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giovedì 10 dicembre 2020

Disclaimer


Non sono mai stata sintetica, ma non amo la prolissità: riesco a godermi la lettura di un fiume di parole profuse in un post solo se sono motivata o realmente interessata all’argomento, altrimenti i miei occhi zompettano lungo le righe dei papelli e arrivano alla fine nella metà del tempo che impiegherei se leggessi tutto con cura e pazienza.

Credo che per parlare a lungo di qualcosa debba esserci qualcosa di cui parlare; nella scrittura, poi, è necessario dire tutto, usando meno parole possibili e la bravura sta nel non rendere banale l’insieme che ne viene fuori. Ho imparato che questo è possibile semplicemente accettando l’idea che non ogni cosa che si vuole far sapere è irrinunciabile: è più facile risultare noiosi e ridondanti con articoli infiniti che farsi apprezzare mirando all’essenziale. Io ho fatto fatica e mi sono esercitata, perché a me piace la chiacchiera, dilungarmi nelle spiegazioni, parolare senza controllo, ma mi sono data dei tempi, imposta dei limiti: il blog è il mio campo di addestramento (anche i racconti sono un costante banco di prova per non essere dispersiva nella narrazione). 

Quello che ho fatto, in veste di blogger, è stato rendermi conto che non sono un’influencer, che raccoglie migliaia di followers solo alitando davanti a uno schermo; che non ho l’appeal di una figura professionale che cattura l’attenzione del suo pubblico qualunque cosa dica. Sono solo una che scrive fra tanti che amano fare la stessa cosa, circondata da una cerchia di amici virtuali con cui ormai ha un rapporto di confidenza e affabilità costruito negli anni di frequentazione, ma questo non può pesare su chi non sa né come o cosa scrivo né se vale la pena seguirmi. Non posso dettagliare un mio pensiero con la convinzione che ciò sia fondamentale, perché è un fatto che la soglia di concentrazione di un visitatore sconosciuto sia bassa se si imbatte nell’articolo di una blogger qualsiasi. Su, ma più di duemila parole per raccontare una storia personale è da suicidio per chi legge. Puoi scrivere ciò che vuoi nella forma che preferisci, certo, ma fallo in modo da essere il cioccolatino che accompagna il caffè a colazione, non la fetta di torta che appesantisce il pranzo. 


L’unica lunghezza che giustifico è quella dei post che parlano di libri: è giusto approfondire le proprie impressioni su una lettura fatta, sfaccettare l’analisi in modo da veicolare quante più informazioni possibili, perché la recensione ha uno scopo: convincere, accendere l’interesse su un argomento, rilevare pregi e difetti di una storia, di uno stile, di un autore (e anche lì dipende da come lo si fa). Tutto il resto o è uno sfogo o l’autocompiacimento di qualche intellettuale che scarica il proprio sapere in una colonna di un metro e mezzo che scorre all'interno di un sito, convinto di avere scritto qualcosa di imperdibile. Un giornalista può farlo, forse; un opinionista, qualcuno da cui ci si aspetta un giudizio qualificato, ma un blogger per caso no: se Pinco Palla, nel proprio blog, scrive un post interminabile su un qualsivoglia argomento, a meno che non sia rivelatore di grandi verità e, soprattutto, non sia una persona che conosco da tempo e alla quale sono affezionata, clicco sul tastino x e adieu.

Non voglio che questo accada con me.

Ho scoperto che anch’io sono stata prolissa, nei primi tempi della mia attività nel blog; ho letto post d’esordio in cui avrei potuto dire la metà delle cose senza scalfire l’intento degli articoli. Da allora, ho operato degli aggiustamenti: mi fa piacere che qualcuno venga a leggere ciò che scrivo e che lo faccia per intero, senza sbocconcellare il pezzo per arrivare al sodo. 

