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martedì 27 settembre 2016

Ghostwriter: il fantasma dell'opera... scritta


Qualche giorno fa, su Twitter, E.M. ha iniziato a seguirmi.
Di solito, prima di ricambiare il follow, sbircio nella pagina del nuovo follower per vedere chi è, cosa fa, cosa posta. Non era un politicante in cerca di consensi, non un'agenzia turistica che sponsorizza viaggi straordinari, non l'ennesimo web-qualcosa - web designer, web project manager, web security expert, che ogni tanto affollano la mia pagina di notifiche. Nelle poche righe di presentazione, le prime due parole recitavano: scrittore fantasma.
Sulle prime ho detto: "toh, ci sono pure gli scrittori defunti in cerca di fortuna", poi ho pensato alla traduzione letterale dall'inglese di un termine molto in uso in campo editoriale, ghostwriter e ho deciso di mettere piede in un mondo di cui ho spesso sentito parlare, ma che ho sempre ignorato: quello degli scrittori dietro le quinte, degli scrittori ombra, degli scrittori senza fama (aggiungo io).

Non ho approfondito la faccenda visitando il sito del mio follower fantasma, anche perché, se devo essere sincera, non ho trovato materiale utile a capire. L'ho fatto facendo un giro nel web alla ricerca di chi si occupasse a livello professionale del servizio in questione.

Chi è il ghostwriter è presto detto: è qualcuno che scrive su commissione. 
Metti che hai in mente una storia pazzesca, ma non hai il tempo per scriverla o non sai come si faccia; hai l'idea, ma ti manca tutto il resto, cioè quello che fa di te un potenziale scrittore: voglia e capacità di organizzare i pensieri, voglia e capacità di trasferirli dentro un'impalcatura solida, voglia e capacità di arrivare alla fine con dedizione e pazienza. Per non fare appassire l'idea (e ne deve valere veramente la pena), soldoni in mano, puoi rivolgerti a un ghostwriter, chi scrive al posto tuo ciò che vorresti raccontare tu.
Il libro, attenzione, avrà il tuo nome in copertina, nessun cenno all'autore materiale, tranne che tu non voglia espressamente citarlo (nei ringraziamenti, per esempio), dunque la paternità dell'opera resta soltanto tua e c'è un contratto che lo stabilisce con chiarezza.
In pratica, il ghostwriter è chi fa il "lavoro sporco", tu quello che ne raccoglie i frutti. 

Lo scrittore fantasma porta a compimento il tuo progetto, studia, fa ricerche, si documenta. Soprattutto entra nella tua vita, perché di te vuole sapere TUTTO.
Lo scrittore fantasma ha il tempo, ma soprattutto ha il metodo: conosce il sistema, maneggia le regole, utilizza bene le procedure per fare venire fuori un lavoro realizzato con cura e professionalità. Perché "scrivere è un mestiere", dice Roberta Giulia Amidani, ghostwriter fondatrice di questo sito che ho visitato. Dice anche: "io non sono uno scrittore, io faccio lo scrittore. Sono un artigiano".
Questo mi confonde le idee: in sostanza, chiunque può definirsi "scrittore" sol che riesca a pubblicare un libro, anche se il contenuto è solo concettualmente farina del proprio sacco?
Se è facile identificare la scrittura di uno scrittore che lavora all'ombra di attori, cantanti, calciatori e soubrettes, lo è molto meno se parliamo di penne illustri, giornalisti o politici navigati, molti dei quali, a quanto pare, devono la fortuna a penne nascoste che scrivono per loro. 
"Difficilmente lavoro con persone che non sanno scrivere" afferma ancora la Amidani. Significa che tu, pur sapendo scrivere o avendolo già fatto, ti rivolgi al ghostwriter solo perché non hai tempo? 
E però, di contro, hai un mare di soldi. Ce ne vogliono tanti, eh! Ho dato un'occhiata alle tariffe, si arriva a cifre enormi, fino a 10.000 euro per un testo. Ecco perché se domandi a un ghostwriter "ma perché se hai talento, non scrivi un libro tuo?" risponde: "ma chi me lo fa fare, è molto meno remunerativo. Con la percentuale di vendite corrisposta dall'editore, nella migliore delle previsioni, arriverei a guadagnare 10.000 euro in un anno, mentre scrivendo per altri riesco a guadagnare dai 6500 agli 8000 euro per ogni libro" (Ho riassunto la risposta a una FAQ di questo sito.)
Considerato che un ghostwriter arriva a scrivere anche tre libri all'anno, fate vobis!
(Naturalmente sono stime di chi ha un'elevata, riconosciuta, professionalità. Credo non valga per tutti i ghostwriter.)
Riporto ancora il contenuto di una FAQ del sopracitato sito che mi sembra racchiuda tutto il senso di questa attività:
"Giacomo Casanova descriveva quello dello scrittore come il più povero tra tutti i mestieri; ecco perché noi facciamo i ghostwriters e non gli scrittori, mirando non alla fama ma soltanto a rendere remunerativo ciò che più ci piace e che meglio sappiamo fare, cioè scrivere".

Mi sono fatta una bella idea del perché una persona preferisca rinunciare al motivo più nobile per cui si scrive!

