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martedì 30 maggio 2017

Tra le mie letture, una favola "morale"


È un periodo intenso di letture, questo. Seguo consigli, attingo a suggestioni altrui, negli ultimi tempi mi sono dedicata anche a cose diverse, ben lontane dalle mie consuetudini librarie. 
Forse è per dare una bella sferzata alla noia di cui vi ho parlato che ho deciso di rivoluzionare il mio sistema di lettura tarato sulle stesse impostazioni da anni e mai rivisitato, tranne qualche eccezione: mainstream, solo mainstream, accompagnato a una lettura classica. 
La lettura classica resta (su quella non sono previste deroghe), ma ho aperto porte nuove e sono entrata in mondi diversi: un thriller (è il libro di un'esordiente), tre testi teatrali (ho letto in due giorni Casa di bambola di Ibsen, La locandiera di Goldoni, Così è (se vi pare) di Pirandello), un erotico (alla fine ho mantenuto la promessa fatta a Erica Mai), ma una lettura, fra queste, mi ha sorpreso più di tutte: è una favola moderna, anzi un canto anarchico (detto con le parole dell'autrice), scritto da una donna sui generis, una raffinata provocatrice, sfrontata, dissacrante, anticonformista; una scrittrice, giornalista e sceneggiatrice, che non esita a definire turpe e osceno l'uso del denaro, anzi stupida, bieca, ignobile, noiosissima la mentalità per cui il denaro compra tutto. 
Anche i bambini.

Il libro ha un titolo che dice tutto, "Non mi vendere, mamma" e porta la firma ironica e sferzante di Barbara Alberti.


La pagina che precede l'inizio del libro è una voce fuori campo, un'avvertenza che il narratore rivolge ai lettori:

Io non sono uno qualunque, uno di quei pettegoli che raccontano una storia per sentito dire, senza aver mai conosciuto i personaggi. No, io c’ero, ed ebbi una parte non secondaria nella vicenda. Pur avendo un debole per la protagonista, prometto di essere rigidamente obiettivo nella narrazione dei fatti (ma che sto dicendo? Ma figuriamoci). Postilla: se narrerò le mie gesta in terza persona non è da ascrivere a superbia, ma a fine modestia.

È la voce di un bambino che ancora non è venuto al mondo.

Che accade quando sei ricco e puoi permetterti qualunque cosa? Che ti basta offrire il tuo denaro per ottenerla.
Che accade quando sei povero e la vita ti ha regalato le peggiori esperienze? Che fai di tutto pur di avere un destino diverso.
E quando le opposte necessità si incontrano, che accade?
Accade che il denaro si sostituisce alle vite di tutti, imponendo delle regole che hanno il sapore della libertà e invece generano un'ulteriore schiavitù.

Asia è stata abbandonata dalla madre e vive in un orfanotrofio dove conosce Lillo, un furbetto senza onore che la trattava bene o male a capriccio, dosando il suo potere. Cosa che farà anche quando i due saranno cresciuti e, uscendo dall'Istituto, andranno a vivere insieme.

"Lillo grande era come Lillo piccolo, buono a nulla e capace di tutto (...)
Si ostinava a fare il delinquente ma era negato. Non gliene andava bene una, e poi la faceva scontare ad Asia. Pappone per debolezza, la mandò a battere, a rubare, quello che capitava. Bugiardo, piagnone, infedele, era abile nel farsi compatire per le sue malefatte. Architettava piccole truffe, piccolo commercio porno in rete, piccolo spaccio. Tutto piccolo, come lui."

Un bel giorno, la svolta nella loro vita:

"Lilla la portò davanti al computer. Sul sito della maternità surrogata, due coniugi americani offrivano 150.000 euro a una ragazza che “ospitasse” il loro figlio."

È di questo che parla il libro: di maternità surrogata, perché, per coprire i debiti, Lillo offre "in affitto" l'utero di Asia a una coppia di ricchi (notare bene, non a caso i coniugi si chiamano Trump), che assoldano una sottoproletaria per fabbricare un figlio senza disturbo.

La cosa che mi ha affascinato del libro è che una tematica così importante non abbia dato vita al classico drammone, ma a una fiaba moderna raccontata con la brillante ironia di Barbara Alberti. E della fiaba questa storia ha i toni e le caratteristiche: il linguaggio è frizzante, con tratti di comicità che divertono. Basti dire che la clinica dove Asia viene ricoverata fino al giorno del parto si chiama Brüder Grimm e che il ginecologo e la psicologa sono rispettivamente il Doctor Hansel e la Doctorin Gretel
Con la risata spontanea che la parlata della dottoressa suscita si rientra nel problema e il riso diventa amaro. Quando Asia le racconta di essersi emozionata nel sentire i calcetti del bimbo,  dentro la pancia, lei le risponde con l'esperienza:
–Io fatto copiose maternità surrocate, ma mai fisto un tale itillio! 
E spiega l'emozione della ragazza con la legge di Pavlov:
–Riflesso contizionato. Come tu pensi di manciare e declutisci, cosí emozione calcetto, apparente. Kiaro? 
Vedendola perplessa continua negli esempi:
Ki tà la vita? Ciardiniere ke pianta la pianta, o terra? 
–Anche la terra –disse Asia, e dallo sguardo della psicologa capí che la risposta era sbagliata. 
–No. Terra solo custotisce. È seme ke krea. Ezempio piú facile:
tu sei una calleria, treno passa tentro, poi esce. Ke importa a calleria di treno? Ke passa merci, o TAF, o recionale, nulla a lei kampia. Treno va, e fiene. E tuo treno passa una folta sola.

