Anche questa domenica racconto insieme a Patricia Moll e alla sua allegra banda di aficionados il mio sequel all'incipit proposto da lei nel blog Myrtilla's house per il mese di settembre.
E mentre il ragù sobbolle in pentola e ho i capelli lavati da asciugare, penso sempre a qualcosa di non troppo impegnativo da scrivere.
Per il Thriller ho già dato. A proposito, state elaborando la vostra versione? Va beh, fate con calma, avete tempo fino a mercoledì.
Così mi ritaglio qualche minuto per dare un seguito a questo
INCIPIT di Patricia:
Seduta sulla poltrona, alzò gli occhi dal giornale. L’articolo le aveva fatto capire cosa doveva cercare per ottenere quello che voleva.
Lo posò, si alzò e così come era in casa uscì dirigendosi verso….
...la fermata del tram. Aveva con sé un piccolo oggetto in metallo.
Da bambina era rimasta incantata dal suono distorto e vibrante di quello strano strumento musicale che si mescolava a tamburello, flauto e fisarmonica nella tarantella del ballo di fine anno scolastico. Gongolante era tornata a casa proclamando con entusiasmo la sua nuova passione: "voglio suonare quel coso, voglio suonare anch'io quel coso" e saltellava per casa mimando il gesto di avvicinare alla bocca l'invisibile ferro di cavallo con il pollice che titillava al vento un'ipotetico doin-didi-in-di-doin.
"Non è strumento per signorine", le aveva detto con tono severo il padre, "dimenticatelo" e lei, rassegnata, aveva rinunciato a quel piccolo desiderio, chiudendolo dentro un cassetto, insieme a tanti altri, poi accantonati negli anni. Finché quel giorno, il trafiletto del giornale, sotto i suoi occhi, le era sembrato un chiaro segno del destino: il Maestro Turi Morelli inaugurava, proprio quel pomeriggio, il terzo anno del Festival Regionale di musica folk, suonando lo strumento protagonista della tradizione popolare di una straordinaria terra, la Sicilia. Il suo giaceva immacolato in fondo alla tasca del pantalone, avvolto in un pannetto di velluto.
Al termine della suggestiva esibizione, andò vicino al musicista e, tirato fuori quel piccolo aggeggio di ferro laccato, gli si rivolse con disinibita reverenza: "maestro, la disturbo un attimo. Mi insegna a suonare il marranzano?"
Che belle le tradizioni popolari!!!
RispondiEliminaOdio quando si perdono! Dobbiamo fare il possibile per mantenerle vive. Sono parte di noi e delle nostre radici!
Grazie!!!
Quando posso, cara Pat, non mi faccio sfuggire l'occasione. Sai che Quasimodo parla del marranzano in una sua poesia ispirata a un momento di nostalgia dovuta alla lontananza dalla sua terra, la Sicilia? Ogni tanto la nostalgia afferra pure me!
EliminaLa nostalgia... e come fai a non sentirla quando ti senti parte di un mondo? Di quel mondo?
EliminaÈ vero che dobbiamo avere mentalità aperta a 360 gradi ma... ma se io mi sento piemontesefino al midollo che ci posso fare? 😊
Non sapevo di Quasimodo. O non ricordo Cerco la poesia
La poesia è molto bella, si chiama "strada di Agrigentum".
EliminaBrava Marina! Grazie!
EliminaEbbene sì, stavolta mi hai preceduto! Ho in mente la versione breve ma non ancora quella lunga. E il tempo strigne!
RispondiEliminaQuindi marranzano e scacciapensieri sarebbero la stessa cosa. Ma che origine ha il nome siciliano?
Sì, Ivano, sono la stessa cosa. Se devo essere sincera non conosco l'origine del termine, però in Sicilia è chiamato in modi diversi a seconda delle zone, per esempio ad Agrigento ha un nome impronunciabile: 'ngannalarruni. Di questo però l'origine è conosciuta. Si dice che il suono di questo strumento servisse per avvertire i ladri della vicinanza delle forze dell'ordine. Una sorta di codice fra ladri (larruni o latruni significa "ladri" in siciliano).
EliminaIn genere, però, lo scacciapensieri era suonato dai contadini, al ritorno dalle campagne e per accompagnare le serenate d'amore.
Queste sono le uniche cose che ricordo di ciò che le maestre ci raccontavano a scuola parlando di questo strumento musicale.
In casa mia, mio figlio sa suonarlo!
Molto bello il racconto. Mi hai fatto viaggiare con la memoria, da bambino ne avevo uno anche io, regalo di mio nonno che una volta ogni uno-due anni andava a fare visita ad amici a isola delle femmine, roba di quasi quasi quarant'anni fa. Quel suono misterioso mi incantava.
