Van Gogh - vaso con zinnie |
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Era un sabato e io stavo studiando per un’interrogazione. Avevo a disposizione il fine settimana per mettermi al passo con un paio di materie, trascurate a causa di un’influenza. Incombeva la fine del II quadrimestre e io ero rimasta indietro di latino e in italiano dovevo recuperare alcuni capitoli sul Romanticismo: avevo il tempo, ma la volontà era scarsa. Cincischiavo seduta davanti ai libri aperti. La mia scrivania era situata all’angolo della stanza, tra la finestra e il balcone: facile distrarsi guardando, fuori, il movimento di macchine e gente, anche se io fissavo il cielo, perché mi piaceva di più affondare lo sguardo nel bianco spumoso delle nuvole, in una giornata di primavera in cui avrei voluto andare a zonzo con la mia amica, in motorino, anziché studiare.
Ero immersa in quello stato di totale abulia quando qualcuno aprì la porta della mia camera; mi voltai ed era mio padre che, senza dire niente, entrò e poggiò sul pianoforte un bicchiere di vetro con delle margherite gialle dentro. Mi guardò soddisfatto, mi disse che le aveva raccolte di ritorno dalla campagna. Non erano tante e gli steli erano stati accorciati, ma anche così avevano qualcosa di poetico, mi misero subito di buon umore. Lo ringraziai, pensai: “mio padre mi ha portato dei fiori” e con un sospiro compiaciuto tornai sui libri...
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La voce del fioraio - “Signora, glielo faccio un mazzo di queste splendide zinnie?- mi riporta alla contemporaneità. Il flashback ritorna a occupare il suo spazio nelle retrovie del pensiero.
Quando vado a trovare i miei genitori (a Roma ormai da un anno) salgo in metro e scendo alla penultima stazione della linea A; poi percorro un breve tragitto in autobus, fattibile anche a piedi: sono circa tre chilometri, che non mi spaventano, abituata come sono a camminare tanto. Ma in estate, col caldo, preferisco aspettare l’892 o l’889, che passano con frequenza giubilare: ormai ho stretto un legame affettivo con un albero, solitaria sentinella della pensilina, al quale mi appoggio tutte le volte: mi pare che incassi con pazienza la mia ansia e il nervosismo da lunga attesa.
Il televisore è acceso. Nel primo pomeriggio trasmettono programmi di scarsissimo rilievo, quasi sempre incentrati su una tragedia, che evidentemente soddisfa la curiosità morbosa di qualche spettatore, non quella di un uomo chiuso in un mondo tutto suo, dove vorrei entrare anche solo per pochi attimi, per capire cosa si prova in quello stato e per afferrare i pensieri che attraversano il reticolo di nervi e vasi sanguigni sfibrati di un cervello che ormai fa fatica a coordinare tutto.
Mio padre è seduto nella sua poltroncina, incurvato in una postura scorretta, come se a piegarlo fosse la vita stessa, che gli ha fatto il brutto scherzo di allentargli tutti gli stimoli cognitivi. Ha gli occhi sullo schermo, lontani dal mostrare interesse verso ciò che sta guardando, ma pronti ad aggrapparsi a quelli di chi gli parla e vorrebbe, invano, ricevere da lui una risposta. Sembrano occhi che chiedono aiuto, ma io so offrire in cambio solo un sorriso: “Papà, come stai?”
Mio padre aveva molteplici interessi. Era un grande collezionista, teneva rapporti con altri appassionati di francobolli e numismatica attraverso le piattaforme on line di commercio: gestiva un account ebay con una maestria invidiabile e il suo canale vantava un feedback molto positivo quanto a competenza e affidabilità. E poi, alla sua età, sapeva maneggiare, con l’abilità di un informatico, il software Photoshop di Adobe: si divertiva a creare dei fotomontaggi pazzeschi.
Ogni giorno, di buon ora, si recava in macchina alla Strata ‘a foglia, il mercato ortofrutticolo più antico di Caltanissetta e rientrava carico di frutta, verdura, di funghi (che adorava), di olive (che condiva come piaceva a lui), di “vavalùci” (le lumache, quando le trovava) e usciva di nuovo, spesso per adempiere a tutte le varie incombenze burocratiche: bollettini da pagare, ricette mediche da richiedere... Poi, quando terminava le attività fuori casa, concedeva un lungo lasso di tempo ai sui hobby: il computer acceso, i cataloghi di francobolli sempre aggiornati, l’agenda sulla scrivania piena di appunti, date, indirizzi.
Era un uomo preciso e organizzato.
Era un uomo sereno.
Difficile rassegnarsi al fatto che una malattia neurodegenerativa possa averlo progressivamente privato delle sue capacità e allontanato per sempre dalle abitudini del vivere quotidiano.
Allora sapevo che le margherite di mio padre, in quel vaso di fortuna riempito d’acqua fino all’orlo, non sarebbero durate a lungo, perché è la natura a volerlo: la bellezza ha una scadenza, come la vita. Ma me le sono godute giorno dopo giorno, mentre erano là per me, ad abbellire un angolo della mia camera.
E anche adesso, a distanza di quasi quarant’anni, interpreto in modo analogo questo senso di caducità: mi godo la presenza di mio padre, ancorché muta. Io e lui, nella stessa stanza, davanti a un televisore acceso. In silenzio.
Sul tavolo, un vaso con un mazzo di coloratissime zinnie, testimoni del tempo che scorre inesorabile, ma avvicina il presente ai ricordi più belli.