Ma alla fine, per noi romantici scrittori, aspiranti, esordienti, che crediamo ancora nella malia delle nostre idee tradotte in parole, per noi che fatichiamo a creare un impianto narrativo, che ci arrovelliamo dietro alla pianificazione di storie, che misuriamo la nostra voglia di raccontarci imparando dalle letture, che cerchiamo gli stili che più ci rappresentano e che amiamo tutto questo, per noi, non è un po' triste pensare che esista una figura in grado di riassumere il bello di questo processo che è magia, diletto, passione allo stato puro?
Il massimo traguardo cui uno scrittore aspira è ottenere il riconoscimento di ciò che ha scritto, poter dire: quell'editore ha creduto in me, cioè nelle idee da cui sono riuscito in modo egregio a tirar fuori una bella storia, che è parte di me, del mio percorso di crescita, di una vita che ho vissuto io, non di una vita affidata all'interpretazione di un estraneo cui ho dato il libero accesso ai miei pensieri, ai miei segreti, al mio mondo interiore.
Ma che me ne faccio di una fama di facciata? Una fama che non è mia?
Ah, potessero gli scrittori appassionati e idealisti essere gli unici a raggiungere le vette del meritato successo! A realizzare il sogno che inseguono da una vita, invece di vedersi sempre a un passo dall'ombra efficace di una penna altrui!



66 commenti:

  1. In generale, e a prescindere dal campo di applicazione, ci sono molti artigiani a fronte di un solo artista: non ci vedo nulla di strano o scandaloso in tutto ciò.
    Quello che ci vedo di "scandaloso" è che anche uno scrittore fantasma "top di gamma" si porta a casa 8.000 euro per tre libri all'anno: fanno 24.000 euro lordi che, al netto di tasse e tutto quanto, fanno mille euro e rotti al mese (dimenticarsi tredicesime, malattia, ferie).
    Questo sì, mi pare scandaloso. Scandaloso e normale. Scandalosamente normale.

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    1. Io sulla figura del ghostwriter non ho nulla da obiettare, fa un mestiere e se lo fa bene, ottimo per lui (per loro, di solito è una squadra). Ho però analizzato la figura dal punto di vista dello scrittore: non ne capisco il senso. Cioè lo scrittore è o dovrebbe essere qualcosa di più di un semplice nome scritto su un libro pubblicato. È o dovrebbe essere una sorta di status in cui identificarsi quando si ha voglia di raccontare qualcosa e di farlo a modo proprio. Se io che amo scrivere penso di non essere in grado di farlo imparo, tento o non lo farò mai, ma non spendo dei soldi per farmi scrivere la storia da qualcuno. Non ci ho messo niente se non il portafoglio e non ne ricaverei alcuna soddisfazione.

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    2. Ma un ghost non è per gente come me e te: è per gente che ha un nome conosciuto e che, messo sulla copertina del libro, vale tanto quanto un brand.
      Ecco dove salta fuori il valore aggiunto del ghost accoppiato con il nome.

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    3. Lo pensavo anch'io, poi ho letto che tanti esordienti si rivolgono a un ghost. Ma non sembra quasi una contraddizione in termini?

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  2. Secondo me il punto risiede nella domanda: perché scrivi? In molti casi l'obiettivo per cui si scrive potrebbe realizzarsi anche svolgendo la funzione di ghost-writer. Certo, se lo scopo principale è quello di ottenere un riconoscimento ufficiale, allora no. Io, per esempio, ho sempre detto che se mai dovessi riuscire a pubblicare qualcosa di successo farei come la Ferrante. Non vorrei che si sapesse chi sono (certo, lo dico adesso che famosa non sono, poi chissà). Il ghost writer per me ha il fascino di Cirano che non ha bellezza sufficiente per esporsi, ma tanta bellezza dentro. Ma, si sa, sono un'inguaribile romantica. :)

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    1. Sono certa che il ghostwriter sia uno scrittore a tutto tondo e che scelga di rimanere dietro le quinte per tutti i motivi che vuole, ma è pur diverso il caso dello pseudonimo usato dall'autore: puoi non essere interessato a vedere il tuo nome esposto in copertina (e anche lì, ci sono mille motivi per cui si sceglie di rimanere nell'anonimato), ma nessuno ti toglierà mai la soddisfazione di avere scritto quel libro, di averlo fatto spendendo il tuo tempo e le tue parole. Non lo so, in questo il romanticismo ci accomuna: se ti senti "scrittore" dentro, non puoi affidare il tuo mondo a qualcuno che non ne è parte, anche se quel qualcuno ha una sua bellezza interiore. Resta la sua bellezza interiore, che non potrà mai tradurre con cuore e anima ciò che io voglio trasmettere scrivendo.

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    2. Ma ormai ti conosciamo tutti :P

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  3. Infatti i soldi non centrano nulla con la scrittura. Sono arrivato alle tue stesse conclusioni, Marina. Adesso vado a vedermi i due siti che hai linkato. :)

    P.S. ma pensare di intervistarne uno? Hai già provato a chiedere?

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    1. Ero partita proprio con quell'idea. Poi nei siti che ho visitato, i più interessanti fra molti che mi convincevano meno, ho trovato tutte le risposte a ogni mia curiosità, dunque ho preferito trarre le mie conclusioni rinviando semplicemente a quei link.

