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martedì 28 febbraio 2023

Fuori dalla limousine dopo 45 pagine


Un tempo arrivavo fino all’ultima pagina di un libro anche a denti stretti, nonostante il basso gradimento del testo. Non portare a termine una lettura, per me era indice di scarsa serietà, in più mi dava uno svantaggio: non poterla giudicare in modo opportuno. Piano piano, però, ho capito che questo è un atteggiamento sbagliato, costringersi ad andare avanti, forzando una volontà stanca e distratta, è una punizione che chi ama leggere non può e non deve autoinfliggersi. 

Così ho cominciato ad abbandonare romanzi, anche se per motivi diversi: ho mollato, per esempio, la lettura di Céline, “Viaggio al termine della notte” o di Jonathan Littel, “Le benevole”, perché erano sbagliati i tempi e ci sono letture che vanno collocate nei momenti giusti, altrimenti risultano fuori contesto dentro una quotidianità che le rifiuta; ma ho anche lasciato strada facendo Premi letterari, come la Janeczek de “La ragazza con la Leica” oppure romanzi “cult” come “American Psycho” di Bret Eston Ellis, perché totalmente non in sintonia con le mie proiezioni letterarie e i miei gusti. Ho letto cose impensabili per scommessa, curiosità o per gioco, ma solo per masochismo mi sono autosfidata nella lettura di un romanzo che il caso ha voluto portare in casa mia, a seguito di una discussione nata con mio figlio. Ne ho parlato in un post qualche settimana fa e, poiché sono fedele anche alle promesse che faccio a me stessa, ho cominciato a leggere “Cosmopolis” di Don DeLillo.


Risultato?


Se fino a qualche tempo fa lo scrupolo mi avrebbe fatto arrivare a un massimo di 100/150 pagine prima di rinunciare alla lettura del romanzo poco apprezzato, adesso la noia e l’insopportabile sensazione di non andare da nessuna parte, leggendo, mi hanno tolto ogni forma di tolleranza e non ho aspettato il livello minimo di resistenza: a pagina 45 ho chiuso il libro, senza rimpianto. Evidentemente io e DeLillo non ci prendiamo. Lo avevo intuito già quando lessi (e ultimai) “Zero K”, ma, avendo acquisito anche dei giudizi positivi sulla sua opera, pensavo di offrirgli un’opportunità di redenzione e ho scelto la particolare coincidenza sopra citata per farlo.

Dunque “Cosmopolis”.

Ho parlato dell’insopportabile sensazione di non andare da nessuna parte, leggendo, ma in realtà mi stavo muovendo in macchina, col protagonista della storia, verso un luogo esclusivo: un barbiere. Sì, perché la vicenda parte dal desiderio di Eric Packer, giovane miliardario, di tagliarsi i capelli in un quartiere lontano da quello in cui vive. Da questa premessa parte una tale gamma di singolari eventi che in sole 45 pagine (su 180) mi sono sentita più scema che inadeguata.


In pratica, questo tizio abita in una stanza rotante in cima a un appartamento a tre piani, con 48 stanze. Non riesce a dormire, ci prova stando in piedi nella sua cella di meditazione in una calma senza luna; mette da parte il libro che sta leggendo, nulla esisteva intorno a lui. C'era soltanto il rumore nella sua testa, la mente nel tempo (?)

Sarebbe morto ma non sarebbe finito. Il mondo sarebbe finito. (??)

Poi lo sguardo dalla finestra si allunga su lindi sobborghi al dentifricio (???)

Non capiva cosa voleva. Poi capì. Voleva tagliarsi i capelli.

Oh, bene! Il ragazzo insonne, dopo tutto questo significativo tramestio domestico, capisce che sente il bisogno di andare dal barbiere.

E dunque che fa, non appena spunta il sole? 


Scese nell'atrio di marmo con l'ascensore che diffondeva Satie (io, nella mia ignoranza, ho pensato: sarà un profumo!) Aveva la prostata asimmetrica.

(Informazione buttata a caso, ma che a pagina 34 svelerà il suo perché.)


