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martedì 23 febbraio 2016

La strage della lingua italiana


Qualche anno fa, quando leggevo i temi o i riassunti dei miei figli, ancora studenti di scuola primaria, inscenavo tutto un teatrino di reazioni spropositate di fronte agli errori "gravi" di grammatica che incontravo: una e verbo senza accento? mi piegavo sul tavolo come se mi fossero venuti i crampi allo stomaco; una a o una o del verbo avere senza acca? facevo finta di avere ricevuto una pallottola in pieno petto e mi buttavo a terra allungando il braccio come ultimo gesto prima di morire. I miei figli ridevano come matti, ma poi intercettavano subito l'errore "mortale" che avevano commesso sul foglio. Con i segni di interpunzione ero più generosa e mi limitavo a un "ihhhh" di stridore di denti, ma di nuovo, di fronte a strafalcioni come squola o aqua prendevo il quaderno e facevo finta di buttarlo nel cestino  dell'immondizia: "nooo, mamma, che fai!" - "quello che fate voi: buttare la lingua italiana nella pattumiera".

Ogni volta che mi davano in visione ciò che scrivevano, si aspettavano i miei mancamenti d'aria, le mie convulsioni, i miei giramenti di testa, ma il loro scopo era farmi rimanere in piedi con il sorriso, dunque di fronte ai verbi essere e avere cominciavano a  interrogarsi, i gruppi - cq- mb - mp - erano controllati dieci volte dieci, l'apostrofo sistemato al posto giusto, virgole e punti distribuiti in modo opportuno e i loro testi erano sempre più grammaticalmente perfetti.

Perché chi sa scrivere deve conoscere la grammatica italiana.
Perché la differenza fra chi sa scrivere e chi non sa scrivere non la fanno le idee trasferite sul foglio, ma la capacità di riuscirci senza errori grammaticali.
Perché la lingua italiana non è una variabile che si può gestire come si vuole e conoscerla bene significa, prima di tutto, essere padroni della grammatica con le sue regole.

Chi ne fa strage, merita di morire!
Di morire come scrittore, intendo!

Eppure qualcuno, in un libro, ha pensato di fare fuori materialmente delle persone per difendere "l'Ars Grammatica".

Avete letto "La strage dei congiuntivi" di Massimo Roscia?
È a questo romanzo che mi riferisco.

Un noir assolutamente folle, perché folli sono storia e personaggi e un po' fuori di testa sembra essere pure il suo straordinario autore, che si è inventato una trama in cui quattro figure davvero singolari, guidate da un carismatico "maestro", condividono un unico ideale: condannare senza prova d'appello l'imbarbarimento della lingua italiana sempre più in crisi e bistrattata, attraverso azioni criminose ai danni di persone che hanno dimostrato di non saperne fare un uso corretto. Così, con i loro nomi di battaglia, suggeriti pescando fra i più illustri grammatici della Grecia antica, Asclepiade di Mirlea, Eutichio Proclo, Partenio di Nicea, Cratete di Mallo, sobillati da Dionisio Trace al grido di "la grammatica è una, la grammatica è sacra", questi convinti paladini della lingua italiana non si faranno scrupolo a uccidere per "combattere l'ignoranza dilagante e l'inesorabile scadimento lessicale", cominciando da un assessore comunale alla cultura, che, durante un convegno, oltre a parlare in un italiano totalmente sgrammaticato, osa mettere in dubbio l'importanza della cultura stessa proponendo la chiusura della biblioteca comunale. 
Orrore! Sacrilegio! Ingiuria! Un imperdonabile affronto, che andava lavato con il sangue.

"La morte è origine e misura del potere" - dice il maestro Dionisio - solo attraverso la morte possiamo raggiungere il potere, il controllo, il dominio, l'affermazione della superiorità e, quindi, la possibilità e il titolo per ricominciare da zero con la creazione di una società nuova, più onestà, più giusta, più pura, una società finalmente capace di rispettare la sintassi". 
Dunque combattere gli errori "per ripristinare la ricchezza e la varietà della lingua, difenderne l'integrità e celebrarne definitivamente la bellezza" diventa il movente del disegno criminoso messo in atto dai cinque "eletti vendicatori": l'ideatore, un esperto di linguistica, semiotica, paleografia, filologia e tutta una serie di discipline, "con più specializzazioni e titoli accademici che capelli" e i suoi quattro allievi-soci, un analista, con straordinarie capacità sensoriali, un agente di Polizia, un ex professore di letteratura e un bibliotecario, esecutori materiali del piano.