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Bello, tuo padre è anche simpatico, ne hai fatto un bel ritratto
RispondiEliminaGrazie.
EliminaBrava Marina mi hai commossa!!
RispondiEliminaGrazie.
EliminaLe tue parole, belle e commoventi, testimoniano l'affetto per tuo padre. E mi hai riportato a mia madre, morta l'anno scorso, affetta dalla stessa malattia neurodegenerativa. Una sofferenza senza fine: per chi la subisce e per chi tenta, disperatamente, di dare un sollievo umano e spirituale al proprio familiare. Non è la morte in sé a terrorizzarmi - l'ho pure scritto da qualche parte sul mio blog - tantomeno la vecchiaia, ma le modalità con cui la prima, a volte, si nasconde dietro la seconda. E’ quel ritaglio di vita che ti rimane prima della fine: può essere una piuma o una zavorra, un momento di serenità o di afflizione. Ciao Marina
RispondiEliminaRicordo quando hai scritto di tua madre e ho provato una profonda comprensione per il tuo dolore.
EliminaAnch'io più della morte in sé, temo quella che cammina insieme alla vecchiaia: godiamoci il buono e il bello che la vita ha in serbo per noi.
Questa pagina d’archivio è davvero toccante. Ammiro come per te tuo padre sia sempre quello che ti portava le margherite. E nella tua realistica accettazione del decadimento c’è un superamento dell’appassimento dei fiori e della vita.
RispondiEliminamassimolegnani
Ti ringrazio, Massimo, per avere colto appieno il senso di questo post.
EliminaUn bel regalo quelle margherite che sbocciano in un ricordo e in un racconto dolce da cui traspare il grande affetto per tuo padre. Purtroppo queste malattie sono terribili perché ci strappano via le persone che amiamo prima del tempo, ma tuo padre sarà sempre l’uomo tenero che ha raccolto le margherite per te tornando dalla campagna in un caldo sabato pomeriggio.
RispondiEliminaPurtroppo la demenza senile non è reversibile: non guarisce, anzi può solo degenerare. Avere questa consapevolezza mi distrugge e nello stesso tempo mi prepara. Intanto i ricordi belli sono fondamentali: quelli me li tengo stretti.
EliminaTi capisco in pieno, sto vivendo un'esperienza simile con mia madre (anche se con una malattia diversa, che nel suo caso è fisica ma la influenza inevitabilmente a livello psicologico) e anche io cerco di fare tesoro di ogni istante in cui la vedo più partecipe, più reattiva.
RispondiEliminaMi dispiace per tua madre e nel "male comune" so di non essere la sola a vivere un'esperienza del genere. Bisogna avere coraggio, a me aiuta anche la fede.
EliminaQuando toccò alla mia prozia, molti pensarono che la sua mancanza di interessi e hobby avesse innescato la malattia (in realtà fu un ictus e le medicine per salvarla da quell'ictus, dopo vent'anni presentarono un altro conto). Ma tuo padre con i suoi francobolli, e il mercato e pure Photoshop, testimonia che no, non c'è correlazione con la sedentarietà. E' una lotteria alla rovescia, vince la sfortuna.
RispondiEliminaChissà che un giorno il profumo o il colore delle zinnie ti regalino un suo sguardo attento, anche solo una volta. :)
Già! Lo sai cosa ci ripetiamo sempre in famiglia? Ma com'è possibile che sia capitata proprio a lui una cosa del genere? un uomo anche dalla costituzione fisica solida ridotto a muovere appena qualche passo! E puoi cercare tutte le ragioni del mondo (anche noi ci siamo attaccati alla teoria della malattia scaturita da una cura protratta per anni, esattamente da quando anche lui ha avuto un piccolo tia), alla fine tocca rassegnarsi. Mia madre non ci riesce, io devo se non voglio solo immalinconirmi dietro ai ricordi. Quello sguardo attento lo cerco tutte le volte: spero che un giorno accada quello che mi auguri. Sarebbe un regalo per me.
EliminaQuanta tenerezza in questo bellissimo post! Le tue considerazioni finali sulla caducità mi hanno commosso...
RispondiEliminaGrazie, Marina!
Grazie a te.
EliminaCara Marina, ebbi il tuo stesso pensiero tanti anni fa, lì si trattava degli ultimi giorni di mio padre, morente nel suo letto per un cancro che lo ha consumato in pochi anni. Nel guardare il suo corpo martoriato, mentre gli stavo vicino affondando la mano in una delle sue mani grandi, robuste, callose come tutti i lavoratori, pensavo a come sarebbe stato entrare per qualche instante dentro quel corpo per sentire tutto il peso di quel mostro che divora e sfibra. Per entrare nella sua mente lucidissima a differenza di quella di tuo padre - che invece pare stare seguendo lo stesso destino di mia madre - e adagiarmi fra quei pensieri, fra le visioni che diceva di avere in quei giorni fatali. La sua mente vagava fra ricordi e immaginazione, era il suo unico conforto, per lui uomo di grande creatività, buono e pieno di contraddizioni. La vita ci porta inevitabilmente verso lo spegnersi dei nostri cari, che hanno avuto comunque i figli, la nostra generazione, vicini.
RispondiEliminaGià, cara amica, il mio racconto potrebbe racchiuderne chissà quanti altri: ognuno di noi ha vissuto esperienze con i propri genitori, che sicuramente meritano un ricordo. E sono proprio questi momenti che ci teniamo stretti. Senza considerare che mi avvio a essere io il genitore da accudire! 😅
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