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martedì 26 aprile 2016

Scrittore esordiente, lo sai che non puoi piacere sempre a tutti, vero?


Non ho bisogno di dire che nella vita non si può piacere a tutti; sarebbe anche un po' monotono e noioso ricevere solo apprezzamenti dalle persone, sentirsi fare sempre complimenti e avere soltanto applausi e sorrisi dalla gente. Mai una sana critica, un sonoro rimprovero o una delusione col botto, di quelle che prima stroncano e poi fortificano. Ma è forse questo tipo di monotonia che l'esordiente cerca, perché il timore di non raggiungere mai il successo, unito al desiderio di ottenere il riconoscimento pubblico per assurgere al rango di "scrittore", lo portano a volere ottenere il consenso di tutti, dunque a non rischiare strade nuove o a non osare più di tanto nella scrittura.

Esporsi al giudizio di qualcuno non è mai cosa semplice, questo lo capisco io, in prima persona, quando scrivo, perché mi rendo conto che la mia insicurezza (normale in chi sta ancora seguendo un percorso di formazione) ha poco bisogno di critiche e molto più di conferme. 
Questo atteggiamento autoconservativo, spesso, è la molla inconscia che mi spinge a essere ligia alle regole, ordinata nei pensieri, a non "sporcare" la pagina con qualche guizzo stilistico anomalo: non voglio espormi alla facile critica, voglio nutrirmi di certezze, cerco cuscini su cui atterrare in caso di scivoloni, non superfici rigide sulle quali rompermi l'osso del collo.
E anche così non è detto che le cose funzionino, perché torno alla mia premessa: proviamo a essere apprezzati da tutti, vogliamo sentirci dire che siamo stati bravi, ma troveremo sempre qualcuno che chiuderà il nostro libro con totale disinteresse, persino qualche pensiero negativo. 

L'esordiente deve abituarsi a ritenere che tutto ciò sia normale, deve liberarsi dell'abitino elegante dello scrittore dalla regola d'oro e vestire casual, qualche volta fregarsene di indossare una maglia strappata, forse essere più autentico, cioè lasciare che nella pagina che sta scrivendo si sviluppi quel se stesso che ha chiuso a chiave per paura che venisse fuori a combinare qualche guaio.
E non parlo nemmeno delle peripezie stilistiche degli scrittori famosi, quelli, secondo me, quando scrivono, sorridono sornioni, perché sono consapevoli e sicuri del fatto che qualunque cosa mettano su carta, essa venga subito acclamata come la grande novità che li renderà ancora più inimitabili. Parlo, piuttosto, della sensazione di scrivere liberi da vincoli, della possibilità di arrivare al cuore delle persone con la sincerità delle parole, non con i castelli costruiti per stupire. 
Si piaccia o non si piaccia alla gente.

Ho letto un libro, di recente, l'autore è un amico di penna di cui avevo già apprezzato una precedente produzione; questa non è una recensione della sua opera, infatti non farò il suo nome, né citerò il titolo del romanzo, semplicemente perché non è stato ancora pubblicato e a me ha offerto l'anteprima perché potessi ancora una volta esercitare il mio ruolo, nuovo, di beta reader.
Avrò molte cose da dirgli in privato, parleremo di ciò che ho apprezzato, di quali sono per me le pecche della storia, quali i suoi assoluti punti di forza, ma una cosa mi ha colpito più di tutto ed è per questo che ne sto facendo cenno qui: io, in quella storia, ho sentito l'autenticità dell'autore, la naturalezza con cui scriveva cose anche difficili da raccontare, io ho visto la bellezza dei pensieri che fluiscono senza sovrastrutture, senza costruzioni stilistiche, senza il "rumore" della perfezione. Ed è per questo che a me quel libro è piaciuto pur con i difetti che gli riconosco, che sono pochi rispetto al piacere che ne ho tratto leggendolo.

E ho un'altra testimonianza a sostegno della mia riflessione e questa volta mi espongo in prima persona.
In questi giorni, l'incipit del mio nuovo romanzo è stato criticato da qualcuno che ha detto: "è scritto troppo bene".
Attenzione: non è un complimento, anche se letto così può sembrarlo. E la pecca è in quel "troppo", perché lì si celerebbe la mia intenzione di scrivere con proprietà di linguaggio, quindi la scrittura risulterebbe artificiosa. In pratica, sembra che io, per paura di non essere apprezzata, abbia spinto sulla buona scrittura. C'è troppo dello scrittore. Un altro "troppo" con accezione negativa.

