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giovedì 25 aprile 2024

Pensiero in volo libero


Oggi è un giorno strano. Me ne accorgo subito dai pensieri inutili che mi svegliano all’alba: ma l’ho spento stanotte il cellulare, che poi me lo trovo scarico? Come se non avessi il tempo di ricaricarlo, eventualmente, prima della partenza. Ho il pullman alle 10:15 e sono le 5:40. Nella valigia c’è più roba che all’andata: se è troppo pesante lascio le ciabatte. Oppure il libro che ho finito di leggere e poi lo recupero quest’estate. O tutt’e due, che faccio prima. Insomma banalità, alle quali di solito non concedo spazio. Ma poi ecco che, invece, arriva il primo inghippo serio: la carta d’identità, dov’è?

La tenevo nella tasca esterna dello zaino e ora la tasca esterna dello zaino è vuota. DOV’È FINITA LA CARTA D’IDENTITÀ? Niente panico, che se lo trasmetto a mia madre è la fine! Con seraficità, la voce pacata e la mia proverbiale flemma, mi affaccio in cucina: “Mamma, un attimino scendo giù in macchina” - “Perché?” La domanda (ovvia) parte subito con una punta di allarmismo. “E perché... vado a vedere se trovo la carta d’identità” (come se avessi detto: “no niente, avevo un lecca lecca che mi sarà caduto dalla borsa, non lo trovo e vado a cercarlo”).
COME LA CARTA D’IDENTITÀ?” E che m’aspettavo, che mia madre mi dicesse: “oh, la carta d’identità, chissà che mi pareva!”? Va subito in crisi d’ansia, pensa al mio ritorno a Roma, al viaggio in aereo, mi tempesta di domande ansiogene: come farai adesso, che si fa in questi casi, ma dove l’hai messa, ma com’è successo... Io, prima di essere incacchiata con me stessa per non averla conservata in un luogo sicuro (la tenevo dentro la tasca dello zaino insieme al cellulare: facile che mi sia caduta prendendo il telefono), immagino la camurrìa infinita della procedura per lo smarrimento e ho un momento di sconforto. A ogni modo tento il miracoloso ritrovamento dentro la macchina (non si sa mai!) Fiuuuuuu, eccola! Era finita sotto il sedile lato guida. Non mi pare vero: rogna scansata; mia madre respira di nuovo in modo regolare. La valigia sfora, anche se di poco, il limite massimo di peso e capienza: non l’alleggerisco di un grammo. Cumu veni si cunta. E parto.

Arrivo all’aeroporto di Catania con il canonico anticipo di due ore rispetto all’orario previsto per il decollo: va beh, il buon senso scongiura qualunque inconveniente, la prudenza non è mai troppa. Ma il volo porta mezz’ora di ritardo, che diventa quasi subito di quarantacinque minuti. Alla fine sono dentro l’aeromobile un’ora dopo. In più l’hostess lega un’etichetta al manico del mio trolley, perché le cappelliere sono piene e non c’è più spazio per le valigie. Così, quando atterreremo, dovrò prima recarmi nell’area dei nastri trasportatori, azzerando la ragione per cui viaggio con un bagaglio imbarcabile, cioè risparmiare tempo. 


La giornata strana continua a inviarmi segnali: un altro arriva all’ingresso nell’aeromobile, quando l’hostess mi chiede di visionare la carta d’imbarco. Viaggio con uno zainetto in spalla, dove ho riposto il cellulare che contiene la carta d’imbarco elettronica. Ho la fila dietro e mi tocca bloccare il flusso perché devo togliere lo zaino dalle spalle, prendere il cellulare e recuperare il file del web check-in effettuato (non è sempre così e io speravo in una di quelle volte in cui si è accolti con un semplice “benvenuti a bordo”): “12A? Può andare” - mi dice, dopo mezzo secondo, la signorina in divisa blu (che è ‘sto sorriso luciferino!) Capisco a breve il motivo per cui il mio sedile numerato gode di particolare attenzione: quando mi accomodo, un’assistente di volo solerte mi invita a riporre nella cappelliera lo zaino. “Scusi, ma non posso tenerlo e poi metterlo sotto il sedile (come sempre)?” E no, perché sono finita dov’è collocata l’uscita di emergenza e io sono proprio a contatto diretto con il portellone dotato di maniglia di sbloccaggio per i casi estremi. Poco male, se non fosse che l’hostess, prima di allontanarsi, mi chiede: “Posso contare su di lei in caso di emergenza?” “C-c-cioè?” - “Casomai dovrà semplicemente tirare giù quella leva, alla sua sinistra”. Semplicemente.  SARÒ IO A SALVARE I PASSEGGERI IN CASO DI PERICOLO?


