del testo che tiene in mano, sotto la luce fioca di un abat jour, svela il nome di William Faulkner). Ecco, questa è la vita “perfetta” di Hirayama. Una vita non esaltante, legata a passioni nobili (la fotografia, la lettura), umili attenzioni (durante le sue sedute al parco, porta via un germoglio </span><span>che estirpa dalla base di un albero per potersene prendere cura da casa) e piccole </span><span>soddisfazioni (“<span style="font-style: italic;">Te lo meriti, dopo una lunga giornata di lavoro</span>”, g</span><span>li dice tutte le volte il barman, mentre gli passa un bicchiere di acqua fresca). È la vita che lui si è scelto e ne è contento. </span></span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>Hirayama è una persona taciturna ed è molto ordinata, come si evince dagli oggetti sistemati in fila su una mensola che, prima di uscire, lui prende nella sequenza in cui sono disposti; dalla meticolosa cura che mostra allo specchio, mentre spunta i baffi; dalle mensole della stanza che esibiscono, in un allineamento impeccabile, musicassette e libri. </span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E non è solo questo. La routine okay, può non essere deprimente, ma Hirayama fa un lavoro che, per carità, è nobile come tutti i lavori, ma certamente non rappresenta l'ambizione di una vita: è addetto alle pulizie dei servizi igienici della città e sapeste con che zelo svolge la sua attività! Giorno dopo giorno questo uomo, che non manifesta in viso né i segni della stanchezza né il grigiore della frustrazione, si reca presso un rinomato quartiere di Tokyo dove sono installati dei bagni pubblici e li lustra, uno per uno, dividendo i turni di lavoro con un collega più giovane, alquanto loquace. Hirayama mostra una dedizione maniacale: strofina e lucida i water, servendosi persino di uno specchietto per raggiungere i punti più insoliti. I suoi gesti a mani nude, mentre con nonchalance acchiappa le carte e ogni rifiuto da terra, raggelano un po’, ma è confortante vederlo con i guanti almeno quando si piega sulle tazze dei cessi per igienizzarle dentro e fuori. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La presenza di questi bagni pubblici è fondamentale nel film, visto che la pellicola celebra le nuove costruzioni ideate da architetti di grande fama, coinvolti in un progetto di rinnovamento urbano chiamato “The Tokyo Toilet”. A Wenders erano stati commissionati dei documentari sull’opera di riqualificazione e invece lui se n’è uscito con un film. Forse non ne avevamo bisogno, ma il regista ha sicuramente sfruttato una bella occasione per tornare alla ribalta. In effetti, i servizi igienici coprotagonisti nel film sono delle opere architettoniche esemplari: pittoreschi, futuristici, dal design contemporaneo molto curato. Ce n’è uno, fantastico, con delle cabine che hanno pareti in vetro colorato, trasparenti quando le guardi da fuori e opache quando entri e ti chiudi. Wenders per mostrare la loro eccentricità recluta una comparsa che chiede al nostro serafico pulitore: <span style="font-style: italic;">“scusi, ma come funziona?”</span> e lui glielo dimostra suscitando un <span style="font-style: italic;">ohhhh</span> del pubblico spettatore che un po’ si stupisce, un po’ ridacchia al pensiero di un’anomalia nel sistema di opacizzazione. Direi che da questo punto di vista il progetto è andato a buon fine, ma il film? Era necessario confezionare una storia per onorare la mega iniziativa?</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Due ore di proiezione, i primi quaranta minuti dedicati solo alla routine di Hirayama, con scene ripetute in un loop quasi ipnotico. Le giornate si susseguono tutte uguali, una dietro l’altra e a renderle differenti sono soltanto le canzoni che lui ascolta mentre attraversa Tokyo, inserendo nell'autoradio le audiocassette, nostalgico patrimonio anni’70 (in una scena il protagonista avvolge il nastro facendo ruotare la bobina attorno a una penna: se a leggere questo post è una persona della mia generazione capisce la sostanza di questa azione). La monotonia si interrompe solo quando intervengono altri personaggi funzionali alla storia, che forniscono informazioni utili a dare al protagonista una continuità con un passato mai svelato ma intuibile (in primis una nipote, che Hirayama rivede dopo anni). </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ho letto recensioni che lodano la delicatezza e la profondità del film; qualcuno esalta la noia come risorsa, c’è chi sottolinea quanto l’essenziale talvolta scardini il superfluo e chi inneggia alla solitudine come fonte autentica di gioia. Tutto vero, nei limiti; io, però, smorzerei l’entusiasmo: l’attore è straordinario, la musica perfetta come la quotidianità del solerte lavoratore (mitici Velvet Underground, Patti Smith, Lou Reed e molti altri); capisco il significato della storia, mi è </span><span style="font-size: medium;"><span>chiaro </span>il messaggio, ma confesso la mia scarsa propensione verso i film dove i silenzi sono comunicativi al pari delle parole e la lentezza è considerata un pregio per pochi intenditori.</span><span style="font-size: large;"> </span><span style="font-size: medium;">Li seguo cercando di afferrarne l’anima, ma purtroppo resto pacatamente indifferente, non ne colgo del tutto la poesia né la decantata bellezza. È anche un problema di aspettative: questo film ne ha create talmente tante, con il suo atteso lancio, gli aneddoti sull’idea nata da un pretesto di altra natura, la fama del regista, la candidatura a vari premi... che, alla fine, non sono riuscita ad apprezzarlo come avrei voluto. Sono propensa a pensare che l’opera sia molto sopravvalutata. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">No, per dire, un po’ anche per colpa della mia stanchezza fisica, a un certo punto ho dovuto fortemente controllarmi per non cedere alle spinte del sonno che facevano crollare la mia testa in giù (che poi, per recuperare la figuraccia con quelli seduti dietro, facevo finta di abbassarmi per prendere qualcosa da terra). E quando cominci a guardare l’orologio e a ripeterti: “<span style="font-style: italic;">ma quando finisce ‘sto film!”,</span> allora significa che hai rinunciato a cercare il modo per fartelo piacere.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-86739487152414619792023-12-25T17:42:00.002+01:002023-12-25T17:45:51.697+01:00Senza tempo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjt_8SeKyBSwqffeFkNzPp0GaHHKTnB9ydrqoh2cDqqh6sTkbhBU7KIxEyUUzOQ-0MXjpPla55KPhxSPmcBGmtEZpkA-umL93cBwsK4TttZwwvzsYyocrhNgY9d7Nspx4SBVIz-Hp7TDl9Gdhf05YFHCgU0IFEl7yueeehG8cVtbs6TiHGOm_jFQKJVC3Q/s1478/D7EE6273-7852-4898-94F6-A3A1BA401101.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1478" data-original-width="1438" height="286" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjt_8SeKyBSwqffeFkNzPp0GaHHKTnB9ydrqoh2cDqqh6sTkbhBU7KIxEyUUzOQ-0MXjpPla55KPhxSPmcBGmtEZpkA-umL93cBwsK4TttZwwvzsYyocrhNgY9d7Nspx4SBVIz-Hp7TDl9Gdhf05YFHCgU0IFEl7yueeehG8cVtbs6TiHGOm_jFQKJVC3Q/w277-h286/D7EE6273-7852-4898-94F6-A3A1BA401101.jpeg" width="277" /></a></div><p><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non ho il tempo per scrivere, in questi giorni. Gli spazi vuoti nell’arco della giornata si sono ridotti e non perché il Natale prosciughi ogni mia energia o metta in pausa l’ispirazione: corro meno dietro agli “obblighi” voluti dalla festività, meno regali, meno desiderio di grandi festeggiamenti... Mi piace solo percorrere le vie piene di luci e colori natalizi, così vivaci e ridondanti e mi mette allegria addobbare l’albero, lo faccio bello perché poi adoro guardarlo dal divano, mentre leggo. In poche parole: mi piace l’atmosfera che si respira a Natale. Ma questo non è il solito Natale. Se non ho il tempo di scrivere è perché riservo le mie attenzioni alla cura di una presenza preziosa in casa mia. <span></span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Per anni ho mandato gli auguri ai miei genitori tramite videochiamate durante le quali mostravamo le reciproche tavole imbandite e ci scambiavamo idee sul menu del cenone; io che inquadravo l’albero e camminavo per casa con la fotocamera del cellulare puntata sulle mie nuove creazioni e mia madre che si aggiustava i capelli perché si vedeva disordinata, mentre mio padre salutava dalla poltrona senza aggiungere altre parole a quelle offerte dallo sguardo mite. E poi, davanti al mio braccio teso con lo smartphone in mano, quattro teste si stringevano per entrare nella cornice del display e risultare tutte visibili a chi a novecento chilometri di distanza ci augurava il Buon Natale.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quest’anno, però, è diverso. Quest’anno guardo <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2020/12/il-quadro-della-vigilia.html">il quadro della vigilia</a> insieme a mia madre: il tramonto non è straordinario come quello del 2020 (annus horribilis), ma racconta un momento che voglio trattenere il più a lungo possibile, perché vorrei che fosse così sempre e invece è così adesso. Perciò lo immortalo nelle poche righe che sto buttando giù, rubando minuti ai preparativi per la cena di stasera e alle incombenze legate al giorno speciale che si appresta ad arrivare. Domani andrò a Messa, ringrazierò Dio per questo regalo: il Santo Natale, a Roma, con due ospiti d’eccezione. La gioia si annida nelle cose semplici, nelle fotografie scattate durante una passeggiata al parco, nel tragitto breve, percorso a piedi, fino alla Basilica di San Giovanni in Laterano: il passo lento con il braccio di mio padre da un lato e quello di mia madre dall’altro appesi ai miei gomiti piegati. Mi sento il bastone della loro vecchiaia e mentre sono qua esercito con orgoglio un ruolo vanificato dall’assenza nella loro vita di ogni giorno. Anche il rito della pianificazione della mattinata insieme è una piccola cosa, un’occasione semplice ma preziosa di benessere, perchè è vero, misuriamo tutto in base al tempo che riusciamo a dedicare a ciò che facciamo, ma c’è qualcosa che sfugge a questo calcolo pragmatico ed è la premura verso le persone che amiamo, soprattutto quando l’ordinaria condivisione di spazi, di momenti e la quotidianità sono resi impossibili dalla lontananza. Per me, in questi giorni, tutto è fermo, ma niente lo è davvero. Mi muovo, ci muoviamo, dentro una bolla senza tempo. E tanto mi basta fino alla ripartenza dei miei genitori: da quel momento l’orologio segnerà di nuovo ogni scadenza e le lancette torneranno a scandire il ritmo dei miei impegni quotidiani.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Azzerato lo spazio per scrivere e sfumata l’intenzione di pubblicare il post in tempo (oggi è Natale e avrei voluto farlo ieri), approfitto per rivolgere a tutti i miei auguri per i giorni che ancora rimangono fino al brindisi di fine anno.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com29tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-44515752299656996002023-12-14T10:07:00.007+01:002023-12-14T15:02:40.304+01:00 Pinocchio al teatro<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIQt2_JehHosH-MC913VNJ3vXE4O8znssxZm5TUUav2YgSninp8ymlEmbIwte80iYHGlWW8BvQo6v0pfeljtyFCq35eqXhxJAP_VrGMvvvtylPmgBI6xTVAfDilw0izaA69_fZoV-iWKliaZkBR-beMVMuUOfblInS2Ghuq2lvjJDvo-Eofo0Zab3BYFQ/s800/Pinocchio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="800" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgIQt2_JehHosH-MC913VNJ3vXE4O8znssxZm5TUUav2YgSninp8ymlEmbIwte80iYHGlWW8BvQo6v0pfeljtyFCq35eqXhxJAP_VrGMvvvtylPmgBI6xTVAfDilw0izaA69_fZoV-iWKliaZkBR-beMVMuUOfblInS2Ghuq2lvjJDvo-Eofo0Zab3BYFQ/s320/Pinocchio.jpg" width="320" /></a></div><span style="font-family: georgia; text-align: justify;"><p><span style="font-size: medium;"><span><span style="caret-color: rgb(68, 68, 68); color: #444444; font-style: italic;">“C’era una volta… Un re! diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno...</span><span style="caret-color: rgb(68, 68, 68); color: #444444;">” </span></span>e stavolta a raccontarci com’è andata è una traduzione teatrale. <span style="font-family: Georgia;"></span></span></p><a name='more'></a><p></p><div><span style="font-size: medium;">Con il biglietto in tasca entro nella sala. È piccola, ma accogliente e poiché siamo in tanti non ho la possibilità di scegliere i primi posti, così trovo una poltrona nella quinta fila e la occupo, contenta di essere qui, per godermi un’altra delle imperdibili storie raccontate sul palcoscenico da <a href="https://carpediemarti.wixsite.com/carpediem">Luana Petrucci</a>.</span></div><div><span style="font-size: medium;">Respiro tutte le volte la stessa atmosfera, di attesa, di emozione, anche un po’ di ansia, ingiustificata, forse, visto che non sono io a dovermi esibire, eppure il fatto che un’amica abbia diretto la sua compagnia teatrale nell’allestimento di un nuovo spettacolo, il fatto di sapere quanto sia importante per lei la resa finale e soprattutto quanto ci tenga a dimostrare l’impegno e la dedizione spesi nel progetto, mi fa vivere questo momento con una certa palpitazione. Luana, però, mi ha abituata alla sua bravura e conosco il calibro recitativo dei suoi interpreti, per cui la mia apprensione si appoggia alla convinzione che tutto andrà bene.</span></div></span><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></span>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEx4k73hg6rJkvzOpxI591guF67XvmLLsox74qE2uytpeikweNmt6JIieCuBDQbWBLOLlUCJngqr8DGbesxGNNkzr2RiSclK9gUNqGaVv-WWHLjyhNfQ9QgR12CaF2Aef90lkrxoThjBru6MoPW7HPpHZLzrpwbUeIJfCo2tVUpIe0CpAkvJ5Yif2lQis/s1080/pinocchio.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1080" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgEx4k73hg6rJkvzOpxI591guF67XvmLLsox74qE2uytpeikweNmt6JIieCuBDQbWBLOLlUCJngqr8DGbesxGNNkzr2RiSclK9gUNqGaVv-WWHLjyhNfQ9QgR12CaF2Aef90lkrxoThjBru6MoPW7HPpHZLzrpwbUeIJfCo2tVUpIe0CpAkvJ5Yif2lQis/w285-h214/pinocchio.jpeg" width="285" /></a></span></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;">Stavolta, dopo l’ultimo <i>“Mago di Oz”</i>, Luana si è avventurata nell’universo di una delle favole più famose al mondo, quella di <b><span style="color: #990000;">Pinocchio</span></b>, di Carlo Collodi, una storia che io ricordo solo nella versione televisiva di Comencini, che a suo tempo (io ero bambina) mi aveva trasmesso una tristezza infinita: mi è rimasta impressa la corsa sgangherata del vecchio Geppetto (interpretato da un grande Nino Manfredi) quando cercava Pinocchio per le strade del paese, con la colonna sonora che sprizzava malinconia da ogni nota, flauti e chitarre a raccontare, insieme alle immagini, le speranze e la delusione di un padre contro le birichinate di un figlio disobbediente. Io quelle musiche le so intonare ancora adesso e ancora adesso, nell'ascoltarle, mi ritorna la stessa malinconia. Se penso a Pinocchio, per me sarà sempre il burattino di legno (e poi il bambino) di quel film. </div></span><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Conosco e ammiro da tanto l’arte di Luana, quindi non ho alcun dubbio che anche questo spettacolo mi sorprenderà. La prima certezza arriva subito, a inizio spettacolo: </span><span style="font-size: medium;"><span>la </span>voce di Luana, fuori campo.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #212529; font-family: georgia;">Avete presente </span><span style="color: #212529; font-family: georgia;">il “</span><i style="color: #212529; font-family: georgia;">C’era una volta...</i><span style="color: #212529; font-family: georgia;">”</span><span style="color: #212529; font-family: georgia;"> dei vecchi film di animazione della Walt Disney? quella voce femminile affabile, suadente, che con grazia e una dizione perfetta alza il sipario sul mondo della favola che sta per cominciare? Ecco, la voce narrante con cui comincia lo spettacolo ha quello stesso tono quando dà lettura dell’incipit della storia di Collodi, mentre la scena si apre sulla figura di un uomo seduto, piegato su un ciocco di legno.</span></span><span style="color: #212529; font-family: georgia; font-size: large;"> </span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; color: #212529; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhctHUWhQRlOHmRKiPiGOWrp4wGscpuRu4E8TqqksWvqrS95UoodYTalni17hJxbj_KOMitgBSkDV4EzIe2C5O2nbi7QfCebx9AIKoijtry89xoD9Zx7KR7u4vHrRyO2M4wBdv5ahrVz_LyvzSfDbO_kbpiEpx8hW8sJC8IFg5wWR6wsLQKWYuRNwGS0V4/s2048/Pinocchio%201.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhctHUWhQRlOHmRKiPiGOWrp4wGscpuRu4E8TqqksWvqrS95UoodYTalni17hJxbj_KOMitgBSkDV4EzIe2C5O2nbi7QfCebx9AIKoijtry89xoD9Zx7KR7u4vHrRyO2M4wBdv5ahrVz_LyvzSfDbO_kbpiEpx8hW8sJC8IFg5wWR6wsLQKWYuRNwGS0V4/s320/Pinocchio%201.jpeg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #212529;">È Mastro Geppetto, che da quel “</span><i style="color: #212529;">semplice pezzo di catasta</i><span style="color: #212529;">” vorrebbe ricavare un burattino e alimenta il proprio desiderio intagliando la superficie del legno. Ma ecco che, quando affonda lo scalpello sulla corteccia, una vocina sottile e squillante si mostra contrariata: è l’anima di Pinocchio che, dopo qualche istante, si materializza sul palco. Nei suoi panni ritrovo la splendida </span><b><span style="color: #990000;">Lisa Bertinaria</span></b><span style="color: #212529;">, le cui movenze e l’espressività modulata ora sullo stupore, ora sulla curiosità, ora sull’impertinenza del burattino, realizzano una performance impeccabile. </span></span><p></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7heGMMA8IiaF8QGG4G1uPL-I8uzRdp8dcfpg5hxAIcsFL2qAezFe24wcKtbDFJeMWNmsrU003VL6f3jQLfttuutyCEfmG3ODlGsjXYXXIcDit2vW0BuM9kbwecPULkPGVB21Nd-5Xy5i4SaEiHhv2mYLjlmgStEuxVvWdblfuTGkmSWzB4G-pLfjhiDE/s2048/Pin%201.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi7heGMMA8IiaF8QGG4G1uPL-I8uzRdp8dcfpg5hxAIcsFL2qAezFe24wcKtbDFJeMWNmsrU003VL6f3jQLfttuutyCEfmG3ODlGsjXYXXIcDit2vW0BuM9kbwecPULkPGVB21Nd-5Xy5i4SaEiHhv2mYLjlmgStEuxVvWdblfuTGkmSWzB4G-pLfjhiDE/s320/Pin%201.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDG0s4Vio4OGe-HBfoSs5ci16TGHm3Qfdb8UGS97LqBhPZbA6lZgP_Cnu_TuRB6MrknMf-wD0jgWLDgg-1vltMX7jIHuPI_F7ROPVjkfEP1L74wJG768XMMTYfqgSlyj4g4FV0NUMMKR4WHJ3jQw_DcVZ5IIx82xzhuMBDivU0XAd6ayM1EbZPL_IBRF0/s2048/P13.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDG0s4Vio4OGe-HBfoSs5ci16TGHm3Qfdb8UGS97LqBhPZbA6lZgP_Cnu_TuRB6MrknMf-wD0jgWLDgg-1vltMX7jIHuPI_F7ROPVjkfEP1L74wJG768XMMTYfqgSlyj4g4FV0NUMMKR4WHJ3jQw_DcVZ5IIx82xzhuMBDivU0XAd6ayM1EbZPL_IBRF0/s320/P13.jpeg" width="320" /></a></div><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="color: #212529;">Non l’unica, visto che ho seguito la crescita artistica, negli anni, di questa giovanissima attrice, fin dai tempi in cui era il Piccolo Principe nell’omonima pièce teatrale (sempre scritta e diretta da Luana) e mostrava, già allora, doti recitative eccezionali. L’intero cast, invero, è una garanzia di qualità:</span><span style="color: #990000;"> <b>Salvatore Tosto</b></span><span style="color: #212529;"> (attore siciliano con esperienza anche in campo cinematografico), nel ruolo di Geppetto e </span><b><span style="color: #990000;">Daniela Rosci</span></b><span style="color: #212529;">, attrice di talento, nel multiruolo di Mangiafuoco, la Volpe e la Vecchina, mi avevano già conquistata nello spettacolo </span><i style="color: #212529;">“Per amore, l’ultima notte di Anna Magnani”</i><span style="color: #212529;">, messo in scena da Luana lo scorso anno e constato con piacere che </span><span style="color: #990000;"><b>Gioele Testa</b></span><span style="color: #212529;">, il grillo parlante, con la sua versatilità e </span><b><span style="color: #990000;">Tania de Paolis</span></b><span style="color: #212529;">, dolcissima Fata Turchina - per la prima volta sul palcoscenico - sono bravissimi.