Ecco a cosa serve il confronto: io non mi accorgo di scrivere in questo modo, è un processo inconscio, forse mosso da quello che sostiene il mio "giudice", la paura di volere piacere o forse è uno stile che va ammorbidito, se è questo l'effetto che fa.
Sarà che l'età mi porta ad affrontare le cose con uno spirito diverso, ma adesso le critiche sono un necessario "calvario" sulla strada del miglioramento, non si possono ignorare. Non dico che vadano necessariamente ascoltate come "leggi" tutte valide, ma filtrate sì, prese in considerazione perché possano fare riflettere.
La critica deve mettere una pulce in testa, deve accendere una lampadina nel cervello, deve costringere ad aprire gli occhi, deve portare a prendere decisioni consapevoli: penso che solo così possa nascere uno stile personale.
Secondo me è questo il lavoro che deve fare su se stesso l'esordiente: non sentirsi "esordiente". 
Non deve mostrare di sapere scrivere (fermo restando che conosca l'italiano e sappia usarlo in modo corretto, ma spero si capisca che non è di questo che sto parlando), ma dimostrare di potere essere "scrittore".

E lo scrittore non è colui che scrive per piacere a tutti, ma quello che ha la certezza di non avere scritto solo con questo scopo.

65 commenti:

  1. E niente: bisognerà proprio farla, la gara di incipit 2016. Così vediamo chi piace a tutti e chi non piace a nessuno, e poi scopriamo chi sia uno scrittore, chi non lo sia e chi lo voglia diventare... :)

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  2. Io, se devo proprio essere sincero, proprio non mi faccio alcun problema di piacere a tutti perché é semplicemente impossibile. Nemmeno gli scrittori più osannati piacciono a tutti. E nemmeno le opere dello stesso scrittore, anche dopo che ha raggiunto fama, pubblico e notorietà, piacciono sempre tutte. Trovo saggio avere un atteggiamento di ascolto delle critiche (solo quelle costruttive, non quelle rilasciate senza cognizione...) ma una volta ascoltate ed eventualmente accolte, per me il discorso finisce lì. Arrivare a piacere a tutti è un discorso completamente diverso: si può piacere a molti, ma mai a tutti.

    P.S: Comunque, il titolo del post ci sta alla grandissima anche senza la parola "esordiente" :-D. Io sono un fan di Crichton ma le sue ultime opere, comprese le ultime uscite postume, sono veramente di basso livello.

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    1. Per un grande che delude fai una smorfia, l'esordiente che sbaglia si dà una mazzata ai piedi!
      Ma tu, Darius, quando scrivi, non vorresti arrivare a più persone possibili? Perché, alla fine, è ovvio che non si possa pretendere di piacere a tutti, però di conquistarne la gran parte... Essere completamente indifferenti a questo è difficile, almeno credo e lo credo per me!

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  3. Mi sono perso qualcosa, hai pubblicato sul blog l'incipit del tuo nuovo romanzo?

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    1. No, da nessuna parte. L'ho solo fatto leggere a qualcuno al di fuori di questo contesto.

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  4. Forse la bella scrittura rischia di essere un po' piata, mi viene in mente una mia amica, una signora che scrive bene ma appunto in maniera poco empatica, non c'è molto da correggerle, ma ripeto alla fine ho molte perplessità ogni volta che leggo qualcosa di suo. Non si può piacere a tutti, no, le critiche però vanno argomentate con cognizione di causa, servono per migliorare. Sandra

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    1. Sì, la critica, quando serve, tocca le corde che tu reputi già un po' stonate anche se non consciamente. Si tratta anche di studiare in quale stile ci si senta più comodi: alla fine, devi sentirti a tuo agio quando scrivi, anche a rischio di sembrare piatti a qualcuno.

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    2. Argh! Ho risposto sotto, anziché qui :-(

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    3. E ti rispondo sotto, che problema c'è! ;)

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  5. Anche io condivido l'opinione che non si può piacere a tutti e anzi, le critiche costruttive sono molto preziose per crescere e migliorare. Però, credo anche che esporsi senza una buona rete di protezione sia rischioso. Il pericolo è restare scottati dai giudizi, tra l'altro, non sempre giusti, ma che riescono a togliere entusiasmo e fiducia in se stessi. Forse, la prudenza nella scrittura non consentirà di brillare in originalità, ma almeno farà da paracadute, fino a quando non si sarà in grado di lanciarsi senza.