RispondiEliminaDa bambina, quando a scuola la maestra ci faceva fare la tarantella a fine anno, io impazzivo letteralmente per quel suono. Convinsi mio padre a comprarmi il marranzano, ma non ero capace di suonarlo perché bisognava tenerlo bene tra le labbra e la lingua doveva muoversi senza ferirsi con la lamella. Alla fine fu mio fratello a impararlo. Io avevo anche il tamburello e le tarantelle ce le facevamo in casa. Che ricordi! :)
EliminaSono cose bellissime. Per cose simili riesco ancora a ricordare i sapori, i profumi. Mi vengono i brividi. Sai che a quasi cinquant'anni non riesco a raccontare dei miei nonni senza che mi vengano le lacrime agli occhi? Son minchione eh?
EliminaNo, sei speciale! :)
EliminaUssignur, lo dice sempre anche il mio psichiatra 😂😂😂😂😂😂
Eliminavabbè, dai, grazie Mari, mi metti in imbarazzo.
È più imbarazzante che te lo dica lo psichiatra, ahahah!
Elimina^__^
E la musica falk cosa mi sarebbe ora? :)
RispondiEliminaAhah, come fai a non conoscere la musica falkloristica! :D
EliminaSarebbe quella del tenente Colombo?
EliminaEppure il tenente Colombo con un bel marranzano in bocca... farebbe un gran figurone, ahahah!
EliminaBel finale Marina. Anch'io sono legata ad alcune tradizioni,a costo di essere irrimediabilmente fuori moda.
RispondiEliminaMi viene da ridere, perché sembra che vengano trasmesse con il dna: non è che in casa si parli spesso di tradizioni e musica popolare, eppure mio figlio, un giorno, è venuto e mi ha detto: "mamma, mi compri lo schiaccia pensieri?" Gli ho risposto: "te lo compro, ma tu d'ora in poi devi chiamarlo marranzano" ;)
EliminaNon è tanto il parlarne, è più il crescere in contesti familiari e non che le evocano. Così, certe tradizioni diventano parte di noi e conservale aiuta a mantenere saldi i legami con chi ce le ha fatte conoscere per la prima volta. Più che altro, è così per me. :-)
EliminaLo è anche per me. Hai ragione: la tradizione è nell'aria che respiri in famiglia, c'è poco da fare!
EliminaBello Marina, come sempre, una scrittura perfetta che mi permette di viaggiare ne mondo della fantasia. Ho recuperato anche io i miei ricordi di bambina alle prese con la musica che era il desiderio di suonare un minipiano, sembravo Schroeder di Charlie Brown :)
RispondiEliminaGrazie Isabella, troppo gentile!
EliminaBellissimo il mini piano! E non ti sei rifugiata, dopo, in quello grande?
Mi è piaciuto moltissimo, anche per l'amore verso la tua terra che spesso celebri con le parole scritte; poetico, nostalgico e perfetto in quanto a realizzazione! Bello *__*
RispondiEliminaGrazie, Glò, mi fa piacere che il breve brano ti sia piaciuto. Ne hai colto pienamente il senso. Da quando mi sono trasferita, ho solo un modo per esprimere la nostalgia per la mia terra: trovare sempre una scusa per scriverne. :)
EliminaMi sonno rimessa a suonare quando aspettavo il mio primo figlio. Poi ho smesso, ma lui è sempre stato portato per la musica. Quando strimpellavo lui da dentro la pancia si agitava... :)
RispondiEliminaMi ricordo, me lo avevi accennato su Fb. Credo che sapere suonare il pianoforte (come qualsiasi strumento musicale) sia un dono bellissimo, che va coltivato o assecondato quando si riconosce in capo ad altri. Tu sai della passione di mio figlio e anche il tuo è portato per la musica. Per me è motivo di gioia! *_*
EliminaHai ragione Marina. Non so come farei senza!
RispondiEliminaChe bello il racconto e che bella la tradizione del marranzano! Pensa che quest'estate ero in Puglia e a Lecce avevo visto dei suonatori e ballerini di pizzica. Ci hanno spiegato che c'è tutto un rituale dietro questa danza apparentemente semplice. Ma con il tuo racconto la mia "fissa" di andare a visitare la Sicilia diventa ancora più "fissa"!
RispondiEliminaCi sono dei musicisti che sanno fare delle cose davvero incredibili con quel piccolo strumento tra i denti. Io ascolto il marranzano e penso alla Sicilia. È un marchio di fabbrica. :)
EliminaVieni a vedere, sentire e provare con i tuoi occhi! :)
Grazie, Cristina.
Hai trasmesso tutta la magia della tua terra in poche righe. Bellissimo! Uno di quei racconti da leggere e rileggere.
RispondiEliminaGrazie, Marina, innanzitutto di essere passata a dirmi cosa hai pensato del mio racconto e, poi, del giudizio lusinghiero che ne hai dato. :)
EliminaNon si mette mai d'imparare, non avevo mai sentito questa parola. Grazie.
RispondiEliminaInteressante richiamo alla tradizione, ma colgo soprattutto il fatto che non si devono mai abbandonare i propri sogni, anche quando sembrano impossibili.
Brava, Marina.
Cara Federica, anche i sogni più piccoli fanno grandi felicità. Io ho un marranzano che ha resistito a due importanti traslochi. Credo voglia dire qualcosa! Grazie sempre!
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