Così, mi impongo tutte le volte di non superare le mille parole e sono talmente maniacale nell’autodisciplinarmi, che se sforo anche solo di qualche unità, rivedo e taglio. E non è detto che così raggiunga il mio obiettivo. Perlomeno ci provo. 

Mi sono fissata che non devo giocare con la pazienza di chi viene a leggermi e non devo rubargli il tempo con cose di cui potrebbe fare a meno. Preferisco non piacere che stancare. Voglio essere cioccolatino, non cassata siciliana. 

Non so se sono diventata riddiliusa con l’età, ma una base c’è sempre stata: l’autocritica mi è sempre stata di aiuto e cerco sempre di non razzolare male quando predico.

Mi sono data una regola: “se non hai nulla da dire non ti sforzare di farlo e se hai qualcosa da dire, usa la quantità giusta di parole.”

Adesso che ho stabilito questo comandamento per me, cerco di riscontrarlo anche negli altri.

E i guai cominciano lì!

*Per questo articolo non sono stati maltrattati blogger, scrittori, opinion leader, recensori, critici né sono stati usati nomi propri di persona, nomi di blog, titoli di opere, link o citazioni non autorizzati 

25 commenti:

  1. Bellissima la chiosa in rosso!!!!! ahhahaahahhah
    Io sono prolissa per natura. Mi piace partire da lontano per avvicinarmi a quello che devo dire. Col tempo, però, ho fatto come te. Ho cercato poco per volta di accorciare. Di eliminare cosa mi pareva ridondante.Non so se ci sono riuscita o se ci sono riuscita sempre e di certo non conto le battute. Cerco di limare però.Che sofferenza! ahhahahahaah

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    1. Credo che quello che facciamo non segni un punto di arrivo: io, anche leggendo cose ben fatte altrui, imparo tanto e cerco di mettere in pratica tutto ciò che reputo possa migliorare la mia attività nel blog, perché voglio mi rappresenti al meglio. Sono prolissa pure io, cara Pat, nella chiacchiera so dilungarmi parecchio, ma quando scrivo vorrei trovare un equilibrio. Già, se raggiungi questa consapevolezza, sei a posto. ;)

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  2. Anch'io ho trattato lo stesso argomento qualche settimana fa, e ne è nata una discussione molto accesa.
    Per i miei standard, anche mille parole sono tante per un blogger che non è nessuno (come me) e che non ha nessuna rivelazione scientifica da fare.
    Personalmente non vado quasi mai oltre le 1500 battute, ma non ho mai fatto caso a quante parole siano.
    Comunque poche. Ne scrivo sempre il minimo indispensabile, cercando di non essere scarna nei contenuti, ma nemmeno ripetitiva.
    Dio solo sa quanto odio chi si ripete, ed è al contempo troppo prolisso.

    Insomma, non voglio appunto ripetermi (se hai letto il post in questione), ma io boccio a priori i post troppo lunghi. Posso anche essere scritti da mia madre, ma già visivamente mi angosciano e non provo nemmeno a leggerli.
    Hai presente quando un film finisce a mezzanotte e mezza, ma tu sai che resisti sveglia al più fino alle 23?
    Ecco, meglio non iniziare a guardarlo, che lasciarlo a metà.

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    1. Ci sono post che, per natura, devono essere lunghi: come dicevo, le recensioni. non possono risolversi in poche parole con un :leggete il libro, corredato di trama. Ma quel tipo di articoli ha uno scopo preciso. E poi, se cerchi un approfondimento su un argomento di interesse specifico, è costruttivo trovare articoli sostanziosi; ma se pensi solo di intrattenere, se pensi di raccontare un fatto personale, secondo me, se vuoi essere letto, devi essere moderato nella lunghezza. Io più che evitare di leggere un post in partenza lunghissimo, salto di paragrafo in paragrafo e mi soffermo solo dove trovo il nodo della questione. E, comunque, nella brevità, cerco la sostanza: se sei breve, ma non dici assolutamente nulla, vali come quello che per dire una cosa prende la rincorsa e non si ferma più. (L’ho letto il tuo articolo e, se non ricordo male, anche commentato.)