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    1. Per ora ciò che dici è quello che guida la mia scrittura. Il paracadute mi serve, eccome, mentre scrivo!

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  6. Uno scrittore innanzitutto deve essere espressivo, credo. A volte può capitare quindi che la bella scrittura non sia espressiva come un'altra «sporca», ma che ci fa dimenticare che stiamo leggendo un libro perché ci risucchia all'interno del testo. Forse il troppo a cui ti riferisci tu è banalmente questo. Però quello che per uno è scritto troppo bene, per un altro è scritto bene. Il giudizio è anche soggettivo, non credi?

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    1. Sì, fortunatamente credo sempre che un gusto personale non possa essere intaccato da un giudizio o più giudizi: resta sempre soggettivo e la soggettività non si discute!

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  7. Una scrittura troppo limata può diventare artificiosa e quindi fredda, questo è vero. A volte stabilire il confine tra migliorare ed esagerare perché si vuole "piacere a tutti" è difficile, ma tu da che parte stai? Voglio dire, a te questo incipit piace così? Perché va bene che non si può piacere a tutti, ma almeno tu devi essere convinta.
    Comunque, non mi ricordo se è stata Sandra a dire che in questi casi è come andare dal medico: va chiesto più di un consulto e non fermarsi al primo parere.

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    1. Sì, a me il mio incipit piace, però ho capito la critica e la mia insicurezza è venuta fuori con tutte le sue domande. Non cerco conferme, voglio solo accostarmi alla scrittura in un modo che non mi faccia più dubitare dello stile che sento più mio.

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  8. Io sono completamente indifferente al raggiungimento del 100% del mio target, perché è impossibile. Le soggettività in gioco (una per ciascun lettore) sono molte e sono varie. Soddisfarle tutte non è possibile. Messo da parte il 100%, che è utopia, è chiaro che è molto più gratificante soddisfare il 74% dei lettori anziché il 4% ... :-)

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    1. Riterrò di avere raggiunto il mio obiettivo da scrittrice quando non mi preoccuperò più di chi dice cosa (non penso che a Crichton freghi qualcosa se gli ultimi suoi libri non sono stati all'altezza dei precedenti) e quando continuerò a scrivere quello che a me verrà più congeniale senza paturnie di alcun genere. Per ora faccio l'esordiente a tempo pieno! :)

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  9. Sono assolutamente d'accordo. Ricordi l'unica osservazione che, a suo tempo, avevo fatto su trentun dicembre? Non voglio scriverla qui, ma riguardava il linguaggio di Nagel. ;)
    Comunque la tecnica e la volontà di essere "professionale" è stata la mia causa principale di lentezza. Ho preteso dai miei testi una perfezione impossibile, senza il giusto stacco. Questo riguarda gli aspetti puramente tecnici (show don't tell, punto di vista ecc), e grammaticali, meno le scelte lessicali. L'eccesso di formalismo non mi piace nemmeno nella vita. Diffido da chi si ostina a dar del lei a tutti i costi e chi parla sempre come se fosse a banchetto con il re: "Orsù, signora, gradisce accomodarsi al mio desco?"
    Infatti, più volte mi sono trovata a criticare l'eccessiva correttezza, che per me porta rigidità al testo: a un ispettore di polizia sulle tracce di un serial killer prima o poi un'imprecazione scappa, o no? Certo, a me è stato criticato il contrario, tant'è che in revisione ho segato via un po' di parolacce, però credo che la via di mezzo sia importante. Si può essere eleganti e scurrili insieme. E questa unione rende veri. :)

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    1. Sto lavorando su questi aspetti, perché ritornano e cerco anch'io una buona via di mezzo. Il fatto è che mi viene spontaneo scrivere in un certo modo e intervenire su qualcosa di naturale rischia di fare il danno opposto: rendere, poi, troppo "finta" la scrittura. L'intervento non deve stravolgere il mio stile, non è facile!

