Ogni tanto mi piace tornare a parlare dell’esperienza di lettura più importante della mia vita. Potrei farlo all’infinito traendo spunti da ogni cosa, una frase, una descrizione, un personaggio e adesso con un’analisi ancora più immersiva, dal momento che ho assecondato il coraggioso intento di rileggere per intero “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust.
Sto finendo il quarto libro, Sodoma e Gomorra e di nuovo mi sono imbattuta in una pagina che ora come allora mi è parsa straordinaria.
Quando lessi per la prima volta il brano in questione, lo stupore fino alle lacrime del protagonista si trasferì per direttissima nella mia sfera emotiva e provai un’emozione indescrivibile nell’essermi sentita in sintonia con lo stato d’animo di chi stava vivendo la bellezza di un momento la cui semplicità, ai giorni d’oggi, farebbe sorridere. Essermi trovata a gestire quella parentesi, caduta all’improvviso nel bel mezzo di una narrazione che stava raccontando passo passo le giornate dell’aristocrazia francese, mi ha fatto capire quanto fossi profondamente connessa con il mondo evocato nella Recherche.
Verso la metà del volume, il Narratore, interrompendo la consuetudine di prendere il treno per raggiungere, assieme ad altri assidui frequentatori, il salotto di Madame Verdurin, risponde al desiderio di evadere da questa routine e si concede una passeggiata a cavallo fino alla Raspelière, la tenuta nei pressi di Balbec, dove hanno luogo le agapi estive del “piccolo clan”.
Il paesaggio da cui è circondato - la strada che sale per un tratto e poi, fra boschetti di alberi folti, sprofonda in gole selvagge; il mare che si intravede fra le spaccature delle nude rocce - gli ricorda lo scenario di due bellissimi acquarelli del pittore Elstir, che lui ha ammirato in casa della duchessa di Guermantes. E mentre questi elementi della natura ondeggiano davanti al suo sguardo come frammenti di un altro universo, al di fuori del mondo attuale, quasi fosse lì lì per imbattersi in un personaggio mitologico, ecco che... all’improvviso il cavallo s’impenna.
Da questo momento accade qualcosa di straordinario agli occhi del Narratore, qualcosa che prorompe nel suo stato di appagamento spirituale, suscitando in lui una reazione potente e inaspettata.
Proust scrive:
“All’improvviso il mio cavallo s’impennò; aveva sentito uno strano rumore, stentai a padroneggiarlo e a non farmi gettare a terra, poi alzai gli occhi pieni di lacrime verso il punto da cui sembrava provenire il rumore e vidi, una cinquantina di metri sopra di me, fra due grandi ali d’acciaio scintillante che lo trascinavano, un essere la cui figura indistinta mi parve simile a quella di un uomo. Ero commosso come un greco che avesse visto per la prima volta un semidio. Piangevo anche, giacché ero pronto a farlo sin dal momento in cui avevo capito che il rumore veniva da sopra la mia testa - gli aeroplani, a quei tempi, erano ancora rari -, al pensiero che, per la prima volta in vita mia, avrei visto un aeroplano.
Come quando, leggendo un diario, si sente arrivare una parola commovente, aspettavo solo d’aver visto l’aereo per scoppiare in lacrime. L’aviatore, tuttavia, sembrava esitare circa la direzione, sentivo spalancate davanti a lui - davanti a me, se l’abitudine non m’avesse tenuto prigioniero - tutte le strade dello spazio, della vita; si spinse più in là, si librò per qualche istante al di sopra del mare, poi, con brusca decisione, dando l’impressione di cedere a un’attrazione inversa a quella della gravità, quasi facesse ritorno alla sua patria, con un leggero movimento delle sue ali d’oro puntò dritto verso il cielo.”
Capisco chi, leggendo questa pagina, troverà immotivato il mio trasporto e vi dirò che, sottoposto ancora una volta alla mia attenzione, il brano mi ha regalato un’emozione più blanda, forse perché l’impeto emotivo si scarica soprattutto durante quella prima occasione in cui viene sollecitato, eppure ho trovato intatta la bellezza di ciò che emerge dalle parole dello scrittore e inalterata la mia ammirazione: lo stupore del Narratore nello scorgere un oggetto dalle ali d’acciaio scintillante volare su nel cielo; l’emozione che riempie i suoi occhi di lacrime nell’intravedere una persona alla guida di un aeroplano, il rombo del motore che fa irruzione nella quiete del bosco e lo distrae con una forza dirompente... Ma quanta tenerezza fa un uomo che piange perché non ha mai visto un aereo prima d’ora! Quanto struggimento si cela all’idea che dietro quella visione si adombri l’esperienza di Marcel-autore, legata a un amore finito in tragedia.