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  4. Se proprio devo dirla tutta, ci sarebbero anche i Deep Ghost Writers: cioè i Ghost Writers che oltre a scrivere per altri, scrivono anche romanzi propri sotto pseudonimo... :-D E fanno pure un lavoro di fino! Per evitare di essere traditi dallo stesso stile, i romanzi propri li scrivono volutamente pacchiani, raffazzonati e pure in self, così da non essere riconosciuti o, peggio, associati al romanzo concordato con l'autore di facciata. Insomma, veri e propri malati di penna. E come tariffe chiedono tranquillamente il triplo, perché instaurano un rapporto esclusivo (visto che devono "sporcarsi" con il sozzo mondo del self, cito solo una clausola per dare l'idea: "non avrai altro ghost writer all'infuori di me"). :-D

    Comunque, a parte gli screzi :-), dal punto di vista puramente realizzativo io non ci vedo nulla di male, purché si crei un rapporto di simbiosi esclusivo: uno bravissimo a scrivere potrebbe essere uno zero in fatto di idee e immaginazione. E uno che ha fervida fantasia potrebbe essere bravo al massimo a snocciolare intrecci grezzi o a incastrare idee, ma essere uno zero in fatto di scrittura. Insomma: l'unione fa la forza.

    Dal punto di vista "romantico", non so. Dipende dalle soddisfazioni che uno vuole togliersi. Se uno fugge la fama perché vuole una vita tranquilla, ma vuole essere coperto dai soldi... almeno fa i soldi con un lavoro innocuo.

    P.S.: c'è un tariffario anche per le interviste... :-)

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    1. Sì, mi sono fatta l'idea che il ghostwriter sia una persona capace di scrivere, ma alla quale non interessi il titolo di "scrittore", il che non gli toglie meriti, per carità! È un mestiere: io so scrivere, non voglio fare lo scrittore, metto a disposizione il mio talento per chi, invece, ha questa velleità. Lo ribadisco: nulla quaestio.
      Ma in cosa consiste veramente il mio desiderio di essere scrittore: nel vedere il mio nome associato a un libro oppure nell'assumermene la paternità non solo di fatto?

      Dietro le quinte, spendendo un nome altrui, puoi scrivere ciò che vuoi come vuoi per chi vuoi, purché ben pagato!

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  5. Tra le domande irritanti che mi hanno fatto l'ultimo anno c'è anche: "visto che non ti conosce nessuno, perché non ti fai firmare il romanzo da qualche VIP? Per esempio, i cantanti che vengono al festival, visto che sei di Sanremo ne conoscerai qualcuno, no?"
    Ecco: non riassumo la risposta, perché il tuo blog è troppo pulito per macchiarlo di parolacce...

    Io sono un po' talebana, non solo per la scrittura ma per qualunque forma artistica. Al di là del singolo brano, che mi può anche piacere, non apprezzo nemmeno i cantanti (ultimamente tantissimi, specialmente sfornati dai talent) che si fanno scrivere i brani da altri, perché la considero una cosa "posticcia", quindi figuriamoci se mi metto a fare la ghost-writer...

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    1. Sono molto "talebana" anch'io: l'autenticità è un valore che non può essere comprato, in ogni campo artistico.
      Certo chi ti ha detto quella cosa del VIP doveva per forza avere fatto una battuta, non si può spiegare altrimenti l'assurdità della domanda!

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    2. Guarda, conoscendo la persona da più di trent'anni (quindi dall'asilo) ti posso assicurare che non era una battuta. Lei non ragiona, punto. ;)

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  6. Scusa, un'ultima cosa! Solo ora ho visto i siti da te linkati, e vedo che molti parlano anche di testi internet. Ecco, lì secondo me è già diverso. In passato mi è capitato di lavorare in un'agenzia web e di redigere testi per aziendali per i siti internet: si tratta di brevi trafiletti, molto commerciali, che niente hanno a che fare con la creatività. Anche per mio fratello, che ha un'agenzia immobiliare, ho scritto un paio di cose. Secondo me un'attività del genere non è nemmeno paragonabile alla stesura di un romanzo, quindi di un'opera puramente creativa. Eppure ci sono tantissimi casi di ghost-writer che firmano best-seller narrativi. Uno, che ha scritto due romanzi di un "autore" famoso, è anche di Imperia.

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    1. Quando mi sono laureata mi sono fatta un bel mazzolino per la mia tesi sul "silenzio della Pubblica Amministrazione" e conoscevo un collega che preparava tesi per "clienti" laureandi. Uno di questi me lo sono ritrovato nella mia stessa sessione di laurea, che vantava il gran lavoro fatto. La rabbia!
      Comunque, qua il discorso era ristretto al solo ambito creativo: ghostwriters che scrivono romanzi per altri. Di solito queste agenzie si occupano di tutto, infatti i servizi proposti spaziano da lavori di marketing per il web ad attività di editing in senso stretto. Le due cose sono differenti, certo.