Ha inizio un implacabile stato comatoso.

Ora, diciamola così, non ho mai avuto paura di volare, mai avuto crisi di panico o pensieri funesti; ho sempre preso l’aereo come se stessi viaggiando in pullman e non mi è mai importato in quale posto fossi seduta, se nelle prime file o in fondo, ma questa posizione centrale, adesso, mi pesa come se qualcuno mi stesse minacciando di lanciarmi nel vuoto senza paracadute. 

Inizia la fase di rullaggio: l’aereo si muove sulla pista con le ruote ancora aderenti all’asfalto. Una comitiva di ragazzi che parlano in arabo, alle mie spalle, scherza rumorosamente e il mio cervello registra solo dei suoni, che somigliano a: “Allah Akbar!” (che è l’analogo di chi, sentendo parlare me, si aspetta che io tiri fuori dallo zaino una lupara) e formulo un pensiero normalissimo: in caso di attentato, c’è poco da calare la leva del portellone! Ci stacchiamo da terra, l’aereo comincia a prendere quota: niente primavera in Sicilia, sto lasciando freddo, vento e ancora neve sull’Etna. Le perturbazioni perturbano pure il mostro nel cui ventre stiamo viaggiando e a un certo punto un sobbalzo mi distrae dal pregiudizio integralista per mostrarmi un’altra tragica eventualità: ora la raffica sbilancia l’aereo, ora l’aereo va fuori rotta, ora il pilota non riesce più a controllare il velivolo, ora precipitiamo... E IO SONO ATTACCATA ALL’USCITA DI EMERGENZA! Che poi m’impanica più l’idea della responsabilità addossatami dall’hostess che la reale possibilità di fare una brutta fine. L’aereo schiantatosi contro il muro d’acqua dello Stretto di Messina e io aggrappata alla leva per aprire il portellone: CI PENSO IOOOOO! 


Fortuna che mentre ha luogo questo trambusto interiore, tengo stretto fra le mani il mio I-pad, cui affido il tentativo di distrarmi. Distolgo lo sguardo dal tappeto di nuvole che appare come un enorme ghiacciaio disteso sotto di noi e la mente dal disastro aereo che sembra presagito dalla raccomandazione inedita dell’hostess e dalle ali che traballano sferzate dal vento in quota. Trattengo un attimo il respiro per riequilibrare il battito cardiaco e comincio a scrivere: 

“Oggi è un giorno strano...”

15 commenti:

  1. Era meglio se non ti leggevo. Non oggi per lo meno. Valigia da stiva 17 kg pronta. Passaporto pronto. Ma se mi mettono vicino al portellone, siamo spacciati, ve lo dico... XD

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    1. Sei in partenza? Immagino la destinazione. Fai buon viaggio e tieniti vicino un qualsiasi scaccia-paturnie! 🤪😂

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  2. E vabbé dai, per te tornare "a casa" (quelle delle tue origini) è sicuramente una gioia che può farti sopportare anche qualche piccolo inconveniente. Porta pazienza, vedrai che in due/tre anni al massimo ;-P faranno il ponte sullo stretto e potrai andare in treno :-D

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    1. Oh sì, affronterei altri cento viaggi addossata alle "uscite di emergenza" se potessi tornare più spesso a casa... e se i chilometri non fossero così tanti! Del resto, devo accontentarmi finché non mi fanno il ponte sullo Stretto! :P

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  3. Se è per la postazione, non ho davvero problemi: potrei scrivere dappertutto avendo al seguito il supporto adeguato (una cosa che non so fare ,per esempio, è scrivere sul cellulare), però a onor del vero, il post nasce di getto in aereo fino a un certo punto: mi sono fermata alla frase "Sarò io a salvare i passeggeri", poi il resto è frutto di meditazione continuata a casa, al rientro. E l'ho revisionato: era pieno di imperfezioni... No no, non sono così brava a scrivere di getto e non apportare alcuna correzione. Sarebbe bello!

    Le paturnie sono nate da tutte quelle strane congiunture cominciate al mattino : la paura di avere smarrito la carta d'identità, il ritardo dell'aereo, la mia postazione inedita dentro l'aereo e alla fine la raccomandazione dell'hostess (quella mi ha stesa!)... Sai quando cominci a pensare che forse qualcuno volesse dirmi qualcosa?
    E tu, dunque, hai avuto a che fare con una baby gang: mamma!