E qui è d’obbligo aprire una parentesi.
Alfred Agostinelli era stato lo chauffeur di Proust, poi ne era diventato il segretario personale, quando aveva accettato l’incarico di battere a macchina il suo romanzo. Fra i due si era instaurata un’amicizia speciale, da cui era scaturita una relazione nella quale erano confluite tutte le caratteristiche dei rapporti affettivi che, in genere, l’aristocratico Marcel stabiliva con le persone di cui s’innamorava: la morbosità, l’ossessione e la gelosia saranno, poi, trasferite all’interno della sua storia sentimentale con il personaggio della finzione letteraria, Albertine. Marcel viziava il giovane amante, gli aveva offerto del denaro per tenerlo con sé, dopo che questi si era allontanato da lui; era arrivato a vendere delle azioni per raccogliere la somma necessaria a regalargli una Rolls-Royce e persino un aeroplano, di cui Agostinelli aveva la passione. Passione rivelatasi fatale, dopo che, iscrittosi a una scuola di volo, il neo-pilota aveva eseguito una manovra sbagliata, durante la sua seconda prova in solitario e si era inabissato nel mare, a poche centinaia di metri dalla costa.
È successo, dunque, che mi sono immedesimata: ero lì, con Marcel-Narratore, in un angolo suggestivo e isolato del paesaggio metà marino metà boschivo che stava deliziando il suo cammino, abbacinata dalla fierezza di un aereo che, all’improvviso, era apparso, tracciando una traiettoria incerta nel cielo. Ho immaginato quanta malinconia lo scrittore avesse riversato nella descrizione di quel momento; le lacrime dedicate a una mancanza (il ricordo di Agostinelli ricostruito nelle fattezze dell’uomo alla guida dell’aereo) che il tempo, ancorché perduto e ritrovato, non avrebbe mai più colmato e in quell’esitazione dell’aviatore, che cercava la strada nello spazio, ho visto proiettate le possibilità negate a Proust, l’ansia di libertà rimasta imbrigliata nella prassi giornaliera che lo inchiodava a responsabilità frivole, come nella malattia a causa della quale era costretto a mantenere uno stile di vita sempre misurato. Quando ho letto “sentivo spalancate davanti a lui tutte le strade dello spazio, della vita” e, per inciso, “davanti a me, se l’abitudine non m’avesse tenuto prigioniero”, ho sollevato gli occhi dalla pagina e mi sono concessa qualche minuto per gestire quell’attimo condiviso di commozione.
Quanta bellezza, nel racconto che svela una fragilità!
E anche poco dopo, quando finalmente l’aereo cede a un’attrazione inversa a quella della gravità e il movimento leggero delle sue ali d’oro lo riporta su nel cielo, come la patria nella quale fare ritorno, vedo lo slancio di un Proust nostalgico, che guarda in alto, fa largo dentro il proprio vuoto interiore e sente arrivare la parola commovente, mentre sta leggendo il diario della sua vita.
Forse semplicemente l’addio al quale ha dovuto suo malgrado rassegnarsi.
Leggere *Alla ricerca del tempo perduto* è un viaggio straordinario.
RispondiEliminaPer la sua lunghezza, il romanzo è entrato nel Guinness dei Primati: consta di circa 9 609 000 caratteri, scritti in 3 724 pagine. Per la sua struttura compositiva, è definita œuvre cathédrale.
La prima volta che lessi l'opera, ho impiegato quasi due anni per finirla: la leggevo in contemporanea ad altri romanzi, ma quando mi concentravo sulle quindici pagine al giorno di Recherche entravo in estasi. Mi ha catturata e ho difficoltà a spiegarne la ragione perché ne riconosco i difetti (se così si possono definire), ma la sua unicità va ben oltre le difficoltà incontrate. Io, poi, ho l'edizione dei Meridiani, un formato piccolo e compatto in tre volumi, che ti fa avvertire tutto il peso della lunghezza, ma hai detto bene: è un viaggio straordinario e, proprio perché straordinario, ho voluto rifarlo.