</span></span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhq7xAnvW1vLibzUaD0tC1-ZzGU5Rc17INvt9vIv3Rn4o1dp61alURU3QdFqVpE_zCmiyxKaZToNlGCfnxg7UzPJPlmcuVjBfssWBht1D_gzfAQeki1gmYd39Mw-L6bGFcRmCAcroyA4nC9zxeyIyVk68zcQidYJkpZaKmr-19SK6BwX8nTVDNRAQwyDhI/s2048/Pin%202.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhq7xAnvW1vLibzUaD0tC1-ZzGU5Rc17INvt9vIv3Rn4o1dp61alURU3QdFqVpE_zCmiyxKaZToNlGCfnxg7UzPJPlmcuVjBfssWBht1D_gzfAQeki1gmYd39Mw-L6bGFcRmCAcroyA4nC9zxeyIyVk68zcQidYJkpZaKmr-19SK6BwX8nTVDNRAQwyDhI/s320/Pin%202.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjndaChZKdZC-Sg-7f1x8yAG8ao2YLHsmE326_NelXipZIBufqqmKIF8NyxhPO7BG1V2qhkR-2BSTaqqABa7sotomYF5zz3kptJWsqVC2ba4R_DsOJCcH02N8qxD-IFTbMhWHwjjTHG73dGlEQnrk51osswIsTgysJVGz25tqHovP6c7EcHSyZApbHWml4/s2048/P7.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1414" data-original-width="2048" height="221" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjndaChZKdZC-Sg-7f1x8yAG8ao2YLHsmE326_NelXipZIBufqqmKIF8NyxhPO7BG1V2qhkR-2BSTaqqABa7sotomYF5zz3kptJWsqVC2ba4R_DsOJCcH02N8qxD-IFTbMhWHwjjTHG73dGlEQnrk51osswIsTgysJVGz25tqHovP6c7EcHSyZApbHWml4/s320/P7.jpeg" width="320" /></a></div><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma attenzione! la chicca di questo spettacolo entra in scena indossando il costume di Arlecchino: il suo passo saltellante, lo strepitoso balletto inserito nel dialogo con Pinocchio e le buffe espressioni facciali sono davvero esilaranti. Indovinate dietro questa maschera chi si nasconde? </span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYJIlM-qdiG8W9QMT1Q7rPNzr_D6bALXroO7bbb_Ry6Yjva6tCGAWTPW6NR98o14lxVG0vdcCO1RVhIxjNq6MQwJqU1LQRvzMWlLuxCrFgAdqxIj6Z9voTMWh8h9yWzKv5-nSh4O182qcVnbC3onPhBvsCcU4bHZoNSnWYq3z_ISqbRpAjzGmPIww-0tM/s2048/Pin%203.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1505" data-original-width="2048" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYJIlM-qdiG8W9QMT1Q7rPNzr_D6bALXroO7bbb_Ry6Yjva6tCGAWTPW6NR98o14lxVG0vdcCO1RVhIxjNq6MQwJqU1LQRvzMWlLuxCrFgAdqxIj6Z9voTMWh8h9yWzKv5-nSh4O182qcVnbC3onPhBvsCcU4bHZoNSnWYq3z_ISqbRpAjzGmPIww-0tM/s320/Pin%203.jpeg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4EZF4OSaikDqyrahn8NTAFD6gWoFy9eJ5hOq86WSsa04gzAUKytlAZxuYQzL8tiLpu4Q5rpd8FVVcxm49sRSp_r2dZRJYsgdQzW_jUjolbkuUWxF1TzL-9cJ431c05aeB-_CLoXT4m2y9Uzx6C1O4ULgvVFpBUNGdFiFLfXXYDTKs_fO2hcpvosCNZkA/s2048/Pin%204.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4EZF4OSaikDqyrahn8NTAFD6gWoFy9eJ5hOq86WSsa04gzAUKytlAZxuYQzL8tiLpu4Q5rpd8FVVcxm49sRSp_r2dZRJYsgdQzW_jUjolbkuUWxF1TzL-9cJ431c05aeB-_CLoXT4m2y9Uzx6C1O4ULgvVFpBUNGdFiFLfXXYDTKs_fO2hcpvosCNZkA/s320/Pin%204.jpeg" width="320" /></a></div><p></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Proprio lei, Luana, scrittrice, blogger, soggettista, sceneggiatrice, regista teatrale e pure eccellente attrice, che non veste solo i panni di uno dei burattini del teatro di Mangiafuoco, ma più avanti sarà anche il Corvo, Lucignolo e uno straordinario Gatto. E in quest’ultimo ruolo, signori... non ce n’è per nessuno! </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuOYXbOBZenYBziaxpyDQeS8KNU242Vmrs-JSIhtmqwTqWfukFfofjHZft-U36xQh05WnQjxnpJT86W1YyqBCNtPHB69d7HmpdkfGnNAmXefMQIW-HfijyuiJr7i46HWPYYHqNlaWoAZJ_Jg-hZRctbyZhRhVReJI0k6k2wSrygORe17uevKeLikQD5DA/s2048/P6.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1531" data-original-width="2048" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuOYXbOBZenYBziaxpyDQeS8KNU242Vmrs-JSIhtmqwTqWfukFfofjHZft-U36xQh05WnQjxnpJT86W1YyqBCNtPHB69d7HmpdkfGnNAmXefMQIW-HfijyuiJr7i46HWPYYHqNlaWoAZJ_Jg-hZRctbyZhRhVReJI0k6k2wSrygORe17uevKeLikQD5DA/s320/P6.jpeg" width="320" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrEZYdcn23y3jYck8ID55F6ks4Vy_PX1yPUJDMQSVusORQsp5OTYMnEv1rIhJrfTal-MOFqYuNPeEV2iciJAwgqB8jjEKCB8Ux_DBtPSD_FNU-uohyV040ITOzsvLUseRBszzWmaQK1jElyk-GmaP3DLJ3rcs9HXSnGwbpLcPdm2VS9f3i6G3z39daLDw/s2048/Gatto%203.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"></a><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrEZYdcn23y3jYck8ID55F6ks4Vy_PX1yPUJDMQSVusORQsp5OTYMnEv1rIhJrfTal-MOFqYuNPeEV2iciJAwgqB8jjEKCB8Ux_DBtPSD_FNU-uohyV040ITOzsvLUseRBszzWmaQK1jElyk-GmaP3DLJ3rcs9HXSnGwbpLcPdm2VS9f3i6G3z39daLDw/s2048/Gatto%203.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfljqBge6r24fKH3lux0HW_CmXifXpQv3ChcxhFe8oCQ93FuUuqWrI9ZD8ssSQhSc17hCxY0QNJlKhW6rkPwWF3yTDS7TOx_yWO6XqvyqYcLy91_XuhNo8V-NHgbevup2Vx0H_NJ6sCZBCrnhPCkPOWIp8RPmdhdUxcLxQ-7hvZuDzbxQo7-i2o0tN13o/s2048/Gatto.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1325" data-original-width="2048" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfljqBge6r24fKH3lux0HW_CmXifXpQv3ChcxhFe8oCQ93FuUuqWrI9ZD8ssSQhSc17hCxY0QNJlKhW6rkPwWF3yTDS7TOx_yWO6XqvyqYcLy91_XuhNo8V-NHgbevup2Vx0H_NJ6sCZBCrnhPCkPOWIp8RPmdhdUxcLxQ-7hvZuDzbxQo7-i2o0tN13o/s320/Gatto.jpeg" width="320" /></a></div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrEZYdcn23y3jYck8ID55F6ks4Vy_PX1yPUJDMQSVusORQsp5OTYMnEv1rIhJrfTal-MOFqYuNPeEV2iciJAwgqB8jjEKCB8Ux_DBtPSD_FNU-uohyV040ITOzsvLUseRBszzWmaQK1jElyk-GmaP3DLJ3rcs9HXSnGwbpLcPdm2VS9f3i6G3z39daLDw/s320/Gatto%203.jpeg" width="320" /></div></div><p></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La caratterizzazione del personaggio è straordinaria e l’istrionica Luana interpreta un Gatto sciocco e baldanzoso, che, in coppia con l’ardita Volpe, genera le scenette più comiche dello spettacolo, suscitando grande ilarità nel pubblico.</span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Chi conosce soltanto la Luana Petrucci del blog <a href="https://iolaletteraturaechaplin.blogspot.com/">Io, la letteratura e Chaplin,</a> non sa (e glielo sto dicendo io adesso) che oltre a essere una comunicatrice di spessore in veste di blogger, è anche una performer di altissimo livello: quando recita sul palcoscenico è argento vivo, un vulcano di energia, un concentrato di bravura, talento, professionalità. I pregi che si notano sono, certo, l'esperienza e la grande passione per questa attività, ma è soprattutto la sua capacità di divertirsi che balza agli occhi, non facile da mantenere quando si ha la responsabilità della buona riuscita di uno spettacolo. </span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La storia si snoda come nelle sequenze del libro e poiché è impossibile tradurre tutti i punti salienti della narrazione così ricca di episodi e di personaggi, Luana si aiuta con uno scenario molto evocativo (i disegni sono frutto del prezioso contributo artistico di Roberto D’Amico) e la voce fuori campo, sempre a suo carico, che interviene per mandare avanti la storia e garantirne la continuità.</span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPPb1asrnIzyleoqh4JKh0oRz8Wv8LLOz22DcgCdfDDDgCpdqO3PI3WuyluhS9j64M_APvmK4NCVWnuOKOp2lqeoraD6ak9MHmyobNF1gZZb4wiVkLSotjp_6hCjatOwCNT_T4TieNbOQolj9retL_nUlRcPW45JQCukMJnxiTnb_mmeLlhT65OOQ2Mp4/s2048/P11.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPPb1asrnIzyleoqh4JKh0oRz8Wv8LLOz22DcgCdfDDDgCpdqO3PI3WuyluhS9j64M_APvmK4NCVWnuOKOp2lqeoraD6ak9MHmyobNF1gZZb4wiVkLSotjp_6hCjatOwCNT_T4TieNbOQolj9retL_nUlRcPW45JQCukMJnxiTnb_mmeLlhT65OOQ2Mp4/s320/P11.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7F2PiyV5NMmIEhAaYqklLgm8nhe1SeCjpar1JdJZydLZog6xUrqlOOt-H2ZMaCSzxbP16Yhiivl7h8055aJ8ayzWIwbI07oYPtYHD3LYhvX0TqHIjoH69ai3idc4UuyEIpWWEBCevKeCrPwGlbpWxzJ_QkbGif2-Z4U3U4S8CIZBa7P-8w7SxLYcPpfY/s2048/P9.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7F2PiyV5NMmIEhAaYqklLgm8nhe1SeCjpar1JdJZydLZog6xUrqlOOt-H2ZMaCSzxbP16Yhiivl7h8055aJ8ayzWIwbI07oYPtYHD3LYhvX0TqHIjoH69ai3idc4UuyEIpWWEBCevKeCrPwGlbpWxzJ_QkbGif2-Z4U3U4S8CIZBa7P-8w7SxLYcPpfY/s320/P9.jpeg" width="320" /></a></div><p></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Durante la rappresentazione, dalla platea si sollevano le voci coinvolte dei bambini, che partecipano delle avventure di Pinocchio alimentando nei genitori la speranza che possano fare tesoro dei messaggi insiti nella favola: i bravi figli sono quelli che sanno ascoltare i consigli giusti e non sovvertono le regole dell’ubbidienza e dell’educazione. I bravi figli sono quelli che non si lasciano guidare dalle persone sbagliate e che sanno compiere azioni buone, anche quando non hanno un grillo suggeritore a parlare nelle loro orecchie. La saggezza si acquisisce con impegno e sacrificio, con la consapevolezza che ogni scelta operata ha delle conseguenze, che la vita è fatta di tante cose: di scoperte, di ostacoli da superare, di sconfitte, ma anche di vittorie, se ogni bambino, crescendo, lascia agire nel proprio cuore una Fata Turchina sempre pronta a perdonare gli errori, ma anche a biasimare l’ostinazione nel commetterli.</span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E così il viaggio evolutivo di Pinocchio giunge al termine e anche “noi grandi” ci portiamo a casa i suoi insegnamenti, perché le favole nascono per i bambini, ma allargano le braccia pure agli adulti: dovremmo imparare tutti a tenerci lontani dalle facili tentazioni, da ciò che ci distrae dalle responsabilità, dalle bugie con cui è facile ingannare i “citrulli”, ma anche da chi tratta <i>noi</i> come “citrulli” (il che negli ultimi tempi sembra essere la missione di tanti).</span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyKwfiwQBmzA7dEXEyMFvQ3Iq4LX9rPynL5f_yVxHjUwKZP2Fh7MrgfLtV2i1cXz3pSJNkq8VbYPkIJOBcD6tWpvKu3DaEeplB4ESRSmLKmKjzPQrSdto7ztZU7QaRfSP0yS2dp0Oy6bPXXQHKpawKYdHjV5H_Ci7M4ec98KkciFypcrVj0DBodgjbEs4/s2048/P12.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1362" data-original-width="2048" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiyKwfiwQBmzA7dEXEyMFvQ3Iq4LX9rPynL5f_yVxHjUwKZP2Fh7MrgfLtV2i1cXz3pSJNkq8VbYPkIJOBcD6tWpvKu3DaEeplB4ESRSmLKmKjzPQrSdto7ztZU7QaRfSP0yS2dp0Oy6bPXXQHKpawKYdHjV5H_Ci7M4ec98KkciFypcrVj0DBodgjbEs4/s320/P12.jpeg" width="320" /></a></div><p></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Negli applausi finali c’è l’apprezzamento del pubblico e tutta la stima per un lavoro che, come al solito, non delude.</span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Aspetto che la folla scemi un po' prima di andare ad abbracciare un Gatto che ha ancora il trucco sul viso e il costume di scena sotto il cappotto e non trattiene un sorriso liberatorio, carico di emozione e gratitudine.</span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"> _________________</span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl5jgJuiovnim5xdJobxKdqxOA_dBkCmhs0rJOJZKR6le-tu0l-YURwrXG5et7O9HU4hLZlzUzBvI2kIVoOPhX8LM7fV_DAKeBOUMIzJwpsxOTtpDmEE7cpGNW140-1JABys_YrFMcBYrVufgh0jXi9ogsnWi-R89-k26d8pKpH9MMwsWFJ0ifsQ4Av3o/s2048/P14.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1537" data-original-width="2048" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl5jgJuiovnim5xdJobxKdqxOA_dBkCmhs0rJOJZKR6le-tu0l-YURwrXG5et7O9HU4hLZlzUzBvI2kIVoOPhX8LM7fV_DAKeBOUMIzJwpsxOTtpDmEE7cpGNW140-1JABys_YrFMcBYrVufgh0jXi9ogsnWi-R89-k26d8pKpH9MMwsWFJ0ifsQ4Av3o/s320/P14.jpeg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tutte le immagini che ho pubblicato sono tratte dall'album fotografico di Alessandro Borgogno</td></tr></tbody></table><p></p><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr></tbody></table><p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="color: #212529; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com35tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-55576818651936376712023-11-30T11:02:00.002+01:002023-11-30T14:15:17.504+01:00 I libri di ziaLuisa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinKpafDny42oqJzk4vKLRusAbS9uh38m0dHLYISrJLjTTgd1eOyrtPJXuaj4DJP5Q_gHUY7lLbL2RAL3cAzEwm7FBnYLHx6kvcKFO0HQ5AMwutE_KKqPcgEdtOrf4DAH8ZzUoc9on802RukNuXZEWsQqwxm2myaiNEr5wjJ9J3yOehJtf10k07SdYwoFg/s829/E0DEB507-AF15-492A-AC6E-6099646A2665.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="611" data-original-width="829" height="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinKpafDny42oqJzk4vKLRusAbS9uh38m0dHLYISrJLjTTgd1eOyrtPJXuaj4DJP5Q_gHUY7lLbL2RAL3cAzEwm7FBnYLHx6kvcKFO0HQ5AMwutE_KKqPcgEdtOrf4DAH8ZzUoc9on802RukNuXZEWsQqwxm2myaiNEr5wjJ9J3yOehJtf10k07SdYwoFg/s320/E0DEB507-AF15-492A-AC6E-6099646A2665.jpeg" width="320" /></span></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></div>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono in casa di zia Luisa, la sorella più piccola di mio padre, l’ultima arrivata di sette fratelli. La più dinamica, la più eclettica, la più estroversa, la zia che non si faceva chiamare <span style="font-style: italic;">zia</span> dai nipoti ma solo <span style="font-style: italic;">Luisa</span>, e che io, invece, mi ostinavo a chiamare <span style="font-style: italic;">zia Luisa</span>, quasi non riuscissi a separare l’apposizione dal nome proprio e ne facessi un’unica parola: <i>ziaLuisa</i>.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La stanza in cui entro è piena di ricordi e di oggetti che non servono più, sono parte di una quotidianità che ha cessato di essere il perpetuo avvicendarsi di giornate tutte uguali e ha assunto la fissità di uno scatto fotografico: una libreria ancora piena di libri, il piccolo trespolo porta collane sul davanzale della finestra, vuoto come un albero con i rami spogli in autunno e un letto ortopedico addossato alla parete, che sembra una scialuppa arenatasi sulla spiaggia dopo una tempesta in mare. La quiete è arrivata, sperata, ma inattesa. Ha lasciato un vuoto immenso e il silenzio di tante parole che avrebbero continuato a farsi strada fra le pieghe della lunga degenza, se non si fossero spente nelle prime ore di un mattino di novembre.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Lo spazio abitato per mesi dalla zia Luisa trattiene una memoria olfattiva, che mi investe nel momento in cui lo occupo e mi riporta ai pomeriggi in cui venivo qui e svolgevo piccole mansioni per suo conto, senza sapere che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti trascorsi insieme a lei. È come se la vedessi ancora, piegata sotto le lenzuola, con gli occhiali inforcati su un viso scarno ma curato e in mano un libro, perché dove la malattia le aveva sottratto la libertà dei movimenti, il caparbio attaccamento alla vita non le aveva intaccato gli interessi né scalfito le facoltà intellettive. Ed è come se lo percepissi ancora, l’odore (ormai del tutto svanito) di biancheria pulita, di disinfettante e di malattia. Ma la malattia non impregna gli oggetti, rimane come un’eco che rimbalza di parete in parete senza trovare il modo di disperdersi nell’aria. È solo un fardello da smaltire, a carico del tempo.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Noi nipoti ereditiamo i libri di zia Luisa: un regalo che vale oro. Possiamo prendere tutti quelli che vogliamo, così, con calma e commozione, seleziono per me alcuni romanzi mai letti: “<i>Istanbul</i>” di Oran Pamuk, “<i>L’anno della morte di Ricardo Reis”</i> di José Saramago, <i>“Un cuore così bianco”</i> di Javier Marìas e poi Nick Hornby, Ian McEwan, J.M. Coetzee...: in tutto ne scelgo venti. Nella prima pagina di ognuno di essi c’è una firma e una data: <span style="font-style: italic;">Luisa 2007, Luisa 2000, Luisa ‘94, Luisa ‘89, Luisa ‘79</span>... e in questo risalire la corrente del passato vedo mia zia giovanissima madrina di battesimo di una neonata me, amante dei viaggi e della vita, giornalista apprezzata, felicemente innamorata del ragazzo inglese (architetto e pittore) che poi avrebbe sposato. Me la ricordo nell’anno del matrimonio, quando tutta la nostra numerosa famiglia, proveniente da più parti, si era mossa compatta per venire a Roma a festeggiare quel giorno speciale (io ero al secondo anno di università); le foto di gruppo, di fratelli, nipoti, di noi cugini riuniti in una delle rare occasioni di incontro collettivo... e ricordo l’abitazione a Trastevere, l’ambiente suggestivo, raccolto, personalizzato in cui ospitava amici e parenti, prima di trasferirsi a Monteverde Vecchio, in un attico da cui adesso mi affaccio, pensando che la bellezza che mi circonda continuerà a raccontare di lei.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Jonathan asseconda tutti, parla al telefono, alterna parole in italiano con altre in inglese, che gli viene più facile pronunciare. Ciò che con il sorriso riesce a mascherare, è il suo sguardo a rivelarlo: gli occhi sono come pinze che afferrano i ricordi custoditi in ogni angolo della casa. Vorrebbe liberarsi di quelli spiacevoli e tenere per sé solo i più belli, ma è ancora troppo presto per scacciare dalla mente il pensiero del doloroso cammino dentro la malattia affrontato accanto a zia Luisa, per i tanti anni in cui esso è durato. Ci sono esperienze su cui il tempo lentamente fa calare l’oblio e certezze che, invece, durano per sempre e non si piegano di fronte al passare degli anni:</span><span style="font-size: medium;"> l’amore di Jonathan e Luisa è una di esse.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Seduta sul divano del salone, sfoglio l’album fotografico in cui zia Luisa attraversa tutte le età ed è fin troppo ovvio chiedersi perché le sia capitato, nella vita, quello che a lungo ha patito. Allora penso alla prova di Giobbe, penso al Calvario di Gesù Cristo, penso che ciò che nessuno riesce a spiegarsi umanamente, sia un progetto di Dio imperscrutabile, come ogni cosa nella mente dell’Onnipotente lo è e credo che il suo triste destino l’abbia fatta entrare a testa alta Lassù, dove mi aspetto, un giorno, di trovare tutte le persone alle quali ho voluto bene. </span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Zia Luisa sarà accolta con la musica dei Baustelle in sottofondo; ai piedi avrà scarpe basse, indosserà un pantalone nero alla pescatora e una blusa; al collo porterà una collana in stile etnico e in testa, sopra un caschetto di capelli con una frangia sbarazzina, uno splendido cappello a tesa larga, eccentrico come quelli della Royal family. Ed entrerà camminando sulle sue gambe.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Al ritorno, in camera da letto, con il silenzio delle assenze ad amplificare le emozioni, ripercorrendo la giornata appena trascorsa, svuoto il sacco con i romanzi portati via perché godano di vita propria nella mia libreria e facciano ancora parte del patrimonio familiare. Li custodirò come beni con un valore aggiunto, perché appartenuti a chi, ormai, non c’è più.