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  3. Oh mamma, con chi ce l'ha stavolta?! Spetta, famme vedé, cosa ho pubblicato io che manco più me lo ricordo... la scrivania. E quanto avrò scritto? Boh! Mi conterà pure le foto come caratteri?!

    Difficile esprimere un'opinione, aggiungere una qualche riflessione, senza conoscere l'oggetto specifico. A mia discolpa (mi ci butto in mezzo che faccio prima), per alcuni post "tecnici" si può semplificare, anzi si deve se si vuole essere compresi, come dice la tecnica Feynman. Ma ridurli a mille parole rischia di azzopparli sui concetti essenziali. Se da A devi arrivare a Z non è che saltando qualche lettera di giungi con le stesse nozioni. Il problema si pone, credo, quando da A a Z c'è chi ci aggiunge le doppie senza senso. Se un concetto è già espresso, non occorre esprimerlo di nuovo. Altrimenti significa che la frase precedente è scritta male.

    I racconti li escludo dal conto, non sono post, sono racconti. Che siano dentro il blog è perché non ho ancora trovato casa migliore. Non posso mandare i setti nani a baciare Biancaneve perché devo ridurre il numero delle battute... Non mi puoi togliere il principe!!! :D :D :D

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    1. No, i racconti sono un’altra cosa, è vero, però trovare un pubblico che li legga da un blog non è facile: di solito, quelli che non sono “mini-racconti, ma racconti veri e propri, con le loro quattro, cinque cartelle, sono di interesse ridotto, cioè il piacere di leggerli è della cerchia di amici che ti conosce e trova bello godersi una tua storia, non sono convinta che lo sconosciuto si soffermi. Però questo è un mio pregiudizio ed è di ordine generico, ovviamente.
      E poi ti svelo da dove nasce la solita “cattiva” voglia di sfogare un pensiero: sempre più spesso mi imbatto in articoli che per dire solo A ripetono l’alfabeto cinque volte e mi rendo conto di essere diventata insofferente. Non è nessuno dei miei “affezionati”, sono post che rintraccio su facebook, per esempio, perché trattano argomenti che mi interessano, salvo poi stancarmi dopo un quarto d’ora di lettura perché, appunto, troppo inutilmente lunghi.
      I post che spiegano il funzionamento di qualcosa, un’app, un programma, possono essere (come dicevo per le recensioni) per natura lunghi, più e meglio fornisci indicazioni, più l’utente che necessita di aiuto rimane soddisfatto, ma quelli che presentano un’opera d’arte (per dirne una) diventano pesanti oltre un certo limite oppure quelli che fanno filosofia attorno a uno scrittore. Non ce la faccio, mi stanco. Che ci posso fare!

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  4. Marina, io ho già detto di tutto e di più (anche, sto ancora dicendo... XD) nel mio post dell'altro giorno; sono d'accordissimo con te (ma anche film o fumetti necessitano -se necessario- di cose articolate: i libri non sono espressioni "superiori"), e mi è piaciuta una cosa che hai detto nemmeno troppo tra le righe:
    noi siamo NESSUNO, gocce in un oceano.
    Si può instaurare un rapporto di amicizia, stima, affinità tra bloggers, e ci sta. Altri ci piacciono, altri no e non li leggiamo.
    Ma restiamo dei nessuno che si può tranquillamente non leggere; quel che scriviamo lo si trova anche su altri siti, probabilmente; la nostra opinione conta giusto per noi e per gli affezionati. Se scritta in modo poco consono, o noioso, o inutilmente prolisso... il lettore cercherà altro...^^