La storia è paradossale, il testo è divertente e ironico, scritto con un ritmo incalzante e un lessico molto elaborato. Le note, poi, sono un autentico arricchimento con spiegazioni e citazioni erudite che soddisfano curiosità e qualche volta spiazzano.
C'è una denuncia, dietro questa caricaturale enfasi della narrazione: "stiamo scivolando verso una forzata e misera omologazione linguistica, mutuata dalla televisione, dai reality show, dall'informatica e dalle lingue straniere. Stiamo atrofizzando i nostri cervelli [...] Non è impoverimento linguistico, è impoverimento esistenziale". 

Ormai è vero che nella quotidianità assistiamo a un diffuso impoverimento della lingua italiana. Anche noi, spesso, come i protagonisti esasperati del romanzo, rimaniamo impotenti di fronte agli attacchi scellerati al nostro idioma, dai congiuntivi scambiati con i condizionali, ai verbi intransitivi che diventano transitivi,  consecutio temporum violentate, accenti che cambiano il significato delle parole o messi al posto dell'apostrofo, superlativi assoluti che sovraffollano il periodo, sinonimi ignorati, termini usati a sproposito, banalità di metafore e tic linguistici, "flussi e riflussi di forestierismi, regionalismi, neologismi e tecnicismi utilizzati per snobismo, superbia, complesso di inferiorità o, peggio, per semplice pigrizia".
"Povere consonanti indifese"
"Povere congiunzioni subordinanti"
"Povero congiuntivo a rischio di estinzione"

"Uno sterminio istituzionale".

È comico, nel romanzo, il discorso del politico con tutta la sfilza di innumerevoli strafalcioni linguistici che commette e fa sorridere, ma con una punta di amarezza, il sentirgli dire che "i libri costano, i libri sono capricci di carta, sono ammassi di inchiostro e cellulite, sono spese inutile e poi i libri... non portano mica voti."
(Gli errori che leggete non sono refusi della mia scrittura!)
C'è del vero anche in questa disaffezione verso il libro e la lettura, quante volte ce lo siamo detti e nell'accorgerci di quanta ignoranza dilagante ci sia fra i giovani, quando usano il linguaggio semplificato dei messaggi sul telefonino, che ha creato tutto un nuovo modo di scrivere fatto di "lettere centrifugate, parole menomate, pseudo-acronimi, orrende abbreviazioni in stile codice fiscale: Cià, cm stai?, bn - faccina che ride - ettù?, bnsm - doppia faccina che ride - oggi pom ke fai?? [...] "

"Una vera e propria mattanza linguistica".

Tutto ciò che è diverso dal mio modo di essere mi incuriosisce, tutto ciò che è molto diverso da come scrivo mi affascina.
Questo libro mi ha divertito e mi sta offrendo ancora una volta l'opportunità per ricordare che chiunque, soprattutto chi scrive, deve rispondere a un imperativo categorico, una sorta di comandamento dello scrittore: conoscere la lingua italiana, con le sue regole di grammatica e di sintassi, perché, per dirla con le parole di Roscia: "la lingua non è una decorazione mentale dell'intelletto, ma è forza vitale, grimaldello del cuore, respiro della mente. E la grammatica che la governa dandole origine e vigore è, come l'aritmetica e la geometria, scienza esatta".

Capito?


Non vorrete mica incontrare Dionisio Trace con la sua gang! Vi assicuro, fareste una brutta fine!

40 commenti:

  1. "«Dovete sperare bene anche voi, o giudici, dinanzi alla morte e credere fermamente che a colui che ha cognizione della grammatica e delle sue regole non può accadere nulla di male, né da vivo né da morto, e che gli dèi si prenderanno cura della sua sorte». Sto leggendo la versione elettronica. Mi é però venuto un dubbio. Nella costruzione del modello monstre della comunicazione di massa, è previsto un utilizzo di messaggi in cui la "forma del contenuto" non necessita di giustificazioni? Alessandro

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    1. Ti sta piacendo?
      A me è venuto invece un dubbio sul tuo dubbio: chiarisci prima il mio e poi io provo a intervenire sul tuo. :P

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    2. Dimmi del tuo dubbio...

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    3. Niente, Ale, il mio dubbio era legato al tuo semplicemente perché non l'ho capito! ;)

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  2. Quello che di solito mi fa accapponare la pelle è leggere gli articoli dei cosiddetti giornalisti pieni zeppi di strafalcioni. Ora, uno solo potrebbe essere un refuso di stampa, ma quando ne leggo un'intera sfilza comincio a pensare che il tizio non sappia proprio scrivere. E sì che dovrebbero saperla, la grammatica.

    Un'altra cosa che mi dà fastidio è quando continuano a usare parole inglesi, tra l'altro molto spesso a sproposito. Poi nessuno che le sappia pronunciare in modo corretto, come ad esempio "stalking". Però è di moda, si sa.