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com34tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-69840837013395186742023-11-12T23:39:00.001+01:002023-11-12T23:44:09.781+01:00Sabato 11 novembre 2023<p></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsu2FmPlggWUyChY1sbdGiLJ-n3j4RKyDTNk9jTfCsBjMHwucLHehyz69YSHdqe4cqE_svgxoqu5wI1NkM-6KR7JcWC4SsT79rCV0ScgDwSVroF5eW9b-QtqJfiyUbyRpTUA14ijKkzBbF8hQSNheaeG-61txHKShaNsFTgJn4K_9PcXLmzjKp4gcfjUk/s2516/7B7FB5EE-6153-456D-891A-0492271E71FE.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1472" data-original-width="2516" height="187" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsu2FmPlggWUyChY1sbdGiLJ-n3j4RKyDTNk9jTfCsBjMHwucLHehyz69YSHdqe4cqE_svgxoqu5wI1NkM-6KR7JcWC4SsT79rCV0ScgDwSVroF5eW9b-QtqJfiyUbyRpTUA14ijKkzBbF8hQSNheaeG-61txHKShaNsFTgJn4K_9PcXLmzjKp4gcfjUk/s320/7B7FB5EE-6153-456D-891A-0492271E71FE.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono le 2:47. Cinque minuti fa ho ricevuto il <span style="font-style: italic;">dlindlin</span> del messaggio che aspettavo: <span style="font-style: italic;">atterrato</span>. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non ho più sonno e decido che questo è un buon momento per scrivere. Mi metto seduta nel letto, con l’abat-jour che spezza un cerchio di luce fra tetto e parete. Sopra il comodino ho lasciato il nuovo quaderno color rosa cipria, con il filo segnapagina di raso della stessa tinta e una scritta dorata che esprime tutto, meno il pensiero simbolo del mio stato d’animo, quando l’ho acquistato.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma come si fa a non sorridere, alle 3:05, nel vivo del sonno totalmente perduto, della mia minchionaggine! </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Vi spiego.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">L’orario attesta che è domenica, ma per me adesso è solo la continuazione di un sabato speciale, che racconto perché se c’è una cosa che la scrittura sa fare bene è offrire una via di fuga quando si rimane incagliati nella rete dei pensieri malinconici. La scrittura e lo shopping terapeutico. Quel quadernetto che ho qui, accanto a me, è la finalizzazione del secondo espediente curativo.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ieri (ormai devo dire così), mi sono preparata per andare a messa. L’occasione era gradita per due motivi: uno, mi avrebbe distratta dal pensiero di Luca in volo verso una meta molto lontana, due perché la chiesa di San Salvatore in Lauro celebrava, questo sabato, i dieci anni dalla morte del cardinale Domenico Bartolucci, compositore e direttore del Coro della Cappella Musicale Pontificia “Sistina” e oggi ospitava il coro dell’omonima “Fondazione Bartolucci” in cui canta un amico di mio figlio. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono uscita alle 16:30 con l’intenzione di andare in metro e scendere alla fermata Barberini, per poi farmi il resto della strada a piedi fino a Via dei Coronari. Il santuario si trova là, nel cuore di Roma, tra Piazza Navona e Castel Sant’Angelo. Mi piace camminare, mi aiuta a liberare la mente da tutti i pensieri molesti (il viaggio durerà cinque ore e culminerà in mezzo al deserto kuwaitiano<span style="font-style: italic;">... Non sono abituata alla tua assenza prolungata!</span>) e, poiché ho il passo veloce, mi sono accorta che avevo ancora del tempo a disposizione prima dell’orario in cui sarebbe iniziata la funzione religiosa. </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non amo girare per negozi, lo faccio giusto quando mi serve qualcosa e se voglio dedicarmi una coccola mi butto su spese semplici: quasi sempre un libro, uno smalto per unghie, una crema per il corpo, un ammennicolo qualunque scaccia pensieri. Così, sono passata davanti a uno dei numerosi punti vendita della catena <i>Tiger</i>, un brand internazionale di origine danese, che vende oggetti utili, originali, ma anche inutili sebbene di grande appeal, a prezzi imbattibili. Sono entrata e ho seguito il percorso obbligato fino al mio angolo d’interesse: la zona cancelleria. La faccio breve: ho preso, maneggiato, aperto, sfogliato tutti i vari tipi di taccuini, rubriche e agende: giornaliere, planner, bullet journal, di studio, con diario settimanale, calendario, grandi, piccole, a fogli bianchi, a righe, di cartone riciclato, in carta di riso, con chiusura a elastico, gli adesivi, i post-it allegati... e l’ho visto, il quaderno che volevo portarmi a casa. Fra tutti ho scelto quello del mio colore preferito, con una copertina spessa, plastificata e i fogli che, sovrapposti, formano nei laterali delle righe verticali rosso amaranto, bianco e lilla. C’è una scritta in alto, e io, genio della lingua anglosassone, ho trovato perfetto per me il messaggio: “YOU LOOK BETTER THAN BEYONCÉ TODAY”. Perché l’ho trovato così adatto? E se no, perché avrei riso, dopo, della mia minchionaggine! perché la mia testa mi diceva che <i>Beyoncé</i> doveva essere qualcosa come <span style="font-style: italic;">behind</span> o <span style="font-style: italic;">beyond </span>e<span style="font-style: italic;"> </span>anche se, a occhio e croce, mi rendevo conto che<span style="font-style: italic;"> </span>in quel contesto non c’entrava un tubo, mi dicevo che boh, poteva pure essere. Il mio scarso livello d’inglese mi garantisce la sicurezza su formule basiche, <i>How are you? </i>I’m sad (e come devo stare!)... e in quella frase io ci ho visto un augurio del tipo: “<span style="font-style: italic;">stai meglio oggi di ieri”</span>... Tipo.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Vabbè, lasciamo per un attimo cadere la cosa, il NO COMMENT cancelli il mio imbarazzo! </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono andata, dunque, tutta fiera alle casse e col mio quaderno-coccola, di un pomeriggio che avrei voluto diverso, mi sono riavviata verso l’appuntamento polifonico presso la chiesa di San Salvatore in Lauro. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Che meraviglia, ascoltare a occhi chiusi il coro intonare l’Alleluja, il Sanctus, il Pater Noster! la musica sacra, per me, è quella che più avvicina l’uomo a Dio. Ho partecipato alla liturgia con profonda immersione, la preghiera sgorgava naturale dentro la melodia cantata da voci maschili e femminili che si inseguivano, si intrecciavano, si sostenevano a vicenda, innalzandosi in un ideale equilibrio espressivo <span style="font-style: italic;">(l’aereo ancora non decolla, lunga l’attesa! Verrei a farti compagnia. Anzi, verrei con te e basta!)</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Finita l’occasione di svago ho preso la via del ritorno (<i>no, non puoi essere triste, hai il tuo quadernetto nuovo dentro la borsa, la musica del coro nelle orecchie, i figli che ti aspettano per cenare...)</i> e poi, a casa, ho cenato con i miei figli, raccontato la bellezza della messa cantata, poggiato il quaderno sul comodino. Ho pesato la mancanza di mio marito, accanto a me, nel letto, finché non è arrivato il sonno a interrompere il flusso di pensieri.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Alle 2.42 il messaggio e, a seguire, una chat, notturnissima solo per me (lì, a più di tremila chilometri di distanza, già stava albeggiando), che si è inserita fra la mia veglia e le righe di questa pagina.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Adesso sono le 3:45. Metto un punto al mio racconto, sono più tranquilla e scrivere mi ha aiutata. Proverò a riaddormentarmi. Lo shopping terapeutico mi ha regalato un brivido, ma ora che so che <span style="font-style: italic;">oggi sono più bella di Beyoncé -</span> la cantante - riprendo sonno con un supplemento di conforto, che nemmeno la voce al telefono di mio marito ha saputo offrirmi del tutto.</span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com30tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-35736244202688003642023-11-02T10:40:00.001+01:002023-11-02T10:41:43.520+01:00 Ubi maior minor cessat<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGXd0CH97nXLsfw3Y9Y5tgIqpKzOqXl3Rz9BTU-iXQSr9ThYz4KO3UXw2v3cS_JHwTEaz1pLlF_8Q3CQpLOB_TU3J9nHYzj1pvonHWw_KzOToiC7zpc-PHZ1DrRC-PzzmDltLHJzTCZ8eAMBvAnBekrs1odyFY3O3xFZMViQRT_AB1nQArulIx0m6fddQ/s2159/2C556DA2-7B70-4EF9-91B5-B5A3CE921925.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="1579" data-original-width="2159" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGXd0CH97nXLsfw3Y9Y5tgIqpKzOqXl3Rz9BTU-iXQSr9ThYz4KO3UXw2v3cS_JHwTEaz1pLlF_8Q3CQpLOB_TU3J9nHYzj1pvonHWw_KzOToiC7zpc-PHZ1DrRC-PzzmDltLHJzTCZ8eAMBvAnBekrs1odyFY3O3xFZMViQRT_AB1nQArulIx0m6fddQ/s320/2C556DA2-7B70-4EF9-91B5-B5A3CE921925.jpeg" width="320" /></span></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></div><span style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: medium; text-align: justify;">Questi sono tempi di riflessione, questi sono tempi di preghiera, questi sono tempi in cui conviene prepararsi al “gran finale”, perché mi convinco sempre più che stiamo rotolando lungo una china ripida e inesorabile e il sipario si chiuderà presto sul palcoscenico pietoso che è diventato il mondo.<span><a name='more'></a></span></span><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Lo so che sto ispirando riti scaramantici, sembro uno di quei <i>profeti</i> invasati che professano l’apocalisse, mentre invitano alla conversione. Ma hai voglia di chiedere la conversione di persone che adagiano la propria esistenza su un tappeto di valori empi! Sai che se ne fanno i potenti della terra delle richieste di chi vede l’umanità andare a pezzi sotto i colpi dell’indifferenza, della menzogna, dell’arroganza, dell’egoismo, con cui essi muovono le pedine sullo scacchiere mondiale, dove tutto è lasciato al loro arbitrio.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Disprezzo la guerra, la ripudio come chiunque dovrebbe disprezzarla e ripudiarla pure come extrema ratio: è così impossibile lavorare sul terreno della concordia? è davvero prioritario difendere gli interessi economici, assecondare i progetti di egemonia, qualunque cosa ciò comporti, pur di esercitare una supremazia che alimenta solo la superbia umana? Tutti bravi a firmare documenti internazionali in cui si sottoscrive l’impegno a garantire pace e sicurezza, tutti convinti di non usare la forza per risolvere le controversie. Ipocriti! Basta un pretesto, una scintilla di odio sfuggita al controllo ed ecco che si scatena l’inferno.</span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">In Diritto Internazionale esiste un <span style="font-style: italic;">jus ad bellum</span>, che è il diritto di muovere guerra, normato dalla Carta delle Nazioni Unite e un <span style="font-style: italic;">jus in bello</span>, che riguarda tutto ciò che è lecito mettere in atto durante le operazioni di guerra e regola la condotta da seguire per proteggere i feriti, i malati, la popolazione civile.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E che fine ha fatto, negli ultimi conflitti in corso, il rispetto di quest’ultima normativa, se proprio le categorie deboli sono quelle prese maggiormente di mira, senza pietà alcuna per soggetti che non hanno nulla a che fare con le azioni strettamente belliche?</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ho studiato, in passato, il Diritto Internazionale Umanitario e penso che Henri Dunant, suo ispiratore (fondatore della Croce Rossa e Premio Nobel per la pace nel 1901), oggi, si stia scatenando dentro la sua tomba, vedendo tutti gli orrori che ormai si succedono come i mesi nel calendario. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Dove sono finite le regole nella conduzione delle ostilità durante un conflitto armato? dove sono finiti gli impegni volti a limitare i mali da esso derivanti? Chiunque ne stia combattendo uno, ha alzato la tavolozza di un cesso, gli ha scaraventato dentro l’intero apparato di vincoli giuridici e ha tirato la catenella. Che poi penso: ma come chiedere la non violazione delle norme umanitarie vigenti a un’organizzazione politica fondamentalista, che fa del terrorismo la propria, unica, strategia di guerra? Che uccide in modo impietoso, armi alla mano, come se non avesse davanti essere umani, ma solo bersagli che hanno un invisibile cartellino attaccato al collo con scritto “nemici”, anche quando sono giovani con il diritto di vivere una vita felice o bambini che non conosceranno mai il loro futuro. Sconvolge molto di più che a fare pezze dell’ordinamento giuridico in materia di diritti umani sia uno Stato democratico, che non si sporca le mani direttamente, ma fa filosofia della guerra con armi sofisticate. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Io non riesco a schierarmi, non me lo permette la mia ignoranza in materia di politica internazionale e anche il buon senso nel capire che non ci sono mai vincitori e vinti in una guerra, ma solo tragedie che colpiscono gli innocenti di tutti gli Stati coinvolti. E dunque per questo non scendo in piazza per difendere o giustificare l’azione scellerata di un gruppo di facinorosi integralisti, ma nemmeno appendo una bandiera al mio balcone in segno di solidarietà verso un popolo con una lunga storia che pensavo gli avesse insegnato qualcosa. Perché l’odio e la violenza non sono diversi se si sfogano attraverso mezzi o con forme differenti, le conseguenze della cattiveria umana sono uguali sia che si agisca in nome di un Dio che vuole santa una guerra sia che ci si ammanti di una democraticità finta, affidandola al leader sbagliato.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Noi, popolazione inerme, viviamo perennemente in una condizione di precarietà, perché se anche non siamo vittime dirette di fuochi incrociati, rimaniamo comunque carne sacrificabile, siamo il <span style="font-style: italic;">minor cessat </span>di fronte a priorità più rilevanti. Come se la guerra sia l’<span style="font-style: italic;">ubi maior </span>che porta alla rinuncia di ciò che conta meno. I civili contano meno, anzi: non contano niente. E oggi, con maggiore forza, in questo giorno dell’anno dedicato alla memoria dei defunti, penso a tutti gli uomini, alle donne e ai bambini morti per colpa dell’odio al quale nessuno sa rinunciare e della sistematica violazione di norme cui nessuno dà più valore.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non è vero che si cerca la pace, nessuno la vuole: </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">”<i>parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore”</i> (<i>Sal 28,3</i>).</span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La pace non nutre la tracotanza, non alimenta le velleità e mette un laccio alla smania di potere. Invece è nel delirio di onnipotenza che si pretende il dominio sul prossimo a suon di guerre e diventa facile prendersela con chi non ha strumenti di difesa se non quei diritti internazionalmente riconosciuti di cui tutti, ormai, si fanno beffe.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma in un mondo che si riempie la bocca della parola “pace”, dove tutti, politicanti, giornalisti, docenti, professionisti di ogni livello, si ammazzano in pubblico a colpi di ideologie, ripicche e farse per regalare audience a chi li ospita in tv; in un mondo dove le notizie orientano le opinioni della gente e non sai più se le informazioni circolanti sono veritiere; in un mondo dove l’odio ha messo radici solide e non basta la buona volontà di chi ricerca la verità e il bene, in un mondo così a me pare che non ci siano molti margini di miglioramento, per noi abitanti della terra e che se la speranza è l’ultima a morire, sia lì lì per riuscirci. </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Meritiamo l’estinzione.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"> </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com38tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-33569673584332359982023-10-22T10:53:00.000+02:002023-10-22T10:53:20.026+02:00Rispolverare il "decalogo del lettore" di Daniel Pennac<p></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.9px;"></p><div class="separator" style="clear: both; font-family: "Trebuchet MS"; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAAr8Wndh_e7wE6nl08HLwluzXkNZXzdR0nyIruhJC-AxNPSfnf8cxwpnNzves8svaPnGttqgE0Pg7y1-c56mOE41B1bs_VMlg2b76fBLxPBPgqs6ZjVvfbHsFV2e1Y-BqDxcgFBMPDS16f-hs2ScgJBZyFMzKR78Weed2Pv2-bfrQT6bIwCbU2hFaOXI/s900/A062D660-537A-41AE-945C-F5613587DB69.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="792" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAAr8Wndh_e7wE6nl08HLwluzXkNZXzdR0nyIruhJC-AxNPSfnf8cxwpnNzves8svaPnGttqgE0Pg7y1-c56mOE41B1bs_VMlg2b76fBLxPBPgqs6ZjVvfbHsFV2e1Y-BqDxcgFBMPDS16f-hs2ScgJBZyFMzKR78Weed2Pv2-bfrQT6bIwCbU2hFaOXI/s320/A062D660-537A-41AE-945C-F5613587DB69.jpeg" width="282" /></a></div><span style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #333333;">Già, ogni tanto bisogna tornarci, a quei diritti del lettore decantati dallo scrittore francese </span><span style="color: #990000;">Daniel Pennac</span><span style="color: #333333;"> nel saggio “</span><span style="color: #990000;">Come un romanzo</span><span style="color: #333333;">” e spesso citati, perché non dobbiamo mai dimenticare che la lettura è un piacere che la mente si concede, non lo sfogo di un autolesionista. </span></span></span><p></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.9px;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #333333; text-align: justify;">Negli ultimi tempi, sarà che le mie esigenze si sono radicalizzate, sarà che ho finalmente capito che la scrittura contemporanea (tranne in rari casi) mi entusiasma poco, ho beccato romanzi che avrei volentieri usato come schiaccia zanzare o come stabilizzatori di tavoli traballanti... e mi dispiace parlare così di un oggetto - il libro - verso cui ho una feticistica venerazione.</span><span style="color: #333333; text-align: justify;"> </span></span></p><p style="background-color: white; color: #333333; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: Georgia; font-size: large;"></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Il decalogo del lettore, allora, interviene a mettere le coscienze a posto; ci suggerisce di dare sempre e comunque priorità alla libertà di godere o meno di una lettura, senza vincoli legati al “si deve fare”: il<span style="font-weight: bold;"> diritto di non leggere?