EliminaDelicato questo tuo coinvolgimento narrativo.. quando si finisce per amare un'opera, ogni riga letta o riletta concede nuove sfumature, emozioni da (ri)elaborare.. per mia indolenza non sono mai andato oltre Dalla parte di Swann, ma ammetto che leggerti così appassionata, e capace di offrire inedite sfumature, potrei tentare un nuovo approccio dando un senso nuovo al tempo che sto perdendo..
RispondiEliminaSecondo me la chiave di lettura della Recherche è che bisogna goderne in piccole dosi, non importa il tempo che ci vuole per arrivare alla fine, anche una pagina al giorno può offrire spunti di meditazione. Sebbene in apparenza resti la noiosa disamina della vita di un aristocratico che frequenta i salotti bene di Parigi e dintorni, nell'opera, a ben vedere, c'è tutto, filosofia, arte, musica, poesia, tanta ironia (inimmaginabile, vero?) e io continuerò a ripeterlo: è un romanzo che, al di là della trama/non trama, crea un'atmosfera speciale, in cui è possibile perdersi. Dalla parte di Swann mi ha aperto il mondo di Proust, dopo quella prima lettura, non ho potuto fare a meno di proseguire e se ora ho deciso di rileggere l'intera opera è perché so che la bellezza che ho captato al primo approccio meritava di essere approfondita.
EliminaVedere coi propri occhi una cosa mai vista prima ha sicuramente un impatto emozionale forte con chi è predisposto (intendo persone con un animo sentimentale, magari poco pratiche nelle faccende quotidiane e poco adatte a convivere con la materialità di questo mondo).
RispondiEliminaNon che mi sia commosso, ma sono rimasto quasi incantato quando (pochi giorni fa) per la prima volta nella mia vita mi è capitato di vedere un aereo che passava davanti alla luna. Erano le 7.30 di mattina, c'era una luna diurna ben visibile e andavo al lavoro a piedi, un aereo molto in quota è transitato nel momento "ideale" affinché io, dal punto in cui mi trovavo , l'ho visto passare attraverso il cerchio lunare, per una frazione di secondo è stato esattamente al centro.
Sembrerà stupido ma... mi ha lasciato una sensazione piacevole.
Non faccio fatica a immaginare che si possa rimanere affascinati da certe esperienze dirette, non faccio fatica a immaginare quanto possa essere stata emozionante la tua, perché tutto passa attraverso il modo in cui percepiamo le cose e spesso non ne siamo coscienti, poi basta un'immagine, un momento e ciò che accade diventa per noi una piccola epifania. Sono contenta della tua piccola testimonianza: hai colto il senso profondo che volevo dare al mio post.
EliminaAmmiro questa tua capacità di immedesimarti in una narrazione, Marina! Succede a volte anche a me, ma mi capitava più spesso in passato, quando in certi testi mi rispecchiavo come se mi avessero rivelato con viva emozione aspetti nascosti di me stessa.
RispondiEliminaOggi mi capita spesso di rileggere i testi più amati: non mi è sempre possibile ritrovare l'impatto iniziale, ma le successive riletture aggiungono sempre qualcosa alla loro comprensione. Grazie!
Ecco, è esattamente questo che mi sta accadendo: sto dando maggiore e più consapevole valore a cose che lette la prima volta mi avevano lasciato il segno, ma erano passate veloci, come fotogrammi destinati a essere dimenticati, mentre invece meritavano di sopravvivere.
EliminaCi sono libri che ci hanno regalato delle grandi emozioni e rileggerli può essere un’esperienza straordinaria, mi é capitato con Gli indifferenti di Moravia, grazie a una visione più consapevole della realtà.
RispondiEliminaPosso capire la sensazione di Proust nel vedere un aereo nel cielo, per l’epoca era una grande emozione, pensa che io stessa dall’alto della mia finestra a volte mi incanto a guardare un aereo che passa (sono già in una fase discendente perché ne distinguo bene i colori) mi faccio sempre un film sulle vite che trasporta, un po’ come le luci nelle case viste da un treno.