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  4. Ho viaggiato anche io in aereo accanto la porta d'emergenza e anche a me l'hostess - deve essere una pratica standard - ha detto: "posso contare su di lei?" e io: "certo, se non sono svenuto prima". Poi con Catania abbiamo conti in sospeso, l'ultima volta voli cancellati per "aeroporto bruciato in parte".. robe folli.. prima offerti scali alternativi in culonia (ci mancava Tunisi), poi lasciati serenamente senza alternativa (il traghetto Salerno-Messina una roba da medioevo, poi fanno i ponti però..). Insomma..porta d'emergenza tutta la vita.. ;)

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    1. Ma davvero dobbiamo pensare che la formula che gli insegnano è: "posso contare su di lei?" Non è tranquillizzante! Certo, saperlo è un'altra cosa, adesso! Decisamente tutta la viabilità in Sicilia è un disastro: e non hai visto che bellezza i treni!

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  5. Mi sono fatta grandi risate, Marina mia. Mi fa troppo ridere quella postazione e il sentirti affidata una missione dalla hostess. :D Però penso anche, ma sarà professionale una cosa come questa? Secondo me ha commesso un errore, ma te lo dico anche perché a differenza di te io temo di volare. Lo scorso anno ho preso l'aereo dopo un'infinità di tempo, dal lontano 1997 quando andammo negli Usa. E sì che quelli furono voli belli sostanziosi, 8 ore di volo Roma-New York, attesa di 2 ore al JFK e poi altre 7 ore fino a Los Angeles. E furono i voli più lunghi. Al tempo non avevo timore di volare, oggi mi prende un'apprensione e quel volo dopotutto breve Roma - Parigi mi ha perfino spaventato. Anche perché le turbolenze sono tremende. Mi mettono addosso il terrore. Mi devo armare di raziocinio e dire che i momenti davvero critici per un aereo sono il decollo e l'atterraggio. Io invece non temo assolutamente l'atterraggio, anzi vedere che gradualmente ci si avvicina alla terra mi rasserena, mentre vado nel panico con il decollo e con le turbolenze. E in generale mi impressiona il tutto. Mi impongo di superare la cosa e far prevalere il desiderio di raggiungere mete che voglio vedere. Almeno quello. :)

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    1. A quanto pare (visto che la frase è stata uguale uguale ripetuta anche a Franco in un'analoga situazione, lo racconta nel commento sopra) c'è da credere che la domanda sia professionale. Mah! Io paura in genere no, però niente deve condizionarmi; per esempio non so come farò un altr'anno, per i 25 anni di matrimonio, quando ci regaleremo un viaggio a New-York: 8 ore di volo sono un sacco! Vabbè, ci penseremo a tempo debito. E poi, lo sai, a me manco piace viaggiare! :)

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  6. Non ho volato moltissimo in vita mia, però l'aereo mi è sempre piaciuto e non ho mai avuto paura neanche con le turbolenze. Infatti mia mamma mi diceva sempre che ho un fondo di incoscienza.
    Il battesimo dell'aria è stato per me da Atene a Mikonos, su un piccolo aereo da turismo tanti e tanti anni fa, in una mattina di vento e di sole con sotto il mare di un azzurro smaltato. Ero con una coppia di amici e abbiamo riso tutto il tempo come cretini per l'eccitazione del volo.
    Qualche volta, se capita, ne parlerò. Ciao!

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    1. No no, non ho paura di salire su un aereo di linea, ma un piccolo aereo da turismo... mi terrorizza solo l'idea! :D Racconta racconta, che voglio venire a leggere il coraggio che hai avuto! :D

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  7. Viaggiare vicino al portellone può essere comodo perché si ha più spazio per le gambe, questo pensavo prima di vedere un film su un disastro aereo in cui quello vicino al portellone è il primo a essere risucchiato fuori 😂
    Ho preso l’aereo tante volte, con voli anche parecchio lunghi, ma sempre con un certo timore. Insomma non ho una fobia vera e propria dell’aereo perché lo prendo, però la tentazione di baciare la terra dopo l’atterraggio è forte 😉. Comunque prima di ogni viaggio dormo sempre male, anch’io temo di dimenticare qualcosa di importante anche se devo partire in auto o in treno…

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    1. Sì, è stato l'unico vantaggio: stavo bella larga, ma io sto benissimo anche nei piccoli spazi se sgravata di una responsabilità 😄 E menomale che non ho immaginato di essere la prima a sgusciare fuori nel caso di disastro aereo. Che poi una ci ride, ma ste cose accadono...
      Della fobia del: "ho tutto?", prima di affrontare un viaggio, siamo affetti credo tutti😅

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