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    2. Anche io mi sono fatta il mazzo per le tesi, plurale, perché ho fatto il 3+2. Quella quinquennale, in particolare, ha richiesto un'indagine immensa e mi è uscita di 300 e passa pagine. Però sono felice, la rifarei mille volte.
      Il lavoro di copywriter tornerei a farlo volentieri. Il ghost-writer mai. :)

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  7. Ho sempre pensato che il ghostwriter potesse avere senso per uno che nella vita fa altro, è noto, e decide di entrare nell’editoria per affermare e/o aumentare la sua fama. Ma per uno che vuole diventare uno scrittore… mi sfugge il senso. Del tutto. Se scrivere non ti piace, perché vuoi scrivere libri senza scriverli davvero?
    La ripetizione “scrivere” non è casuale.
    Scrivere, scrivere, scrivere. Ero convinta che fosse la chiave di tutto.

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    1. Ecco, hai riassunto in modo egregio il mio pensiero: anch'io giustifico il ghostwriter di Vasco Rossi (per fare un esempio), che è cantante e vuole raccontarsi in un libro e non capisco quello di Pinco Palla che vuole fare lo scrittore e si fa raccontare da un altro.

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  8. Chi ricorre al Ghost writer credo sia solitamente famoso e pieno di soldi, insomma la sua biografia o la storia che scrive ha già un pubblico disposto ad acquistarla. Uno che ricorra al Ghostwriter per opere narrative già mi sembra strano (ma sempre con parecchi soldi da spendere...)

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    1. Non sono sicuramente tanti per chi deve scrivere un romanzo in un mese e deve documentarsi, intervistare il cliente, spendere ore di lavoro (vabbè, ma se si è scelto questo mestiere!), però ti immagini uno che vuole apparire scrittore (diciamolo così) che paga fior di quattrini senza nessuna garanzia di un ritorno, come potrebbe essere per un cristiano famoso?

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  9. A me è capitato di riscrivere quasi totalmente alcuni libri scritti talmente male che non sarebbero stati altrimenti pubblicabili. E devo dire che mi resta più facile scrivere per gli altri che per me stesso.

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    1. Ma riscrivere non è scrivere per conto di. Lì, almeno, hai sotto mano un testo da rimaneggiare, con un'idea che tu devi rendere pubblicabile, ma ti è mai capitato che qualcuno ti abbia raccontato una storia, per esempio, e ti abbia detto: "me la scriveresti di sana pianta tu?"

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    2. No, non mi è mai capitato. Diciamo che io sono stato un fantasma a metà.

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  10. Mi hai ricordato un bellissimo film di roman Polansky di qualche anno fa ;) (mestiere pericoloso, in alcuni casi)

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    1. Sì, mentre cercavo notizie sul web ho trovato anch'io il nome del film di Polanski, si chiama "l'uomo nell'ombra" e mi è venuta la curiosità. Ho letto che il film è tratto da un libro che si chiama proprio "il ghostwriter", ma in questo momento non ricordo chi lo abbia scritto.

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  11. Io ho fatto un pochino la scrittrice fantasma (poco, perché nei progetti più grosso alla fine il mio nome è finito tra i crediti) e sì, l'ho fatto per denaro, appena diplomato al master, tra una supplenza e l'altra. Io ho lavorato principalmente sulla saggistica, ho imparato un sacco di cose su argomenti improbabili e tutto sommato mi sono anche divertita. Alla fine lo trovato un po' alienante, ho preferito perseverare sull'insegnamento perché lo stipendio è fisso (io come fantasma guadagnavo molto poco, ma magari insistendo le cose sarebbero cambiate) e mi piace stare con i ragazzi, ma è in fondo, proprio un mestiere come un altro.
    Sulla narrativa non ho mai lavorato da fantasma, ma conosco qualcuno che lo fa, è un lavoro, qualcuno campa come fantasma e poi pubblica anche progetti propri a cui tiene (e con cui non camperebbe). Spesso più che con il "titolare" del libro da quel che ho capito ci si rapporta con case editrici e agenzie. Alla fine certi nomi di autori diventato un "marchio" dietro a cui ci sono altre mani. Qualcuno all'estero lo dichiara anche candidamente senza alcuna ipocrisia (Wilbur Smith ad esempio)

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    1. lo trovavo.
      Dio della Grammatica abbi pietà.

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    2. Io non ne sarei capace. Non so, forse la saggistica ha un tipo di approccio diverso: la narrativa è più "partecipata", il ghostwriter deve conoscere il suo cliente per poter essere la sua voce. Deve agire come una macchina sforna storie, farsi interprete anche di cose lontanissime da chi gliele commissiona. È una capacità, non lo metto in dubbio, ma credo che non sarebbe una strada che proverei a percorrere.
      Sarebbe un bel gesto, in effetti, citare la collaborazione richiesta, ma non tutti hanno una simile onestà, non per niente parliamo di "ghost".

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    3. Se si ha bisogno di lavoro, si sa scrivere e il pagamento è sicuro... Per me il problema era il terzo elemento... Era comunque meglio che fare ripetizioni al bambino più viziato che io abbia mai visto, all'epoca la mia unica alternativa economica.

