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domenica 10 ottobre 2021

#RegalamiUnRacconto: Killer vegano


Ho scritto un racconto, qualche tempo fa, con cui ho partecipato a un contest, organizzato dal podcast “Recensire il Recensore”: un tema, una breve storia, un libro in palio, sotto l’hashtag #RegalamiUnRacconto.

Lo pubblico per darvi qualcosa da fare oggi, che è domenica e si ha, in genere, più tempo per le inezie.


Ho vinto questo libro:



e ne sono stata contenta, anche perché mi sono dovuta spremere parecchio per inventarmi una storia che avesse a che fare con un killer vegano.

Ah, occhio al titolo, che è ancora più studiato (e sudato) del racconto in sé .


Buona lettura.


______________


VEGUN


«La messa è finita, andate in pace», disse Don Mario Marianelli, appoggiandosi al parapetto per non inciampare sulla scaletta del pulpito. Alzò gli occhi al cielo e misurò la larghezza dei gradini.

Giù, intanto, lungo la navata centrale, i fedeli defluivano verso il portale della chiesa. Il sindaco Pietro Candela arrancava a causa di una sciatica mal curata. Con il muso ingrugnito da una smorfia di dolore guadagnò l’uscita. Fuori lo stavano aspettando l’assessore all’ambiente, con delega ai servizi cimiteriali, Guglielmo Villani, il farmacista Alessio Daino e l’avvocato penalista Carmine Petri.

Il sindaco rivolse loro un saluto sbrigativo e si guardò attorno. L’assessore Villani cacciò dentro una tasca della giacca ciò che rimaneva del fazzoletto di carta su cui aveva sfogato, durante la celebrazione, la sua allergia e rivolse agli altri un sorriso infradiciato dagli ultimi starnuti. Il dott. Daino seguì l’esempio del sindaco e scrutò la zona antistante con gli occhi miopi stretti in una fessura, maledicendo la distrazione che gli aveva fatto dimenticare gli occhiali a casa. L’avvocato Petri tartagliò il suo “buongiorno” contando mentalmente le ripetizioni della prima sillaba. 

«E dov’è Pinuccio?», disse Pietro Candela con il piglio da boss che gli procurava rispetto in città.

Da una stradina a lato della chiesa, sbucò trafelato il veterinario Pinuccio Scravaglieri:

«Scusate il ritardo, sfiatò, con un filo d’asma e una mano schiacciata su un fianco. «Lo abbiamo trovato. Ci ha pensato l’architetto.»

«Bene. Ci vediamo tutti alla cena di domani. Lui ci sarà, vero?», fece il boss.

«L-lo p-porterò io», disse l’avvocato.

La combriccola si attardò ancora per qualche minuto sul sagrato della chiesa, poi ognuno prese strade diverse.


*****


«Non è colpa mia!» disse Renato Ferrario, serrando i denti. «M’hai provocato tu, figlio de ‘na mignotta!» Un primo fendente mozzò di netto le mani del cadavere. Gli sembrava che, anche da morto, il notaio Diego Cannucciari gli facesse il dito medio. «Quante volte t’ho servito costolette de maiale e bistecche de manzo e tu, invece de rispettarmi, mi prendevi in giro davanti ai clienti. Te lo ricordi, no? Vieni a cenare da me domenica prossima: toserò il giardino nel fine settimana. Gne gne. Testa de cazzo. Come fa un macellaio a essere vegetariano? Non t’è mai entrato ‘na capoccia che so’ vegano, ve - ga - no, capito?» La testa richiese tre tentativi prima di staccarsi, sotto i colpi della mannaia, dal resto del corpo. Renato Ferrario aveva il fiatone. Si strofinò un braccio sulla fronte per asciugare il sudore e una macchia di sangue gli marcò le tempie. «Te la sei cercata, vecchio ‘mbecille corrotto, più del proprietario de sta baracca demmerda che t’ha preceduto nella cattiva sorte. Se un povero animale può essere ucciso e sventrato, puoi esserlo anche tu, che sei un animale come loro.»

Alzò gli occhi invasati sull’orologio alla parete. Mollò la mannaia sul tavolo, buttò i pezzi di carne macellata dentro un paio di sacchi di plastica, chiuse a chiave la porta dello sgabuzzino e salì al piano di sopra a ripulirsi: aveva un appuntamento.

