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domenica 11 luglio 2021

#CitazioniEstive: La Cosa - “Infinite Jest” di David Foster Wallace


L’anedonia da sguardo spento non è che una remora sul fianco di un vero predatore, il Grande Squalo Bianco del dolore. Il termine che le autorità usano per indicare questa condizione è depressione clinica o depressione involutiva o disforia unipolare. Invece di una semplice incapacità di provare sentimenti, un’agonia dell’anima, la depressione predatoria che Kate Gompert  ha sempre provato quando cerca di disintossicarsi dalla marijuana segreta è essa stessa un sentimento. Viene chiamata con molti nomi - angoscia, disperazione, tormento, vedi la melanconia di Burton e la più autoritaria depressione psicotica di Evtusenko - ma Kate Gompert, giù in trincea da sola con questa cosa, la chiama semplicemente La Cosa.

La Cosa è un livello di dolore psichico completamente incompatibile con la vita come la conosciamo. La Cosa è un senso di male radicale e completo, è un senso di avvelenamento che pervade l’io a livelli più elementari. La Cosa è una nausea delle cellule e dell’anima. [...]


Cercate di capire. Due persone stanno urlando dal dolore. Una di loro viene torturata con la corrente elettrica. L’altra no. Quella che urla perché è torturata dalla corrente elettrica non è psicotica: le sue urla sono appropriate alla circostanza. La persona che urla senza essere torturata, invece, è psicotica, dato che le persone esterne che stanno facendo la diagnosi non vedono nessun elettrodo o un amperaggio misurabile. Una delle cose meno piacevoli dell’essere in depressione psicotica in una corsia piena di pazienti con depressione psicotica è giungere alla conclusione che nessun paziente è veramente psicotico, e le loro urla sono decisamente appropriate a certe circostanze che non possono essere scoperte da nessuno. Da qui la solitudine: è un circuito chiuso: la corrente è applicata dal dentro e viene ricevuta dentro.

La persona che ha una cosiddetta “depressione psicotica” e cerca di uccidersi non lo fa aperte le virgolette “per sfiducia” o per qualche altra convinzione astratta che il dare e l’avere della vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l’invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come la persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme. Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla stessa finestra per dare un’occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l’altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta divenuta il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano “No!” e “Aspetta!” riesce a capire il salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e avere sentito le fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quello della caduta.

12 commenti:

  1. Purtroppo in parte capisco... Sarebbe un bel vivere se nessun essere umano capisse il senso di queste parole...

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    1. A me questa pagina ha colpito molto, perché è come se avessi visto Foster Wallace raccontare se stesso prima di mettere in pratica il suo triste intento suicida. Mi ha fatto sentire tutta la sofferenza dietro un gesto che io non arrivo mai a comprendere fino in fondo.

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  2. Una pagina durissima, dolorosa e necessaria. Per capire oltre ciò che è a noi comprensibile. Grazie Marina

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    1. Il dramma della depressione spiegato con la metafora dell’incendio mi ha proprio fatto capire il pensiero di chi medita il suicidio ed è stato come ricevere una raffica di pugni allo stomaco.

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  3. Chi ha provato la depressione può capire bene il senso di queste parole, la sensazione di sentirsi in trappola senza via di uscita.

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    1. E chi non l’ha mai provata, adesso sa cosa significhi: per me è stato come toccare con mano il dolore intrinseco del personaggio del romanzo e di Wallace che le regalava il suo pensiero.

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  4. Da follia eppure così lucida e logica la reazione della persona depressa. Una mia amica e collega ne ha sofferto ed io non riuscivo a capire la sua voglia di uccidersi... la metafora dell'incendio restituisce bene il senso.

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    1. Sì, la metafora è molto efficace. Rende bene l’idea e dev’essere spaventoso sentirsi così. Non lo auguro a nessuno.

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  5. Capisco le sue parole, sia nel senso fisico che letterale. Le persone che si buttano dalle finestre in fiamme mi ricordano all'istante l'11 settembre, l'attacco alle torri gemelle di New York (magari ha segnato anche Wallace, come molti altri americani). Si buttavano dalle torri, in una caduta sicuramente mortale, ma preferivano quello al bruciare vivi (anche se un amico medico mi ha detto che prima si sviene per eccesso di anidride carbonica e poi si muore asfissiati, senza ossigeno). E capisco anche la depressione, l'essere convinti di non avere una via di scampo al dolore, che non è sempre un dolore fisico ma anche un male di vivere, una paura del futuro, un pensiero negativo ricorrente (che alla fine si riflette sul fisico). Piuttosto di combattere quest'angoscia, proprio perché pensano di non avere scampo, pensano a farla finita. La morte è prima di tutto assenza di dolore.

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    1. Non sono mai stata molto comprensiva nei confronti di chi si suicida, ma ho sempre giudicato dal mio punto di vista di persona sana, credente, innamorata del dono “vita”. Adesso, sono molto cauta e riesco persino a capire che una depressione molto forte possa comportare davvero un dolore dell’esistenza insopportabile. Anche se non l’ho mai sperimentata (ringraziando il cielo), so che esiste e la morte non è una semplice fuga, diventa una salvezza.

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  6. Proprio stamani in libreria le mia dita hanno frusciato sulla costa di questo libro e per l'ennesima volta l'ho lasciato dov'era. Verrà quel giorno. Sento che verrà.

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    1. Ho aspettato anch’io il momento adatto. È impossibile, altrimenti, leggere questo libro con il giusto interesse e la giusta dose di trasporto.

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