    Moz-

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    1. Sì, infatti io ho ragionato da lettrice di blog/siti altrui e, vestendo anche i panni di blogger, ho potuto trovare un punto di incontro fra le due esigenze. Ho letto il tuo post adesso che me lo hai segnalato (strano che me lo sia perso, avrei volentieri partecipato alla discussione) e lo trovo molto esaustivo. Incredibile il fatto che abbia voluto affrontare un argomento analogo a così breve distanza dal tuo intervento (quello di Claudia lo avevo letto, sì). Mi ha colpito l’autocitazione del 2017: sviluppare e dire secondo la “giusta” quantità di parole.
      É questo, secondo me, che fa la differenza fra un blogger avveduto e uno avventato (posso dirlo così?) e poi la consapevolezza, ecco quella non deve mancare mai: quando pensiamo di essere indispensabili, facciamoci qualche domanda in più.

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    2. Io sono sempre molto attento alla comunicazione; ma è una mia passione.
      Mi piace gestire le cose in modo chiaro e moderno, senza ovviamente inseguire click facili, anzi.
      Ognuno deve comunque fare come vuole, però se si è avventati oppure "fuori sincrono", è chiaro che non ci si possa/debba lamentare.
      Vero, in ogni caso: non siamo indispensabili.

      Moz-

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    3. Che poi tutte ste cose s’imparano strada facendo, con l’esperienza e soprattutto quando si fa una cosa per passione. Non ce lo ha ordinato il medico di avere un blog, però curarlo, avere la possibilità di migliorare la comunicazione, fare di più e di meglio sono input che non dovrebbero mai essere messi a riposo.

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  5. Io ho il difetto dell'eccessiva brevità, lo ammetto. Metto il minimo indispensabile, se non ho nulla da dire non scrivo nulla. Tecnicamente sono poco adatto a fare il blogger :-D

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    1. Oppure, al contrario, perfetto per fare il blogger. 😉

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  6. Questo post, volenti o nolenti, induce a riflettere sul proprio modo di scrivere, quindi anch'io ho fatto la mia riflessione. Dai miei primi post a quelli che con gli anni hanno sviluppato il progetto di scrittura di articoli, posso dire di avere imparato che un post deve contenere un certo numero di salti di linea per poter essere tollerabile. Inutile illudersi, la lettura è sempre faticosa, e abbiamo persone che sentiamo nelle nostre corde e altre molto meno. Mi imbatto in post che reputo noiosi e in altri che mi appassionano, è la normalità. Scrivendo un post, cerco di tenere a mente cosa piacerebbe ai miei lettori, scelgo via via il registro, se leggero o più sostenuto, ma mantengo il fermo proposito di non fare "lenzuolate" inutili. Se vale il principio che è talmente bello scrivere che alla fin fine fai comunque un regalo a te stessa, devi comunque essere coerente.
    Mi è capitato di scrivere post lunghi. L'ultimo quello sulla serie "Orange is the new black", che ho scritto a più riprese, cercando di restituire il senso di quella serie e farne capire meccanismi e intenti. Se mi autoanalizzo, è oggettivamente lungo, ma non avrei potuto descrivere le mie sensazioni e la mia esperienza di visione di quella serie con una sola parola di meno. Questo per dire che, sì, la regola della sintesi è sacrosanta, ma alla fine chi siamo noi? Come dice Moz, meno di nulla nel mare magnum di tutte le parole postate nel web. Il mio "archivio di scrittura", ciò che alla fin fine rappresenta il mio spazio per me, sarà certamente disseminato di errori tecnici, ma è quello che sono io come "blogger" (virgolettato necessario).
    Per chiudere: secondo me il problema non è brevità/lunghezza, è scrivere contenuti realmente interessanti. :-)