</span> Sacrosanto. Quanti odiano, durante gli anni della scuola, le letture imposte, vuoi per ragioni di studio (e in questo caso, almeno, giustificate), vuoi perché i professori sono pessimi consiglieri? (suggerire la lettura estiva di un libro a piacere di Fenoglio,... ma vogliamo parlarne?) Sacrosanto decidere che è meglio la tv o fare una passeggiata o preparare un dolce o qualunque altra cosa, se di leggere non si ha voglia. Ma si può anche decidere di iniziare una lettura e poi <i>skippare</i> le parti reputate inutili, noiose, lunghe, faticose. Il<span style="font-weight: bold;"> diritto di saltare le pagine </span>è anch’esso indiscutibile<span style="font-style: italic;">, </span>sebbene non mi piaccia immaginare un lettore che passa oltre se una pagina non lo convince: non so, mi sembra che questo possa pregiudicare il giudizio finale sul libro. Io, in passato, l’ho fatto: ero giovane e quando lessi “Guerra e pace”, molta <span style="font-style: italic;">guerra</span> l’ho mollata alle prime descrizioni di Tolstoj, ma oggi non lo rifarei. Ho attraversato incolume le infinite lungaggini descrittive di Proust, se le avessi evitate mi sarei persa tutta l’unicità (e la bellezza, che ve lo dico a fare) del suo stile. Pensate che il<span style="font-weight: bold;"> diritto di non finire il libro</span> sia in qualche modo collegato al precedente? Non lo so, però questo lo sottoscrivo:<span style="font-style: italic;"> </span>non ho preso il brevetto di lettrice onnivora, anzi sono molto selettiva e quando mi metto in mano un testo, da questo pretendo se non proprio amore a prima vista, almeno un flirt che intervenga entro un quarto di lettura, altrimenti l’adieu è immediato e senza pentimento (aumentano i libri consumati fino a un tot di pagine e definitivamente archiviati). Il<span style="font-weight: bold;"> diritto di rileggere</span> è fighissimo. L’ho fatto con “Anna Karenina”, “Madame Bovary”, “Delitto e Castigo”, “Alla ricerca del tempo perduto”, ma la soddisfazione maggiore l’ho provata quando decisi, qualche anno fa, che “I Promessi Sposi” meritasse un’altra chance. Relegato nel ghetto delle"esperienze da non fare mai più”, ho invece trovato forza e desiderio di rileggerlo, perché una cosa è odiare Lucia Mondella (soprattutto quando si infilava in mezzo ai compiti da fare per casa o in un tema in classe d’italiano), un’altra è astrarre il capolavoro letterario dal contesto scolastico che ne mostrava tutti i limiti e rivalutarlo.</span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma vi siete accorti che ho riletto solo classici della letteratura (un caso?)</span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non leggo qualsiasi cosa e, forse, questo mi penalizza; ogni tanto mi sono concessa questo lusso, ma sono state eccezioni, qui però non c’entra: non si parla di gusti personali. <span style="font-weight: bold;">Diritto di leggere qualunque cosa </span>vuol dire garantire un approccio alla lettura assolutamente individuale: che ognuno si dedichi al libro che vuole. Ecco che l’imposizione dei docenti di scuola superiore su certe letture obbligatorie non aiuta l’affezione a questa attività, così distante tra l’altro dagli interessi primari di molti giovani.</span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Flaubert ha creato un personaggio, Emma Bovary, che si è per così dire universalizzato, generando quella tendenza tipica delle persone insoddisfatte a vivere una vita non propria o a fantasticare di averne una come forma di evasione dalla realtà. Questo è ciò che si intende con il generico termine “bovarismo”. Trasferito nelle intenzioni di Pennac, esercitare il<span style="font-weight: bold;"> diritto al bovarismo</span> significa sentirsi liberi di immedesimarsi appieno in ciò che si sta leggendo, di farsi trascinare, travolgere fino a perdere il contatto con la realtà. Io mantengo i piedi ben piantati fuori dalla storia che sto leggendo, ma acchiappo tutti gli input che mi suscitano un’emozione e me li porto dentro la vita reale. Un libro dovrebbe portare al bovarismo ogni lettore che lo ha scelto.</span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Il <span style="font-weight: bold;">diritto di</span> <span style="font-weight: bold;">leggere ovunque </span>è il mio preferito. Quando preparo la borsa, prima di uscire, penso alle chiavi di casa, al portafogli, al cellulare e al libro che sto leggendo. Lo porto con me dappertutto, perché so che mi servirà ovunque ci sia un turno da rispettare e un tempo di attesa: alle Poste, dal dottore, in metro, in Banca, dal parrucchiere; una volta l'ho persino tirato fuori dallo zaino durante la fila alla cassa di un supermercato (maniaca!) Ma vuoi mettere: invece di rigirarmi i pollici, guardandomi attorno con l'aria di chi sta pregando per non perdere la pazienza, m’affaccio, anche per un attimo, nella realtà parallela che sto vivendo e la sensazione è bellissima (vedi il diritto n.6).</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Spizzicare il libro è un diritto. Non lo sapevo. Il<span style="font-weight: bold;"> diritto di spizzicare il libro </span>sarebbe dare un’occhiatina qua, una sbirciatina là in testi ancora da leggere? Fermarsi su una pagina a caso e poi rimandare la lettura completa a un altro momento? Uhm no, questo mi appartiene poco. In verità, non ne ho afferrato il senso. Solo in alcuni contesti mi avvalgo del <span style="font-weight: bold;">diritto di leggere a voce alta: </span>lo faccio soltanto se necessario, come nei casi di lettura condivisa o quando rileggo ciò che ho scritto io, ma credo che questa fattispecie rientri in un’ipotesi differente. La lettura è un momento mio che vivo in assoluto silenzio. Solo gli occhi si muovono lungo le righe di un libro. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E se non volete esercitare voi il <span style="font-weight: bold;">diritto di tacere</span>, qualcuno potrebbe spiegarmi il significato di quest’ultimo <span style="font-style: italic;">comandamento</span> della lettura?</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-weight: bold;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-weight: bold;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-size: 12px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.6px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com32tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-64572132550028917722023-10-12T11:05:00.003+02:002023-10-12T14:12:27.437+02:00 Le motivazioni dietro i Nobel per la Letteratura<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTkibxi_AwF9yaVsiSQT3JUUJnsKBeRryfb5F-ijAh7r9fZLUX3lUyK_6oU5s2SjMKKdBIM11jpoIJU5zAmKVmegj93XMJQAEPlENoHN5TAEEuNZNna7qbU2dN6oAhlpOKYSDHhZ1LirlCKjR6XhUnKqzWaQv_AMeJ-wNMSqGo9_3SZfQyEUzipUNY5Kg/s1080/21F556BB-93A5-4539-9814-E18BB309A936.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="895" data-original-width="1080" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTkibxi_AwF9yaVsiSQT3JUUJnsKBeRryfb5F-ijAh7r9fZLUX3lUyK_6oU5s2SjMKKdBIM11jpoIJU5zAmKVmegj93XMJQAEPlENoHN5TAEEuNZNna7qbU2dN6oAhlpOKYSDHhZ1LirlCKjR6XhUnKqzWaQv_AMeJ-wNMSqGo9_3SZfQyEUzipUNY5Kg/s320/21F556BB-93A5-4539-9814-E18BB309A936.jpeg" width="320" /></a></div><p></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Lo scorso 5 ottobre è stato assegnato il <span style="color: #990000;">Nobel per la Letteratura 2023</span>, che è andato allo scrittore e drammaturgo norvegese <b>Jon Fosse</b>. Non che l’aspetti con particolare trepidazione, ma ogni anno la corsa ai premi più prestigiosi in campo letterario è un appuntamento che stuzzica in me un velo di curiosità: seguo da una discreta distanza tutta la costruzione dello Strega fino alla proclamazione del vincitore/trice, guardo da molto lontano la scelta del comitato che decide il Nobel. Sarà perché uno è tutto italiano ed è strettamente connesso al campo letterario, mentre l’altro è un’onorificenza allargata ai vari rami del sapere umano, che raccoglie candidati da tutto il mondo, a ogni modo, quando escono i nomi di chi si aggiudica la vittoria in entrambi i casi, corro a documentarmi su vita e opere dell’insignito/a dell’anno. Di Jon Fosse, per esempio, non sapevo assolutamente nulla, ma non sto scrivendo questo post per offrire il mio contributo di pensiero su artista e sue opere, lo faccio con uno scopo molto più faceto che serio.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Vi pongo una domanda: avete mai letto le motivazioni che accompagnano l’aggiudicazione del Premio Nobel per la Letteratura? Io, per una mia personale, scrupolosa, curiosità, tutte le volte leggo il giudizio e ho l’ardire di analizzarne il contenuto. Non so perché, ma mi vengono sempre in mente le pagelle di fine anno dei miei figli:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“L’alunno possiede ottime competenze comunicativo-relazionali e di autonomia operativa. Mostra padronanza disciplinare, originalità nelle elaborazioni personali, capacità di sintesi ed è in grado di applicare le competenze acquisite a situazioni nuove.”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">"L’alunno ha maturato una completa ed accurata conoscenza dei contenuti disciplinari ed ha acquisito abilità operative corrette e sicure. Ha confermato capacità di riflessione, concentrazione, analisi, nonché impegno e partecipazione costanti. Il livello di maturazione generale raggiunto è ottimo.”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“...ha confermato il positivo approccio al processo formativo, ottimo il livello di competenza...”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“...ha maturato atteggiamenti di partecipazione attiva e responsabilità nei confronti del lavoro scolastico...” </span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">dove i i termini <span style="font-style: italic;">aree di apprendimento, livello di competenza, partecipazione attiva, processo formativo, dialogo didattico</span>, si ripetono e rimbalzano da una pagella all’altra, combinandosi fra loro in formule apparentemente diverse, ma nella sostanza sempre uguali.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Le motivazioni di molti Premi Nobel per la Letteratura mi pare seguano lo stesso schema: frasi preconfezionate da abbinare all’occorrenza a questo o quell’autore/trice, che dicono la verità - innegabile - (i miei figli, del resto, erano bravissimi a scuola), ma sono asettiche e poco originali, cioè sembrano formulate per dovere professionale e dunque assumono il carattere dell’assoluta impersonalità:</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122; font-style: italic;">“In riconoscimento della sua composizione poetica, che dà prova di un alto idealismo, perfezione artistica ed una rara combinazione di qualità tra cuore ed intelletto”</span><span style="color: #202122;"> è la motivazione che premia il </span><span style="color: #990000;">primo vincitore del Nobel</span><span style="color: #202122;">, </span><span style="color: #990000;">Sully Prudhomme</span><span style="color: #202122;">, nel </span><span style="color: #990000;">1901</span><span style="color: #202122;">.</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Ho raccolto altri esempi circoscritti all’ambito della poesia: </span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122; font-style: italic;">“Non solo in riconoscimento dei suoi profondi insegnamenti e ricerche critiche, ma su tutto un tributo all'energia creativa, alla purezza dello stile ed alla forza lirica che caratterizza il suo capolavoro di poetica”</span><span style="color: #202122;"> (</span><span style="color: #990000;">Giosuè Carducci - Nobel 1906</span><span style="color: #202122;">);</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122; font-style: italic;">“Per la sua poesia, che, contro lo sfondo di tradizione greca, dipinge con forza e chiarezza intellettuale la lotta dell'uomo moderno per la libertà e la creatività”</span><span style="color: #202122;"> (</span><span style="color: #990000;">Odysseas Elytīs - Nobel 1979);</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122; font-style: italic;">“Per la sua poesia che, dotata di freschezza, sensualità ed inventiva, fornisce un'immagine di liberazione dello spirito e della versatilità indomita dell'uomo”</span><span style="color: #202122;"> (</span><span style="color: #990000;">Jaroslav Seifert - Nobel 1984);</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122;">“</span><span style="color: #202122; font-style: italic;">Per la sua inconfondibile voce poetica che con l'austera bellezza rende universale l'esistenza individuale” </span><span style="color: #202122;">(</span><span style="color: #990000;">Louise Glück - Nobel 2020</span><span style="color: #202122;">).</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Non vi sembra che espressioni quali <span style="font-style: italic;">energia creativa, forza lirica, inventiva, voce poetica</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">siano gli analoghi di <span style="font-style: italic;">livello di competenza, partecipazione attiva, processo formativo, dialogo didattico?</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Ma ci sono anche delle volte in cui mi faccio una risata mentre immagino questi signori tutti impettiti, chiamati a esprimersi sul candidato vincente, che fanno a gara per elaborare il concetto più ampolloso così da stordire l'uditorio, dando l’impressione di avere capito tutto di un’attività letteraria su cui, invece, non sanno sbilanciarsi. Leggo il papelletto declamatorio e dico: “Minchia!” (il siculo medio userebbe questa espressione, mi perdonerete!), tradotto in romanesco sarebbe un bel “me cojoni!”, ma se scavo su ogni singola espressione usata trovo molta fuffa e poca sostanza.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">L’Accademia, nel <span style="color: #990000;">1998</span>, premia <span style="color: #990000;">José Saramago</span> <span style="font-style: italic;">che con parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia ci permette ancora una volta di afferrare una realtà elusiva.”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Cosa sono <span style="font-style: italic;">le parabole sostenute da immaginazione, compassione e ironia</span> con cui dovremmo afferrare la <span style="font-style: italic;">realtà elusiva</span>?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E la motivazione del <span style="color: #990000;">Nobel 2001</span> a <span style="background-color: white; text-align: start;"><span style="color: #990000;">Vidiadhar</span></span> <span style="color: #990000;">Naipaul</span> recita: “<span style="font-style: italic;">per aver unito una descrizione percettiva ad un esame accurato incorruttibile costringendoci a vedere la presenza di storie soppresse.”</span></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Che ha detto?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #202122;">Oppure la scrittura di </span><span style="color: #990000;">Kazuo Ishiguro</span><span style="color: #202122;">, </span><span style="color: #990000;">Nobel 2017</span><span style="color: #202122;">, </span><span style="color: #202122; font-style: italic;">che, in romanzi di grande forza emotiva, ha scoperto l'abisso sotto il nostro illusorio senso di connessione con il mondo.”</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Esattamene, cosa vuol dire? Cioè, facciamo che io non conosca questo autore, dovrei sentirmi spinta a leggerne le opere perché qualcuno mi sta dicendo, riconoscendogliene il merito, che ha finalmente scoperto <span style="font-style: italic;">il mio illusorio senso di connessione con il mondo?</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Ma non farebbero prima e soprattutto cosa buona e giusta a scrivere: Tizio vince il Premio perché è bravo, originale, piace, è in sintonia con i tempi..., senza l’inutile pomposità di messaggi che, poi, arrivano con tutto il carico di retorica che li ha originati?</span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Ed eccolo, l’ultimo Premio per la Letteratura assegnato a Jon Fosse. </span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Qua il comitato svedese si è risparmiato. Forse aveva esaurito le combinazioni lessicali d’effetto o si era stancato di riempire cinque righe di inconsistenza oppure ha capito che era meglio puntare sull’unico concetto essenziale, affidando tutta la forza del giudizio all’aggettivo “<i>indicibile</i>”.</span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Perché è lì che la motivazione diventa (con)vincente, quando si concentra sull’elemento che potrebbe catturare l’attenzione di chi cerca le ragioni di un premio così prestigioso.</span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La motivazione è la seguente: “<span style="font-style: italic;">per le sue opere innovative e la sua prosa che danno voce all'indicibile”.</span></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">L’“INDICIBILE”? </span></p><p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: medium;">M**chia! questo lo leggo. </span></span></p><p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p><p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">P.S. Lancio un appello: chi sarebbe interessato a una lettura condivisa di una sua opera in prosa?</span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #54595d; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #54595d; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #202122; font-family: Helvetica; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 16.1px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com30tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-9843723458686787202023-10-05T09:09:00.004+02:002024-02-09T17:30:33.851+01:00In viaggio con Proust: “All’improvviso il mio cavallo s’impennò” <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvK_uviCdRJQIY_1PKJUinykLd52xME47dctKM97cjVA3V0W_-RfVCyFcVKQGLOM9Hqltj0gY72eglJS9AKNWfUwnW28nIRzLjcp6Uwl-gX_RedSnvarRlHyfEpDOyPxoK5tk2LO53VVfYy-Ew3xseZSIV8K-PZZ5SeJ6yumywAMP_weaaKSZuR2DQhbA/s275/A61B92BF-4DD8-4EA1-B5A2-B32CA0AD082D.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" height="183" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvK_uviCdRJQIY_1PKJUinykLd52xME47dctKM97cjVA3V0W_-RfVCyFcVKQGLOM9Hqltj0gY72eglJS9AKNWfUwnW28nIRzLjcp6Uwl-gX_RedSnvarRlHyfEpDOyPxoK5tk2LO53VVfYy-Ew3xseZSIV8K-PZZ5SeJ6yumywAMP_weaaKSZuR2DQhbA/s1600/A61B92BF-4DD8-4EA1-B5A2-B32CA0AD082D.jpeg" width="275" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ogni tanto mi piace tornare a parlare dell’esperienza di lettura più importante della mia vita. Potrei farlo all’infinito traendo spunti da ogni cosa, una frase, una descrizione, un personaggio e adesso con un’analisi ancora più immersiva, dal momento che ho assecondato il coraggioso intento di rileggere per intero “<span style="color: #990000;">Alla ricerca del tempo perduto</span>” di <span style="color: #990000;">Marcel Proust.</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sto finendo il quarto libro, <span style="font-style: italic;">Sodoma e Gomorra </span>e di nuovo mi sono imbattuta in una pagina che ora come allora mi è parsa straordinaria.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quando lessi per la prima volta il brano in questione, lo stupore fino alle lacrime del protagonista si trasferì per direttissima nella mia sfera emotiva e provai un’emozione indescrivibile nell’essermi sentita in sintonia con lo stato d’animo di chi stava vivendo la bellezza di un momento la cui semplicità, ai giorni d’oggi, farebbe sorridere. Essermi trovata a gestire quella parentesi, caduta all’improvviso nel bel mezzo di una narrazione che stava raccontando passo passo le giornate dell’aristocrazia francese, mi ha fatto capire quanto fossi profondamente connessa con il mondo evocato nella Recherche.