Ecco cos'è la maternità surrogata: un esempio meccanico nella bocca di un medico con il compito di fare guarire da un abbaglio la giovane madre, che una notte viene svegliata di soprassalto da una vocina:

–Ma che sei scema, mamma? Ma che davvero mi vuoi dare a quei due?"

È lui, il vero protagonista della storia, il bambino non ancora nato: Chico.

Chico è sfrontato, è anarchico, è onnisciente: sa tutto finché è nella pancia. 
"Dopo, appena esco, non saprò più niente."

Chico si ribella: "io, coi Trump, non ci voglio stare. Tienimi con te. Non mi consegnare a quei mostri." e se le inventerà tutte pur di convincere la mamma vera a non essere consegnato nelle mani di due estranei: "Non vogliono un figlio, vogliono un erede della loro fortuna."

Il messaggio morale viene fuori, chiaro, da un dialogo che stringe il cuore:

- Ma che vuoi tu, che non sei manco figlio mio?
- Vaglielo a dire, al corpo. Vaglielo a dire, all’anima. Ma come, mi tieni nove mesi dentro di te e poi chi s’è visto s’è visto? Mi dai via? Io non sono in prestito! Che brutto tiro… concepito per essere venduto. Io e te siamo una cosa sola, respiriamo insieme…"

Già, perché un figlio è di chi lo genera e la maternità surrogata non è un gesto d'amore

Lo ribadisce la Alberti in più di un'intervista e in una, in particolare, cita un film molto bello di Kurosawa, "Sogni", diviso in otto episodi. In uno di essi, un uomo cerca di dissolvere la nube tossica prodotta da una centrale nucleare, travolta dalla lava di un vulcano, e lo fa sventolandole contro il giubbotto. La scrittrice sfrutta questo esempio per spiegare l'importanza del suo libro rispetto alla bestialità nella quale viviamo: 
è questo sventolare di giacchetta davanti alla nube tossica, cioè nulla. Cioè tutto, perché la poesia è tutto.

E la nascita di un figlio è la poesia che molte donne non sanno ascoltare.

59 commenti:

  1. Ma un testo più tranquillo? :-)
    Non sei interessata alla trasmutazione metallica nella formazione dei graniti?
    Potrebbe interessarti, se davvero vuoi esplorare nuove letture...
    Però ti avverto: occorre un'apertura mentale non da poco. :-P

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    1. Ma il bello dei questo libro è proprio quello che ho detto: non c'è pesantezza, solo una condanna specifica che mi vede personalmente d'accordo, trattata con leggerezza, non con superficialità, però. C'è del realismo magico, un mare di citazioni colte, spesso illuminanti. Non lascia col groppone in gola.

      E poi la trasmutazione metallica di cosa? Già ho deciso di imbarcarmi nelle cinque equazioni che hanno cambiato il mondo, non vorrei esagerare con le follie! 😄

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  2. Argomento molto spinoso.
    Personalmente sono contrario a certi eccessi come il parto surrogato in cui la "donatrice" mette a disposizione il proprio ventre e anche il proprio ovulo per un'inseminazione artificiale col donatore che la paga affinché lei metta al mondo il figlio e poi rinunci istantaneamente alla potestà genitoriale (metodo usato fondamentalmente dalle coppie omosessuali nei paesi in cui la legge lo permette).
    Nel caso in cui il "richiedente" è una coppia marito-moglie e il motivo della surrogazione è che la moglie non sia in grado di sostenere un parto, tanto è vero che l'ovulo fecondato sarebbe appunto suo (la partoriente presterebbe solo il ventre, geneticamente non ci sarebbe nulla di suo nel nascituro).
    Che dire? In un certo senso è un argomento di fronte al quale mi sento estremamente confuso, perché se ho la certezza assoluta che una coppia omosessuale non può avere figli (e quindi in quel caso è una forzatura) una coppia eterosessuale bloccata solo da problemi di salute della moglie, come va giudicata?
    ... sono in difficoltà, giuro.

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    1. Io ho le idee chiare, in merito ed esprimo tutto il mio disagio di fronte all'idea che si possa ricorrere a un'aberrazione del genere anche solo per sgravarsi dalle implicazioni che su una donna ha una gravidanza, come l'alterazione della forma fisica: la Kidman ha avuto un figlio in tal modo per questi motivi. Lo trovo assurdo, quasi immorale. Nel libro l'americana lo fa per le stesse ragioni: non vuole compromettere la sua fama di pin-up. L'Alberti non ha esasperato una scelta, questi fenomeni esistono davvero.
      Va bene aiutare le coppie che non possono avere un figlio, ma fartelo sfornare da un'altra donna, pagarla per questo... il dio denaro compra tutto, ma vendere un figlio e farlo passare come la vittoria di una battaglia verso il progresso sociale e l'emancipaziome è una mostruosità.

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  3. Non giudico il tema, ma dico che Barbara Alberti è sempre molto arguta, mi piace come scrive e sono certa, come tu confermi, che ha saputo dare al libro qualcosa in più! Ottimo. Sandra

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    1. Sì, questo è il primo libro che leggo della Alberti, ho sempre trovato affascinante il suo modo "snervato" ed elettrico di parlare, quando la seguivo nei salotti in cui faceva sentire la sua voce femminista. Quando scrive conferma la sua intelligenza e la sua arguzia. Lei è anche un po' puffa. Ma la porta ancora quella coroncina in testa fatta con la treccia dei capelli? 😀

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  4. Non so. Non è nelle mie corde. Mi è capitato di ascoltare Barbara Alberti in radio (Radio 24, La guardiana del faro), non ho letto niente di suo. L'argomento non è semplice da affrontare e, più di altri, diventa ogni volta un caso a sé. Però, se dovessi scegliere solo con un sì o no, senza argomentazioni e chiarimenti, sceglierei il sì. Sì, sono a favore (anche) della maternità surrogata. Non la sceglierei. Né da "committente" né da "esecutore". Ma non ci vedo (solo) lo sfruttamento di una parte più debole (povera).

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    1. No, non c'è lo sfruttamento di una parte debole, ma l'abdicazione a uno dei fenomeni più belli offerti alla donna dalla natura: la maternità. Lo so che non tutti possono goderne il privilegio, ma ricorrere a una compravendita di esseri umani non mi pare la soluzione giusta per regalare la felicità a persone che non possono avere figli. Mi sembra di dare a una parte e togliere a un'altra: nei fatti è così.

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  5. Credo che variare nelle letture sia un ottimo modo per allargare gli orizzonti. O forse per tornare ad apprezzare le solite, anche se questo di cui parli, non mi sembra affatto male.

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    1. Finora ho fatto ottime scelte. Sono un po' meno convinta del thriller esordiente, ma lì sono condizionata dagli errori che continuoa a sottolineare nell'opera, perché la storia potrebbe essere apprezzabile.

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  6. Sì, ricordo che ne parlammo dell'Alberti, o su fb o qui, senza nominarla. Non sono del tutto in sintonia con il tuo giudizio in merito alla maternità surrogata, se ne potessimo parlare lungamente sono sicuro che i dettagli che differenziano le diverse visioni apparirebbero insignificanti rispetto al grande tema.
    Sottoscrivo assolutamete la chiosa del post: ...E la nascita di un figlio è la poesia che molte donne non sanno ascoltare.
    Per molti motivi non posso che essere concorde. Ovviamente il pensiero va a chi quella poesia è stato in grado di coglierla, svilupparla, difenderla. Recitarla ogni singolo maledetto giorno con gesti semplici e potenti atti di principio e d'amore.
    Bella lettura.
    Super Marina.

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    1. Ovviamente la mia è stata solo una lettura interessante. In questo contesto diventa incidentale il fatto che io sia d'accordo con la Alberti che stimo come scrittrice e come donna, sebbene non sia sempre in linea con le sue idee. La tematica è sì, troppo impegnativa per essere affrontata e risolta in poche righe. Ci sarebbero troppe cose da dire, ma ci fermiamo alle belle suggestioni suscitate dal libro.

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    2. Sì, davvero ampio e impegnativo come discorso. Ad esempio, tanto per affrontare un aspetto della questione, io accetterei la maternità surrogata laddove è possibile prevenire l'aborto scelto da ragazze/donne che manifestano l'intenzione di non tenere il bambino. Sto semplificando ovviamente. È inevitabile trattandosi di un commento su un post. L'aspetto economico della questione lo ritengo comunque ignobile a prescindere, che sia chiaro. In ospedale ho visto con i miei occhi anche innumerevoli casi di aborto utilizzato come fosse un banale contraccettivo, donne con più aborti alle spalle, se in qualche modo si riuscisse a coinvolgerle per destinare quelle creature, invece che a un sacco delle immondizie, a chi se la sente di accoglierle... Non ne faccio una questione morale, semplicemente di valore della vita umana. Io non sono obiettore di coscienza, ritengo che se il mio Stato sancisce come diritto l'aborto è mio dovere garantire tale diritto. Non posso e non devo ergermi a giudice di chi compie un gesto di tale drammaticità, quanto meno non mentre adempio a un ruolo istituzionale (poi quello che penso in cuor mio sono cazzi miei e me la vedrò con la mia coscienza) Trovo scandaloso che lo stesso Stato non promuova, garantisca, alternative accettabili a tale pratica. La Donna, come sempre, è lasciata sola. Nessun vero e fattivo supporto, nessuna garanzia, nessun tipo di aiuto anche semplicemente per far cambiare idea. Francamente, che quattro ricconi grazie ai soldi si permettano il lusso di "comprarsi" un bambino non me ne può fregar di meno. Dov'è la novità? Da che mondo e mondo il danaro compra tutto e tutti. Anche a fronte di leggi severissime troverebbero comunque il modo di fare quello che vogliono. La problematica deve essere capovolta, si dovrebbe agire sulla desolazione di chi si presta come offerente. Se lo Stato deve essere, è, tutela e garanzia, non può limitarsi a indicazioni di massima o a regolamentare dal punto di vista legislativo fenomeni che trovano terreno fertile nella povertà materiale e culturale.
      Anche adesso mi rendo conto di aver semplificato, ho il dubbio di non essermi spiegato oltre che ad aver distolto dalle intenzioni del post.

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    3. Quella dell'aborto è un'altra maglia indigesta, ma per alcuni versi meno incomprensibile: ecco, il rischio è che si banalizzi tutto; come esistono donne che chiedono di abortire come se stessero chiedendo un bicchiere d'acqua, così il mercato dei figli potrebbe essere il capriccio di chiunque.
      Hai detto bene: il denaro compra il mondo. E la tutela della legge dev'essere posta a garanzia proprio di chi pensa che basti la ricchezza per comprare la felicità.

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  7. Non conosco quest'autrice, ma lo stile degli estratti mi piace molto, è fresco e molto spontaneo. Andrò a informarmi un po', e magari leggerò l'anteprima. :-)

    Per quanto concerne il tema, non mi pronuncerò finché non avrò letto il romanzo, perché ciò che io penso non deve influenzare il giudizio sull'opera. Sono infatti molti i lettori che cercano nei romanzi la validazione alle proprie opinioni personali, senza tenere conto del modo in cui un determinato messaggio è stato veicolato. Per esempio, questa è la classica tematica che tu definiresti "ruffiana", in quanto tratta di un argomento d'attualità "caldo", se non esprimesse un'opinione con cui sei d'accordo, non credi? Io però vorrei riuscire a trascendere me stessa ed essere onesta al 100%, cosa che senza aver letto il libro non sono in grado di fare.