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    1. I post che recensiscono libri, film o quant’altro sono giustificatissimi e ribadisco, anzi, che sono proprio i post in cui la brevità finisce per impoverire un argomento che, invece, deve essere approfondito, dunque va bene che abbiano una certa lunghezza (per esempio non ho trovato lungo il tuo sulla serie di cui parli), però io mi sono detta questo: metti una come me che ama raccontare fatti anche personali (pensa alla mia “Eco”, quando mi viene voglia di condividere un ricordo): immagino che a nessuno (escludendo gli amici, anche quelli qui, presenti fra i miei contatti) interessi tantissimo che io ho dei vicini di casa speciali, ma se io rendo la lettura solo una parentesi godibile in pochi minuti, magari ho più chance che qualcuno rimanga a leggere sino alla fine. Se io scrivo finché ho voglia di farlo, senza controllo e senza impormi un limite, sono convinta di perdere l’attenzione, che io, ovviamente, voglio catalizzare.
      Cioè mi viene spontaneo chiedermi: ma quello che scrivo è interessante? E spesso mi rispondo che lo diventa nella misura in cui io riesco a contenerlo entro margini che lo facciano diventare tale.

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  7. L'argomento "lunghezza dei post" è nell'aria, vedi il recente e commentatissimo articolo di MikiMoz sull'argomento. Io mi pongo il problema della lunghezza quando scrivo storie, non quando si tratta del blog. Cerco di non ripetermi, questo sì, e di non costruire castelli su una briciola di pane, ma per il resto vado libera, partendo da due presupposti fondamentali: 1) per me seguire un blogger è questione di interesse verso la persona quanto di interesse verso i suoi contenuti; 2) esiste sempre la possibilità di cliccare sul tastino x e adieu... ;)

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    1. Sì, ho scoperto adesso che anche MikiMoz ne ha parlato (sembra quasi fatto apposta) e, ti dirò, è un pensiero che ho, quando scrivo gli articoli per il blog. Leggi anche la risposta che ho dato a Luana, a corredo di questa: poiché spesso scrivo cose che non sono di utilità pubblica, ma molto spesso sono riflessioni personali che non hanno la pretesa di condizionare qualcuno, di insegnare qualcosa, allora mi dico che, forse, per conquistare chi non mi conosce (perché per chi sa cosa scrivo, per voi, frequentatori abituali, il problema non dovrebbe porsi) devo rendergli appetibile il contenuto di un articolo, senza spazientirlo e senza indurlo a cliccarlo, quel tastino x.

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    2. Secondo me chi capita su un blog si spazientisce non tanto per la lunghezza, ma perché non trova qualcosa che gli interessi. A fare la differenza, però, è la visione del blogger della realtà e il suo modo più o meno accattivante di esprimerla. Quindi anche i tuoi vicini possono diventare interessanti, o quello che è successo lavandoti i denti la mattina, per dire. Certo è bello avere contenuti particolari, ma c'è molto altro nel blog. La lunghezza diventa un problema soltanto quando è esagerata, tipo che mi fa "scrollare" tre o quattro volte. Però posso sempre tagliare, oppure velocizzare la lettura.

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    3. La nostra posizione “doppia”, lettori esterni e blogger, ci consente di essere critici rispetto a entrambi i punti di vista: da lettrice dico che non leggo l’articolo che non è di mio interesse, però potrei farlo se attratta da qualcosa, fosse anche la brevità o il titolo che mi incuriosisce. Se l’argomento mi interessa, so che sarò invogliata a leggerlo più volentieri, però so anche che lo abbandonerò se lunghissimo, perché questo è un mio specifico limite. Da blogger, non vorrei imbattermi in una lettrice esterna come me, ecco, diciamola così! 😁 Hai sicuramente ragione tu quando dici che spetta a noi blogger rendere accattivante pure una seduta di igiene dentale; non possiamo sapere cosa cercano le persone quando ci dedicano la loro attenzione, ma davvero non vorrei mai farle sbuffare.