Una bella immagine quella delle luci delle case viste da un treno, rende l'idea. All'epoca di Proust era un aereo, oggi cosa sarebbe? Ho pensato a quale novità potrebbe cogliermi alla sprovvista provocandomi un'analoga commozione... e, in mancanza di idee, mi fermo a condividere quella altrui descritta così bene in un libro :)
EliminaCiao Marina,noto che stai dando ampio spazio ultimamente nel tuo blog a Proust:).Ammetto di non aver ancora letto nessun libro suo e la tua bellissima capacità di analisi mi riporta ad un altro interessante e coinvolgete blog da cui ho imparato a conoscere un po questo grande scrittore.Tengo a segnalartelo con un link questo blog perché avete entrambi una identica capacità interpretativa, cogliendo gli stessi tratti di bellezza. L'autore Pino ha dedicato come te più di un post a questo scrittore e le sottolineature sembrano davvero sovrapporsi
RispondiEliminahttps://paroletrapagineingiallite.blogspot.com/2018/10/leggere-proust-una-sfida-e-unimpresa.html
Ciao ,buona serata
Sì e per parlarne ho creato persino una rubrica apposita, qui nel blog. Ho ancora talmente tanto da scrivere su questa mia folle passione!
EliminaGrazie del link. Ho letto l' articolo e sono contenta di averne avuto l'opportunità. Seguirò più da vicino il blog che mi hai segnalato
Non conoscendo la parentesi, in quel breve testo vedo solamente lo stupore di chi osserva per la prima volta qualcosa di straordinario, a quei tempi un'assoluta rarità. E l'ho associato alla prima (e unica al momento) volta in cui mi è passata davanti casa una mongolfiera. Era mattino presto, il cielo terso e l'aria frizzantina, stavo sistemando qualcosa in giardino o sul balcone e all'improvviso, sulla distesa di campagna davanti a me (ahimè, ora riempita da villette a schiera, addio orizzonte) mi compare questo enorme pallone colorato. E sì, sono rimasta lì, impietrita. Una miriade di emozioni contrastanti, compresa quella di "oddio sto male, ma quando mai si sono viste mongolfiere da ste parti? saranno in difficoltà? c'è da chiamar qualcuno?!"
RispondiEliminaPoi però leggo la tua parentesi e capisco l'ulteriore emozione che si è incrociata nella tua lettura. Hai scorto l'anima stessa dell'autore nelle sue parole di finzione narrativa. E' come se tu avessi sentito per un attimo la voce dello stesso Proust, con tutta la sua sofferenza.
Che bella, la mongolfiera! Credo che sarei rimasta imbambolata anch'io! A parte che non ne ho mai vista una dal vivo, in effetti trovarmela davanti all'improvviso mi regalerebbe un'emozione non da poco! Hai interpretato esattamente la mia impressione: mi sono calata in quella parte e in quel momento ed è verissimo quello che dici sul sentire la voce stessa di Proust. Lo sai che me lo immagino spessissimo mentre racconta la sua straordinaria storia come se lo facesse a voce? è una sensazione che adoro!
EliminaLa bellezza che colgo io in quel passaggio (devo per forza estrarlo da un contesto che ignoro e quindi considerarlo come isolato) sta nella sinestesia, ossia nel cogliere la mescolanza fra sfere sensoriali diverse: il protagonista è immerso nel suo ricordo nostalgico e già pervaso di emozioni, poi irrompe il suono che immagino faccia un aeroplano nel passare sopra la sua testa. Lui sceglie di inserire la reazione del suo cavallo, come se avesse poi dovuto cogliere il motivo della sua agitazione, mentre a me piace immaginare il rombo di quel motore e poi il darsi tempo fino a quando le lacrime affiorano. L'impennarsi del cavallo è una nota decisamente elegante, romantica, ma entrambi sono stati spaventati, lui alza lo sguardo e osserva. È sempre straordinario quando un romanzo emoziona così. :)
RispondiEliminaTu conosci la mia passione per la Recherche, ma la cosa che più notavo mentre ne affrontavo la lettura la prima volta e che noto ancora di più adesso che la sto riattraversando per intero, è la facilità con cui Proust riesce ad aprire un varco nei miei pensieri e nelle mie emozioni più nascoste, come se le sue parole fossero delle chiavi di lettura per arrivare alla parte di me più profonda e la cosa strana e straordinaria è che se tu mi chiedi di spiegare in cosa consiste questo qualcosa di speciale che io traggo da un'opera così complessa e non di facile approccio, io non so cosa rispondere :) Allora faccio parlare direttamente le mie reazioni di fronte a pagine come questa.
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