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Verso la metà del volume, il Narratore, interrompendo la consuetudine di prendere il treno per raggiungere, assieme ad altri assidui frequentatori, il salotto di Madame Verdurin, risponde al desiderio di evadere da questa routine e si concede una passeggiata a cavallo fino alla Raspelière, la tenuta nei pressi di Balbec, dove hanno luogo le agapi estive del “piccolo clan”.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Il paesaggio da cui è circondato - la strada che sale per un tratto e poi, fra boschetti di alberi folti, sprofonda in gole selvagge; il mare che si intravede fra le spaccature delle nude rocce - gli ricorda lo scenario di due bellissimi acquarelli del pittore Elstir, che lui ha ammirato in casa della duchessa di Guermantes. E mentre questi elementi della natura ondeggiano davanti al suo sguardo come <span style="font-style: italic;">frammenti di un altro universo,</span> al di fuori del mondo attuale, quasi fosse lì lì per imbattersi in un personaggio mitologico, ecco che... all’improvviso il cavallo s’impenna.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Da questo momento accade qualcosa di straordinario agli occhi del Narratore, qualcosa che prorompe nel suo stato di appagamento spirituale, suscitando in lui una reazione potente e inaspettata.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Proust scrive: </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">“<span style="color: #444444;">A<span style="font-style: italic;">ll’improvviso il mio cavallo s’impennò; </span>a<span style="font-style: italic;">veva sentito uno strano rumore, stentai a padroneggiarlo e a non farmi gettare a terra, poi alzai gli occhi pieni di lacrime verso il punto da cui sembrava provenire il rumore e vidi, una cinquantina di metri sopra di me, fra due grandi ali d’acciaio scintillante che lo trascinavano, un essere la cui figura indistinta mi parve simile a quella di un uomo. Ero commosso come un greco che avesse visto per la prima volta un semidio. Piangevo anche, giacché ero pronto a farlo sin dal momento in cui avevo capito che il rumore veniva da sopra la mia testa - gli aeroplani, a quei tempi, erano ancora rari -, al pensiero che, per la prima volta in vita mia, avrei visto un aeroplano.</span></span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="color: #444444; font-size: medium;">Come quando, leggendo un diario, si sente arrivare una parola commovente, aspettavo solo d’aver visto l’aereo per scoppiare in lacrime. L’aviatore, tuttavia, sembrava esitare circa la direzione, sentivo spalancate davanti a lui - davanti a me, se l’abitudine non m’avesse tenuto prigioniero - tutte le strade dello spazio, della vita; si spinse più in là, si librò per qualche istante al di sopra del mare, poi, con brusca decisione, dando l’impressione di cedere a un’attrazione inversa a quella della gravità, quasi facesse ritorno alla sua patria, con un leggero movimento delle sue ali d’oro puntò dritto verso il cielo.”</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Capisco chi, leggendo questa pagina, troverà immotivato il mio trasporto e vi dirò che, sottoposto ancora una volta alla mia attenzione, il brano mi ha regalato un’emozione più blanda, forse perché l’impeto emotivo si scarica soprattutto durante quella prima occasione in cui viene sollecitato, eppure ho trovato intatta la bellezza di ciò che emerge dalle parole dello scrittore e inalterata la mia ammirazione: lo stupore del Narratore nello scorgere un oggetto dalle ali d’acciaio scintillante volare su nel cielo; l’emozione che riempie i suoi occhi di lacrime nell’intravedere una persona alla guida di un aeroplano, il rombo del motore che fa irruzione nella quiete del bosco e lo distrae con una forza dirompente... Ma quanta tenerezza fa un uomo che piange perché non ha mai visto un aereo prima d’ora! Quanto struggimento si cela all’idea che dietro quella visione si adombri l’esperienza di Marcel-autore, legata a un amore finito in tragedia.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E qui è d’obbligo aprire una parentesi.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Alfred Agostinelli era stato lo chauffeur di Proust, poi ne era diventato il segretario personale, quando aveva accettato l’incarico di battere a macchina il suo romanzo. Fra i due si era instaurata un’amicizia speciale, da cui era scaturita una relazione nella quale erano confluite tutte le caratteristiche dei rapporti affettivi che, in genere, l’aristocratico Marcel stabiliva con le persone di cui s’innamorava: la morbosità, l’ossessione e la gelosia saranno, poi, trasferite all’interno della sua storia sentimentale con il personaggio della finzione letteraria, Albertine. Marcel viziava il giovane amante, gli aveva offerto del denaro per tenerlo con sé, dopo che questi si era allontanato da lui; era arrivato a vendere delle azioni per raccogliere la somma necessaria a regalargli una Rolls-Royce e persino un aeroplano, di cui Agostinelli aveva la passione. Passione rivelatasi fatale, dopo che, iscrittosi a una scuola di volo, il neo-pilota aveva eseguito una manovra sbagliata, </span><span style="font-size: medium;"><span>durante la sua seconda prova in solitario </span><span>e si era inabissato nel mare, a poche centinaia di metri dalla costa.</span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">È successo, dunque, che mi sono immedesimata: ero lì, con Marcel-Narratore, in un angolo suggestivo e isolato del paesaggio metà marino metà boschivo che stava deliziando il suo cammino, abbacinata dalla fierezza di un aereo che, all’improvviso, era apparso, tracciando una traiettoria incerta nel cielo. Ho immaginato quanta malinconia lo scrittore avesse riversato nella descrizione di quel momento; le lacrime dedicate a una mancanza (il ricordo di Agostinelli ricostruito nelle fattezze dell’uomo alla guida dell’aereo) che il tempo, ancorché perduto e ritrovato, non avrebbe mai più colmato e in quell’esitazione dell’aviatore, che cercava la strada nello spazio, ho visto proiettate le possibilità negate a Proust, l’ansia di libertà rimasta imbrigliata nella prassi giornaliera che lo inchiodava a responsabilità frivole, come nella malattia a causa della quale era costretto a mantenere uno stile di vita sempre misurato. Quando ho letto “<span style="font-style: italic;">sentivo spalancate davanti a lui tutte le strade dello spazio, della vita” </span>e, per inciso,<span style="font-style: italic;"> “davanti a me, se l’abitudine non m’avesse tenuto prigioniero”, </span>ho sollevato gli occhi dalla pagina e mi sono concessa qualche minuto per gestire quell’attimo condiviso di commozione.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quanta bellezza, nel racconto che svela una fragilità!</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: Georgia;">E anche poco dopo, quando finalmente l’aereo cede a un’attrazione inversa a quella della gravità e il movimento leggero delle sue ali d’oro lo riporta su nel cielo, come la patria nella quale fare ritorno, vedo lo slancio di un Proust nostalgico, che guarda in alto, fa largo dentro il proprio vuoto interiore e sente arrivare la </span><span style="font-style: italic;"><span style="font-family: georgia;">parola commovente, </span></span><span style="font-family: Georgia;">mentre sta leggendo il diario della sua vita.</span><span style="font-family: Georgia;"> </span></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Forse semplicemente l’addio al quale ha dovuto suo malgrado rassegnarsi.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-64753737522832401472023-09-26T14:43:00.003+02:002023-09-26T14:50:42.530+02:00Un giorno di ordinaria guida<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDQPCFwfOXDjhQns3h-i8ZTwSJeaG1thyRHFGJboQnFnIoHbORc_QgjjGaar-uiU6c9QNwVQjHMTk5beJCrZRBHmUWiXO1JYK5VpQhioLaxD2BoaDykTgKA2ayLGPUj7mRRb6xsYbaQR3pax5Y99T1LPsXrKwEnaomzCNH15CCVAAp4zJSaDoJNQZU_4s/s580/DF94D871-10D7-4723-8DD6-08413C86192E.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="580" data-original-width="580" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjDQPCFwfOXDjhQns3h-i8ZTwSJeaG1thyRHFGJboQnFnIoHbORc_QgjjGaar-uiU6c9QNwVQjHMTk5beJCrZRBHmUWiXO1JYK5VpQhioLaxD2BoaDykTgKA2ayLGPUj7mRRb6xsYbaQR3pax5Y99T1LPsXrKwEnaomzCNH15CCVAAp4zJSaDoJNQZU_4s/w200-h200/DF94D871-10D7-4723-8DD6-08413C86192E.jpeg" width="200" /></span></a></div><span style="font-size: medium;"><div style="text-align: left;"><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">Il traffico di Roma? Un luogo comune. E i pazzi che guidano auto nel traffico di Roma? Una iattura, per me che, da siciliana, sono stata nutrita a pane e flemma. Quanti vaffa mi sono buscata da quando vivo qui, nella capitale! io, pacifica nella mia Fiat Panda, con una guida consolidata in trentacinque anni di patente e chilate di pazienza e loro, I Romani Al Volante, dentro auto febbricitanti, pronti a tutto pur di imporre la supremazia del Pilota Alfa. E qui, almeno, non esiste maschilismo, ché ci sono certe arpie agguerrite, che tu le vedi candide, con gli sguardi mansueti, trasognate mentre ascoltano alla radio Tiziano Ferro e poi, alla prima occasione (pure una ripartenza lenta al semaforo verde), spalancano le fauci e a guardarle, mentre si sfogano, ti sembra di essere inghiottita dal fango di una frana. Ti allavangano addosso una raffica di malepparole </span><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">che scomodano santi e madonne come se fossero riso lanciato agli sposi.</span></div></span><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">Mettersi in strada a Roma significa armarsi di scudo e corazza, perché se anche tutto fila liscio per qualche metro di percorrenza, stai pur certo che al metro successivo incappi nella mina umana che ti guida dietro o accanto.<span></span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-size: medium;"><div style="text-align: left;"><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">E dunque un giorno d’estate me ne vado quatta quatta in un negozio di tessuti lungo l’Appia Nuova: finestrino abbassato a metà, radio accesa, volume medio. A ogni semaforo rosso una coda di macchine, sempre più spazientite dal continuo accelera/frena accelera/frena dovuto al sovrannumero di segnalatori lungo la via, freme per riprendere la corsa. Una ragazzetta coatta coatta, in una Smart color tuorlo d’uovo, decide che la mia Panda è una vecchia carriola che va ammonita per non essere abbastanza “smart” e all’apparizione del verde pretende che riparta con scatto rapido, come se il piede sull’acceleratore fosse direttamente collegato al via del semaforo. Nemmeno il tempo di ingranare la prima, che questa amazzone motorizzata sguiscia di lato e, dal finestrino abbassato, mi grida: “</span><i style="font-family: Georgia; text-align: justify;">e daje, che famo!”</i><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;"> e </span><i style="font-family: Georgia; text-align: justify;">WROOOM, </i><span style="font-family: Georgia; text-align: justify;">mette il turbo al bolidino di papà per poi fermarsi davanti a me all’ennesimo semaforo - naturalmente - rosso. Poco male! isterica ma determinata: ha guadagnato un posto. Mi piace pensare che sollevi gli occhi allo specchietto retrovisore per vedere una “nonnetta” che dietro il culo del suo veicolo ride sorniona.</span></div></span><p></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: left;"><span style="font-size: medium;">Più avanti, una nuova fila di auto si incolonna dietro una povera, sprovveduta, Kia che tenta di uscire da un parcheggio in retromarcia e apriti cielo! Non basta un clacson così, per sollecitare attenzione, no, è necessario fare suonare tutta l’orchestra di macchine, dalle trombe delle berline ai <span style="font-style: italic;">pi-piìììì </span>civettuoli delle city car, perché il messaggio arrivi forte e chiaro: “se non smammi entro tre secondi ti facciamo esplodere sul posto.” Comincia il conto alla rovescia: 3-2-1...fiuuuu, il parcheggiato in uscita è salvo!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Io osservo, so aspettare, taccio: la mia mano resta ferma sul pomello del cambio e picchietto le dita per seguire il ritmo della canzone in onda. La mia è l’unica auto che non partecipa al linciaggio sonoro.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Perché io sono una donna pacifica, la mia pazienza è infinita, perché sono una signora, io!</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Riprendo il cammino verso la meta a qualche chilometro da casa mia. Di solito uso i mezzi pubblici per muovermi dentro Roma, ma questa è una zona dell’Appia Nuova scarsamente servita da bus e metro, si fa prima ad andare in macchina. Solo che, tutte le volte, mi sposto con la consapevolezza di addentrarmi in una giungla, anche se non mi faccio sbranare dalle bestie; il nervosismo da traffico non mi ubriaca, resto sobria... di solito!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Un altro pazzo mi taglia la strada, fa zig zag fra le auto in corsa e lì sì, che il “clacson alert” parte libero e a ben ragione! quello degli altri però, il mio continua a rimanere muto: non ce l’ho proprio nel dna, lo scatto rapido verso l’incazzatura! Tuttavia sono un vaso che si riempie: ampio, profondo, accolgo, sopporto, ho una buona tenuta, ma guai a raggiungere l’orlo! </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Esco dal negozio in cui ero diretta. Appagata, salgo in macchina e mi immetto nella via di ritorno. La radio di nuovo a farmi compagnia, il caldo dell’abitacolo, lasciato in sosta sotto il sole per il tempo dell’acquisto, lotta contro le ventole del condizionatore. Mentre attendo che l’aria infuocata venga stemperata da quella rinfrescante, mi accorgo che il semaforo è diventato arancione. Posso farcela a passare, se accelero un po’, ma l’incrocio è uno di quelli proposti come esempio agli esami di guida, in cui il candidato deve dire chi ha il diritto di precedenza e in quale ordine le macchine devono muoversi, così io, di fatto, attraverso la carreggiata in velocità, ma nel curvare verso la strada che devo percorrere, anticipo di pochissimo la fila che ha il verde dall’altra parte e... questo azzardo poteva mai passare inosservato? Dappertutto, forse, ma a Roma no.</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non ho messo in pericolo nessuno, non ho rischiato lo scontro, ho solo sfiorato il limite dell’irregolarità, eppure l’Inquisitore delle Strade Romane che fa? Vede una <i>strega</i> alla guida e la condanna senza appello. Sento una voce che pare quella di Ivan Drago; mi offende da un furgone: “<i>Troia</i>” mi grida - solo per cominciare, eh, che l’eco delle sue parole mi arriva insieme alla folata torrida entrata dal finestrino mentre lo abbasso in preda a un automatismo... E il contenuto del vaso arriva impetuosamente al bordo. </span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma che c**** urli a fare, @?!!$% cafonazzo di borgata *#!?!@ fino a ieri vendevi banane al mercato di Tor Pignattara... <span style="font-style: italic;">oddio, sto per farlo... </span>Sporgo il braccio, la mano si chiude a pugno, ma un dito resta dritto come un soldato sull’attenti: il medio è un fiero vendicatore!</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Fine del mio savoir faire: il vaso si svuota.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Alzo il volume della radio, Loredana Bertè canta <i>“Non sono una signora...”:</i> mi vergogno, ma avverto come un grande senso di liberazione.</span></p><p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Il prossimo safari per le vie di Roma è previsto per domani: devo raggiungere un mercatino sull’Anagnina!</span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: right;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-82255669057923866052023-09-19T16:31:00.002+02:002023-09-19T16:41:12.896+02:00Il memoir che (non mi) piace <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUzjrqD-nEfJooD66gZ7HxtkjS0XDWCxukszAx2qM7hZLwSkfH5jufit2rILi9Uy4rq-lH5OCCo8GzMgi8XTdUYmPtaF-Zy_ZudL2K5sON_ULKsqEejDCJeAlwkA-Po1vO-qBa75RGthdgGHnpniqLdZE7HLI1RgId2y2t7XpCOdwPJ7Rkwsnif-NcnI8/s756/B6246056-A747-44C2-B8E4-64A5F127205B.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="677" data-original-width="756" height="287" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUzjrqD-nEfJooD66gZ7HxtkjS0XDWCxukszAx2qM7hZLwSkfH5jufit2rILi9Uy4rq-lH5OCCo8GzMgi8XTdUYmPtaF-Zy_ZudL2K5sON_ULKsqEejDCJeAlwkA-Po1vO-qBa75RGthdgGHnpniqLdZE7HLI1RgId2y2t7XpCOdwPJ7Rkwsnif-NcnI8/s320/B6246056-A747-44C2-B8E4-64A5F127205B.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Per tornare a scrivere un romanzo dovrei rispolverare la fantasia un po’ arrugginita, immaginare una storia che abbia tutti gli elementi per attirare l’attenzione, con una trama solida e una buona architettura. Altrimenti dovrei raccontare qualcosa di me, attingendo al mio passato: rievocare, più che inventare. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quando l’ispirazione non aiuta, può essere una soluzione ripiegare sulla vita propria? Rispolverare vecchi ricordi, rintracciare la memoria dei fatti più rappresentativi, per poi dedicarsi a una narrazione di stampo autobiografico? Non c’è il rischio che per non perdere l’aderenza alla realtà si tessa un tappeto di dettagli che, alla fine, risultando poco funzionali o per niente interessanti, siano solo un’espressione narcisistica di sé?<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono venuta a conoscenza dell’esatto significato del termine “<b>memoir</b>” da poco, da quando l’inflazionato numero di scritture appartenenti a questo genere letterario ha suscitato la mia curiosità. Avete notato come esso vada di moda, oggi, assieme all’autofiction (di cui ho già parlato in un precedente <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2018/02/san-valentino-e-autofiction.html">articolo</a>)? Raccontarsi, quando si ha qualcosa di intenso da rendere noto, di significativo, di emotivamente coinvolgente, è liberatorio, risolve anche molti problemi legati al <span style="font-style: italic;">cosa</span> scrivere, ma è sempre così vincente? Mi chiedo: al di là del suono evocativo della parola francese, perché dovrebbe essere piacevole leggere una storia che appartiene alla sfera privata di qualcuno? E la risposta la trovo documentandomi. </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Capisco cos’è un memoir innanzitutto nella sfumatura che lo differenzia dall’<i>autobiografia</i> (con cui spesso è confuso): nell’autobiografia c’è una componente realistica dalla quale non ci si discosta, un’aderenza oggettiva agli eventi e al loro tempo, che mancano nel memoir, dove si parte sì da un’esperienza personale, ma non è necessario ricostruire i fatti secondo un ordine cronologico; qui il ricordo funge da pretesto per dare valore agli accadimenti vissuti, per attualizzare una sensazione. Il memoir sollecita ed esalta la componente emotiva di una verità raccontata e mira a trasmetterla, dunque raccontare se stessi può avere un risvolto positivo, può servire a veicolare messaggi importanti, suscitare riflessioni che valga la pena condividere con i lettori. Chi vi si cimenta, insomma, non fa un semplice lavoro di memoria, volto a riportare e mettere in ordine fatti, bensì opera una ricostruzione che richiede un impianto letterario ben strutturato, con tanto di trama dentro cui sviluppare l’arco narrativo del personaggio “se stesso”. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span>Affrontando questo discorso, mi vengono in mente i “<i><b>pregiudizi sulla scrittura”</b> </i>di cui parlava <span style="color: #990000;">Giuseppe Pontiggia</span></span> <span>in<b> </b><i><span style="color: #990000;">“</span></i><i><span style="color: #990000;">Dentro la sera. Conversazioni sullo scrivere”</span> (</i>rubrica<i> </i>in onda dagli studi di Radio Rai nel 1994 e riproposta all’interno della piattaforma RaiPlay Sound)</span><b style="color: #990000;"><span>*</span></b><span>:</span><b style="color: #990000;"> </b><span>uno è l’idea per cui </span><span style="font-style: italic;"><span><b>scrivere significa trascrivere</b>.</span> </span><span>Invece</span><span style="font-style: italic;"> </span><span>scrivere è inventare (etimologicamente derivante dal verbo latino </span><span style="font-style: italic;"><span>invenire</span></span><span>, che vuol dire “trovare”): si scrive per scoprire ciò che non si conosce, la pagina ha una sua efficacia letteraria quando rivela significati nascosti di cui l’autore/trice sono all’oscuro; scrivere non è riportare sul foglio quello che si sa già. </span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Un altro è il<b> </b><span style="font-style: italic;"><b>pregiudizio realistico</b>, </span>per cui scrivere attingendo dalla realtà offre più credibilità, una maggiore tenuta della scena, come se - diceva lo scrittore - per raggiungere l’effetto della noia sia necessario annoiare il lettore. Pontiggia si riferiva anche al cosiddetto <i>romanzo della memoria</i>, per cui <span style="font-style: italic;"><b>scrivere significa ricordare</b></span>. Va bene se c’è comunque dinamismo, se si rivolge lo sguardo indietro nel tempo ma solo allo scopo di dare vita a un organismo nuovo, che viva di luce propria, non fatto solo di ricordi trasferiti su carta; il procedimento prettamente mnemonico mette in crisi il lettore, perché rallenta il suo interesse, crea distacco, interrompe l’attenzione.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Allora ho cercato di reinterpretare il genere letterario “memoir” alla luce dei pregiudizi così spiegati e l’unica conclusione cui sono giunta è che se racconti una parentesi di vita che ti appartiene non <span style="font-style: italic;">trovi</span> nulla di nuovo nella pagina, la tua è una testimonianza, ma se ricalchi la realtà trovando il modo di non annoiare, forse la strada è percorribile. Sono riusciti nel loro intento <span style="color: #990000;">Andrea Pomella </span>con “<span style="color: #990000;">L’uomo che trema”</span> e <span style="color: #990000;">Pierluigi Cappello</span> con “<span style="color: #990000;">Questa libertà”, </span>romanzi che ho letto perché proposti per la condivisione all’interno di un gruppo di lettura, qualche anno fa. Pagine di grande autenticità quelle di Pomella e di pura poesia, quelle di Cappello, dove le vicende personali dei protagonisti/autori hanno certamente indotto a fare delle riflessioni profonde sul senso della vita, sulle reazioni umane di fronte all’accadimento di un dramma, eppure, in entrambi i casi, io ho maturato la sensazione di trovarmi come fuori posto dentro una porzione rilevante delle loro esistenze e di sentirmi a disagio nell'introdurmi, sebbene con il loro “permesso”, in un’area così personale e intima. Io leggo per evadere, leggo per immagazzinare informazioni, leggo per immaginare mondi diversi dal mio, per viaggiare con la fantasia, per soffrire anche, ma solo quando m’immedesimo in situazioni che possono essere possibili, non quando esse sono effettivamente corrispondenti alla realtà. Per questo, in genere, mi tengo lontana dai libri che parlano di malattie, disgrazie, disabilità, narrate in prima persona da chi le vive o le ha vissute (direttamente o indirettamente) e per questo non ho nessuno slancio verso la lettura di “<span style="color: #990000;">Come d’aria” </span>di <span style="color: #990000;">Ada D’Adamo</span>, vincitrice del Premio Strega di quest’anno. </span><span style="font-size: medium;"><span>L’idea di addentrarmi nella struggente vicenda del rapporto di una mamma con la figlia affetta da una grave patologia congenita mi tiene </span>lontana da questo romanzo sicuramente splendido e commovente, con l’aggravante emotiva che l’autrice, purtroppo, non c’è più (e mi dispiace tanto che non possa essersi goduta la gioia della premiazione).</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Tornando, dunque, alla domanda iniziale: la pigrizia mentale può trovare ristoro nel genere autobiografico? Rispondo: nel mio caso no. È una formula narrativa che non può appartenermi; non sarei in grado di farmi protagonista di un romanzo, lavorando sui miei drammi esteriori o interiori per renderli d’interesse pubblico. Scarto il memoir che tanto piace, frequentandolo solo in qualche rubrica proposta in questo blog, dove mi racconto, tra autofiction e ripasso di reali vecchie esperienze, solo per dare assaggi di vita che a nessuno interesserebbe approfondire. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">E le autobiografie, per citarle a completamento, le lascio volentieri al ghost-writing dei personaggi noti.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="color: #990000; font-size: large;"><b><br /></b></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="color: #990000; font-size: large;"><span style="caret-color: rgb(153, 0, 0);"><b>*</b></span></span>Un’altra riflessione legata all’ascolto di quegli incontri radiofonici la trovate in questo <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2017/02/le-conversazioni-sullo-scrivere-di.html">post</a>.</p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-27263284107541469672023-09-12T14:47:00.001+02:002023-09-13T18:52:21.882+02:00Un brindisi speciale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1AGTYKKlXA1eHHgcM84m5XFNmqGNjOpAz4xxcGtz945LO7kY4KYWAE3RNU4U60wHtlvXI8kJxNMPXW3zyaC2Et6KWK4TgIsDsdF9yQJwiwaS_V96Ej4rJ_3rxKd-W8tYeBgY3B6zZNpNLfnKkuAju50vRSGIc2cIZDlK0EsGmxi2kN0OeLRQpJ9-W98w/s1080/8D465C1F-51DF-40BA-AB8B-336300CAC7DF.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1005" data-original-width="1080" height="298" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1AGTYKKlXA1eHHgcM84m5XFNmqGNjOpAz4xxcGtz945LO7kY4KYWAE3RNU4U60wHtlvXI8kJxNMPXW3zyaC2Et6KWK4TgIsDsdF9yQJwiwaS_V96Ej4rJ_3rxKd-W8tYeBgY3B6zZNpNLfnKkuAju50vRSGIc2cIZDlK0EsGmxi2kN0OeLRQpJ9-W98w/s320/8D465C1F-51DF-40BA-AB8B-336300CAC7DF.jpeg" width="320" /></a></div><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px;"><p style="text-align: left;"><span style="background-color: white; font-family: georgia; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">C’è un posto, nei dintorni di Otranto (dove trascorriamo l’ultima settimana di agosto), immerso in un affascinante paesaggio bucolico, pregno dei profumi della terra, ma così vicino al mare da respirarne la brezza. Si tratta di un antico possedimento contadino del 1700, trasformato in un resort di grande pregio, con una corte interna in cui si affacciano venti camere per il soggiorno nella struttura; una piscina circondata da una pineta, una SPA e un ristorante. È qui che abbiamo prenotato un tavolo per due, questa sera.</span></span></p></blockquote><a name='more'></a><p></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Dopo una giornata di mare, nuoto, relax e letture sotto l’ombrellone, io e Luca cerchiamo un locale di discreto livello in cui cenare. La scelta è fra la gastronomia raffinata e quella alla buona, purché di qualità. Siamo in vacanza, il Salento è una terra meravigliosa, ma non vogliamo per caso buttarci in un’esperienza alternativa e godere della straordinarietà di sapori nuovi, degustare pietanze altamente sofisticate, insomma provare l’<span style="font-style: italic;">haute cuisine</span>?</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Sì, lo vogliamo. E sposiamo la proposta di andare al “COUNTRY RESORT & SPA RESTAURANT” della Masseria Bandino.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">“<i>Dunque stasera siamo di gourmet!” - </i>dico ammiccante a mio marito, mentre scelgo fra gli abiti messi in valigia quelli meno casual (cioè nessuno). Mi risponde con una battuta: “<i>Stasera ci va di lusso!” </i>e mi scappa una risata, perché io non ho nulla di griffato addosso e lui non ha i mocassini da barca ai piedi.</span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn95wL28y51Ln_p65LXPFgDIb6zE9ERnpw5Pswmdfe0h5wIKZ1k8pBVXXy1Ps_8Bfl6PzhAgf1wiVtAe_rcq17r2EsktzxZSyqA8H0GxTpv7HqXzxyIe3VdxsBkfURTuFjQtjq1k-W8hYNLaP5i_S-PqEG0ZvePqbsYXUIoTZRLZtvlW-4lRZHnCDBVuU/s1080/3DA97262-7523-47FB-9B54-DCEFF0365DA9.jpeg" style="font-family: -webkit-standard; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1080" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn95wL28y51Ln_p65LXPFgDIb6zE9ERnpw5Pswmdfe0h5wIKZ1k8pBVXXy1Ps_8Bfl6PzhAgf1wiVtAe_rcq17r2EsktzxZSyqA8H0GxTpv7HqXzxyIe3VdxsBkfURTuFjQtjq1k-W8hYNLaP5i_S-PqEG0ZvePqbsYXUIoTZRLZtvlW-4lRZHnCDBVuU/s320/3DA97262-7523-47FB-9B54-DCEFF0365DA9.jpeg" width="320" /></a></div><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Ci presentiamo con l’unico biglietto da visita: il nostro sorriso. La gentilezza della receptionist fa subito “ambiente chic”: non solo verifica la prenotazione riempiendoci di convenevoli, ma si offre di guidarci nel locale ristorante con una formula ammodo, che contempla la frase di rito: “<i>seguitemi, i colleghi vi stanno aspettando.”</i></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Mi sento la (compianta) Regina Elisabetta in ciabatte, anche se non posso ancora mettermi a paragone di nessuno, visto che siamo i primi ospiti della sera.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Il personale di sala ci mette a nostro agio, dal tavolo godiamo un magnifico tramonto, attraverso una finestra ampia e senza vetri che si affaccia sul verde della tenuta.</span></p><br /><blockquote style="border: none; margin: 0px 0px 0px 40px; padding: 0px;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"></div></blockquote><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-size: large; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0HwIypn61mYOjscuVrwfLDLRtk50ty2e0NHrlz1ax2VmDawZVWc48nSeOm3-8YOqiEfylSvc5QptYodCNrbl4RVgkUrcU4akqwO900fq13xaC4muf5hvPJuByfZMn3f8-uVwI6x4__GrS_y-FcIyENev3Wye4NKkS__9azNUXnx07NMCpu0YOjbzugkQ/s2160/C917D93B-0460-48FD-8996-C7207DF8905D.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1620" data-original-width="2160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0HwIypn61mYOjscuVrwfLDLRtk50ty2e0NHrlz1ax2VmDawZVWc48nSeOm3-8YOqiEfylSvc5QptYodCNrbl4RVgkUrcU4akqwO900fq13xaC4muf5hvPJuByfZMn3f8-uVwI6x4__GrS_y-FcIyENev3Wye4NKkS__9azNUXnx07NMCpu0YOjbzugkQ/s320/C917D93B-0460-48FD-8996-C7207DF8905D.png" width="320" /></a></div><span style="font-family: georgia;"><span style="font-size: medium;">Evito di allargare il tovagliolo sulle gambe (troppo provinciale) e con nobile distacco mi porto un pezzetto di pane alla bocca. Intanto studio con attenzione il menu. Sollevo gli occhi verso mio marito seduto di fronte a me e subito incrocio i suoi; entrambi ci siamo impantanati alla prima voce dell’antipasto: il </span><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;">Tataki </span>di tonno rosso, esattamente, cos’è? Lo sgomento cresce quando ci imbattiamo nel carpaccio di gamberi servito con la <span style="font-style: italic;">Pasta Fillo</span> e i tentacoli di polpo croccanti su <span style="font-style: italic;">crema di Topinambur.</span></span></span><p></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Abbiamo voluto il ristorante gourmet? e ora il minimo è fingere di avere dimestichezza con il linguaggio sopraffino che accompagna la presentazione delle pietanze. Consultare Google è da sfigati, meglio andare a sentimento: mentre Luca si fa conquistare dal suono poetico del <span style="font-style: italic;">Trancio di Dentice scottato, </span>con<span style="font-style: italic;"> il (</span>famoso)<span style="font-style: italic;"> mayo di Barbabietola</span>, io mi affido a quello evocativo dei <span style="font-style: italic;">minchiareddhi fatti in casa su guazzetto di mare, </span>anche se il termine “guazzetto” ha un che di onomatopeico che mi suscita qualche perplessità. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Il locale comincia a riempirsi, ma l’atmosfera resta <span style="font-style: italic;">intima, elegante e discreta</span><span>.</span><span style="font-style: italic;"> </span>Alle nostre spalle si siede una coppia: la signora - di un’età indefinita che oscilla fra i sessanta tenuti male e i novanta portati benissimo - esibisce un’allure alto borghese, che oscura il mio abbigliamento glamour a firma Desigual. Credevo fosse adatto alla serata, ma vengo smentita dalla sua mise tutta cashmere e chiffon. L’accompagnatore - lo sapevo! - calza un paio di mocassini da barca in pelle. </span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Accanto al nostro tavolo, due giovani fidanzati inondano di profumo l’area circostante: lei si accomoda e poggia sulla sedia una pochette Prada rosa Barbie, che fa la linguaccia alla mia borsa di cordino <span style="font-style: italic;">handmade</span> realizzata a uncinetto.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Io e Luca sorseggiamo un vino, di vitigno autoctono, servito al calice, mentre attorno a noi c’è ampio sfoggio di eccellenze prodotte da cantine pregiate. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Il momento più emozionante della serata arriva accompagnato dalla verve di un giovane membro dello staff di sala che, declamando le pietanze che ci mette via via sotto gli occhi, suscita in noi un moto spontaneo di ilarità a stento trattenuto:</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;">“Abbiamo un trancio di dentice scottato, accompagnato da scarola in due consistenze e mayo di barbabietola per lei, signore. E per lei, signora - </span>a quel punto ruota di pochi centimetri il busto nella mia direzione, flettendo lievemente il capo e incrociando le mani all’altezza del petto - <span><i>minchiareddhi fatti in casa cacio e pepe su pesto di bieta e guazzetto di mare.” </i>Guardo dappertutto per non intercettare lo sguardo di mio marito, che sta sfoggiando un contegno compiacente, mentre lo scoppio di una risata gli vibra fra i denti.</span></span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span><br /></span></span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; font-size: large; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnx7soswkl9dfx1FZQwQqmdWB-2hR0ROAvZPNc439Srn7gVYHbbUeyEhSoQ8aiiMCkQYuUUnqorXOUcqU2diwJydz2bNJbtLG-R7o2UsRgWoD30EHdbHDDbzOsMtjHx0qEgjO41hUpb_rIlIwSfDPDf28YzpUs2gFFUVdgC9F2tc7GOwDtUbvQF0EthxU/s1323/C52FC04F-F5A7-4E46-BC6C-659600FD88EC.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1323" data-original-width="1080" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnx7soswkl9dfx1FZQwQqmdWB-2hR0ROAvZPNc439Srn7gVYHbbUeyEhSoQ8aiiMCkQYuUUnqorXOUcqU2diwJydz2bNJbtLG-R7o2UsRgWoD30EHdbHDDbzOsMtjHx0qEgjO41hUpb_rIlIwSfDPDf28YzpUs2gFFUVdgC9F2tc7GOwDtUbvQF0EthxU/w163-h200/C52FC04F-F5A7-4E46-BC6C-659600FD88EC.jpeg" width="163" /></a></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Tutto sto papello per annunciare un accenno folcloristico di cibo disposto al centro del piatto, che ci dovremo fare bastare. Io che, nel frattempo, avevo già afferrato la forchetta, la rimetto garbatamente giù e aspetto che il banditore gastronomico finisca di recitare la sua litania per chiedergli, con aristocratico aplomb, un altro cestino di pane. </span><p></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Al diavolo la cucina aperta alle nuove tendenze, la ricerca del gusto e dell’eccellenza, il cibo altamente sofisticato; al diavolo impiattamenti artistici e guarniture di pregio. La qualità <span style="font-style: italic;">premium</span> si annida anche nel perfetto impasto di riso di un’arancina e nel suo condimento o in una tagliata di manzo con la giusta cottura, servita al volo su un piatto di rucola e aceto balsamico. </span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Al diavolo la nomenclatura gourmet! Che poi il <span style="font-style: italic;">tataki </span>non è altro che pesce battuto, la <span style="font-style: italic;">pasta fillo</span> una banalissima pasta sfoglia, il <span style="font-style: italic;">guazzetto</span> un brodetto con erbe aromatiche e il <span style="font-style: italic;">topinambur</span> una patata.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La serata è stata perfetta: posto bello, servizio impeccabile; abbiamo mangiato bene, per carità, ma... domani trattoria. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">In frigo teniamo del vino bianco: </span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;">br</span><span style="font-family: georgia;">indiamo alla cucina populista!</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com33tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-21097288121427208062023-09-05T10:08:00.001+02:002023-09-05T10:37:14.887+02:00Dieci anni di noi<p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVT4vwgQ9AllKtTUdCc5BWfPKFQqdJv3fP2pR7qLC_8g7DuIkbPD8nZcmyvNuhK0nZgHjIBzFCMF51XHNqYiC1DIzcqg7mIgVSF9sPRKT4PTTvrEj540isQ1_ZRRTeK2u7CFJi-ST_CG9Az-Eb2tRpP6PjhniycvD4ZkVW2OtYYu9E3yY0ZT02orCZwPM/s1600/E787B616-8659-4CEA-9063-2D0A707C9473.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1600" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiVT4vwgQ9AllKtTUdCc5BWfPKFQqdJv3fP2pR7qLC_8g7DuIkbPD8nZcmyvNuhK0nZgHjIBzFCMF51XHNqYiC1DIzcqg7mIgVSF9sPRKT4PTTvrEj540isQ1_ZRRTeK2u7CFJi-ST_CG9Az-Eb2tRpP6PjhniycvD4ZkVW2OtYYu9E3yY0ZT02orCZwPM/w400-h180/E787B616-8659-4CEA-9063-2D0A707C9473.jpeg" width="400" /></span></a></div><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Mentre la nave salpa al calar della sera e le luci del porto si riflettono sul mare di Palermo, la città mi appare come una scatola aperta di ricordi, che sta per essere richiusa fino al prossimo ritorno in Sicilia. E il ricordo più insistente, mentre ci allontaniamo dalla banchina, resta quello che racconta il nostro trasferimento a Roma. <span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Sono trascorsi dieci anni da quella mattina di fine agosto del 2013 in cui salivamo in macchina scortati da due tir che traslocavano tutte le nostre cose a novecento chilometri di distanza. Dieci anni da quando il pensiero di abbandonare la terra dove sono nata e cresciuta mi risultava insopportabile, seppure necessaria. Dieci anni dall’immagine ancora viva dei miei genitori ritagliata dentro la cornice del lunotto dell’auto in cammino: le loro braccia alzate in un saluto dimesso, le mani che sventolavano molli, frenate com’erano dalla malinconia e, ad attenderci, il traghetto Palermo/Napoli che ci staccava dall’isola.