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  8. Ahhhh! Quindi ce l'hai con me? :)))
    Comunque da un po' Google preferisce gli articoli lunghi, ma purché abbiano senso, vale a dire: la lunghezza non deve essere "brodo allungato". Deve avere le sue ottime ragioni. Poi ciascuno fa quello che vuole, come è giusto che sia.

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    1. No, Marco, proprio tu scrivi articoli di lunghezza che reputo normale.
      Certamente, questo post non è un rimprovero per chi fa del proprio blog quello che vuole, davvero non mi permetterei; era solo un mio ragionamento reso pubblico, ma rivolto essenzialmente a me e al modo in cui io vivo la mia esperienza di blogger.

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  9. Anch'io fatico a leggere post troppo lunghi, anche se poi dipende dall'argomento. Per quanto mi riguarda io ho il problema contrario, tendo a scrivere poco, poi magari approfondendo scrivo qualche riga in più, ma la mia tendenza è di essere stringata...

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    1. Non so, certe volte penso che la lunghezza non paghi se non è necessaria, mentre post brevi, ma incisivi potrebbero rendere di più. Però, a quanto dice Marco, poi viene Google che preferisce gli articoli lunghi e, a quel punto... come la mettiamo? 😏

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  10. Dell'argomento ne ho parlato a lungo con Moz sia nel post sul suo blog che in privato.
    Per me è una questione di percezione. Ciò che ha te può sembrare lungo e pesante, a me potrebbe sembrare leggero e rapido, e viceversa. Per esempio a me sembrava che i miei post fossero lunghi e impegnativi da leggere, e Moz mi ha detto esattamente il contrario: noi che li scriviamo probabilmente non ne abbiamo la giusta percezione.
    A prescindere non trovo la lunghezza un parametro atto a definire la bontà di un post: ne fanno parte la capacità di suscitare interesse, il modo in cui si pone la questione, e anche l'impaginazione ha il suo perché.
    Ci sono articoli interessanti che anche se lunghi leggo volentieri, e altri che per quanto curiosi avrei detto al blogger di tagliare qualche inutile orpello. Viceversa non è detto che un post breve sia sinonimo di qualità, ma potrebbe benissimo essere tutta fuffa.
    Poi secondo me in un blog non si è interessati al post in quanto tale, ma al blogger: perché ci piace come scrive, come pone la questione, oppure perché col tempo si sono creati dei rapporti di amicizia virtuale.
    L'interesse sull'argomento, secondo me, è secondario: posso leggere qualcosa che mi interessa fino a un certo punto, se è ben trattato e scritto in moda da non annoiare.

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    1. Sì, alla fine lo credo anch’io, infatti il mio era un discorso più personale, perché so che tutto quello che facciamo e percepiamo ha carattere soggettivo, è un problema di tolleranza che manifestiamo in base al nostro modo di essere, ragionare, esigere. Sono d’accordo con te sul fatto che la conoscenza di una persona smorzi la tendenza a non considerare quello che scrive: è vero che l’interesse per la scrittura di un dato blogger va spesso oltre l’interesse specifico. Ci sono argomenti, in effetti, che se scritti da chicchessia non leggerei, scritti da blogger che stimo sì, però - ecco che emerge il mio limite - di fronte a una lunghezza eccessiva perdo comunque slancio e curiosità.
      Confermo che i tuoi post, per me, sono della lunghezza giusta. ;)

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  11. La lezione di Platone me la ricordavo e non posso che essere d’accordo. Sulla banalità, la tua opinione è condivisibile: anche la banalità può avere il suo spazio purché serva da veicolo per dire altro oppure sia funzionale a qualcosa; quella fine a se stessa è priva di valore: ecco, è giusto, “essere in grado di rappresentarla”... e non sempre si è in grado! 🙂 Anche perché, a raccontare le cose entusiasmanti siamo tutti pronti e bravi, ma è rendere interessante la banalità che ci metterebbe alla prova veramente.
    Grazie per il tuo passaggio e per il tuo apprezzamento.

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