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    2. Io invece tendo a immedesimarmi troppo con i personaggi. Quando il PdV è di N. da giovane, a volte abuso di parolacce. Con L., invece, non ne uso nemmeno una. Io penso che il mio stile contempli entrambe le strade, dal momento che tengo molto alla verosimiglianza. Vorrei che il linguaggio si plasmasse sulla base di ciò che viene raccontato, pur senza perdere la propria autenticità. So che è difficilissimo, però ci provo. :)

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  10. Una mia amica parla di "libri dettato", quelli che sono ben scritti ma che trasmettono poco.
    Io non vorrei limitarmi a produrre "belle frasi". Rincorro la semplicità ed elimino i manierismi d'impatto che conquisterebbero il lettore ma che non si adatterebbero al "realismo" che voglio raccontare. Il “realismo”, però, alle volte porta critiche negative. E me le prendo tutte. :D

    Non so dire quanto riesca a farlo con il fantascienza/distopico. Lì è tutto, tutto un altro mondo. Speriamo. Di finirlo, soprattutto. Mi sembra un’impresa titanica.

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    1. No, non penso di essere sul campo "libri dettato", perché mi piace raccontare qualcosa e mi piace trasmettere. È più un aspetto che lego al modo di fare capire ciò che ho dentro: non vado alla ricerca di frasi spettacolari o del sensazionalismo applicato alla scrittura, ma mi piace descrivere bene una sensazione, la vivo su di me in quel modo e voglio comunicarla nella stessa maniera.
      Non è un linguaggio affettato, quello che uso (almeno credo), ma non è nemmeno fatto di frasi semplici. Poi torna tutto al punto di partenza: può piacere, può non piacere.

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    2. No, direi che tu non rientri proprio nei "libri dettato." :)

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  11. "cerco cuscini su cui atterrare in caso di scivoloni, non superfici rigide sulle quali rompermi l'osso del collo" mi hai ricordato una delle mie prime lezioni di judo, tantissimi anni fa, avevo circa 8 anni, avevo imparato le cadute e un paio di tecniche e il maestro mi fece fare il primo combattimento con un bambino cintura gialla più o meno della mia età e della mia stazza. Ricordo che non riuscii a stare in piendi neanche un secondo di fila, e niente cuscini, il tatami è decisamente duro quando ci caschi sopra :P Dovevo aver visto karate kid in quel periodo, e quel giorno capii che quel film non diceva tutta la verità ;) Comunque non mi arresi, mi allenai duramente e alla fine ottenni anche qualche soddisfazione :)
    Lo so, non c'entra molto con il post :P
    Sul post posso dire che è sbagliato cercare d piacere a tutti, perchè ognuno ha gusti diversi, bisogna conoscere il proprio pubblico e piacere a lui.
    Poi forse un romanzo non è il mezzo migliore per sperimentare da esordienti, forse sarebbe meglio sperimentare con dei racconti, e cercare di avere dei riscontri su quelli, magari pubblicandoli sul blogo o su un forum (messaggio subliminale ;) )

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    1. Sì, hai ragione, conoscere il proprio pubblico; infatti la riflessione nasce anche da questo: una parte di pubblico ha apprezzato oltremodo il mio romanzo e le recensioni su Amazon me lo confermano, un'altra fetta, invece, ha trovato diversi punti deboli. Allora mi chiedo: devo provare a conquistare i meno convinti o devo fregarmene?
      Però non so se essere d'accordo sulla necessità dell'esordiente di farsi conoscere attraverso i racconti più che con un romanzo. Anzi, misurarsi con una storia complessa è una prova che può fare meglio la differenza.
      Il tuo messaggio subliminale è stato registrato dalla mia corteccia cerebrale, conosco un forum... :)

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    2. Pensa che il libro che più venduto degli ultimi anni (forse di sempre) ha un pubblico be definito e molto ristretto: i ragazzini di 11 anni, eppure... ;)
      Io sono dell'idea che è meglio avere dei pareri estremamente positivi e altri estremamente negativi piuttosto che restare nella mediocrità. Quanto ai punti deboli che ti han fatto notare puoi valutare se sono punti di vista soggettivi o se sono cose che effettivamente puoi migliorare senza snaturarti (e senza deludere i lettori che già ti hanno apprezzata).
      Non intendevo scrivere racconti per farsi conoscere, ma per sperimentare. Scrivere un intero romanzo sperimentale richiede uno sforzo enorme, e magari poi l'esperimento fallisce, questo può essere un grosso limite (anche psicologico) mentre con un racconto si può rischiare più a cuor leggero. ;)

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    3. Infatti, è quello che faccio: provo a capire, in relazione al mio stile, quali di queste critiche potrebbero aiutarmi a migliorare e quali rispondono, invece, solo a dei gusti meramente soggettivi. Di questi ultimi di solito mi disinteresso.
      A proposito dei racconti, ora ho capito cosa volevi dire e sì, certo, così hai ragione tu: con i racconti hai meno da perdere e puoi sperimentare di più. Un buon allenamento.