Sul retro del palazzo, parcheggiata nel vicolo, c’era una berlina con i vetri oscurati, che lo stava aspettando. Salì in macchina. L’auto sfrecciò nella notte. L’autista teneva la visiera del cappello abbassata sulla fronte, di fianco a lui un individuo con un cappuccio a punta calato fino al collo, ogni tanto, si voltava a guardarlo. Giunti in un luogo segreto, l’auto si fermò davanti all’ingresso di un tunnel. L’incappucciato invitò il passeggero a scendere.

«P-prego. F-f-faccio s-strada.»

“Un cojone che gioca a fa’ l’uomo nero e balbetta: ma ‘ndo cazzo m’ha mandato quel pervertito di Riccardo Muffato!”

Il corridoio stretto, poco illuminato, culminò in una cripta, dove un esiguo numero di persone con il volto nascosto sotto un cappuccio era disposto a semicerchio. Le fiaccole facevano tremolare alle pareti le loro ombre: sembravano spiriti maligni pronti a inghiottire l’ospite. Non lo dava a vedere, ma cominciò a preoccuparsi. E non portava con sé la pistola. In tasca aveva conservato solo un pezzo di carota, sgranocchiata prima di avventarsi sull’ultima vittima.

Nel silenzio religioso rimbombò uno starnuto. Un incappucciato si girò di spalle, sollevò appena un lembo di stoffa calcato sul viso e strombazzò dentro un fazzoletto. Intanto, uno degli uomini si staccò dal gruppo e zoppicò verso il centro.

«Benvenuto», disse.

«Ch’è sta pagliacciata! Ma dove so’ finito!»

Da una cappelletta laterale si materializzò un altro affiliato. Salì una piccola scala, cauto, puntellando i gradini a uno a uno.

«Lei è il signor Ferr...» Inciampò e  cadde a faccia a terra.

Gli adepti più vicini si precipitarono verso di lui per tirarlo su; uno inforcò un paio di occhiali sopra il cappuccio: si giustificò dicendo di essere orbo come una talpa. L’ospite sghignazzava senza ritegno. Il malcapitato si mise in piedi a fatica e prese posto su una sedia; tirò un lungo sospiro, si sistemò meglio il cappuccio, che gli si era spostato sul viso e, dopo avere rassicurato tutti di non essersi fatto nulla, riprese la parola.

«Purtroppo, non ho un buon rapporto con le scale. Dunque... lei è il signor Renato Ferrario.»

«Presente. E voi, chi cazzo siete, la frangia povera del Ku Klux Klan?»

Sbottò a ridere, ma si diede subito un contegno: l’immobilità degli anonimi incappucciati lo mise in soggezione.

«Adesso il maestro venerabile le spiegherà tutto, se non ha fretta di andarsene», disse lo zoppo.

«Maestro venerabile, daje! E chi se move.»

«Noi siamo i Beati Fratelli Controrivoluzionari», riprese l’uomo seduto.

Chinarono contemporaneamente tutti il capo nella sua direzione.

«Me cojoni», sibilò il macellaio, fingendo di manifestare anche lui un analogo rispetto, piegando il collo. 

«La Beata Fratellanza Controrivoluzionaria è una loggia massonica che sollecita la compartecipazione fraterna per il raggiungimento del bene comune.» 

«Oh, benefattori!»

«Direi che sì, potremmo definirci anche così!» 

«Pure io so’ un benefattore. Andremo d’accordo, allora.»

Intempestivo, un uomo spalancò la porta con una foga che, a momenti, faceva spegnere le fiaccole. Si precipitò dentro annaspando. Quando mandava aria ai polmoni, la stoffa del cappuccio aderiva alla sua bocca come un sudario.

«Scusate il ritardo!»

Lo ignorarono tutti.

«Esattamente, che posso fa’, io, per voi?», disse Renato Ferrario, riprendendo il discorso  interrotto.

«Il nostro intermediario ci ha detto che lei potrebbe aiutarci a risolvere una faccenda molto delicata.»

«Già, Muffato: lui, a scuola era quello bravo. Non per niente è diventato architetto.»

«Lei, invece, sappiamo che è un macellaio... speciale.»

«Ah, Riccardo v’ha anche detto che so’ vegano?»

Gli occhi dei presenti si incrociarono attraverso i fori dei cappucci e un mormorio malcelò la risatina di qualcuno. Il killer non seppe a chi indirizzare il proprio sguardo incendiario.

«Macellaio... vegano?»