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    4. No, per carità, i bambini viziati no! arriverei persino a fare la ghostwriter anch'io! :D

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  12. Ho già letto qualcosa sulla figura del ghostwriter, e mi sono sempre chiesta perchè scelgano questa strada (o meglio, perchè continuano a sceglierla dopo). Come soldi, non mi pare ne facciano un granchè, sinceramente. Se è vero che sono autori di libri ben venduti, incasserebbero di più da autore puro. Forse preferiscono eclissarsi di fronte all'impegno della promozione?
    Senza contare che ci sono case editrici che richiedono ghostwriter per aumentare la produzione del "brand" autore. Il diario del vampiro è stato iniziato da Lisa J Smith per poi essere licenziata e sostituita da ghostwriter (la casa editrice non concordava nel proseguo della trama). Si dice che anche Tom Clancy e James Patterson oramai pubblichino solo testi di ghostwriter, per riuscire a stare dietro alla pubblicazione serrata.
    Qui però il libro è ridotto a un prodotto. E spesso si sente.

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    1. Immagino che i ghostwriters di Clancy o Petterson siano ben pagati. Secondo il professionista del sito che ho visitato, ciò che muove un "fantasma" è la comodità di guadagnare molto di più che in veste di autore e parlo di comodità perché il ghost è un mero esecutore materiale che non deve sbattersi per impiantare una storia, pianificare la struttura, scriverla, correggerla, proporla a un editore.
      In genere, quelli bravi non fanno solo i ghostwriters, guadagnano anche dalla correzione di bozze, dall'attività di editing, copywriting e della fama non gliene frega proprio nulla. Il loro mestiere è quello di "fare" gli scrittori non di "esserlo".

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  13. Se mi offrissero un bel pacco di soldi perché no?
    Se mi offrissero un po' di soldi, perché no? ;)
    Se si diventa famosi può capitare di essere avvicinati e di ricevere una simile richiesta. Poi, dipende da chi è questa persona che ha bisogno del ghost writer: si tratta di uno statista? Può essere una bella sfida. Un attore? Potrebbe essere una delusione; oppure no. Dipende, insomma.
    Ma noi per fortuna non correremo mai questi rischi :)

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    1. E chi può dirlo! Immagina se un giorno venisse da te un calciatore, sì, dai, facciamo un calciatore, te la sentiresti davvero di scrivere la sua affascinante biografia tutta allenamenti, feste e incontri romantici con avvenenti veline?
      Potrebbe essere un'esperienza affascinante. Chissà, però, cosa ti rimarrebbe o quale sarebbe il risultato!

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  14. Mah, io penso che sia abbastanza lampante dove potrebbe nascondersi uno scrittore fantasma...
    Parliamo di libri da vendere, non di letteratura. Voglio dire che in certi casi se sapessi che dietro il nome di uno scrittore famoso c'è l'artigiano non mi farebbe effetto alcuno.
    Ecco... se mi dite che Dostoevsky non ha realmente scritto I fratelli Karamazov, ahi che dolore...
    Diversa la questione di chi scrive biografie che sono fatte passare per autobiografie o altre professionalità che si improvvisano scrittori... ma che abbiamo dubbi??? :D

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    1. Ah, le biografie!
      Come quelle dei calciatori, che a momenti non sanno nemmeno parlare, altro che scrivere. :-D

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    2. Io ci rimarrei male. Non amo più molto leggere De Carlo, per esempio, ma se venissi a sapere che per questioni di tempo o altro si fa fare i compiti da un altro, pur se bravo quanto lui, arriverei persino a rinnegare la mia passata stima nei suoi confronti. Le varie autobiografie di qualcuno ce l'hanno scritto in copertina che sono pseudo-autobiografie!

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    3. Talvolta c'è scritto "a cura di", ma non sempre.

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    4. Eh eh eh! Sulle biografie siamo tutte d'accordo vedo! XD
      Marina capisco quello che vuoi dire, però... sarà che sono disincantata, sarà che penso ad autori che scrivono per quantità e pubblicano tanto, sarà che anche CE esimie propongono libri che sembrano scritti da non professionisti della parola (ma da scribacchini, appunto), sarà che alcuni autori cavalcano le mode del momento o il nome famoso non sempre per merito (ma per parentele o altre professioni svolte), io sinceramente la mano sul fuoco la metterei per un numero ridotto di Scrittori :P

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  15. Potrebbe essere una buona idea per il sottoscritto: pago un ghost writer per creare al mio posto i libri che in questo momento non sono in grado di scrivere :-D
    Seriamente, ho sempre visto l'attività di ghost writing come una sorta di inganno verso il lettore. Se scoprissi che un determinato libro che io associo all'autore X in realtà è stato scritto nell'ombra dal professionista pagato per farlo Y, che delusione che proverei.

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    1. sono d'accordissimo con te: un inganno, esattamente!

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  16. Più che altro lo trovo un poco avvilente per chi se ne avvale, nel senso che si perde tutto il meglio del processo di scrittura. Però contento lui!

    Sai che avevo letto che di recente c'è la moda per i futuri sposini di farsi scrivere una specie di romanzo del loro incontro e dello sbocciare del loro amore? Mi sembra che le cifre fossero di tutto rispetto per un'opera da 80 pagine. Se uno riesce a scrivere velocemente, non è male!

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    1. Esatto, il bello del processo di scrittura. Altrimenti la passione che diciamo di avere in cosa consisterebbe? Nello sfornare solo una buona idea? Ma tutti siamo capaci di avere idee!

      Questa dei matrimoni è l'ultima di una serie di novità dei tempi che corrono: io mi sono sposata con fiori ai tavoli e un cameriere che indirizzava gli ospiti in quelli dove li avevo piazzati. Ora c'è il wedding planner, c'è il tableau de marriage tematico, pure la storia personalizzata per gli sposi! Si evolve tutto, ma proprio tutto, eh!