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  12. Io sinceramente quando scrivo non penso a chi mi leggerà. Miro a ottenere un certo risultato che ho in mente e non riesco a fermarmi prima di averlo ottenuto. Chissà, forse se pensassi di scrivere soprattutto per essere letto andrei più veloce...

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    1. Anch'io miro al risultato e non mi accontento facilmente, poi quando penso di averlo raggiunto la domanda me la pongo: piacerà?
      Certo, alla fine me ne frego un po', ma faccio bene? Il dubbio mi viene.

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  13. Lo so eccome che non posso piacere a tutti. E ci mancherebbe altro! Io spero, anzi, di avere qualche critica negativa: ho già pronto il post esplicativo su come affrontare le stroncature :)
    A parte gli scherzi: lo sai come la penso, no? Prima la storia, poi il lettore ;)

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    1. Si vede che finora sei piaciuto a tutti quelli che ti hanno letto, se quel post esplicativo ancora non spunta nel tuo blog :P

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  14. Non posso che essere del tutto d'accordo con te. Le critiche - alcune delle quali anche molto cattive - ai miei racconti sono stati ciò che mi hanno fatto crescere di più come scrittore. Forse se nessuno mi avesse criticato, starei ancora scrivendo testi pieni di infodump, di ripetizioni, di brutture. Le critiche invece mi hanno portato a capire che la scrittura non è semplicemente mettere una parola dietro l'altra. E, cosa ancor più importante, mi hanno spinto a migliorarmi, a essere sempre insoddisfatto, a cercare di crescere sempre di più.

    Concordo anche sul fatto che non si può piacere a tutti. Purtroppo è un'idea non molto diffusa, visto quanti insulti mi sono beccato con le mie recensioni. Potrei scriverci un post lunghissimo, elencando tutti i casi del genere. Ma purtroppo a oggi internet è pieno di persone con troppa autostima, che si ritengono geni assoluti anche se in realtà sono ingenui e acerbi. Purtroppo, l'effetto Dunning-Kruger (quello che porta i competenti a essere dubbiosi su di sé, e i non competenti a essere troppo sicuri) è devastante :D .

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    1. Piacere a tutti non può e non dev'essere un obiettivo per lo scrittore, bisognerebbe raggiungere quante più persone possibili ma con l'umiltà di accettare le critiche che migliorano. La presunzione e l'orgoglio non hanno mai portato molto lontano e l'effetto di cui parli è davvero controproducente (ma si sa che il mondo, ormai, va al contrario ;))

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  15. Piacere a tutti è impossibile. Inutile tentarci. Io seguo la banale regola del tre. Se tre lettori (possibilmente lettori beta, fidati nel loro non essere dei criticoni) mi segnalano uno stesso problema, allora il problema c'è.
    Quindi tutto dipende da chi muove la critica, perché la muove, ma anche in quanti la muovono. Una buona critica può salvare un autore, una serie di critiche insensate riusciranno solo a fare danni. A tutti, al testo, all'autore e agli autori delle critiche.

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    1. Io sono confusa, perché tre mi danno l'okay incondizionato e tre restano perplessi, per seguire la tua regola del tre. Però una cosa ho sicuramente imparato a riconoscerla: la critica inutile. Mi impantano su quella intelligente, quella che potrebbe toccare qualche mia certezza che, forse, certezza non è. Se tre critiche intelligenti vanno in un unico senso, allora qualche domanda di natura stilistica devo pormela!

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    2. Distinguerei però tra lettori "professionali" e lettori "lettori": quando valuto un manoscritto cerco il più possibile di dare un giudizio oggettivo che vada oltre i miei gusti personali (mi è capitato di valutare romanzi lontanissimi dai miei generi) mentre quando scelgo un libro da leggere per piacere allora mi permetto di essere sogggettivo fino in fondo :)
      La regola dei tre mi ha ricordato il funzionamento dei sistemi aeronautici sovradimensionati (che poi è lo stesso principio di rapporto di minoranza di Dick) ma non voglio annoiarvi coi dettagli ;)

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    3. In effetti, per me, quel tipo di dettagli sono di difficile comprensione! ;)

      Credo che ai famosi beta reader vada affidato il compito di essere oggettivi, anche se poi la scelta cade sempre su persone che, in qualche modo, possono capire meglio il lavoro che hai fatto.