Eric Packer abita in una torre residenziale, un banale edificio oblungo, che possedeva quel genere di banalità che col tempo si rivela assolutamente brutale. Mi sforzo di penetrare il concetto di brutalità della banalità (di un palazzo, poi!), ma ci rinuncio subito. Dunque sale su una limousine super accessoriata, una macchina che voleva perché non solo era smisurata, ma lo era in modo aggressivo e sdegnoso, metastatizzante, un enorme oggetto mutante che sovrastava ogni obiezione. (Vi prego, aiutatemi a capire il significato dell’ultima precisazione). Lì dentro lo aspetta il capo della sicurezza e dopo un po’, magicamente, si materializza anche l’esperto in tecnologia che è seduto nella solita posa masturbatoria. Ora, non chiederò a qualcuno di voi di illuminarmi in merito, ma ho provato a immaginare e... andiamo avanti.

Nel marasma di macchine, clacson e casino urbano, toh, che coincidenza! in un taxi che affianca l’auto, chi ti va a beccare il giovane Eric? Una donna... che è sua moglie... da 22 giorni. Ed eccola, la frase della disputa letteraria fra me e mio figlio (quella del post citato): 


Lei lo guardò e gli sorrise, sorpresa. Aveva venticinque o ventisei anni, tratti delicatamente scolpiti e grandi occhi ingenui. La sua bellezza aveva una componente di distacco. Questa era una cosa affascinante, o forse no.

Eccolo, il periodo, inserito nel suo contesto e, direi, abbastanza coerente con lo stile, il linguaggio e la bizzarria del testo in cui mi sono imbattuta. 

A parte che, a un certo punto, lei si toglie gli occhiali da sole, lo scruta in volto, lo guarda intensamente, con ferma attenzione e gli dice: “Hai gli occhi azzurri”... e non è finita, perché aggiunge: “Non mi hai mai detto di avere gli occhi azzurri.” 

MUOIO!


Sono solo a pagina quindici e non posso raccontarvi le restanti trenta, ma vi basti sapere che nella macchina, a un certo punto, nel sedile pieghevole, c’è l’analista valutario (in ballo la quotazione dello yen, in un dialogo surreale che scomoda persino i topi), la macchina si ferma e un minuto dopo Eric è nell’appartamento di una donna con cui ha un rapporto sessuale; riprende la corsa in limousine e sul lato opposto della avenue vede la sua esperta di finanza, che sta facendo jogging in pantaloncini e top (sale pure lei in auto, via, che c’è posto per tutti!). Ma, a proposito di “top”, DeLillo raggiunge il top del top della narrazione fino a qui quando un uomo bussa al finestrino: è il dottor Ingram, sostituto del suo medico curante, che lo visita in macchina (ma percheeeé!) Ebbene, dopo un controllo accurato del cuore, regolò il lettino, dimezzandone la lunghezza. Poi gli chiese di calarsi pantaloni e mutande e chinarsi sul bordo del lettino, a gambe divaricate.

Lui obbedì, e si ritrovò di fronte alla sua esperta di finanza.

Non ce la posso fare!

Avete capito? Siamo giunti all’esplorazione del canale rettale per verificare lo stato della prostata (che, lo ricordo, è asimmetrica) e tutto dentro la limousine con autista, capo della sicurezza, esperto in tecnologia, analista valutario... di fronte all’esperta di finanza, proprio mentre per le strade imperversa il caos, lo yen fa le bizze e un rapper viene pugnalato in diretta, durante un'intervista.

Basta, grazie: io scendo subito da questa limousine... e prendo il largo ad ampie falcate. 


Un viaggio che dovrebbe essere tutto una metafora, come dice la critica letteraria è, per me, un tripudio di situazioni senza senso e grottesche. Non  ne colgo lo spirito né, forse, la genialità. 


E per fortuna era solo un ebook, se no sai la fine che gli facevo fare, al libro di mister DeLillo! 


14 commenti:

  1. Sei stata fin troppo brava ad arrivare a 45 pagine. Io non avrei retto di fronte a tanto non senso e vacuità...Grazie e buona serata!