«Vegano, sì. Fa strano, ma è una lunga storia: mio padre lascia mia madre per una ballerina di lap dance, se ne va de casa, poi mia madre se mette col macellaro sotto casa che la fa ubriacare e la riempie de botte... L’ho tolto di mezzo, quel bastardo e pure l’amico suo che mi sfotteva e alla macelleria ci penso io, adesso, anche se...»

«Va bene va bene, ma io mi riferivo all’altra sua attività, quella... secondaria

«Oh, certo. Ammazzare gente. È questo che v’ha detto Riccardo? Sono un killer. Un killer vegano.»

«Signori», intervenne a quel punto l’uomo che continuava a tirare su col naso, «vorrei attenzionarvi etciù, sul fatto che, sebbene la faccenda sia stata eeee... tciù - scusate, è la muffa -  discussa e messa ai voti, nell’ultimo nostro incontro, reputo opportuno effettuare una nuova valutazione dei presupposti che hanno portato alla nostra decisione. Etciuuuù

L’incappucciato con gli occhiali passò al socio un fazzoletto pulito, mentre un nuovo brusio si diffuse tra i convenuti.

«Ma ha d-delle ot-time c-cre-denz-z-ziali.»

Il maestro venerabile tirò fuori dalla tasca un foglio. Durante l’enunciazione delle prodezze effettuate, il killer continuò a roteare lo sguardo su tutti gli astanti, gonfio di orgoglio. Aveva ucciso senza pietà, tolto di mezzo avversari politici, amanti; lo aveva fatto per vendetta, per soldi, per sport. E per difendere la sua filosofia di vita, intoccabile, che era l’unica ragione per cui sopportava il lavoro in macelleria. Sognava di avere abbastanza soldi, un giorno, per espatriare e andare a vivere in una foresta a contatto con piante e animali. Sognava di cibarsi di quinoa, avocado, anacardi, soia e di stare nudo, senza pelli, piume o lana addosso a ricordargli lo sfruttamento di ogni animale vivente sulla terra.

«Beh, allora, che facciamo? Mi dite chi devo ammazza’?»

«Calma calma...», si precipitò a dire l’allergizzato. «Non v’è dubbio che lei abbia un eccellente curriculum criminum, tuttavia..., ecco, cari confratelli, reputo opportuno ragionare ancora sopra la faccenda, ritenendo che la cosa migliore sia cercare nuove alternative.»

«Credo che il nostro socio voglia dire che, forse, lei, sig. Ferrario, in effetti, potrebbe non essere più la persona adatta per ciò che vogliamo ottenere.»

«Venerando maestro...»

«Venerabile.»

«Pardon. Venerabile maestro, ma di cosa stiamo a parla’, de preciso?»

«Di un grandioso progetto, realizzato dall’architetto Muffato, che darebbe molto lavoro e una grossa mano all’economia della città: un’azienda agricola a kilometro zero.»

«Geniale. E dunque?»

«L’appalto richiede l’approvazione di una Commissione, che ha difficoltà a offrire l’appoggio necessario. Per raggiungere lo scopo, bisognerebbe smantellare un’intera area del Cimitero comunale e smurare le tombe che insistono su quel territorio. Verrebbero trasferite altrove, naturalmente.» Si schiarì la voce. «Tuttavia, l’assessore alla legalità e trasparenza Antonio Guarneri è piuttosto scettico a riguardo.»

«Capito capito. E perché io non sarei più adatto?»

«Ecco, vede, il fatto che lei sia vegano, suppongo abbia creato del disagio.»

Ci fu un attimo di silenzio, poi lo zoppo, di fronte a lui, lo guardò dritto negli occhi e continuò il discorso al posto del venerabile maestro:

«Si tratta di un’azienda agricola per l’allevamento di suini, con una sezione per l’avicoltura di galline ovaiole  e quaglie.»

Il killer fece un passo indietro e osservò uno per uno gli incappucciati, cercando di penetrare dentro i fori da cui era a sua volta osservato e immaginare le facce di quelle merde capitaliste. Meditò all’istante di fare un discorsetto al compagno di scuola Muffato, una volta uscito da quel posto: come gli era saltato in mente di coinvolgerlo in un affare del genere!

Poi esplose:

«Voi, miserabili consumisti, non siete diversi dalle multinazionali che sfruttano le pore bestie per farci medicine, cosmetici, vestiti... cibo.»

