Sono le sette. Mio marito deve alzarsi per andare a lavorare. Malvolentieri, sposta il peso del corpo tutto su un fianco, poi lo affida a un gomito puntellato sul materasso, infine si mette in piedi e si avvia verso il bagno come un automa, programmato per lavarsi/sbarbarsi/vestirsi in un quarto d’ora. Puntualissimo, anche questa mattina, mi saluta, mentre io cincischio ancora un po’ a letto e gli auguro una buona giornata.
Pagine
▼
▼
giovedì 26 marzo 2020
venerdì 20 marzo 2020
Pandemia 2020 - Oggi al supermercato vado io!
Il signore che mi precede nella fila indossa un giaccone imbottito. Gli anziani sono atermici, si sa e sorrido, pensando a quanto sia cretina la mia osservazione in un frangente in cui abbiamo tutti le facce sterili, ligi al dovere e attenti che nessuno faccia un passo che accorci le distanze anti-contagio fra noi.
martedì 3 marzo 2020
“Infinite Jest": il mio personale “Samizdat”
È stato già detto tutto sull’infinito capolavoro di David Foster Wallace. Se io, adesso, voglio parlarne non è per ribadire che è considerato un libro cult della letteratura americana contemporanea, monumento letterario progettato per denunciare tutte le forme di dipendenza (da quelle legate all'uso di sostanze stupefacenti, farmaci, alcol a quelle indotte dal capitalismo consumistico), romanzo profetico, precursore del nostro tempo così acriticamente assuefatto ai mass-media e asservito alle logiche del marketing.
Io voglio parlarne per disintossicarmi.
Perché questo è, per me, “Infinite Jest”: una droga.