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    4. Secondo me l'importante è che sia circostanziata. Se tre persone mi dicono "non mi è piaciuto il capitolo 10", anche se danno motivazioni diverse, il dubbio che il capitolo 10 non funzioni mi viene. Poi a me spetta sempre l'ultima parola, ma intanto due domande me le faccio.

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    5. Tenar, ma quindi intendi anche fra i lettori finali?

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    6. Oddio, quelli finali spero si misurino in decine, centinaia o migliaia, quindi tre sono un po' pochini. Pensavo a un pre pubblicazione generico, però, sì, se in tanti mi segnalano un problema nello stesso punto, direi che è probabile che il problema ci sia.

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  16. Personalmente preferisco le critiche al silenzio. Il silenzio è una via di mezzo, per cui il lettore non ha nulla da criticare, ma nemmeno nulla per cui farti i complimenti (a parte tiepidi "mi è piaciuto"). Vuol dire che il romanzo/racconto è piatto e non suscita particolari emozioni. Mi piacerebbe molto, invece trovare lettori che esprimano liberamente il loro parere, soprattutto se negativo (ovviamente motivandolo). È l'unico modo per migliorarsi.

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    1. Ciao Kinsy, non ci si vedeva da un po'! :)
      Sì, la critica aiuta: io, a onor del vero, ho ricevuto diversi consensi che mi hanno gratificato, ma non ho per questo abbassato la guardia. L'indifferenza spiazza anche me: preferisco una bocciatura motivata a un molle "mi è piaciuto", stop! Almeno la prima mi dà modo di pensare.

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  17. È impossibile piacere a tutti e quindi quando si scrive non bisogna porsi questi problemi altrimenti ci si blocca e basta, e quindi si smette di scrivere. In questi giorni sto leggendo Città di carta di John Green (è un autore famoso e ci hanno fatto anche un film) sono stata attratta da un bellissimo incipit ma sto facendo davvero fatica a finirlo, non che sia scritto male, ma la storia non mi sta appassionando. Nel frattempo ho iniziato a leggere e l’ho finito in due giorni (l’ho divorato) un libro di due autrici self, che tra l’altro avevo scaricato gratis. Ora mi chiedo perché un ebook pagato 9, 00 euro mi sta annoiando e uno comprato a zero euro self mi è piaciuto moltissimo. Sarà colpa della traduzione? Non so. Magari semplicemente è una questione di gusti. John Green era pieno di recensioni entusiastiche a 5 stelle.

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    1. Non sai quante volte sia capitato a me di annoiarmi con libri ben scritti, ma di scarso impatto emotivo.
      Spero di non suscitare questo nei miei lettori, ma chi potrebbe escluderlo? Ecco, questo pensiero mi limita molto: è di questa reazione che parlo. Appunto, piacere a tutti non si può e basta!
      Penso che anche gli scrittori affermati tengano conto di una tale possibilità, solo che loro sai che ci fanno con il pubblico che non apprezza!

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  18. Piacere a tutti, nella vita in generale, è pressoché impossibile. Certo, se il mancato apprezzamento è decisamente superiore al giudizio positivo qualche domanda bisogna porsela.
    Però, c'è sempre da considerare che essere "di nicchia", nella vita come nella scrittura, è talvolta una scelta ben precisa e, ti dirò, in alcuni casi può essere decisamente appagante.
    Una volta che si è consapevoli di ciò, si fa la propria scelta.

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    1. Non credo di essere una scrittrice da "nicchia"; alla fine scrivo storie che potrebbero appartenere a tutti con uno stile abbastanza ordinario.
      Una cosa che non vorrei mai avere è un pubblico di "intellettuali", quelli che fanno "alta" letteratura e che, di sicuro, non apprezzerebbero le cose che scrivo.