    La mia posizione nei confronti della maternità surrogata è identica a quella che ho nei confronti dell'aborto: sono eticamente contraria, e personalmente non farei mai una cosa del genere, ma ritengo che ogni essere umano abbia il diritto - laddove la legge lo consente - di disporre del proprio corpo come meglio crede. Quindi posso trovare aberrante che una donna "venda il proprio utero" o che un'altra lo affitti perché ha paura di ingrassare con una gravidanza, ma se trovano un accordo e non violano la legge io non sono nessuno per giudicare la loro scelta di vita, né per interferire con il loro karma. Molte delle donne che si dedicano a questa pratica non sono infatti delle poveracce, ma donne consapevoli di ciò che fanno, proprio come le escort laureate che si svendono per non finire nei call-center a 2 euro/h.

    Per quel che riguarda il ricorso alla maternità surrogata da parte di coppie omosessuali, il discorso è diverso, ma se ora inizio a parlarne non finisco più...

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    1. Davvero pensi che io abbia apprezzato il libro perché ho cercato e trovato la validazione di una mia idea personale? A me il libro è piaciuto per il modo in cui un tema così difficile è stato affrontato, perché come ho scritto non è una storia pesante che affronta tutte le problematiche sottese al dibattito caldo, ma una piacevole favola con dei risvolti persino comici, il linguaggio è visionario, è stata una simpatica trovata con cui la Alberti ha fatto sentire la propria voce. Che poi coincida con una mia idea è un altro paio di maniche. Il tema è ruffiano quando serve a qualcuno per attirare l'attenzione, l'Alberti non ne ha bisogno, credo. E io ho letto la Alberti perché lei mi piace, non perché ha parlato in certi termini della maternità surrogata.

      Venendo all'argomento, ho sempre l'impressione che con la scusa della libertà nelle scelte si faccia passare come tollerabile qualunque cosa, anche la più innaturale, come la compravendita di un bambino e invece dei "paletti" sarebbero utili per evitare che tutto possa essere considerato normale sol che ci sia una legge a legittimarlo. Se ci sono azioni deprecabili vanno condannate, non giustificate nemmeno in nome della libertà. Ma io ho opinioni estreme, si sa. :)

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    2. Se devo essere sincera sì, un po' lo penso, perché tu critichi sempre i prodotti che affrontano temi caldi. Dici che alcune cose sono scritte per attirare l'attenzione, ma si tratta di una percezione soggettiva. Secondo me sono le storie commerciali a essere ruffiane, e chi si assume la responsabilità di affrontare un tema controverso ha il coraggio, e un gran pelo sullo stomaco. :-)

      Per quanto riguarda la questione "morale", io non sono né iper-tollerante né garantista, perché ci sono tante cose che non mi piacciono, e continueranno a non piacermi. Proprio ieri un'infermiera mi raccontava di quante ragazzine vadano ad abortire in ospedale accompagnate dalle madri, e per me è abominevole che una pratica estrema venga considerata una sorta di anticoncezionale. D'altro canto, però, riconosco che, se a compiere l'azione è una persona consapevole e matura, l'aborto può essere una conquista, e mettere la donna (per esempio che ha subito violenza) al riparo da situazioni spiacevoli.

      La parte finale del tuo commento può essere condivisibile per quanto concerne l'innaturalità della pratica (ma allora lo sarebbe anche trapiantare un organo) ma non apprezzo molto l'espressione: "se ci sono azioni deprecabili vanno condannate", dove intravedo un po' di arroganza. Dobbiamo infatti ricordarci che noi non siamo il centro del mondo, e il nostro punto di vista non è legge. C'era un tempo in cui era considerato deprecabile anche sedersi vicino a una persona di colore sul tram, oppure divorziare, far votare le donne, e scegliersi il marito da sole. C'era un tempo in cui gli omosessuali venivano messi in prigione. E adesso certe cose non solo sono consentite, ma sono anche dei diritti sacrosanti, nessuno si permetterebbe più di contestarle. Questo ci fa comprendere che qualunque opinione (comprese le mie) sono infinitamente piccole, davanti al progresso della storia. :-)

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    3. Ti concedo il riconoscimento di un mio pregiudizio: che i temi "caldi" siano ruffiani, ma come ti dicevo, questo per me non lo è (la struttura di favola moderna mi ha incuriosito e affascinato più del tema.) Poi, può essere pure che ci siano temi caldi ruffiani che mi interessino più di altri: ho escluso di potere mai leggere un libro con protagonista un cane che mi è stato regalato, mi stanno sulle palle tutte le storie sui gay, la maternità surrogata è, invece, un argomento che mi piace. 🙂

      Sull'aborto ci siamo confrontate in altre sedi e mi pare che si fosse sostanzialmente d'accordo. (Cioè mi sono rassegnata alle giustificazioni che stanno a monte della battaglia, costringendomi a trovare un perché plausibile a una pratica tanto orrenda)

      Cioè, dici che maternità surrogata e trapianto di organi siano equiparabili? Figlio=organo? Essere vivente=cosa?
      L'innaturalità ha delle evidenti implicazioni di natura etica, che possono valere quando "si gioca" con un figlio, non quando si utilizza un organo per garantire la vita di una persona.

      Stai di nuovo usando un forte pregiudizio su di me, anzi sulle mie idee e ti domando ancora: perché pensi che io voglia sentirmi al centro del mondo e fare sembrare il mio punto di vista legge? Ho solo espresso in totale libertà ciò che penso: da che mondo è mondo ci sono i sostenitori di una tesi e i loro oppositori e ognuno motiva le proprie posizioni come vuole. Io non sto imponendo a nessuno il mio modo di vedere la faccenda, lo fai tu definendomi arrogante.
      Fra cinquant'anni, tutto ciò sarà normale e io sarò una di quelle che ha ritenuto deprecabile una cosa che passerà per essere normale. No problem: fra cinquant'anni, tanto non ci sarò più! 😛

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    4. Far entrare un bambino in un utero in modo innaturale, è come spostare un organo da un corpo a un altro, farsi togliere l'appendicite o un dente, e circoncidere. Con ciò non intendo paragonare un bambino a un organo, ma evidenziare che si tratta di interventi che prevedono una sorta di manipolazione della natura, a prescindere dal fatto che avvenga per curare o meno. Sai che non amo l'espressione "contro natura" (che tu qui non hai usato, te ne rendo atto), perché la trovo ipocrita: nel mondo occidentale non c'è nulla di naturale, quindi di cosa stiamo parlando?

      Ti chiedo di considerare il concetto di "dono" da un punto di vista omnicomprensivo. Il bambino non è un oggetto, ed è lui a ricevere un dono bellissimo, il dono più grande che esista: la vita. Ogni persona ha il suo ruolo, su questa terra, e che sia l'anima o un dio a desiderare che nasca, se nasce è giusto così. Per me, dove c'è vita, non può esserci il male. Per questo sono più tollerante con la maternità surrogata che con l'aborto.

      Per quanto riguarda la tua domanda, ti chiedo di contare quanti aggettivi giudicanti tu abbia usato nei tuoi commenti. Non so perché, ma mi trasmettono sempre un'idea di insindacabilità. :-)

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    5. Parliamo di un reato, Chiara.

      Il bambino riceve la vita ma è trattato come un oggetto. Dio dà la vita, ma noi la utilizziamo come merce di scambio.

      I miei aggettivi qualificano un'idea non la persona che sta dietro quell'idea. :)

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    6. Se Dio (parlando dal tuo punto di vista) dà la vita in quel modo, nei paesi in cui non è reato, allora dovrebbe essere accettato, no? :)

      Comunque in questo modo sembro favorevole a una pratica nei confronti della quale, invece, mi sento contraria. Cerco comunque di mettere in evidenza quelle che percepisco come piccole contraddizioni. :)

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  8. Non so. Sarà che non trovo nemmeno questa grande bellezza nella maternità. Poi, come per tante altre cose, è l'uso (abuso) che se ne fa a dare la connotazione. Tu parli di compravendita. Se non ci fosse un compenso, cambierebbe qualcosa? È tutto legato ai soldi? La donazione di organi (non a fine vita) è un gesto di generosità? (Non c'è alcuna vena polemica nè tanto meno di provocazione, vorrei solo potermi confrontare con te perché ti vedo molto decisa sulla tua posizione e questo è molto lontano da me).

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    1. Scusami, siccome è un tema a molto caro, direi che la donazione degli organi esula sempre dal contesto della compravendita, non scherziamo neppure. Se parli di illegalità, è altra questione.

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    2. Lo intendevo in questo senso.

      Posso donarti un rene, per scelta, senza compenso, per farti stare bene. È la stessa cosa se ospito un embrione nel mio utero e poi ti do il bambino? Oppure se ti do il mio "uovo"? Se non c'è una compravendita possono essere assimilate le due cose? Scusate la semplificazione, è per provare a spiegare cosa intendevo. (Il mio commento è comparso qui ma era in risposta a Marina a cui chiedevo proprio perché la vedo così convinta nella sua posizione).

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    3. Non so, Viola, assimilare le due cose mi viene difficile: la donazione di organi è un gesto di amore, di solidarietà, lo dice la stessa parola, è una "donazione": io decido di dare qualcosa di mio, un organo, che è parte del mio corpo, per salvare la vita di qualcuno; nella maternità surrogata, cosa do di mio, un figlio? Perché l'ovulo non mi appartiene, ma facendolo crescere dentro di me sono io a nutrirlo per nove mesi, a ospitarlo non solo nel mio corpo, ma anche nella mia vita. Se non ci fosse compravendita, ci sarebbe una donazione? Cioè io partorisco un bambino che poi amabilmente e filantropicamente regalo? Come un organo, come un oggetto? È inaccettabile.
      E ci tengo a dirlo anch'io, che sto ragionando sulle mie posizioni, ché qui è bandita ogni forma di polemica.

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    4. Lasciamo perdere la questione economica, perché nemmeno a me piace l'idea di "compravendita", e lasciamo perdere anche l'eugenetica, sulla quale mi pronuncerò sotto, ma parliamo di chi decide di mettere a disposizione l'utero senza scopo di lucro: davvero vi sembra una cosa tanto aberrante consentire a due persone che desiderano essere genitori ma non possono (parlo degli omosessuali e delle coppie con problemi oggettivi a procreare, non di chi è fertile ma non vuole ingrassare...) di assecondare la propria natura? Desiderare di dare amore a un figlio non è una cosa aberrante, l'amore è sempre buono, anche quando ti porta a donare una parte di te.

      Inoltre, in Italia, c'è sempre il classico gatto che si morde la coda. Si critica tanto (e a ragione) la maternità surrogata, ma si pongono limiti immensi alle adozioni. Lasciamo perdere gli omosessuali (che dal mio punto di vista avrebbero diritto di entrare in graduatoria con gli stessi parametri di valutazione che si usano per le coppie etero)e pensiamo a quante donne single vanno all'estero a fare l'inseminazione artificiale. Tu che giudichi la maternità sacrosanta e naturale dovresti accettarlo, no? Perché lo stesso discorso non può valere per la paternità? :-)

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    5. "parliamo di chi decide di mettere a disposizione l'utero senza scopo di lucro": una benefattrice, insomma, una donna che decide di mettere a disposizione il proprio utero e nove mesi della propria vita per fare felice una coppia che non può avere figli. Ma come mai queste donne sono quasi sempre, se non sempre, delle povere sventurate cui la vita ha voltato le spalle?