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  17. Nel mio lavoro mi capita talvolta di scrivere pezzi che poi escono su siti o riviste con la firma di giornalisti che, nel settore, sono ritenuti influencer. D'altra parte è così che funziona. Anche perché, tra l'altro, la firma di un giornalista che teoricamente dovrebbe essere super parte (non come la mia) consente al pezzo di guadagnarne in credibilità.
    Certo, vedere qualcosa di mio apparire sotto altro nome (refusi compresi) non mi rende felice: un po' mi sento derubato ma è una delle regole del gioco.
    Non potrei mai invece farlo volontariamente con un libro, qualunque sia la somma pagata, anche perché un articolo ti porta via mezza giornata, scrivere un libro è una cosa di mesi, magari anni.

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    1. A proposito di regole di gioco, Obsidian, mi hai fatto venire in mente che scrivevo io le lettere dell'amministratore delegato della società in cui lavoravo come legale e lui poi le firmava.
      Non è proprio la stessa cosa, ma rimane un lavoro d'intelletto tuo che finisce con la paternità di un altro. E qualche volta, questo, ti rode, pur essendo nei fatti ovvio.
      Oppure, peggio, come nel caso dei ricercatori all'università le cui dispense escono poi a nome dei titolari di cattedra (ma forse, questo, tanto ovvio non dovrebbe essere!)

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  18. Interessante Obsidian.Non credo sia sempre semplice vedersi i successi di un tuo scritto e gioire in disparte. Puoi spiegarci meglio? Non credo ci sia solo il senso di non essere riconosciuti come autori.Forse c'è il lato positivo? È un ruolo particolare che mi sono sempre chiesta cosa si prova a scrivere per altri e poi non averne la propietà. Dopo questa premessa,non ci trovo nulla di scandaloso a scrivere da "ghost writer". Devo dire, in questo momento,non ce la farei a scrivere senza che quel pezzo sia riconosciuto come io, ma non lo escluderei nemmeno,visto che a volte più capitare nel lavoro di adempiere a testi che poi per il bene dell'azienda , non è detto che avranno il tuo nome. Forse quello del tuo capo. Però se è inerente al lavoro, alla fine non è la conferma delle tue doti da scrittrice/ore.È solo il tuo lavoro. Non avrei problemi a scrivere sotto pseudonimo, ma farei fatica che ci sia il nome di un altro. Dovrei poi imbottirmi di pasticche per lo stomaco. Se ti va, mi interesserebbe sapere la tua opinione. Credo che ci farà riflettere.

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    1. Infatti è così, lo pseudonimo è una maschera che indossi tu stesso, non è la maschera che fai indossare a qualcun altro con il suo nome. Chi fa il ghostwriter, è evidente che lo trovi un lavoro remunerativo e appagante (contento lui!), ma è sullo scrittore che se ne avvale che punto i piedi.
      (Intanto ti ho detto la mia, in attesa dell'opinione di Obsidian! ;) )
      Ah, importantissimo: benvenuta nel mio blog, Tiziana! :)

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    2. Mi sembra che hai perfettamente colto il senso del mio commento, Tiziana. Quello che qui nello specifico chiamiamo “ghost-writing”, nel cosiddetto mondo comune si chiama “lavoro dipendente”. Non cambia nulla se quello che si scrive è una lettera ad un cliente per conto dell’amministratore delegato o un romanzo di 800 pagine per conto di Stephen King. Chiedo scusa a Marina se sto uscendo da un discorso relativo alla scrittura e lo sto portando su un piano più generale, ma credo che per capire il fenomeno del ghost writing bisogna partire da molto più lontano. Oggi non esistono più le persone, non esistono più i singoli: esistono solo delle grosse entità chiamate aziende che realizzano i bisogni di tutti noi. Tutto è affidato a loro. Pensa alla medicina. Non ci sarà mai più una Marie Curie o un Louis Pasteur su questa terra da ricordare e da ammirare. Qualunque risultato possa avere la ricerca medica, il merito sarà tutto appannaggio delle case farmaceutiche, tra le cui fila operano grandi uomini e grandi donne che non avranno forse nemmeno una pensione decente. Pensa alla tecnologia. Chi sono quei quegli ingegneri che hanno sviluppato quelle meraviglie che ci portiamo in tasca o nella borsetta, quelle meraviglie tecnologiche che ci accolgono quando saliamo in auto? Chi lo sa? Nella nostra mente ci sono solo i nomi dei grandi brand e tutt’al più il nome di qualche amministratore delegato che annuncia al mondo l’arrivo del nuovo aifon 10. E intanto ci sono gli ingegneri che lavorano nell’ombra creando meraviglie per cui non saranno ricordati. Ti chiedi qual è il lato positivo di tutto questo? Semplice: se quell’ingegnere o quel ricercatore combina un guaio sarà l’amministratore delegato ad andare alla berlina. Per chi lavora nell’ombra il rischio al massimo è quello di perdere il posto di lavoro, ma visto che, ancora una volta, il suo nome non conta nulla, non sarà difficile riciclarsi per lui da qualche altra parte, specie se il suo CV è di tutto rispetto. Anzi, sarà magari la concorrenza a portarselo in casa, nella speranza di poter aver accesso a chissà quali segreti industriali. E questo discorso, per inciso, è valido a tutti i livelli (nel senso che vale anche per la portinaia o per chi attacca i francobolli in posta).