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Non ho mai raccontato del senso di straniamento provato quando ho messo piede nella nostra casa romana, della novità che da un lato mi elettrizzava, dall’altro mi spingeva ancora di più verso tutto ciò che avevo lasciato a Caltanissetta, abitudini, affetti, familiarità con persone e luoghi. Il disagio percepito, in particolare, da uno dei miei figli, che il giorno dell’arrivo si è accovacciato ai piedi di un albero, in giardino, con la testa fra le gambe e le braccia incrociate sulla nuca, mentre io mi muovevo fra gli scatoloni assiepati dentro casa per ritrovare la confidenza con le mie cose: quel momento rimarrà sempre l’emblema di ciò che ha rappresentato per noi l’inizio di una vita nuova.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ma appunto in quanto “inizio”, ci siamo tutti rimboccati le maniche e abbiamo intrapreso un cammino che, anno dopo anno, ci ha offerto nuove opportunità, garantendoci una ritrovata pace interiore, fino a sradicare dalla mente il rimpianto della nostra terra. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">I primi ad ambientarsi, com’era prevedibile, sono stati i miei figli, grazie alla scuola che li ha subito catapultati in una realtà stimolante: la novità ha portato loro belle amicizie, soddisfazioni in ambito sportivo e scolastico, insomma per entrambi il processo di adattamento è stato rapido. Io ho impiegato più tempo, ma ho percorso una strada vincente: ho trovato risorse, coltivato interessi, approfittato delle occasioni negate in una città piccola di provincia quale quella da cui provengo. Ho conosciuto persone (soprattutto in rete); ho ridato lustro al blog; mi sono affezionata alla nuova quotidianità; ho acquisito piena padronanza degli spazi a mia disposizione. E ho cominciato ad amare Roma. </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Roma è una città difficile: il luogo comune che venire da turisti è una cosa, viverci tutt’altra, non può essere smentito; il traffico per le strade è pazzesco, la nevrastenia dei romani alla guida non è un’esagerazione; l’amministrazione della città è in mano a nessuno, chiunque ne sia il sindaco; i quartieri periferici sono anonimi e sovraffollati... ma Roma è Roma: la sua bellezza non ha pari e a me è bastato trovare compromessi accettabili per sentirmi fortunata di essere qui, <span style="font-style: italic;">ospite</span> trapiantata, dotata di residenza ma con la fierezza sicula sempre in tasca. Ho imparato a camminare a piedi, un’abitudine scoraggiata in contesti cittadini come Caltanissetta, dove prendere l’auto per qualsiasi motivo è la norma. Uso la metro senza remore: mi porta dappertutto, in tempi ridotti e senza lo stress di ZTL e parcheggi impossibili. Abito, per fortuna, in una parte di Roma ben servita e - valore aggiunto - vicino a due bellissimi parchi, dove mi reco spesso, quando ho voglia di passeggiare lontano dai rumori della città. E intanto, tra un nuovo spostamento, dopo tre anni dal primo, sempre in territorio romano e varie ed eventuali, abbiamo raggiunto il traguardo della nostra decennale presenza nella capitale. Significa che abbiamo portato qui i miei figli all’inizio delle scuole medie e adesso sono in procinto di prendere la laurea triennale; naturalmente sorvolo su quanto, nel frattempo, anch’io sia andata avanti con l’età!</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Si sono diradate le mancanze, le assenze pesano meno, i vuoti sono buchi piccoli ormai. Solo un rimpianto sopravvive: vorrei avere i miei genitori vicini. Adesso che si fanno complicati i loro spostamenti e che la nostra lontananza non è d’aiuto nei momenti di maggiore bisogno, saperli qui con me, a portata di mano, mi solleverebbe da una preoccupazione vissuta costantemente.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiu8RZmES16Ly4hL9Lqjh-ICwuRWYFbHkJIPQswucwaze7AxCEbE-hmUIM04f-YgldDg60mCjq43nEsjJB1og823elwLhktGzG34tNsJPWmvUjlOdrkWhEjTU-tnMhjG_RQ4hhiaEJ_1Mbe1zl2aDc4Mm3HWAN-8PAOgwB0rhyifjCMBl6IsGb9BGXGKWo/s889/973B4567-AC67-475A-9C0D-437A8D480BD9.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="889" data-original-width="400" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiu8RZmES16Ly4hL9Lqjh-ICwuRWYFbHkJIPQswucwaze7AxCEbE-hmUIM04f-YgldDg60mCjq43nEsjJB1og823elwLhktGzG34tNsJPWmvUjlOdrkWhEjTU-tnMhjG_RQ4hhiaEJ_1Mbe1zl2aDc4Mm3HWAN-8PAOgwB0rhyifjCMBl6IsGb9BGXGKWo/s320/973B4567-AC67-475A-9C0D-437A8D480BD9.jpeg" width="144" /></a></span></div><span style="font-family: georgia;"><span><span style="font-size: medium;">E dunque dieci anni di noi, cara Roma. </span></span><span style="font-size: medium;">Vado spesso in centro e mi piace attraversarti, imboccare vicoli, scovare angoli che raccontano la tua storia lunga secoli e la cosa bella è che posso farlo quando voglio, posso regolare tragitti e mete a mio piacimento, rivedere sempre le stesse cose senza stancarmi mai. Il Colosseo? l’ho fotografato da ogni angolazione possibile e tutte le volte desidero immortalarlo. Nel pc ho una cartella denominata “Bellezze di Roma”: il file “Colosseo” conta oltre cinquanta foto; che poi sempre quello è, ma io ne sono innamorata e non riesco mai a fare a meno di portarmi a casa un’immagine ricordo del monumento più rappresentativo dell’antica Roma. Non c’è passeggiata al centro che non preveda una sosta a P.zza San Pietro, una camminata lungo l’una o l’altra sponda del Tevere, un giro a P.zza di Santa Maria in Trastevere, una visita alla Chiesa di San Luigi dei Francesi... Sono una <i>turista</i> speciale, che si ritira nella propria abitazione a fine giornata, non in una camera d’albergo. E mi sento fortunata per questo.</span></span><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Così assisto alle manovre di disormeggio della nave con il solito magone di chi ancora una volta lascia la terra che ama, ma sa che una casa l’attende nella città in cui ormai vive e la tristezza dura pochi minuti, il tempo del distacco dalla banchina del porto di Palermo, quando le luci si allungano sull’increspatura del mare e sembrano braccia tremolanti che salutano, come quelle dei miei genitori il giorno della nostra partenza, a fine agosto di dieci anno fa.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com24tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-9565779038889404832023-07-23T09:30:00.002+02:002023-07-23T09:41:46.051+02:00Nihil sub sole novum<p></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE7bZASfB8ek4tiddN0JAfDcIs6B2OgoIUx8AMDNSKKIb2bBIQTN_u9aH1ihVoN6lTEFCow6CKjORZLef9vAXWbPt1q3Zl5PkCEfseewraIE_Gp7qWVMu2TVBOG_8W2GJaFEEg37dThqxgs1ew80e5_6h_G2W0hkbU-bpO_im56VjRqfv5j4FpuZGmFbY/s1838/01598822-B55A-429B-934C-B454B2E99A2A.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="1144" data-original-width="1838" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE7bZASfB8ek4tiddN0JAfDcIs6B2OgoIUx8AMDNSKKIb2bBIQTN_u9aH1ihVoN6lTEFCow6CKjORZLef9vAXWbPt1q3Zl5PkCEfseewraIE_Gp7qWVMu2TVBOG_8W2GJaFEEg37dThqxgs1ew80e5_6h_G2W0hkbU-bpO_im56VjRqfv5j4FpuZGmFbY/s320/01598822-B55A-429B-934C-B454B2E99A2A.jpeg" width="320" /></span></a></div><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">L’appartamento è al primo piano. All’ingresso, un piccolo disimpegno porta in una stanza con una finestra che dà sulla terrazza. Sì, io e le mie coinquiline abbiamo una terrazza enorme, su cui si affacciano a ferro di cavallo tre palazzi di sei piani ciascuno e poiché contare sull’educazione della gente è chiedere un miracolo, ogni giorno ci aspettiamo di rimuovere dalla superficie esterna piastrellata, colore amaranto, di tutto: dagli immancabili mozziconi di sigaretta, gettati via dalle mani noncuranti di chi se ne fotte bellamente di dove atterreranno ai rifiuti di varia forma, natura e consistenza altrimenti destinati ai cassonetti dell’immondizia, se non fosse più sbrigativo avviarli dal balcone.<span></span></span></p><a name='more'></a><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;">Ci rassegniamo. Come ci rassegniamo a soffrire il caldo palermitano di luglio, quando il mare di Mondello è l’eco di chi va nel fine settimana e torna con un’abbronzatura che offende il nostro miserevole pallore e una scorta di relax da smaltire durante la successiva settimana. Mentre le nostre, di settimane, sono tutte maledettamente uguali, inzuppate di stress e sudore, noi che dobbiamo ancora affrontare l’ultimo esame universitario della sessione estiva, quell’odiatissimo, inopportuno, ultimo esame fissato, come un castigo, a fine luglio, in una città in cui lo scirocco non dà tregua e anzi gode a sopprimere chi è costretto a subirlo. </div></span><p></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Dallo stanzino-ingresso della nostra casa palermitana (che è la “camera ardente” in cui studio io) si accede nel corridoio-budello, che dopo un primo breve tratto, curva a destra, lì dove si aprono cucina, bagno e una camera (sul lato sinistro due finestroni barricati separano il nostro appartamento dalla terrazza dei vicini): nessuna corrente d’aria interviene a regalare una punta di sollievo alla sottoscritta, provata da ore torride di studio e concentrazione obbligata. Mi violento per rimanere incollata alla sedia, anche se non è un grande sforzo, visto che già il sudore opera la fusione perfetta con la seduta in legno. La nostra casa è un fornace, le pareti sono piastre arroventate forgiate direttamente da Efesto, l’acqua esce solo bollente dai rubinetti, il frigo arranca e il ventilatore (uno da tavolo da 25 watt) accarezza l’aria infuocata anziché prenderla a timpulate. La notte preferisco avere le ossa rotte a contatto col pavimento che formare la sindone sul letto e al risveglio (se anche ce ne fosse uno, viste le smanie dell’insonnia) ho le allucinazioni: vedo il libro che sto studiando sciolto sul tavolo come gli orologi di Dalì nel suo quadro più famoso. Altroché “persistenza della memoria”, qui persiste solo il caldo che annienta. Impossibile domare questa stagione e il ricordo si rinnova ogni estate che i bollettini meteorologici mostrano temperature da record nelle città d’Italia in cui scatta l’allerta caldo. </span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Quando cito<i> L’estate</i><span style="font-style: italic;"> che sciolse ogni cosa </span><span>penso a </span>quelle estati lì, interamente trascorse a boccheggiare, maledicendo libri ed esami. A Palermo era sempre bollettino rosso, senza l’allarmismo strombazzato, come adesso, in ogni dove. Il clima impazziva già allora ed erano gli anni ‘90. Insomma, niente di nuovo sotto il sole!</span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Oggi dispongo di un climatizzatore che salva perlomeno le notti (le mie restano insonni, ma per altri motivi), a mare ho dismesso la posa da lucertola ed evito le lunghe esposizioni solari (se non nelle ore possibili e soltanto per stimolare un po’ di vitamina D, di cui sono carente), ho pure comprato un ombrellino parasole per fare la spesa, che mi fa sembrare una geisha bacchettona, ma protegge il mio viso dall’aggressione dei raggi ultravioletti. E mi preparo a scendere in Sicilia, dove mi aspettano i 43 gradi già conclamati a Caltanissetta e temperature da record... come tutti gli anni, nel periodo di luglio e agosto. </span><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;">Del resto</span><span style="font-family: georgia;">, non è un caso se la compagnia dei ferry boat che portano nell’isola (come l’anticiclone responsabile dell’attuale clima) ha il nome del nocchiero che traghettava le anime all’Inferno. </span></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-family: georgia;"><span>Sia come sia, </span></span><span style="font-family: georgia;">vada come vada, </span><span style="font-family: georgia;">auguro a tutti <span style="color: #cc0000;">BUONE VACANZE </span> e mi raccomando: non uscite nelle ore più calde, bevete molto e, soprattutto, non aspettate l’ultima data della sessione estiva per dare esami.</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com29tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-88599001878933116132023-07-20T09:17:00.003+02:002023-07-22T14:40:01.698+02:00Interviste estive di Luz: oggi tocca a me<p><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo_JmVLVY7ApgzlRo64peXV6fYAi4YgG4guJstJxmYs7YZPYl28kvCoIr1tw_UcWEpoGoYViAzoAwQ9Vg5AlRo__L4T8hQF9BOl_beEjm_rzv0oHXTJwJe8pq5aX1lPdnVHF9imGA4MJDJMK0RWihaiDaAtkXOPVLAl6mnBX_ld3TyDufjihBHN3Anecc/s1414/FD6E7779-55D5-4A0E-A07B-65CBFF344204.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1405" data-original-width="1414" height="318" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo_JmVLVY7ApgzlRo64peXV6fYAi4YgG4guJstJxmYs7YZPYl28kvCoIr1tw_UcWEpoGoYViAzoAwQ9Vg5AlRo__L4T8hQF9BOl_beEjm_rzv0oHXTJwJe8pq5aX1lPdnVHF9imGA4MJDJMK0RWihaiDaAtkXOPVLAl6mnBX_ld3TyDufjihBHN3Anecc/s320/FD6E7779-55D5-4A0E-A07B-65CBFF344204.png" width="320" /></a></span></div><span style="font-size: medium;"><span style="background-color: white; font-family: georgia; text-align: justify;">Non è un caffè, questa volta, ma un’idea estiva cui ho voluto aderire perché sapevo che mi sarei divertita.</span></span><p></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="background-color: white; font-family: georgia; text-align: justify;">Luana, nel suo <a href="http://iolaletteraturaechaplin.blogspot.com/">blog</a>, ha proposto ai lettori la partecipazione a un’intervista, con </span><span style="background-color: white; font-family: georgia; font-style: italic; text-align: justify;">domande “stuzzicanti” con le quali mettersi in gioco e riflettere su alcuni aspetti di sé.</span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="background-color: white; font-family: georgia; text-align: justify;">E che potevo esimermi io? </span></span></p><p><span style="font-size: medium;"><span style="background-color: white; font-family: georgia; text-align: justify;">Ho scritto la mia mail ed eccomi arrivare il pacchetto-domande. Mi sono messa in gioco, ho riflettuto e ho risposto con la mia solita sincerità e lo spirito leggero, ma serio, richiesto dalla natura dell’iniziativa.</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Visto che il caldo fiacca e centellina lo slancio verso la scrittura, considero questo esercizio come una bella eccezione. </span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Le domande di Luana sono quindici. <a href="http://iolaletteraturaechaplin.blogspot.com/2023/07/le-interviste-estive-marina-guarneri.html">Venite a leggerle?</a></span></p><div><br /></div>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-19757341754936091062023-07-11T12:16:00.002+02:002023-07-21T14:47:06.267+02:00 #CitazioniEstive: Il vincitore riluttante - Ennio Flaiano dopo la vittoria del Premio Strega (tratto da “Diario di un'estate marziana” di Tommaso Pincio)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB9LXFQJHjaibYL_uytLZejxG9dnK8cEmcl_iFFCwHmfgrYeb2Ka1VFhcLFCqJED0a6dmeOy6T_GHrdQ1vrAAwx5g_1X_7_b4EK5e4D74Y5-aF6TMTE2_VzzAgmCnv3uNgBa-vdijZwGZgmS-FkQd9_bOiZU5jJ1RjVFZdmkgg0Lau0mDLMco3UPi7LoI/s320/3318ED8F-42C6-45FC-A045-11CCA2391EAD.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="176" data-original-width="320" height="176" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjB9LXFQJHjaibYL_uytLZejxG9dnK8cEmcl_iFFCwHmfgrYeb2Ka1VFhcLFCqJED0a6dmeOy6T_GHrdQ1vrAAwx5g_1X_7_b4EK5e4D74Y5-aF6TMTE2_VzzAgmCnv3uNgBa-vdijZwGZgmS-FkQd9_bOiZU5jJ1RjVFZdmkgg0Lau0mDLMco3UPi7LoI/s1600/3318ED8F-42C6-45FC-A045-11CCA2391EAD.jpeg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Premio Strega, prima edizione. Raccontano i tanti presenti alla sera del 5 luglio 1947 che Flaiano, salito sul podio dove l’attendevano Maria Bellonci e un assegno di duecentomila lire, cercò di trovare una battuta. Un amico lo aveva sollecitato dalla folla gridando, Ennio, dicci qualcosa, e lui, in qualità di vincitore con <span style="font-style: italic;">Tempo di uccidere, </span>annaspò per il turbamento. Alla fine qualcosa la disse, nel microfono che un cronista Rai gli aveva puntato sotto il mento. Nessuno capì cosa, ma risero tutti comunque.<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">[...] Eppure tra gli attimi sottratti alla notte del 5 luglio 1947 da coloro che di lì a qualche anno sarebbero diventati i paparazzi, vi è un’immagine che una verità sembra coglierla. Non sarà una verità assoluta, quella del vincitore riluttante, ma nemmeno la si può ridurre a una mezza verità. La foto mostra lo scrittore subito dopo il termine del lungo scrutinio, verosimilmente poco prima della battuta pronunciata a mezza bocca nel microfono della Rai, quella che nessuno ha sentito anche se tutti hanno riso. Lo mostra con il braccio alzato di chi è proclamato vincitore: glielo sorregge Libero Bigiaretti, secondo classificato. È però un braccio molle e pesante, restio ad alzarsi. Il viso è invece un poco inclinato, asseconda gli occhi volti in basso, verso il niente, occhi che hanno lo sguardo dubbioso di chi si sente fuori posto. Sulle labbra la piega lievissima di un sorriso che sa di scuse. È evidente che lo scrittore, più che sorpreso per il trionfo, è sconfortato dal concretizzarsi di ciò che temeva. È una foto che non mente, questa. Flaiano non ha passato la serata sul terrazzo, insieme agli invitati festanti, ma solo, chiuso in una stanza dell’albergo, con gli amici che ogni tanto bussavano per aggiornarlo sull’andamento dello scrutinio. In seguito, rievocando la pubblica premiazione del suo primo e unico romanzo, scriverà di aver provato la “ mortificazione del successo” e la certezza di non esservi tagliato. Racconterà di essere tornato a casa da solo, seguito da un cane randagio fin sulle scale. Ristorò l’animale con una zuppa di latte e lo lasciò dormire sullo scendiletto ma senza trovare conforto nella sua compagnia. Cosa lo angustiava? L’aver ricevuto il premio per un romanzo che trovava tutto da riscrivere. Il dubbio che ogni successo fosse un malinteso e che lo fosse particolarmente nel suo caso. Si sentiva in conflitto con un’epoca che faceva del successo una nuova forma di adorazione, ma anche con se stesso per essersi assunto, con l’applauso dei giudici e della critica, un debito che non poteva saldare. Questa convinzione di non essere meritevole lo accompagnerà fino alla tomba. Ancora negli ultimi mesi di vita, a chi gli ricordava come Fellini lo rimproverasse di non essersi identificato fino in fondo con la sua vocazione, replicava che la sua vocazione era proprio quella di non identificarsi, non essendo egli nato per fare lo scrittore né sapendo scrivere. Lo abbiamo visto: di tutto ciò che aveva scritto negli anni, ci saranno state al più tre pagine che non lo disgustavano. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">“Tutta una vita per tre pagine! Poche, no? Il guaio è che non sono nemmeno una di seguito all’altra” disse sempre in quell’intervista.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com13tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-81956563235582782302023-07-04T11:00:00.007+02:002023-07-19T13:10:24.443+02:00#CitazioniEstive: I “negri” ne “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee<p></p>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidD-ZLfDOXR6y1A6Y0wvEyeZbf27yhyrxGlV_wHMxowqiaiOqxuWQzY9c11we6xphIteCA_qzT8EmgccWz6kg1xCR1X26-bQjjNyQSa5_-XUdqG4DfPAHcM71U9NoVxyW210i4YtTsifEpLIPc0zuoKRlFx_DLvnkZQFGjjtIB2Pe208acT5j-6KWcv0E/s320/8A40A7EB-50DC-4123-B7C1-470DF29A26BC.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="176" data-original-width="320" height="176" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidD-ZLfDOXR6y1A6Y0wvEyeZbf27yhyrxGlV_wHMxowqiaiOqxuWQzY9c11we6xphIteCA_qzT8EmgccWz6kg1xCR1X26-bQjjNyQSa5_-XUdqG4DfPAHcM71U9NoVxyW210i4YtTsifEpLIPc0zuoKRlFx_DLvnkZQFGjjtIB2Pe208acT5j-6KWcv0E/s1600/8A40A7EB-50DC-4123-B7C1-470DF29A26BC.jpeg" width="320" /></span></a></div><p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">“I testi dell’accusa, a eccezione dello sceriffo di Maycomb, si sono presentati a voi, signori, in questa Corte, con la cinica sicurezza che la loro testimonianza non sarebbe stata affatto messa in dubbio; fiduciosi che voi, signori, avreste avallato la loro malvagia presunzione che <span style="font-style: italic;">tutti </span>i negri mentono, che tutti i negri sono esseri fondamentalmente immorali, che nessun negro si può impunemente lasciare accanto alle nostre donne: presunzioni inevitabili in menti del calibro di quelle dei testimoni d’accusa. <span></span></span></p><p style="background-color: white; color: #333333; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">“E questa, signori, lo sappiamo, è una menzogna nera come la pelle di Tom Robinson, una menzogna sulla quale non c’è nemmeno bisogno che io insista. Voi conoscete la verità, e la verità è questa: alcuni negri mentono, alcuni negri sono immorali, alcuni negri non possono essere lasciati accanto alle donne, nere o bianche che siano. Ma questa è una verità che si può applicare a tutta la razza umana e non a una particolare razza di uomini. Non esiste una persona, in quest’aula, che non abbia mai detto una bugia, che non abbia mai fatto una cosa immorale, e non esiste un uomo al mondo che non abbia mai guardato una donna con desiderio!”</span></p><div><br /></div>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com27tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-17060007813510880072023-06-27T13:34:00.003+02:002023-06-27T13:49:41.967+02:00Suicidio e letteratura<p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif72cXBTGIuYPSxu1J1UDsAClegL7O3RpbbBQtthgE-da_y_hyFbSUs1yybH0A0s6DLyBw7v_9qzeX7KUcfZPmIf_cxrzF9KB14D4CBJKt0zekxSrFjkT1A6g7Q_-_M7bw-_wZ2IbkNcwQ_c7qo1oYNjvpC2oXdUe77TDvAyBdhIfx_hbwF77vOjSatA8/s800/copertina.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif72cXBTGIuYPSxu1J1UDsAClegL7O3RpbbBQtthgE-da_y_hyFbSUs1yybH0A0s6DLyBw7v_9qzeX7KUcfZPmIf_cxrzF9KB14D4CBJKt0zekxSrFjkT1A6g7Q_-_M7bw-_wZ2IbkNcwQ_c7qo1oYNjvpC2oXdUe77TDvAyBdhIfx_hbwF77vOjSatA8/w200-h200/copertina.jpg" width="200" /></a></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Amare la vita dovrebbe essere scontato. Ma non lo è per tutti. C’è chi la vita la sopporta, chi arranca, chi la disprezza, chi non la capisce, chi non se ne sente degno, chi non le è grato: non per tutti è un dono. Quando il mito della speranza, che <span style="font-style: italic;">è l’ultima a morire,</span> viene soppiantata dalla forza delle paure, dello sconforto, dell’incapacità di trovare appigli, allora la vita diventa un peso, una gabbia, peggio una punizione che non conosce vie d’uscita. La depressione è la manifestazione di questa prigionia mentale, che scivola verso il disagio psicofisico e, in molti casi, approda a una soluzione definitiva: il suicidio.</span></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span></span></span><p></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Non ho le conoscenze né le competenze per affrontare un discorso scientifico su sintomi, cause e cura della patologia psichiatrica comunemente chiamata "depressione" e non mi avventuro nemmeno nel campo della scelta etica del suicidio come panacea per ogni male terreno. Pensavo ai diversi casi, in letteratura, di scrittori soggiogati dal <span style="font-style: italic;">male oscuro </span>e - non dovrei quasi dirlo - sono affascinata dalle loro vite, dal cosa sia accaduto e dal perché a un certo punto in essi sia scattata quella molla che li ha fatti scivolare lungo la china della malattia, accompagnandoli per mano verso la salvifica morte. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Qualche anno fa lessi un libro di <span style="color: #990000;">Andrea Pomella</span>, scrittore contemporaneo, che nel memoir <span style="color: #990000;">“L’uomo che trema”</span> racconta il suo personale crollo emotivo e tutte le manifestazioni a esso collegate. Si capisce, leggendo le pagine del libro, quale dramma interiore abbia vissuto da soggetto depresso: immedesimarsi nella sua condizione è stato un viaggio pesante dentro l’immane sofferenza di una <span style="font-style: italic;">creatura arresa,</span> che in ogni cosa vede una <span style="font-style: italic;">completa, farsesca mancanza di senso </span>e usa espressioni come <span style="font-style: italic;">afa repellente,</span> <span style="font-style: italic;">silenzio da disastro nucleare</span>, <span style="font-style: italic;">filo di metallo arrugginito, morte bianca, </span>per descrivere l’attività mentale azzerata. La persona affetta da depressione vede <span style="font-style: italic;">la vita che si assottiglia, niente più attese, solo capitolazioni, giorni che passano, salite che si fanno via via più ripide</span>. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Pomella, oggi, è uno scrittore di cinquant’anni, che ha superato il male di vivere, ma tanti non ci sono riusciti e si sono lasciati sopraffare dall’infelicità: <span style="font-style: italic;">la somma di infiniti giorni, di infiniti episodi, di infinite insignificanze</span>, li ha portati al suicidio.</span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #990000;">David Foster Wallace</span> è uno che non ce l’ha fatta: l’autore di "<span style="color: #990000;"><span>Infinite Jest"</span>,</span> una delle storie più straordinarie in cui mi sia mai imbattuta in anni e anni di letture (ne ho parlato in questo <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2020/03/infinite-jest-il-mio-personale-samizdat.html">post)</a>, ha scelto di chiudere tutte le porte alla speranza di venire fuori dalla depressione e con un cappio attorno al collo, il 12 settembre 2008, ha salutato la vita che stava omaggiando il suo indiscusso talento. La descrizione che Wallace fa della “depressione psicotica” per bocca di Kate Gompert, uno dei personaggi dello <span style="font-style: italic;">scherzo infinito</span>, è il suo personale, disperato, grido contro <span style="font-style: italic;">l’invisibile agonia della Cosa </span>(ho trascritto l’intero brano in una delle mie <a href="https://trentunodicembre.blogspot.com/2021/07/citazioniestive-la-cosa-da-infinite.html">Citazioni estive</a>). Un’istanza suicida è anche la premessa di un racconto, “<span style="color: #990000;">Caro vecchio neon</span>”, contenuto nella raccolta “<span style="color: #990000;">Oblio</span>” del 2004, in cui un uomo, che si definisce un autentico impostore e per questo decide di andare in psicanalisi, racconta come arrivi al proprio suicidio, rivolgendosi al lettore con un “tu” quasi affettuoso. È come se l’idea di farla finita avesse accompagnato (per non dire assillato) Wallace per tutta la vita.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E che dire del suicidio di alcuni dei più noti scrittori classici? </span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="color: #990000;">Ernest Hemingway</span> ha premuto il grilletto del suo fucile perché stremato da anni di malattie, depressione, sregolatezze e alcolismo, mentre ci consegnava pagine di grande letteratura; <span style="color: #990000;">Virginia Woolf</span> ha affidato alle tasche piene di pietre il proprio destino di morte, pensando che lasciarsi annegare nelle acque di un fiume fosse<span style="font-style: italic;"> la cosa migliore da fare </span>(come scrisse nel biglietto lasciato al marito), per non ricadere nel tormentato, insopportabile, suo malessere interiore. E <span style="color: #990000;">Cesare Pavese</span> ha trasformato il sonno profondo in sonno eterno, ingerendo una quantità eccessiva di sonnifero. Ho letto “Lessico famigliare” di Natalia Ginsburg, sua amica e collega e il ritratto che ne fa la scrittrice descrive una persona schiva, incline alla malinconia, precisa, esigente: “<span style="font-style: italic;">aveva preparato e calcolato le circostanze che riguardavano la sua morte come uno che prepara e predispone il corso d’una passeggiata o d’una serata.” </span>Quasi fosse lo sbocco naturale di giornate in cui il dolore di vivere ha il sopravvento su tutto.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Fa impressione pensare che sto parlando di scrittori e scrittrici che hanno raggiunto la fama, scrittori e scrittrici il cui successo non è riuscito ad alleviare i disagi psichici patiti come ostacoli insormontabili: adesso noi leggiamo le loro opere, diventate dei “classici” di letteratura, celebriamo anniversari importanti, dedichiamo agli autori e alle autrici che hanno raggiunto il massimo riconoscimento iniziative pregevoli, con studi e approfondimenti di spessore (lo scorso febbraio ho seguito in rete un incontro letterario in memoria di <span style="color: #990000;">Sylvia Plath</span>, poetessa simbolo di ribellione femminile contro la cultura patriarcale, anch’essa morta suicida in quello stesso giorno di sessant’anni fa e, recentemente, ho partecipato al “Dallowday”, in onore di Virginia Woolf), ma mi chiedo quanto conti tutto questo di fronte all’infelicità che non dà scampo. C’è una premeditazione della morte che è folle, ma tanto coraggio nell’azione che ne consegue, a conferma di quanto una condizione dell’anima renda più facile rinunciare per sempre alla vita piuttosto che tentare di sopportarne il peso.</span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">La caduta dei grandi scrittori nel baratro della depressione su di me ha avuto un impatto stimolante: ha amplificato la mia curiosità verso le loro esistenze problematiche, le loro sensibilità lacerate e di conseguenza verso le loro opere. Nella poesia “Orlo”, composta poco prima di suicidarsi (quanta folle lucidità ci vuole per infilare la testa dentro un forno!) e letta durante quell’incontro di febbraio cui ho fatto cenno, Sylvia Plath scrive: <span style="font-style: italic;">“i suoi nudi piedi sembran dire: abbiamo tanto camminato, è finita”.</span></span></p><p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"><br /></span></span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Quanto lungo sia stato il cammino degli scrittori citati lo racconta la storia, ciò che non può raccontare è tutto il bello che si sono persi dopo quella parola: “fine”. </span></p>
<p style="background-color: white; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com24tag:blogger.com,1999:blog-1840192489170124954.post-49220395836856789852023-06-15T09:59:00.008+02:002024-02-09T17:30:19.094+01:00In viaggio con Proust: la piattaforma girevole del risveglio <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9RsoiJG9Tg2Nm82C_1rMDn3DUIk4JLKLAuAsvH1-GIeD9O3IlMuZBYpuLJEmvMxRLpX2hf7HeKCo0HdhWxdlk7TZhljFd2KDEk8VWsVtIInVIxzKJNOW9lpfQ0TXydQPmK7J6lyPI4ZW3LZY-GUCZB9o_CenSs63Y9c4eYUeVj8yq6szySZVrLyGX_nk/s275/5D3F6518-AE8B-46EB-BCD9-279D8F03B2AF.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" height="183" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9RsoiJG9Tg2Nm82C_1rMDn3DUIk4JLKLAuAsvH1-GIeD9O3IlMuZBYpuLJEmvMxRLpX2hf7HeKCo0HdhWxdlk7TZhljFd2KDEk8VWsVtIInVIxzKJNOW9lpfQ0TXydQPmK7J6lyPI4ZW3LZY-GUCZB9o_CenSs63Y9c4eYUeVj8yq6szySZVrLyGX_nk/s1600/5D3F6518-AE8B-46EB-BCD9-279D8F03B2AF.jpeg" width="275" /></a></div><p></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">La osservo, mentre si trucca davanti allo specchio. Le ammiro la pelle liscia del viso, la forma della bocca e i capelli neri, lucidi, con un taglio corto che le conferisce un’aria sbarazzina. Lei è sempre ventenne, io non lo sono più: ho fatto un viaggio nel tempo e l’ho raggiunta là, dove la giovinezza è ancora il dono che presto le sarà sottratto. E parliamo. <span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Dobbiamo sostenere un esame, i miei pensieri sono il riflesso di uno stato d’ansia che non mi abbandona. So che lei è preparata, mentre io no e non voglio farlo, questo esame. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">In un tempo lontano, nella dimensione al di qua di quella che sto raccontando, mi aveva detto “studiamo insieme?” e avevamo stabilito un calendario fatto di incontri programmati e pagine di libro assegnate da ripetere il giorno concordato. Lei ci credeva. Credeva in quel progetto per il futuro, io per me vedevo e volevo altre cose. Il sonno notturno mi restituisce spesso, con mille variazioni, questa consapevolezza e la sensazione che l’accompagna.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Allo specchio il suo viso è luminoso: curva con il rimmel le sopracciglia e sbatte le palpebre per assestare gli ultimi tocchi di precisione. Ha fatto un buon lavoro: su di lei è facile. “Cosa ti manca per finire il manuale?” Sudo, ho le palpitazioni: ho troppe cose ancora da rivedere, non sono pronta. Bella e sorridente lei, cupa e agitata io. </span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">In un’aula piena di volti anonimi siamo sedute nello stesso banco, con un foglio bianco davanti agli occhi; lei tiene stretta la penna fra le dita, io la faccio dondolare fra indice e medio e fisso il colore del suo smalto verde menta. </span><span style="font-size: medium;"><span>Poi, </span>come presa e portata via da una macchina del tempo, mi trovo dentro la sala da pranzo di una casa, a Palermo, quella dove lei ha abitato durante gli anni universitari; osservo la tavola apparecchiata per la colazione, le quattro tazze disposte su ogni lato sopra delle tovagliette all’americana di plastica con motivi floreali e poi sono dentro una chiesa. Tre panche più avanti a me noto una giovane donna che indossa un cappotto rosso, si volta, la riconosco: quanto tempo! Il suo sorriso è sempre uguale, la sua voce rimbomba nel limbo onirico in cui sto fluttuando e la inseguo dentro la penombra confusa della mia camera da letto, che la luce del giorno non illumina del tutto. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-size: medium;">Accanto a questo album c’è la piattaforma girevole del risveglio: l’immagine, man mano che il sonno si allontana, è cancellata da numerose altre, finché arriviamo a quella che si presenta soltanto quando la piattaforma si ferma, l’immagine coincidente con la casa che vedremo appena aperti gli occhi.</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ho fatto un sogno, qualche notte fa, in cui ho mescolato in un’unica suggestione elementi della mia esistenza: una strana, quasi incomprensibile, preoccupazione che mi assale ancora inconsciamente e frammenti di ricordi legati a due persone che sono state per me importanti, in modo diverso.</span></p><p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Proust mi viene incontro con la malia delle sue parole:</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"><span style="font-size: medium;">Alle oscure pareti della stanza affacciata sui sogni, [...] pendono, anche dopo il risveglio, i ricordi dei sogni, ma avvolti in così fitte tenebre che spesso li scorgiamo per la prima volta solo nel bel mezzo del pomeriggio, quando il raggio di un’idea similare va per caso a colpirli.</span></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Così, la data di un compleanno ricorrente giorno otto di questo mese ha aperto dal nulla una breccia su quel sogno coperto dall’oblio e ne ho ripercorso ogni momento, con la sorpresa di chi scopre di essere beneficiario di un grande dono.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">“Alla ricerca del tempo perduto” mi appartiene anche per questo: per la facilità con cui adatto i miei pensieri a quelli di chi scava per raggiungere l’anima delle cose che scrive; perché adoro trovare nell’opera la quotidianità trasferita su un elevato piano letterario, assistere alla sublimazione di ciò che è banale e diventa bello, quasi unico. Adoro che si definisca “piattaforma girevole del risveglio” quel percorso naturale per cui lentamente usciamo dal sogno per incanalarci nel tunnel del ritorno alla vita vera, fatto di forme e proporzioni concrete. La nebbia sfuma nell’aria del mattino, i suoni si confondono con quelli tratti dalla realtà: la campanella di una scuola è il trillo di una sveglia; la voce che nel sogno fa il tuo nome è il nome pronunciato con un altro tono da chi viene a darti il buongiorno. La piattaforma si ferma e tu apri gli occhi dentro il letto che ti ha cullato nel sonno. Del sogno resiste una flebile fiammella che si spegnerà dopo pochi istanti, salvo poi riaccendersi <span style="font-style: italic;">quando il raggio di un’idea similare </span>va per caso a colpirne il ricordo. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Ho avuto la fortuna di vivere due amicizie speciali, in periodi differenti della mia vita: due amiche cui ho voluto bene, con le quali ho costruito ricordi, siglato momenti indimenticabili e che adesso non ci sono più. </span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Quando i sogni mi restituiscono intatte le immagini di entrambe, senza che il tempo intacchi la giovinezza dell’una o la malattia il sorriso dell’altra, il risveglio chiude una porta che vorrei tenere sempre aperta e quella giostra di suoni e presenze e gesti e parole finisce di vorticare nel <span style="font-style: italic;">benefico accesso d’alienazione mentale che è il sonno. </span>Lì rimane lasciandomi soltanto la nostalgia appesa all’ultimo avanzo di reminiscenza e cinque minuti di vuoto, che colmo alzandomi dal letto.</span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><span style="font-size: medium;"><br /></span></p>
<p style="background-color: white; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 15.9px; text-align: justify;"><br /></p>Marinahttp://www.blogger.com/profile/05709254298040882955noreply@blogger.com26