      Non tutto è inaccettabile alla stessa maniera. Esistono livelli diversi di inaccettabilità: l'inseminazione artificiale di donne single è meno inaccettabile di altre pratiche. Perlomeno il figlio te lo porti in grembo tu, lo nutri tu, forma un tutt'uno con te per nove lunghi mesi, a prescindere da chi sia il donatore, non te lo vai a prendere come un prodotto al supermercato.

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    6. Non è vero che sono tutte delle poveracce. Ho analizzato l'argomento, e ci sono state tante donne, anche in Italia, che hanno messo a disposizione il proprio utero. è stato il caso di una madre nei confronti della figlia infertile, o di una donna nei confronti di una coppia di amici gay. Vero che in questi casi precisi c'era una familiarità, e la madre surrogata ha comunque avuto la possibilità di frequentare il bambino, quindi è una situazione diversa da quella gestita in precedenza.

      P.S. tra poco risponderò anche all'altro commento, che ora mi è arrivata una cosa. Nel frattempo collega i dati del tel, che ti ho scritto. ;)

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    7. Sono eccezioni, la regola la fanno altre situazioni innegabili.

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  9. Non ho letto il libro e ho un istintivo orrore per la maternità surrogata, non tanto per il principio (su cui non mi pronuncio, è evidente che ho fatto le mie scelte anche in merito) quanto per il rischio di sfruttamento di donne in condizioni di fragilità e l'implicita andare verso l'eugenetica (se lo devo comprare lo voglio bello e come dico io...).
    Detto questo non posso però che essere in disaccordo con l'idea che un figlio è di chi lo genera e non di chi lo cresce.

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    1. L'adozione è un fenomeno che io giudico meraviglioso, questo sì che è un grande gesto d'amore e non entro in contraddizione con quanto sostengo dicendo che in questo caso è certo che un figlio sia di chi lo cresce. Convieni con me che quello della maternità surrogata è un discorso diverso ed è con riferimento a questo che ho detto che il figlio è di chi lo genera: il rapporto che si crea tra una mamma e la creatura che porta nel grembo è unico, la simbiosi nasce dal primo momento che senti quel piccolo seme che ti cresce dentro. Non puoi separartene e i soldi non possono convincerti a farlo, nemmeno la stupida vanità di mantenere in forma un corpo. L'eugenetica, poi, ecco hai aperto una parentesi: questa è una pericolosa deriva. Se posso chiedere a una donna di prestarmi il suo utero, posso anche pretendere di avere un figlio con certe caratteristiche e poi chissà cos'altro ancora in nome della libertà.

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    2. Ecco: l'eugenetica è un abominio di stampo nazi-fascistoide. Su questo mi trovate d'accordo con voi. Infatti nella maggior parte paesi che consentono la maternità surrogata è vietato esporre delle preferenze. :)

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    3. Ho capito il tuo discorso e, nel merito al tema, ribadisco che ho il terrore della maternità surrugata per come sta avvenendo nella pratica. Ci sono casi in cui è un dono (su cui ho ancora idee contrastanti, ma comunque sempre dono è, giusto o sbagliato che sia), ma so per certo che ciò che va per la maggiore è il pacchetto "tutto compreso bimbo sano garantito" a prezzi modici (sotto i 10000 euro) nell'Europa dell'Est (con una serie di trucchetti per riportare il pupo a casa come proprio). La teoria è un conto, io poi mi confronto sempre con la pratica delle cose. Vi assicuro che certe informazioni non me le sono andate a cercare, se sono arrivate a me è perché c'è un sottobosco molto più frequentato di quel che ci piace immaginare.
      E la pratica delle cose mi fa dire anche di stare attenti al peso delle parole. La pratica delle cose fa sì che un sacco di bambini oggi, per vari motivi (il più frequente che vedo è "il padre naturale si è dato alla macchia") vive con adulti che non li hanno messi al mondo e per loro è importate sentirli come genitori. Mi è capitato il caso di un'alunna che si è battuta per avere il cognome dell'uomo che lei ha chiamato papà da che aveva tre anni. Per i minori allontanati da genitori violenti (e sono più di quanto ci piaccia credere), poi, è essenziale sentirsi figli di chi li cresce e non di quelle persone orribili che hanno avuto il destino di metterli al mondo. Quindi ho capito perfettamente il tuo discorso e, da amica, ti ricordo che su certi temi le parole non solo hanno un peso, hanno anche spigoli che facilmente possono ferire le anime sensibili.

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    4. Mi dispiace, Antonella, essere entrata in una tematica così importante in un contesto leggero come quello di un blog che, tra l'altro, è ben lontano dal combattere battaglie ideologiche.
      Mi dispiace se l'unico messaggio filtrato dai miei discorsi è stato una mia mancanza di sensibilità. Ben lontana anche da questo.
      So bene che a esprimere un'opinione si corrono i rischi che tu così garbatamente hai sottolineato, come quello di usare parole pesanti, ma non mi piace l'ipocrisia della mistificazione semantica.
      Ho fatto un errore, sì: non pensare a priori che parlare di una favola potesse portarmi, alla fine, a espormi in modo così animato su una tematica tanto dibattuta.