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    3. Ammetto che la scrittura è un po’ un caso a se stante, perché in essa c’è quella certa dose di creatività che si vorrebbe a tutti i costi firmare. Un libro è come un figlio, è una parte del proprio intimo che non si può svendere per denaro. O forse sì. O forse è solo un problema psicologico, visto che i ricercatori e gli ingegneri di cui parlavo poco fa di creatività ne hanno anch’essi da vendere. Probabilmente la differenza ancora la fa il denaro. C’è gente che vende i propri figli, per cui immagino che se sei pagato abbastanza per fare il ghost writer allora probabilmente hai di che tapparti il naso. Allargando il discordo vorrei però spendere due parole che di chi mestiere fa il traduttore. Un lavoro che non è molto dissimila a quello del ghost writer. Un traduttore, il cui nome solitamente appare in una pagina interna, nascosto in basso tra altre informazioni superflue circa l’anno di edizione e il nome della tipografia, ha una responsabilità enorme. Dal suo lavoro può dipendere il successo o l’insuccesso di un autore in questo o in quel paese. Eppure chi sia il traduttore importa a pochi e la cosa incredibile è che per fare il traduttore non basta conoscere la lingua, bisogna essere in grado di trasmettere il senso, le emozioni e, non ultimo, mantenere integro lo stile dell’originale. Solo qualche giorno fa guardavo “Onirica”, un film di Lech Majewski ispirato alla Divina Commedia. In un’inquadratura hanno mostrato il poema scritto in lingua polacca… non ho potuto fare a meno di pensare a quel tizio che ha preso in mano l’opera del Sommo Poeta ed è riuscito a riproporla in una lingua così diversa da quella usata nel Trecento fiorentino! Come cavolo ci è riuscito? Come ha fatto a tradurre termini che nemmeno noi italiani riusciamo a capire senza sbirciare le note a margine? E come ha fatto a conservare la metrica utilizzata da Dante? E soprattutto, come mai quel tizio non è famoso? Vabbè.. mi fermo, mi sa che ho abusato anche troppo di questo spazio e poi finisce che esco troppo fuori tema.

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    4. Ti ringrazio per aver risposto e chiarito una mia curiosità. Mi vedi d'accordo, non cambia nulla su cosa scrivi. La scrittura è considerata un'arte, se vuoi e come tutti i lavori creativi, vorresti riconosciuta la tua figliola ( io la vedo al femminile). Così vale per gli altri mestieri. Non mi sento meno creativa o meno efficiente quando faccio il mio lavoro, che non ha niente a che vedere con la scrittura. Per questo il ruolo secondario, non riconosciuto o firmato col tuo nome è in ogni professione, forse fa più caso nello scrittore perché nell'immaginario collettivo
      è quasi inconcepibile scrivere un romanzo e non vedere impresso il tuo nome. Obiettivamente ci vuole un buono stomaco.
      Infine, sono d'accordo anche con l'ultima parte. ( Caspita, non mi era mai successo di avere così tante idee in accordo).
      Ci sono dei lavori che sono decisamente e obiettivamente fondamentali( importanti lo sono tutti, nessun mestiere è inutile ), che senza non potresti ottenere un buon risultato. Il traduttore è in campo editoriale il più complicato a mio modesto parere. Eppure ha un piccolo posticino, come tu affermi. Io direi che meriterebbe di più. Non mi dilungo più nemmeno io. Credo sia stata importante la tua testimonianza, chi meglio di un "ghost writer" sa darci delucidazioni? Da parte mia, ti ringrazio. Ora non ho più dubbi.

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    5. Grazie Obsidian, il tuo contributo è stato utilissimo, anche perché attingere alla quotidianità per avere esempi pratici può fare capire meglio il senso di questa figura. Quello che io sottolineo è solo il punto di vista: se guardo la cosa dal punto di vista del ghostwriter, trovo che faccia assolutamente un lavoro ordinario che ha scelto per tutte le ragioni del mondo, fosse anche solo per guadagnare tanto (ammesso che ciò avvenga sempre, poi), dunque è normale che lui lavori "per qualcuno" e che qualcuno lo paghi per questo, usufruendo del risultato. Ma se io mi metto nei panni dello scrittore, allora cambia la mia prospettiva. Il ghostwriter fa sempre un lavoro rispettabilissimo, lo scrittore, invece, forse dovrebbe cambiare mestiere: lo si è se lo si fa. Come se io volessi fare il farmacista, ho l'idea rivoluzionaria che aiuterà a combattere un tale virus, me la faccio produrre da qualcuno e dicessi a tutti "il farmacista sono io". Io ho avuto l'idea, ma non ho il "titolo" per rivendicarne la paternità. Intendo dire che o sei scrittore e devi potere scrivere la tua storia, nata dalla tua idea o sei uno qualunque con una buona fantasia che però non può spacciarsi per uno che scrive.
      Ecco il fulcro del mio discorso.