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  19. Questo post è scritto troppo bene! :P

    Da quanto scrivi, o meglio da quanto leggo, sembra che tu abbia già la convinzione di aver dato forma alla tua presunta paura. Hai mai preso in considerazione che il "troppo bene" o "troppo pulito" possa essere una naturale evoluzione del tuo scrivere? E/o che magari è l'impressione del lettore ad essere "troppo critica"? (senza nulla togliere al parere del diretto interessato)

    Condividendo il pensiero di Darius Tred, per cui il post possa andare bene anche per i non esordienti, analizzerei la questione prima di tutto dal punto di vista di lettore, anzi meglio ancora, di fruitore! Qualsiasi sia l'opera che ci troviamo davanti, la nostra opinione non sarà mai oggettiva (altrimenti non sarebbe un'opinione XD), e potrebbe essere inficiata da vari fattori, quali lo stato d'animo del momento, un punto di riferimento e di confronto magari lontano (o troppo vicino) al genere dell'opera posta sotto osservazione, il gusto personale che è comunque sempre in evoluzione. E tutto questo potrebbe influire in maniera anche inconscia sul nostro giudizio e, per quanto uno si possa sforzare di tenere a bada questi "rischiosi alibi", non è detto che riesca a fornire un parere che corrisponda alla realtà dei fatti. Questo, sia per i beta che per gli alfa/omega/finali insomma XD, fa sì che si abbia chiaro il fatto che non deve esserci paura, scappatoie e/o rifugi alle critiche, ma solo un buon filtro personale per poterle considerare e affrontare meglio.

    Non sono uno scrittore, se non di post/commenti sulla blogosfera e di piccole cose legate ai "giochi" che si fanno, e probabilmente questo è un "problema" che non sento particolarmente, è una dimensione diversa dove preferisco dilettarmi e dilettare senza nessuna aspettativa prefissata.

    E fu così che PG intraprese la strada della scrittura e tornò a postare le sue lacrime amare sull'argomento XD


    PS: questo commento l'ho scritto decisamente troppo male!!!

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    1. Ho deciso in autonomia che a quel tuo "troppo" iniziale darò un'accezione positiva! Quello finale del P.S, invece, subito ignorato! :P
      Ma mi piace un saaaacco il tuo approccio alla questione (vieni a trovarmi più spesso!) :)

      Chiedo formalmente le tue lacrime amare!

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    2. Anche il tuo approccio ai miei commenti non è affatto male :P

      Sono spuntato nella blogosfera non troppo tempo fa e già la quantità di materiale a mia disposizione era enorme, dopo questa lunga pausa siamo a livelli dell'incommensurabile, ma mi son ripromesso di partecipare e recuperare quanto più possibile. Quindi, sì, mi rivedrai navigare in questi lidi :D

      MA!

      Ma per le lacrime amare, supposto che ne zampillino :P, l'attesa potrebbe essere indefinita... o mi stai (non troppo velatamente) invitando a provare a intraprendere quel percorso? :D

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    3. Esatto! Vieni a fare lo scrittore insieme a tutti noi! ;)
      Io, intanto, mentre ti organizzi, metto da parte i fazzoletti per le lacrime! :D

      Domani che fai?
      Ho deciso di rispondere a una domanda, anzi a 25! :)

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    4. Accetto di buon grado l'invito, con la clausola sulla tempistiche di attuazione :P

      Tra l'altro, ho letto il post di domenica sulla tua partecipazione ad alcune di queste iniziative: lo commenterò appena possibile aggiungendo una piccola nota personale alla cosa (tanto per lasciarti la curiosità), intanto dico "bella roba" :D

      Domani che faccio? Devo vedere in agenda *fa la parte dell'uomo straimpegnato* uhm, forse un slot a disposizione dovrei averlo, e potrei sfruttarlo allo scopo con piacere, anche perché non posso perdermi una risposta in particolare :P

      Buona stesura memesca ;)

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    5. e adesso ritagliati lo slot! :P

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  20. Da lettrice... fatevi meno problemi :D Il libro del Crichton di turno piacerà a prescindere sì, ma quello di un Franzen non è detto. Che cosa volete scrivere? Chi volete raggiungere? Proprio tutti, veramente, ne siete sicuri? :D
    Tenendo ferma l'onestà verso se stessi prima di tutto, penso che il resto possa essere costruito in base ai fattori più pratici, per così dire, che vanno dalle capacità oggettive, al talento, all'ispirazione, al momento in cui si sta scrivendo, e chissà quante altre variabili che ora non so dire.
    Un editor sicuramente consiglierà per motivi di vario tipo, è un professionista (ce ne saranno di seri e meno seri, ok), ma un beta reader può essere più utile perché non esperto, quindi il suo consigliare non è collegato a un "ottenere qualcosa". Onestà stante, di tutti :D fino ai recensori e ai lettori!