    P.S. Anch'io usavo all'incirca lo stesso sistema con mio figlio, che sbagliava spesso le 'h' alla scuola primaria! :-)

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    1. Nel libro c'è proprio un esempio di giornalismo approssimativo, esilarante almeno tanto quanto il discorso sconclusionato del politico.
      Ma poi, basti pensare ad altre categorie incriminate: una volta, un allergologo che avrebbe dovuto risolvere un problema di allergia a mio figlio ha osato scambiare una parola di derivazione latina con una inglese. Non sapevo se ridere o piangere...Intanto, sono scappata! :)

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  3. Ci credi se ti dico che ieri ho buttato giù un post sulla grammatica italiana e la mia battaglia pro congiuntivo? Questa si chiama telepatia! O forse è solo amore per la lingua italiana? ;)

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    1. Entrambe le cose! :)
      Il congiuntivo, ormai, è diventato un optional e nelle traduzioni, credo che non ne venga fatto un buon uso. Leggerò il tuo post e ti porterò qualche esempio lì.

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  4. ...fosse solo un problema di alfabetizzazione! Almeno avremmo a che fare con gente che non ha imparato o che ha imparato male, trascinandosi qualche lacuna qua e là. Purtroppo sta crescendo anche il fenomeno della "de-alfabetizzazione" ovvero di gente che dopo aver imparato, ha dimenticato. Basterebbe leggere qualche libro ogni tanto, ma ormai si tende a credere di non aver tempo quando in realtà è solo una questione di volontà e curiosità.

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    1. Adesso generalizzo, ma anche la scuola e l'insegnamento non garantiscono più ottimi risultati. Ho conosciuto maestre scrupolosissime e altre che si accontentavano di leggere i temi scritti in stampato maiuscolo per decifrare grafie impossibili.
      La lettura è solo uno degli strumenti per "imparare", servono attenzione e studio e qualcuno che ti faccia pesare l'errore, non che sorrida e lasci correre. Ecco, serve un po' più di rigore.

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    2. La lettura di un libro ogni tanto la intendo utile per "mantenere" quanto imparato, specialmente per gli adulti che hanno finito da anni la scuola, comunque persone che per il lavoro che fanno non hanno occasione di leggere e scrivere abitualmente tutti i giorni. Per un impiegato in ufficio è più facile tenersi in esercizio. Per un panettiere, un giardiniere, un'operaio e tutti colori che svolgono lavori prettamente manuali, è più facile dimenticare qualche regola grammaticale dopo anni e anni, andando appunto incontro alla dealfabetizzazione. Concordo che la lettura, per chi va ancora a scuola, non è sufficiente per imparare. E' uno strumento necessario, ma ci vuole anche studio, esercizio, capacità di analisi. E ottimi insegnanti.

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    3. Le basi sono fondamentali. Se non le costruisci quando è tempo, non fa differenza se sei operaio, artigiano o se fai lavori d'intelletto: ti mancheranno sempre. :(

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  5. Voglio leggere anch'io questo libro, mi intriga tantissimo!
    Conosco un maestro dei verbi intransitivi che diventano transitivi: è laureato.

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    1. Ti piacerà, ne sono sicura! :)

      Io ne conosco molti che scrivono come parlano, ma sappiamo bene che scrivere e parlare non sono la stessa cosa: io sono siciliana e se dovessi scrivere molte parole per come le pronuncio... sai che mi farebbe il buon Cratete di Mallo?

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    2. Io parlo malissimo, lo ammetto. Anche io a volte mi lascio scappare espressioni regionali. Però quando scrivo le tengo a bada, non mi devo nemmeno sforzare. :)

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    3. Anch'io, anche se a titolo informale, nelle conversazioni scritte fra amici, ogni tanto mi piace infilare qualche bella espressione dialettale. La uso per avvertire meno la distanza con le persone con cui ho più confidenza.

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  6. Favoloso articolo Marina! Ahia... Temo di aver peccato con la grammatica: abbreviazioni sparse, ma solo in SMS urgenti, giuro! Qualche congiuntivo, ehm... Sbagliato :-( refusi in quantità, temo. Però, riguardo spesso la grammatica, perché scopro di non ricordare (o di non aver mai imparato) alcune regole che sento il bisogno di approfondire. ^_^

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    1. Allora, urge fare alcune precisazioni:
      i miei sms sono IL refuso per eccellenza: non digito lettere accentate, non correggo lettere sbagliate... me ne frego, ma lungi da me usare il cmq, il xché o roba simile;
      quando scrivo, i refusi si sprecano, ma spero sempre si tratti di errori di mera distrazione che vorrei intercettare prima che arrivino agli occhi di qualcuno;
      Le regole di grammatica so applicarle, ma se mi chiedi di fare l'analisi del periodo, non sai le male figure con i miei figli; ne sanno più loro!
      Dunque, consolati, non sei l'unica! :)

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  7. Questo libro devo leggerlo! Però temo che potrebbe spingere orde di insegnanti potrebbero passare all'azione...