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    6. Il lavoro del traduttore è diverso: sì, è vero che dipende dalla sua preparazione e dalla sua bravura la perfetta aderenza del testo tradotto a quello originario, ma è un lavoro di reinterpretazione, che deve avvalersi di strumenti ben precisi: la conoscenza dello stile dell'autore, del suo mondo, del sentire della terra da cui proviene (pensiamo alla difficoltà di tradurre dal giapponese,ed esempio, dove la cultura richiede un'attenzione particolare nell'uso di termini o espressioni). L'opera, però, è di chi l'ha scritta e poi il nome dei traduttori nelle varie lingue in cui essa è riproposta è noto perché viene chiaramente indicata. Del resto, non ci sarebbe motivo di nascondere l'esistenza di un traduttore: è, appunto, una traduzione, non una scrittura ex novo.

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  19. Grazie per l'accoglienza.

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  20. In linea di principio mi dico: in fondo anche lo stilista idea i modelli e poi li dà da eseguire ad altre persone, e può capitare che una persona abbia una storia bellissima da raccontare ma non si senta in grado di scriverla; non c'è niente di male. In pratica, però, mi sembra ignobile che una persona possa mettere il proprio nome su una storia che non ha scritto, mentre il vero scrittore non viene nemmeno nominato. Come minimo il nome del ghost writer dovrebbe comparire vicino a quello dell'"autore". Anche come lettrice mi piacerebbe sapere da che mani proviene ciò che leggo. Come autrice mi sembra che siamo legate a filo doppio, io e la storia; non vorrei mai che ci mettessero le mani altri (editor escluso). Una volta ho provato la scrittura a più mani, e trovo terribile anche quella!

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    1. Lo stesso principio si attua in ogni settore. Ho lavorato anche nel ramo sartoriale ed è come dici. La sarta lavora dietro le quinte, lo stilista esce con la sua collezione sartoriale,eppure senza sarta non esisterebbe la sua collezione. Questo vale in altri mestieri.
      Tornando alla scrittura invece la penso in maniera opposta ma è normale pensarla diversamente, ognuno la vede come crede. Il ruolo dell'editor,per me è importante e, sinceramente è un sostegno non indifferente. Vorrei questo appoggio, non me la sentirei di pubblicare qualcosa di grande senza essere sostenuta.Ovviamente dipende cosa devo pubblicare, Per un articolo, un racconto ad un concorso non ne ho bisogno. Io invece vorrei trovare un compagno/a di scrittura per cimentarmi a quattro mani, anche solo per capire alcune cose, In privato lo avevo confidato e ne sento l'esigenza per una mia crescita personale. Chiaramente deve esserci un affiatamento non indifferente. Sarà che a me non vedo la scrittura solo come un atto solitario ma anche come un gioco di squadra. Diciamo che ho anche l'anima da redazione giornalistica. O sarà che mi piace sperimentare, non do nulla per scontato o prefissato.

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    2. Se io so scrivere, magari ho anche pubblicato altro, forse, potrei capire la necessità di rivolgermi a qualcuno che come me sa farlo e ha il tempo che, invece, mi manca. E lì, dovrebbe poter essere quasi obbligatorio associare al mio nome famoso quello di chi non lo è, ma ha fatto il lavoro al posto mio. Purtroppo, però, in questo modo verrebbe meno il presupposto per cui un ghostwriter è appunto un ghost. Allora mi appellerei all'onestà morale di chi sa quanto sia importante scrivere una storia che funzioni e di quanto sia onesto potere dire: "non è opera mia".
      Adesso, ogni volta che leggo un libro, mi chiedo: "ma lo avrà scritto lui/lei?" E avere questo dubbio mi infastidisce.

      Scrittura a quattro mani? Una volta mi è stata proposta, ma ho rifiutato: per me è impossibile amalgamare in un unico contesto stili, linguaggi, voci totalmente diversi. Altrimenti bisognerebbe trovare una scrittura simile alla propria, ma anche in quel caso fondere le idee e farle camminare su uno stesso binario sarebbe un impegno molto pesante.

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    3. Il rapporto con l'editor è prezioso, infatti lo avevo escluso dal discorso. In quel caso non si parla di interferenza con l'autore, ma di collaborazione fondamentale. Naturalmente molto dipende da quanto sono validi l'autore e l'editor.

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  21. Non lo so, Marina. Forse è un mio bisogno scrivere almeno una volta a quattro mani. È, evidentemente, una conferma che cerco. Indubbiamente faticoso ma prima o poi so che lo farò.

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    1. Fai benissimo, Tiziana. Se è un bisogno, perché non assecondarlo? Magari è un'esperienza che vale la pena tentare. :)

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    2. Credo proprio di sì. Il difficile è trovare il compagno/a giusto/a con cui hai un forte feeling. Non solo, che abbia la stessa voglia e determinazione per arrivare ad un unico obiettivo. Ci sono pro e contro che avevo già preso in considerazione sulla scrittura a quattro mani.
      Bene. Chiudo questa parentesi. Era solo un aggancio al commento di Grazia. Interessanti entrambi gli argomenti.

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  22. A "non era un politicante in cerca di consensi" sono caduta dalla sedia!

    Comunque sono arrivata al tuo blog per caso e mi è piaciuto molto, mi sono aggiunta ai tuoi lettori fissi!
    Un bacio, Luisa

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    1. Grazie Luisa, benvenuta in questo blog e tra i miei followers! :)

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