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    1. Hai detto una cosa giusta, Glò: onestà verso se stessi. Certe volte, ho provato ad accontentare chi chiedeva certe cose al mio stile, ma il lavoro fatto non rispondeva alle mie esigenze, mi sembrava di avere tradito le mie aspettative. Forse è lì il problema: devo abituarmi all'idea che io ho un modo di scrivere che risponde proprio a quelle variabili del momento di cui parli e, tolte le critiche corrette, devo scegliere di rimanere su una strada a prescindere dal target di lettori (che nemmeno so quale sia).

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  21. Nemmeno lo scrittore affermato piace a tutti, figuriamoci un esordiente! A volte con la scrittura succede un fenomeno curioso: si diventa permalosi e non si accettano le critiche, che normalmente sarebbero normali sul lavoro o in altri settori. Il problema è che la scrittura, come tutte le forme d'arte, mette a nudo una parte molto profonda di chi scrive. Per quello ci si sente più vulnerabili alle osservazioni e occorre un lungo tirocinio anche per distinguere tra le critiche costruttive e quelle negative e fini a se stesse.

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    1. Hai detto due verità: una è la facile permalosità in cui si cade, spesso, nel qual caso, se si è permalosi, meglio scegliere di fare altro, perché lo scrittore, nei fatti, è uno che si espone ed esporsi comporta sempre un inevitabile mettersi in gioco. L'altra è la vulnerabilità che colpisce lo scrittore che si mette a nudo, come sottolinei giustamente tu. La critica diventa quasi una ferita sanguinante. Prima mescolavo critiche utili e critiche inutili in un unico calderone e "sanguinavo" anch'io, adesso so cosa cerco nella mia scrittura e mi avvalgo solo di chi mi offre una chiave di lettura valida di ciò che voglio. La critica diventa un indirizzo da seguire.

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  22. E' impossibile piacere a tutti, semplicemente perchè anche noi abbiamo a prescindere le nostre preferenze quando leggiamo. Il contrario è non piacere a nessuno, che è anche difficilmente misurabile in questo paese di lettori deboli e vendite scarse anche per i più affermati.
    "Non deve mostrare di sapere scrivere (fermo restando che conosca l'italiano e sappia usarlo in modo corretto, ma spero si capisca che non è di questo che sto parlando)"
    Ok, l'ho inteso subito...ma che fare quando un giovanissimo ti chiede consiglio sul suo "modo di scrivere" e ti accorgi che "non sa scrivere"? Virgole a zonzo come caramelle, tempi verbali sbagliati, frasi sconnesse, concetti ripetuti, apostrofi sregolati? E' vero che è giovanissimo e ha tempo per imparare, però parla già di pubblicare un libro...
    Forse i giovani sono convinti che la grammatica non serva, è question di "stile"?
    (meglio il troppo, del troppo poco ;) )

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    1. Mi è capitato, cara Barbara, di avere a che fare con scritti del genere, ma quello è un piano non contemplato nella mia riflessione e non perché sia superba, ma perché la conoscenza della lingua italiana è il presupposto per ogni ragionamento sulla scrittura: se manca quello, non ci sono basi su cui discutere. Lo stile si costruisce sulle fondamenta rappresentate dalla grammatica, ma come farlo capire ai giovani di cui parli tu?

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  23. Io parto dal presupposto che è già una fortuna piacere a pochi.
    Si comincia sempre da un gruppo ristretto di estimatori e poi se capita fortuna, la pallina di neve rotolando fino a valle potrà ingrossarsi e accelerare. Ciononostante la vastità della neve è grande per poterla cogliere tutta.
    E poi piacere a tutti sarebbe noioso. ;)

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    1. Sono d'accordo sul piacere a tutti che diventa noioso, è un po' come il troppo bello che alla lunga stanca (sarà per questo che il troppo bello a me, in realtà, non conquista per niente!).
      Mi viene a questo punto da dire: attenzione alle valanghe! Anche quelle possono essere dannose! ;)

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    2. Ahi alle valanghe.
      Certo che però se un esordiente riuscisse a vendere una valanga di libri... Per quanto noioso, che bell'esordio, però. :D

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    3. Una valanga di libri, magari!
      Purché non si rimanga travolti e sepolti sotto sta valanga! :D

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  24. Finché il proprio stile non è riconosciuto il rischio è proprio quello di essere "accusato" di scrive troppo bene o troppo male anche quando è voluto :-)

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    1. E se a non riconoscere uno stile preciso è anche l'autore stesso siamo proprio messi male!
      Magari la critica arriva proprio quando stai provando a costruirti il tuo di stile e rimani spiazzato.

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