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    1. Sono diventata meno paziente... almeno con le letture. :)

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  2. Ho riso di gusto per tutto il post. In effetti, una cosa del genere richiede stomaco. Spinta dalla curiosità, ho navigato un po' in rete. Di De Lillo abbiamo sempre sentito parlare, è ritenuto uno dei più grandi scrittori americani ed è altresì drammaturgo e sceneggiatore. Sto libro, trovo, è pure diventato un film con la regia di David Cronenberg, presentato al Festival di Cannes, quindi immagino acclamato per essere stato poi in lizza. A quanto pare, tutto il romanzo è questo lungo tragitto per arrivare al negozio di barbiere, a Hell's Kitchen, un quartiere iconico di New York. Nel percorso accadono le cose più assurde, è come un viaggio nella coscienza immagino. Una cosa alla Fellini, alla Sorrentino. Storie che o ami o detesti perché ti fanno venire una cosa alla bocca dello stomaco. :)

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    1. Hai fatto due buoni esempi: infatti io non amo Fellini e nemmeno Sorrentino. Sarà proprio il genere che non è come suol dirsi nelle mie corde. Il film, però, lo vedrei: di solito libro e traduzione cinematografica sono sempre diversi e forse potrei apprezzare, in questo caso, più il film, chissà! Però non me lo vado a cercare: con le autoscommesse direi che può bastare! ;)

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  3. Me lo aspettavo. Questi autori così "metafisici" che vengono esaltati dalla critica in genere vengono lodati dal recensore illustre di turno proprio perché quando un comune lettore dice "Ma che caspita di libro è?" il recensore può intellettualmente guardarlo dall'alto in basso sussurrando con aria di commiserazione "Non è per tutti"...
    Io da tempo ho adottato una politica simile e, ti dico: anch'io ho mollato dopo circa cento pagine "Voyage au bout de la nuit" di Celine. Sarà un capolavoro, ma non mi ha preso per niente.

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    1. Già la frase "Non è per tutti" è un classico! Probabilmente è così, visto le critiche positive di moltissimi lettori (e non dico su questo romanzo in particolare, ma in genere su tutta la produzione di DeLillo)e a me sta più che bene essere fra "quegli altri" esclusi dal gradimento.

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  4. Come sarebbe solo 180 pagine? Non sapevo che DeLillo potesse scendere sotto le 1000! Ho letto Underworld e ti sono vicino XD

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    1. Un romanzetto, si direbbe! :) Intanto io mi sono sparata...quant'è, un buon 25%? Troppo, per i miei gusti! E DeLillo - giuro - non mi vede più!

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  5. A leggere il tuo post penso "Assomiglia tanto alla corazzata di Fantozzi...una cag...."
    Poi però seleziono "Cosmopolis di Don DeLillo, tasto destro, cerca su Google. Su Amazon ci sono gli entusiasti, non è per tutti, gli devi dare il suo tempo, non va interrotto, bisogna assorbirlo. E vedo un'immagine con Robert Pattinson (Edward Cullen di Twilight e ultimo Batman). Spetta spetta, non dirmi che c'hanno fatto un film su sta roba?! Eh si. Che dal trailer parrebbe pure avere un senso. Quindi, appena ho un attimo me lo cerco in streaming, me lo guardo e vediamo se un senso ce l'ha davvero. Però dopo Twilight, anche Pattinson ha un po' deluso... No, non ho ancora visto Batman, per me il solo e vero Batman è di Tim Burton con Michael Keaton. Il resto è fuffa.

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    1. Avevo letto anch'io del film tratto dal romanzo e pure che l'attore è quello di Twilight: di nuovo il campanellino della curiosità mi ha portato a pensare "lo voglio vedere" e forse un giorno lo farò, anche solo per verificare la resa cinematografica. Ho seguito questo metodo anche dopo avere abbandonato "American pshyco" e, per esempio, il film con Christian Bale... (toh, un altro Batman!) non è stato male. Comunque, vai avanti tu: se vedi "Cosmopolis" fammi sapere. ;)

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  6. PS. Ecco il trailer del fil su YouTube :)
    https://www.youtube.com/watch?v=cHlyQexo2Uw

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  7. Caspita, la visita alla prostata in limousine mi ha fatto sbellicare, questo libro mi ricorda un po’ l’arte moderna che non capisco (tipo merda di artista...)
    Comunque come parafrasando Manfredi che parlava del caffè, la lettura è un piacere se non é buona che piacere è? É più che lecito abbandonare!

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    1. Citazione perfetta.
      Mentre leggevo quelle pagine lì, mi chiedevo : ma cosa sto leggendo... ma davvero? Ho capito che il tenore del libro doveva essere proprio quello e continuare con questa follia mi è sembrato - appunto - una follia :)

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