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    5. Chiedo scusa anch'io per aver parlato di abominio nazi-fascistoide. Per tutto il resto, mi vedi d'accordo al 100%. :)

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    6. Mi sa che mi avete fraintesa. Quello che intendevo dire è che ci sono frasi che hanno un peso e fanno male anche a prescindere dal contesto, perché è un attimo che siano lette/ascoltate da qualcuno di sensibile.
      Io ho capito perfettamente in discorso di Marina. La frase "un figlio è di chi lo genera" può fare molto male, anche se usata in un determinato contesto e senza nessuna intenzione di ferire (così come molte altre). Volevo solo porre l'attenzione su questo. La mistificazione semantica è un conto, ma noi che vogliamo usare la parola in modo professionale a certe cose dobbiamo stare attenti.

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  10. Io e te siamo una sola cosa, respiriamo insieme.

    Quante volte abbiamo detto e sentito dirci questa frase, sintesi dell'amore tra due esseri? Spero almeno qualche volta.

    I soldi risultano corpi estranei a questa unione, che è gratuita. Poi però ce lo dimentichiamo e iniziamo a monetizzare tutto.

    Brava Marina, questa riflessione, comunque la si concepisca, è un tema da scrittore, scabroso, che ci interroga anziché restare in superficie. Quindi non è per niente politically correct...

    Helgaldo

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    1. Ma cosa siamo diventati se ci sembra normale giustificare l'impiego di soldi per compiere un grande atto d'amore?
      L'amore, per me, ha altri presupposti.
      Sono contenta che tu lo abbia, - mi - abbia capito. :)

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  11. È un argomento molto complesso in cui ho difficoltà a prendere posizione. La motivazione che spinge o costringe a questo tipo di scelta, non è secondaria. Non è uguale chiedere in prestito un utero per problemi di salute o per semplice vanità. La scienza offre una possibilità a chi altrimenti dovrebbe semplicemente rinunciare al proprio desiderio. Questa possibilità ha un prezzo e non intendo quello monetario. Sentimenti, emozioni, morale, sono tutte chiamate a raccolta. Personalmente, faccio tanta fatica a concepire il grembo materno come semplice incubatrice. Per me, sarebbe impossibile rinunciare alla vita che ho sentito scalciare dentro di me per nove mesi e sarebbe altrettanto difficile vedere un'altra donna custodire e dare la vita al mio futuro bambino. Mi sentirei privata di quella relazione unica, di quel percorso fisico ed emotivo che al termine fa sentire già un po' mamma. Mi chiedo però se il mio sentire non possa tradursi in una sorta di egoismo. Se chi accetta di offrire il proprio grembo non abbia motivazioni più altruistiche di quelle che il senso comune è disposto a concedere. E io, che sarei incapace di vedere mio figlio nascere da un'altra donna, che preferirei rinunciare alla maternità piuttosto che così, come devo ritenermi? Non sono certa che l'asticella possa puntare su un valore assoluto. Così come credo che l'aspetto fisico non dovrebbe essere la divinità attorno a cui far ruotare la propria vita. Eppure, ci sono donne che non allattano per non vedere il loro seno perdere tonicità. Ci sono donne che si sottopongono a interventi chirurgici per essere più belle, per non invecchiare. Tutto questo oggi è considerato normale anche dove non c'è una reale esigenza. È da tempo che abbiamo smesso di accettare la natura per quella che è; la manipoliamo in nome della necessità, del benessere. Per molte persone questa opportunità significa vita, felicità. E chi sono io per dire che non è giusto? Non lo dico, infatti. Ringrazio Dio per non essere stata costretta a scegliere.

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    1. Iara,tu mi offri molti spunti di riflessione ai quali posso solo accennare per evitare di rispondere con un comizio.

      "Non è uguale chiedere in prestito un utero per problemi di salute o per semplice vanità."
      La motivazione per me è secondaria; la sostanza resta comunque deprecabile: affittare un utero significa pagare una prestazione. Quale ricerca di felicità può servirsi di un simile metodo?

      L'hai detto tu stessa: il periodo della gravidanza è un "percorso fisico ed emotivo che al termine fa sentire già un po' mamma."
      Appunto. Come rinunciarci dopo nove mesi?

      E tu che saresti incapace di vedere tuo figlio nascere da un'altra donna, che preferiresti rinunciare alla maternità piuttosto, come devi ritenerti?
      Una persona con una morale, anzi una persona normale.

      "Non sono certa che l'asticella possa puntare su un valore assoluto."
      Non deve: la vita è una valore assoluto. La vita di un bambino è un valore assoluto aggiunto. E nemmeno la scienza può toccarlo.

      È tutto imparagonabile Iara: trovo ridicola la chirurgia plastica su donne che non sanno invecchiare, ma preferire un corpo, che comunque il tempo trasformerà, a una gravidanza con la bellezza che essa comporta sotto molti punti di vista (che tu ben comprendi) è fuori da ogni logica.

      "manipoliamo la natura in nome della necessità, del benessere."

      Appunto: manipoliamo, che è un verbo irritante.

      Siamo davvero disposti a tutto, tutto, per avere la felicità?

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  12. Io non avverto neppure la questione morale, ma trovo che sia il buonsenso a farla da padrone. Si tratta anche, nel caso di maternità surrogata, di aprire problematiche legislative non da poco. Penso ai diritti e alla tutela di questi nati. Sono favorevole all'adozione per tutte le coppie che siano degne di essere genitori responsabili, questo sì.

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    1. Usare un bambino come merce dii scambio significa annullare la differenza tra una persona e una cosa, direi che la morale ci sta tutta. Che debba guidare il buonsenso è giusto, che ci siano problematiche legislative è innegabile, ma non è a questo che bisognerebbe trovare una soluzione. È necessaria una sensibilizzazione a certi valori che nessuno riconosce più e trascurare anche quello primario legato alla nascita di un figlio è proprio un inesorabile precipitare verso un disordine etico totale.

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    2. Certo che la morale ci sta, intendevo dire che non arriverei nemmeno a quel punto, mi pare proprio che non reggano le spiegazioni-motivazioni di chi vi ricorre!
      I bambini nati da utero in affitto palesemente non si troveranno nella stessa situazione di quelli adottati, e non credo che sia sufficiente dire che conta "solo l'amore" dato ai figli. Ci sta che in futuro vogliano spiegazioni e reclamino diritti, e sarà un bel problema!
      Non comprendo alla base chi desidera essere genitore e non si affida all'adozione. Poi, che si debba-possa discutere su tempi, modi ecc. relativi a quest'ultima, ok!
      E mi spaventa la questione di una possibile deriva eugenetica, come accennava Tenar!

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    3. Anch'io, per esempio, per combattere una formula così aberrante provvederei a rendere più agevoli le adozioni. Perlomeno aiuterei le coppie in difficoltà con strumenti già esistenti, li renderei funzionali, ma qui, in Italia, cosa vuoi fare funzionare!

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    4. Però, conoscendo almeno un pochino la tua posizione, dalle adozioni escluderesti gli omosessuali, il che non risolverebbe il problema della maternità surrogata. :-)

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    5. Miii, Chiara, pure sugli omosessuali dobbiamo battagliare? 😋

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    6. Il problema delle adozioni, se posso dire la mia, non è, ora come ora, che è difficile arrivare in fondo (è faticoso, ma si fa). È che a)le internazionali costano di più di un bimbo in utero in affitto (taaanto di più)
      b) al 95% i bimbi adottati hanno dei problemi, o cose percepite tali dagli aspiranti genitori (tipo la pelle scura).
      Con la sola eccezione delle coppie omo che non possono proprio adottare, la maggior parte delle persone che accede alla maternità surrogata un figlio adottivo non lo vuole. Sono le coppie che scappano dagli incontri informativi appena scoprono che il neonato sano è una chimera (o quasi, grazie al cielo, ma anche sulla salute della pupattola al momento del suo arrivo c'erano ombre non da poco, fortunatamente sfumate). neonato sano è proprio ciò che la maternità surrogata offre.

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  13. La bellezza delle favole è proprio quella di affrontare temi importanti con leggerezza e ironia. Non ho un'opinione sulla maternità surrogata, a istinto penso che portare un bambino nella pancia crei un legame davvero forte e per questo non vedo la cosa con favore. Se poi penso che sono solo i ricchi a poterselo permettere mi convinco ancora di più...

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    1. Sai cosa mi ha colpito in un'intervista che ho ascoltato di Barbara Alberti?
      Lei dice che la favola è la forma di racconto più crudele che sia stata inventata: che sia per questa convinzione che ha scelto di raccontare una cosa così crudele con uno strumento tanto congeniale? :)

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  14. Conosco Barbara Alberti come giornalista e ne ho una stima immensa. Mi piace come scardina completamente i luoghi comuni e tutte le sue battaglie per i diritti della donna. Ricordo a questo proposito un suo intervento deciso sulla parola "vecchio" di cui andava fiera e sulla sua contrarietà alla chirurgia estetica che altera i lineamenti rendendoli innaturali e privi di espressione. "Io sono vecchia, e me ne vanto. La parola 'vecchio' una volta non era un segno di poco rispetto, ma un termine che indicava la saggezza acquisita con gli anni. Oggi ci si vergogna delle rughe e dei capelli bianchi, e la parola 'vecchio' è un insulto." Per quanto riguarda il tema in esame, anch'io ho un orrore istintivo per la maternità surrogata perché c'è sempre di mezzo una compravendita di esseri umani, ed è ovvio che le parti contraenti non siano sullo stesso piano di parità. Una volta le casate nobiliari compravano i bambini dai bisognosi pieni di figli, se non potevano averne di propri, in modo da continuare la dinastia: il concetto era uguale.

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    1. Pensa, passa per una battaglia progressista e invece è un ritorno al passato.
      Corsi e ricorsi della storia! 🙂

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  15. Molto bella la chiusa del post.
    La tematica è davvero complessa. Al di là di opinioni personali, mi limito a citare il senatore Mancuso (NCD) che ha parlato della "spregevole pratica dell'utero in locazione" per dire che sulla questione ci sarebbe molto su cui riflettere e che quelli che in teoria se ne dovrebbero occupare spesso non sono i più adatti/preparati a farlo.

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    1. In Italia nessuno è adatto/preparato a fare qualcosa; tutto rimane in mano ai dibattiti, ci si confronta su cose fondamentali con le chiacchiere, anche in un blog letterario (ma pensa) e poi?

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    2. Diciamo che finché si dibatte in un blog va bene, ma è quando si fuffeggia su questioni importanti dove andrebbero trattate con serietà che non va più bene. Anche perché spesso si antepone il proprio interesse, o di certi gruppi ristretti, mai quello degli individui.
      Aggiungo anche che un blog ha ormai maggiore serietà di qualsivoglia salotto televisivo. Lì sì che c'è il vero orrore, altro che Dracula.

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    3. Sì, e per i miei gusti ce ne sono pure troppi, di salotti televisivi!

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  16. Sembra un testo molto interessante che affronta tematiche molto delicate e attuali. Non l'ho letto, ma grazie per averlo segnalato. La maternità è un dono, ma anche un impegno. L'adozione è un gesto nobile.

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    1. Grazie, Giuseppe, soprattutto per avere dedicato il tuo tempo ad aggiornarti su tutti gli articoli precedenti.
      Sul libro ho detto tutto quello che avevo da dire. Sul tema anche! 😋

      La maternità è l'impegno che leva dieci anni di vita in pochissimo tempo, ma anche quel dono che sa restituirne venti. ☺️

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