«Ma l’azienda avrebbe a disposizione circa venti ettari coltivati a cereali e foraggi per l’alimentazione sana dei capi. Stiamo parlando della gestione diretta dell’intera filiera, dall’agricoltura, all’allevamento, fino alla vendita diretta, tutto nel massimo rispetto delle norme sul benessere animale.»

«Benessere animale? Benessere animale? State a scherza’, vero?»

Il vegano cominciò a muoversi avanti e indietro nel semicerchio di incappucciati, che, nel frattempo, avevano preso ad agitarsi sul posto.

«Sapete come viene macellato un maiale, eh, c’avete idea? Viene segato in due metà, interiora e lingua strappate e gettate dentro a un carrello; c’è sangue dappertutto che devi st’attento a non scivolare; il sangue gli cola da ogni squarcio, pure dall’occhi e pare che ti guardano per condannarti, pore creature!» 

«Grazie, ci risparmi i dettagli», disse l’uomo con gli occhiali, togliendoseli un attimo.

«Siete tutti matti!», urlò. «Che ne sapete, voi! Io so’ costretto a vivere la sofferenza di ‘sti animali. Ogni giorno riempio le celle frigorifere di carcasse che arrivano nelle vostre tavole, ma io sono semplicemente un esecutore di ordini economici che partono da un mercato fatto di gente degenere. Il vero committente di morte è il cliente, il vero boia è chi si mette la bistecca in bocca... siete voi, che lucrate sulla sofferenza altrui.»

Un paio di incappucciati ruppe le righe allontanandosi con nonchalance. L’ultimo arrivato si addossò alla porta dell’uscita con intenzioni prevedibili.

Il macellaio blaterava infilandosi fra testa e testa, ogni tanto gridava all’orecchio di qualcuno, il cotone dei cappucci assorbiva gli schizzi di saliva.

«La gente deve capi’ ch’ogni volta ch’entra in una macelleria, che beve un bicchiere di latte, che si fa ‘na frittata di uova, che se mette un giubbotto di pelle, condanna a morte esseri viventi che respirano, pensano, certuni c’hanno pure un nome. C’ho un amico che ha chiamato Nicoletta la sua pecora da giardino. Gli indifesi pagano con la vita il vostro qualunquismo.»

Estrasse dalla tasca il tozzo di carota e le ombre alla parete sembrarono una danza sfrenata di teste in fuga.

«Ma che c’avete paura? Ve metto paura? È questo che dovete magna’: ve dovete strafoga’ de verdure, no de carne! E voi sareste quelli che sollecitano la compartecipazione fraterna per il bene comune? Voi sareste i benefattori? Annate a mori’ ammazzati.» 

Colto da un raptus, afferrò dalla punta il cappuccio del venerabile maestro e glielo tirò via.

Il confratello zoppo si dimenticò di avere un problema di deambulazione e infilò l’uscita correndo dietro agli altri.

Rimasto solo dentro la cripta, con l’unico membro della congrega che non si era mosso dalla sua sedia, il killer vegano lo guardò imperturbabile:

«Reverendissimo Don Marianelli!

Quello rimase in silenzio, a capo chino.

«Pardon. Venerabile maestro. Verrò in parrocchia, domani, a confessare tutti i peccati.»







22 commenti:

  1. Carino il racconto e trovo fantastica l’idea del macellaio vegano! In effetti un macellaio può ben capire la sofferenza che viene inflitta a un animale...Tuttavia non ho capito il finale, li fa fuori tutti per poi andarsi a confessare il giorno dopo?

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    1. No no, impossibile uccidere con un tozzo di carota! 😁
      Riescono a darsela a gambe tutti, pure il confratello zoppo. 😉

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  2. “Macellaio vegano”…è un ossimoro così come tutto il racconto che trovo davvero originale. Si stupisce il lettore nel vedere la sensibilità che il macellaio prova nei confronti degli animali uccisi mentre non esita a macellare gli esseri umani. È un racconto che può essere interpretato come una metafora della vita. Ci sono tantissime persone incoerenti che ogni giorno tradiscono gli ideali in cui pensano di credere. Il testo può essere interpretato metaforicamente, però anche se il racconto è estremo, non è così lontano dalla realtà. Hitler, per esempio, era vegetariano, odiava la caccia, adorava i cani, aveva approvato delle leggi per regolare l’uccisione e la macellazione degli animali, per vietare la sperimentazione su di essi. È assurdo, vero? Dal momento che non aveva nessuna pietà quando si trattava di fare orribili sperimentazioni sui bambini. Il tuo racconto mi ha offerto molti spunti di riflessione. Una lettura davvero piacevole e ti faccio i miei complimenti perché scrivi davvero bene. Buon pomeriggio.