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    1. Quando lo leggerai vedrai cosa capita quando Cratete di Mallo, insegnante al quale è stata revocata l'abilitazione, va a tenere una lezione a "individui subnormali totalmente refrattari allo studio, alla disciplina, alla verità"! :D

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    2. Ahaha, ahimè, temo di sì! :)

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  8. Nel mio lavoro mi sono imbattuto in un discreto numero di persone i cui nomi meriterebbero di essere passati alla gang, ma purtroppo, o per fortuna, non posso farlo.

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    1. Tu, Ivano, potresti essere un ottimo Aristarco di Samotracia o un fantastico Publio Nigidio Figulo. :D
      Il buon Dionisio Trace ti arruolerebbe subito, ahaha!

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  9. Spezzo una lancia in favore degli sgrammaticati...
    Ogni giorno che passa il mio italiano peggiora... le regole grammaticali si confondono e le parole giuste vanno nel dimenticatoio...
    ma seppi, cara Marina, che rimanerasti sempre nel mio quore!

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  10. :-D
    Beh, in fondo ricordo una serie televisiva sulla vita di Enrico Fermi in cui c'è una scena (non so se realmente accaduta o invenzione del regista) in cui il giovane Fermi sta assistendo a una lezione universitaria di fisica. Il prof sta scrivendo una formula alla lavagna ma sbaglia una cifra, la cancella, ne scrive un'altra, poi ha un dubbio, ricancella, esita... Alla fine Fermi si alza infuriato, gli strappa il gesso dalla mano, scrive lui la formula corretta e poi gli urla: "Ma lei lo sa che se trattasse una persona così come tratta la fisica potrebbero metterla in galera?"

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  11. Ma se mi dichiaravo colpevole, potevo patteggiare? :)

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    1. "Pentimento? E di cosa, eccellentissimo nobilomo, dovrei adunque pentirme? D'aver strenuamente difeso lo patrio idioma liberandolo dall'insoffribil giogo de' solecismi e barbarismi e salvaguardandone virtude e integritde?
      No, mi duole. Io non sento affatto il dantesco prurito dell'ortica. Io non mi pento".

      Mio caro Michele Di Scitio, in arte Dionisio Trace, non hai scampo!

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  12. Molto divertente questo tuo post Marina, e mi è venuta voglia di leggere il libro! Sì a morte l'assessore che vuole chiudere la biblioteca e che afferma che la cultura non serve a niente...farei lo stesso a qualche nostro politico. Comunque senza incitare alla violenza, basterebbe chiuderli in una prigione a studiare dieci ore al giorno la grammatica e la letteratura, così lontani dalla vita pubblica farebbero anche meno danni, trovo che sia assolutamente sconfortante la degenerazione grammaticale dei nostri tempi.

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    1. Questo politico parlava come il tanto vilipeso senatore Razzi: "signore e signori, desitero farci un calorosissimo benvenuto..."
      Altroché galere a studiare: lavori forzati a suon di vocabolari, libri e frusta per ogni errore!
      Cattivissima me! Ma quei cinque matti mi hanno divertito troppo! :)

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    1. Magari con piani di azione un pelino meno drastici! ;)

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  14. Mala tempora currunt. Siamo nell'era del ragionamento "per sentito dire", di conseguenza nell'epoca in cui si apprende la lingua comune grazie alle presentatrici dei talk-show, ai cantanti, per merito di giornalisti amanti dell'iperbole cazzara. Insomma, come direbbe un fine dicitore, tra i massimi esponenti dell'Accademia della Crusca: " è ora di basta con tutta questa ignorantità."

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    1. :D
      Non ti fare sentire troppo in giro: ad Asclepiade di Mirlea non sfugge nulla e se ti becca... decreta la tua condanna immantinente!
      No, il buon Massimiliano è un ottimo scrittore e l'italiano lo conosce benissimo.
      (Ho speso una buona parola per te, non si sa mai!) :D

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    2. Grazie Marina, corro sul filo del rasoio, hai fatto bene a intercedere per me. Ucciso da una raffica di interpunzioni a inizio carriera... insomma.

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  15. Sei la cosa più bella che abbia mai esistito, ti amo. Che calda dichiarazione d'amore. Trovassi la donna che me la direbbe... Invece no, tutta gente con il congiuntivo al posto giusto, e il cuore in frigo.
    Helgaldo

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    1. Lungo il muro di Montmatre, la nostra povera donna del thriller trova scritto: "sei la cosa più bella che abbia mai esistito, ti amo"; si rinquora e penza: "che bella! Se ne avrei ricevuta una anchio, non mi trovassi in sto casino!" ;)

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