giovedì 28 novembre 2024

Il tempo non lascia spazio che a poche parole scritte

Devo ancora decidere se questi che sto vivendo sono giorni buoni oppure no; se questa fase di rodaggio funzionerà o sarà una prova fallimentare; sicuramente sono giorni nuovi, diversi, per me che sono affezionata alla routine quotidiana. Ho intrapreso un viaggio che vorrei avesse l’approdo sperato, ma che è ancora all’inizio, dunque privo di elementi per tracciarne un bilancio. Non vivo una preoccupazione vera e propria, ma mi attanaglia il sottile, ragionevole, timore di avere fatto il tifo per una scelta che si rivelerà sbagliata. Eppure, quando la lontananza fisica ti impone voli di fantasia (e voli reali) per accorciare le distanze, allora capisci che è giunta l’ora di risolvere ciò che è diventato un problema. 

giovedì 31 ottobre 2024

Jack, il benefattore

Ogni mattina vado in giro a sparare alla gente.

Sono un cecchino esperto e sono determinato. 

Contrariamente a quanto si possa pensare, svolgo un servizio utile: faccio pulizia. Ché oggi, forse, non c’è un gran bisogno di fare pulizia? L’ordine, l’armonia, che fine hanno fatto?

giovedì 17 ottobre 2024

Tra nuoto e nuoto, il pilates

Ho praticato molti sport nella vita. L'ho fatto per moda o per necessità o perché era un diversivo, mai per un reale desiderio. L’unica eccezione: il nuoto, che pratico ormai da più di venti anni e ancora non mi stanca.  

La mia scarsa propensione verso il moto fisico è migliorata nel tempo solo perché, con l’età, ho dovuto accettare dei cambiamenti e ciò ha comportato l’insorgere di nuove esigenze e nuove abitudini. Niente più manubri, barra, bilanciere, panca; niente sport di squadra, agonismo, niente sudate in palestra per attivare, tonificare, irrobustire muscoli e articolazioni. Il nuoto è il jolly che mi gioco quando si mette male con la sperimentazione di insolite attività sportive, ma adesso ho aggiunto le lunghe camminate e, non so come, a un certo punto mi sono trovata a gravitare nell'orbita del Pilates. 

giovedì 3 ottobre 2024

Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza

Salvador Dalí, Il volto della guerra

Erasmo da Rotterdam  attingeva spesso a quel serbatoio di sapere che erano gli “Adagia”, una raccolta di proverbi, detti e motti da cui egli traeva spunto per elaborare le sue ricche e articolate considerazioni. Uno di essi, tratto da un libro che riporta l’omonimo titolo, recita “Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza(in latino Dulce bellum inexpertis) e, devo dire, mi stupisce sempre verificare come ci siano classici senza scadenza, che ritornano attuali in qualunque epoca e sembrano confermare, anche da lontanissimo, verità che il tempo non ha mai cambiato.

giovedì 26 settembre 2024

Notti magiche

Era un giorno di settimana e Palermo respirava la tipica afa di luglio. Il caos cittadino affrettava l’arrivo di un evento importante previsto per la sera: un pomeriggio di clacson ai semafori e suoni sporadici di vuvuzele fatti esplodere da qualche finestrino di auto in corsa. Alle 19:30 le strade si erano svuotate: camminare lungo via Marchese di Villabianca, di ritorno dalla passeggiata che mi concedevo a una certa ora della giornata, per ritagliarmi una pausa dallo studio, aveva il sapore della domenica, ma era un martedì e alle 20:00 i televisori di tutta Italia si sarebbero sintonizzati su una partita di calcio fondamentale, la semifinale dei Mondiali ‘90, disputata fra due super squadre: Argentina e Italia.

martedì 17 settembre 2024

N’allez pas trop vite - Una scusa per parlare ancora di Proust


Della narrativa dei giorni d’oggi non riesco a farmi piacere l’eccessivo uso della prima persona e del tempo verbale al presente e questo può corrispondere a un certo mio gusto letterario orientato verso altri stili, forse più classici o, forse, semplicemente diversi. La ricerca della paratassi sfrenata, con frasi brevi, continuamente interrotte dal punto fermo è un’altra connotazione della narrazione odierna che mi conquista poco:

martedì 10 settembre 2024

L’eco #11 - Archivio di ricordi: Ice in my eyes and eyes like ice don’t move

Al ritorno dalle ferie estive mi acchiappa sempre la fregola di fare ordine nei luoghi che la quotidianità incasina: armadi, cassetti, pensili della cucina, mobiletti del bagno... Mi piace rinnovare gli spazi, ricollocare oggetti e vestiti, fare piazza pulita di cose che non ho ancora avuto il coraggio di mettere via. Approfittando di questo raro momento di compulsione domestica, tutte le volte ritrovo cose dimenticate, che riconservo oppure butto senza concedere agli scrupoli il tempo del ripensamento. Così, indecisa se liberarmi o meno di una vecchia agendina che non raccoglie pensieri, ma solo appuntamenti datati e note su ricette, libri da leggere, vecchi numeri di telefono con nomi di persone che non riconoscerei più, dalle pagine centrali plana sul pavimento un ritaglio di giornale.

martedì 3 settembre 2024

#CitazioniEstive: i bambini affamati, in un brano tratto dal romanzo “Furore” di John Steinbeck


Riscaldo i motori del blog con una citazione estiva, la lunga pagina di un romanzo che ho letto in pochissimi giorni (il che dà la misura di quanto mi sia immensamente piaciuto). 

Il libro è un classico di letteratura americana, scritto nel 1939 da John Steinbeck: “The Grapes of Wrath”, in Italia tradotto e pubblicato un anno dopo da Bompiani con il titolo di Furore”. Racconta il drammatico esodo di una famiglia di mezzadri dell’Oklahoma, negli anni trenta, costretta a lasciare le campagne coltivate a cotone, il lavoro, la casa, per raggiungere la California, nuova “Terra Promessa” per un’intera popolazione in fuga. L’uso dei trattori risponde alle necessità di padroni insensibili e potenti, che non si fanno scrupoli a spianare aie e abbattere fattorie pur di trarre nuovo profitto da una terra troppo sfruttata, che diventa sempre più povera. E il cammino di questa gente sfollata diventa un viaggio della speranza, con picchi di rabbia che si alternano a momenti di grande commozione. Uno di questi è la pagina che condivido qui: una lettura che forma grumi in gola difficili da deglutire. La guerra fra poveri è una realtà che purtroppo non conosce soluzione ancora adesso ed è un dramma che mi diminuisce, mi fa sentire piccola, qualche volta viziata, spesso impotente.


Il capitolo 19 di “Furore” sarebbe da riportare per intero, ma io ho selezionato la parte che più mi ha commosso. 

Accade che la famiglia Joad, durante il suo viaggio, si accampa in una baraccopoli lungo una strada di campagna e Ma’ si adopera per preparare una minestra con le poche patate rimaste. Un gruppo di bambini si avvicina e assiste in silenzio a tutta l’operazione (e già, quando si parla di bambini che patiscono la fame, il mio cuore si rimpicciolisce). 

La meditazione, il senso di sgomento, la pena infinita è quanto vorrei condividere con chi si fermerà a leggere questo passo: