Sono stata in Sicilia, sono tornata a casa dei miei, abbiamo messo l’essenziale dentro le valigie, sbrigato le ultime incombenze nissene, salutato chi c’era da salutare e abbiamo preso l’aereo insieme, perché Roma, da qualche settimana, non accoglie più i miei genitori in veste di ospiti occasionali: adesso sono cittadini della Capitale, come lo siamo diventati io e la mia famiglia undici anni fa. Sapere che, alzando gli occhi verso l’alto, guardiamo lo stesso cielo mi alleggerisce di un enorme peso, significa che allungo il piede sull’acceleratore dell’auto e posso raggiungerli con facilità, okay, percorrendo quarantacinque minuti di strada, ma cosa sono quindici chilometri e tre quarti d’ora rispetto ai novecento chilometri e alle dieci ore che impiegavo per arrivare in Sicilia!
Sono cauta e contenta, ho raccolto una sfida, l’abbiamo raccolta insieme, perché era la più naturale, forse, sebbene la più impegnativa: abituarsi alla novità non è un’impresa semplice, soprattutto quando ci sono dei problemi di salute difficili da gestire e un’età importante, ma questa è sembrata l’unica via percorribile, un compromesso fra le nostre esistenze separate dal destino.
Per me vuol dire maggiore presenza, gioia nel potere essere di aiuto concreto; serenità, anche, nel sapere che la solitudine potrà essere più prontamente colmata, senza affidare a una chiamata telefonica chiacchiere e sfoghi.
Gestivo il mio tempo in un modo, da qualche giorno sto riposizionando priorità e impegni nel calendario della mia quotidianità e incastro tutto come meglio posso. Scrivo meno, leggo meno, ma attraverso Roma di buonumore, sperimentando gli itinerari suggeriti dal navigatore per arrivare a destinazione con meno incomodi possibili: quali sono le strade che mi fanno risparmiare tempo, quali quelle che mi semplificano la percorrenza, tenendo conto di traffico e semafori. Il mio spirito è propositivo, progetto, immagino di fare cose e di coinvolgere soprattutto mia mamma, che ha bisogno di giustificare questa scelta necessaria, mentre si aggira in una casa che non è la sua, senza sapere bene come rassegnarsi al cambiamento.
Su un taccuino annoto i giorni sì e quelli no, le mattine in cui è bello alzarsi con l’idea di vedere i miei genitori e quelle in cui devo trascurarli per occuparmi di altro. Una sorta di diario di bordo spiccio e indicativo, che monitorizzi l'andamento delle giornate, rivelando le falle che necessitano di aggiustamenti. È una nuova vita che vale la pena sottoporre a un test di adattabilità. Voglio fortemente credere che andrà bene e ogni giorno provo a trasmettere il mio ottimismo a chi, di là, avrebbe voluto un altro futuro, ma è comunque grato di potere godere ancora di questo presente. E la mia, di gratitudine, va al buon Dio, che ha ascoltato le mie preghiere, da quando mio padre, non più tardi di un anno fa, è stato dimesso da un ospedale romano, congedato dalla frase infelice di un medico, che voleva essere spiritoso dicendomi: “beh, di qualcosa dovrà pur morire!” e invece, con la sua indelicata previsione, gli ha solo allungato la vita (quasi quasi ringrazio anche lui!) E siamo tutti qua, io e la mia famiglia, mio fratello e la sua famiglia, papà e mamma, riuniti di nuovo nella stessa città.
Quest’anno racconterò un Natale felice.
Così il tempo non lascia spazio che a poche parole scritte, buttate giù di fretta nella mezz’ora che mi ritaglio, prima di prepararmi e recarmi in una Roma che non mi appartiene, ma che da adesso sentirò mia al pari di quella in cui abito.
Taglio la città nel mezzo, attraverso il ponte sul Tevere, salgo verso il Gianicolo, supero la Fontana dell’Acqua Paola, scendo lungo la via Aurelia Antica e in un vicolo di un quartiere al riparo dal traffico cittadino, piccola oasi di silenzio e riservatezza, corro a rendermi utile nella nuova casa che accoglie i miei genitori.
Credo che sia stata una scelta felice, cara Marina. Avere i tuoi genitori vicini ti garantirà di passare con loro un tempo prezioso e, in caso di necessità, sarà più facile gestire dei loro problemi di salute. Quanto avrei voluto abitare vicino ai miei quando stavano male, con il lavoro che non mi permetteva di star loro accanto per il tempo che avrei desiderato.
RispondiEliminaProprio l'eventuale necessità ci ha spinti a fare questa scelta. Speriamo che sia stata una decisione ottimale oltreché sensata. Capisco il tuo rimpianto, non dev'essere stato facile per te!
EliminaIn genere in situazioni simili la cosa più complicata è convincere i propri genitori anziani a cambiare casa, figuriamoci città. Se i tuoi hanno accettato, hai fatto benissimo perché la vicinanza - ora che sono anziani e più fragili - è una doppia tranquillità mentale, per te ma anche per loro. Fargli sentire la tua vicinanza in modo diretto è una benedizione.
RispondiEliminaInfatti la parte più difficile, per adesso, è superare questa primissima fase di adattamento: mia madre, purtroppo, ma anche comprensibilmente, rimpiange ancora la sua casa, che è grande e dotata di ogni comfort, rispetto a questa che è molto più piccola e con meno agi. Insomma, la strada per ora è in salita, speriamo bene: mi auguro che in primis lei si convinca che stare qua, vicino a noi figli, sia davvero una benedizione.
EliminaAnch'io penso che la tua sia stata una scelta indovinata, cara Marina. Se ci saranno problemi di ambientamento per i tuoi genitori, come è normale soprattutto per le persone anziane, questi saranno superati grazie alla tua disponibilità e al tuo affetto. Immagino che anche per te ci saranno dei cambiamenti, ma sono certa che tutto andrà per il meglio!
RispondiEliminaSì, qualche mia abitudine, adesso, deve fare i conti con la novità, ma per ora sono contenta così. Io so farmi andare bene tutto, anche se devo rinunciare a qualche libertà in più, niente vale più della vicinanza dei miei.
EliminaCoraggiosi i tuoi genitori ad abbandonare isola e abitudini per esserti più vicini.
RispondiEliminamassimolegnani
Purtroppo, hanno dovuto trovarlo questo coraggio: mio padre soffre di demenza senile e mia madre non era più in grado di gestire la malattia da sola. Noi figli non potevamo più sopportare di saperli soli e lontani. Adesso c'è maggiore serenità, ma molte difficoltà da affrontare e (speriamo) superare insieme.
EliminaChe carini che sono! Scelta coraggiosa, non da tutti!
RispondiEliminaSi era giunti a un bivio: o in casa propria, in Sicilia, con tutti gli agi, ma soli o in una casa più piccola, a Roma, ma con figli e nipoti vicini. La scelta è stata dura, però spero ragionevole. E che Dio ce la mandi buona!
EliminaAttenderemo dunque che la scelta "depositi" dentro di te i suoi effetti ma nel mentre già sappiamo, già sai, che è giusta, che ti permetterà di fare ciò che hai sentito giusto fare e che la stanchezza che magari provi quando fai avanti e indietro quei 45 minuti di auto sarà ripagata. Dall'affetto, dalla sensazione di presenza. E poi, aggiungo io facendo riferimento alla mia esperienza personale: poter un giorno voltarti indietro e sentirti priva di sensi di colpa. Stanca magari, ma serena. E in qualche modo felice per esservi regalati anni di vicinanza per scambiare ancora qualche abbraccio, qualche parola di conforto, qualche cosa da chiarire. Nella vostra nuova città
RispondiEliminaBrava Elena, i sensi di colpa! Sono devastanti quando sai di non avere fatto tutto ciò potevi fare per superare (o almeno tentare di superare) il problema dell'assenza. Adesso so che posso stare ancora con i miei genitori quando voglio, che 45 minuti di strada non sono niente se posso trascorrere una mattinata o un pomeriggio con loro. Vivo con il cuore in pace e l'animo sereno, sebbene con tante difficoltà da affrontare. Una strada ancora tutta in salita, ma piena di buone intenzioni.