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    1. Grazie mille, per l’apprezzamento e per la bella riflessione che ti ha suscitato. Volevo fare emergere questo contrasto: un assassino di uomini che odia gli assassini di animali, come dire non ho a cuore chi si può difendere, ma ho profonda pena per chi non può esercitare tale facoltà (vero, Hitler aveva un cane che adorava: i paradossi della vita!)

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  3. Che bel racconto! MI piace il modo in cui racconti e l'uso del dialetto romanaccio :) Questo racconto cade a fagiuolo: non sono vegana come il tuo killer macellaio, ma da tempo sto riflettendo sulla violenza inaudita che infliggiamo agli animali. Non solo quando li uccidiamo per cibarcene, ma anche e soprattutto quando li alleviamo a suon di spazi ristretti, sporco, sofferenza, antibiotici. Il tuo killer ha un rapporto ambivalente con la violenza. Ma qui esprime un concetto molto chiaro: "Il vero committente di morte è il cliente, il vero boia è chi si mette la bistecca in bocca... siete voi, che lucrate sulla sofferenza altrui.»

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    1. Hai ragione, a me la carne non fa impazzire, ma la mangio volentieri, eppure anch’io, soprattutto adesso, mi vado avvicinando sempre più a preferenze vegetariane, visto quello che si vede e si sente circa gli allevamenti: uno schifo totale, un obbrobrio. Perché l’uomo deve sempre strafare? Perché l’egoismo, gli interessi personali, gli affari, il dio denaro, sono diventati l’unica priorità di chi è totalmente privo di scrupoli?
      Non condivido le posizioni estreme, per dire non voglio sentirmi in colpa se gusto una bistecca, ma almeno gli standard minimi per non lasciare vivere gli animali in certe condizioni, quelli li pretenderei!
      E comunque, tra il serio e il faceto, la storiella è un po’ un concentrato di riflessioni che il tema mi ha ispirato.

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  4. Un racconto scritto benissimo!!! Ma, non so perchè, oltre al tema piuttosto truculento, la narrazione mi sembra percorsa da una sotterranea ma irrefrenabile vena di comicità. Mi sbaglio?

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    1. Non sbagli, Annamaria. Scrivo spasso con questo spirito: buttarla in caciara mi viene spontaneo, perché mi diverte.
      Grazie. :)

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  5. Effetto umoristico grandioso :-D
    C'è anche una citazione ironica dei Beati Paoli, sbaglio?

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    1. Intuizione esatta: ho pensato proprio ala cripta dove si riuniva la setta siciliana. 😉

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  6. Simpaticissimo e paradossale. Bello ridere un po’

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  7. Meraviglioso!!!!
    Come hai ben reso riconoscibili i personaggi fuori dalla chiesa e poi dentro la cripta, così come il contrasto del macellaio-killer-vegano sembra perfettamente coerente nei suoi discorsi. E la comicità, tempi perfetti! Per un attimo ho pensato a Tomas Milian nei panni del macellaio... ;)

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    1. 😁 grazie, Barbara!
      Ho caratterizzato i personaggi in modo particolare proprio per quello, per renderli riconoscibili anche a volto coperto. Sì sì, Tomas Milian è perfetto! 😂

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  8. Mi piace questo piglio raccontesco in salsa romanesca... Daje!

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    1. Daje Darius, il piglio romanesco m’ha preso! 😉

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  9. Vabbè, un killer vegano non è nemmeno così estremo... Dovevi alzare il tiro con un crudista. Un fruttariano. Un cadutista. Un melariano. E se arrivavi al respiriano, lì sì che erano cavoli, per restare in tema vegano...
    Comunque ho conosciuto dei don con le mani più in pasta (e più lerce) del Don Marianelli, sai. E non sono racconti...

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  10. Vabbè, un racconto debordante la tua capacità di scrivere e soprattutto una brillantissima ironia! Chi lo ha premiato ne ha capito il valore e il pregio.
    Bravissima, Marì!!! In particolare hai colto perfettamente l'anima romana.

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    1. Grazie, Luana, quelle rare volte che colgo il momento di ispirazione, cerco di sfruttarlo al meglio.☺️ Il romano mi diverte, credo dia vita a siparietti di naturale ironia.

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