EliminaSono certa che è la scelta giusta per te come per loro. Avresti potuto trasferire la tua famiglia in Sicilia? Non credo, sarebbe stato decisamente più complicato per lavoro e studio dei ragazzi. Fare avanti e indietro con l'aereo? Men che meno, sono decisamente meno stressanti quei 45 minuti di auto (che poi, quando prenderai mano con le strade, potrai approfittarne per audioleggere magari, no? ;) ) Dal punto di vista pratico, è la cosa migliore. Poi ogni cambiamento richiede il giusto tempo di adattamento, ma se non altro il periodo di Natale sarà perfetto per sentire tutti i vantaggi della vicinanza. Andrà bene. :)
RispondiEliminaSperiamo, Barbara. La verità è che quando ci siamo trasferiti i miei erano ancora in forma, loro sono sempre stati giovanili, venivano a trovarci qua a Roma come gitanti in festa ed era bello ospitarli; non si immaginava, allora, che la loro vecchiaia avrebbe preso una brutta piega, per via della malattia di mio padre: la demenza senile è una brutta bestia, perdi i contatti con la realtà, il cervello manda segnali sbagliati, sballa tutto nel sistema di vita ordinario e chi ti sta accanto deve essere in grado di gestire ogni cambiamento, ogni peggioramento, soprattutto. Mia madre non ne è stata capace e noi ci siamo ritrovati a dovere prendere provvedimenti soprattutto per alleggerire il peso a lei. Si adatteranno, confido nel tempo che mette a posto tutto: qualsiasi cosa dovesse accadere d'ora innanzi, ci siamo noi qua, io e mio fratello, pronti a intervenire con più facilità e questo è un vantaggio impagabile.
EliminaTu stai vivendo ciò che io non ho potuto vivere. Anch'io feci il discorso di farli avvicinare, ci fu un tempo in cui suggerii perfino di vendere tutto e spostarsi su Roma (mio padre avrebbe trovato anche suo fratello a Velletri), ma furono irremovibili. Anzi, mio padre si irritava moltissimo al solo pensiero che si proponesse una cosa del genere. In anni in cui la sua malattia era in stato molto avanzato preferì curarsi da solo, prendeva la sua macchina e andava a fare la chemio, la chiamava "terapia". Io scendevo in treno diverse volte durante l'anno, lui veniva a prendermi in stazione, sempre più emaciato. Sono stati anni molto difficili e gestire da lontano è stata un'impresa. Lui ci ha facilitato il compito, era un uomo di grandissima tempra. Se li avessi avuti qui, sarebbero sorti nuovi problemi, ma come tu stessa dici la vicinanza è tutta un'altra cosa.
RispondiEliminaConosco bene la sensazione di non poter essere presente quando c'è una situazione di bisogno in famiglia, è una situazione che lascia un senso di disagio/malessere davvero brutta. Per una persona sensibile e con dei valori sani la scelta che hai fatto era l'unica possibile per te. Un abbraccio
RispondiEliminaIo credo che tu e tuo fratello abbiate semplicemente manifestato una riconoscenza di amore verso i vostri genitori ,mettendo in conto una forma di "sacrificio" che mi balza agli occhi tanto è bella,per quanto possa chiedere ad ognuno di voi quattro qualche non facile rinuncia.Qui c'è tanto amore Marina e i fatti vanno oltre le parole,si percepisce a pelle quanto l'amore generi amore.
RispondiEliminaIo ricordo ancora l'ultima volta che sorseggiai un caffè con il mio papà e anche se non avevamo problemi di lontananza fisica ,sentii fortemente il suo distacco fulminante da noi ,da me.I sensi di colpa sopraggiungono anche quando subisci uno strappo violento e interiore senza nessun preavviso .Credo faccia parte di un percorso che si attraversa sempre in un modo o in un altro.
Buone festività a te e ai tuoi cari
L.