giovedì 28 maggio 2020

Idolatria letteraria: il più grande limite della lettura



Ancora una volta prendo spunto da un’opera già citata in un precedente post, “Come Proust può cambiarvi la vita” di Alain de Botton, per fare una riflessione su come la lettura di un’opera o la conoscenza di un autore possano spingerci verso forme di limitante idolatria.

Il più importante beneficio che traiamo dalla lettura è l’intercettazione nel pensiero dello scrittore di elementi che ci aiutano a scavare nel nostro inconscio. La perfetta descrizione di momenti, di passaggi, di impressioni, ha la capacità di riportare in vita aspetti di esperienze personali che abbiamo trascurato per abitudine o per disattenzione. Come l’universo riacquista un’importanza infinita agli occhi di Proust, perché Ruskin (critico d’arte britannico verso cui lo scrittore francese nutre una profonda ammirazione) lo rende sensibile al mondo dell’arte, della natura, dell’architettura, così io sono grata a Proust per avere risvegliato in me l’attenzione verso certe suggestioni legate al quotidiano, al tempo, ai ricordi, che non avrei saputo altrimenti valorizzare.
Attenzione, però, a non prendere troppo sul serio i libri al punto da eleggerli a traguardi del nostro pensiero. 
Lo scrittore ci suggerisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno; in realtà ciò che fa è solo d’ispirarci desideri. La verità contenuta nelle pagine di un libro non è l’unica possibile, ma solo un punto di partenza per elaborare un percorso mentale tutto nostro: la lettura può introdurci alle soglie della vita spirituale, ma non la costituisce.

È necessario, dunque, un approccio responsabile ai libri, perché la feticistica reverenza ne mostra i limiti:

1) Scrittori come oracoli

Spesso il lettore troppo riverente pensa che lo scrittore abbia una risposta per tutto. L’intelligenza, la competenza o la profondità dimostrata da un autore in un determinato ambito non certificano necessariamente il possesso delle stesse doti in altri campi. 
C’è un simpatico aneddoto, raccontato dall’autore del saggio citato, in cui i giornalisti della rivista “Intransigeant”, convinti della saggezza oracolare di Proust, lo interpellarono chiedendogli: 
“Se foste costretto, per una qualunque ragione, ad esercitare un mestiere manuale, quale scegliereste secondo i vostri gusti, le vostre attitudini e le vostre capacità?” 
“Mi farei, credo, fornaio. È cosa onorevole dare agli uomini il loro pane quotidiano”, rispose Proust, dopo aver sottolineato che lo scrivere costituisce in ogni caso un lavoro manuale. 
È una risposta banale a una domanda banale: perché essere il grande autore della Recherche dovrebbe qualificare Marcel Proust come un consulente professionale cui chiedere consiglio?

2) Blocco (reverenziale) dello scrittore

Walter Benjamin ritiene che si diventi scrittori perché non si riesce a trovare un libro già scritto che ci soddisfi pienamente.
Verrebbe da sorridere se non fosse che, talvolta, succede davvero che la perfezione che riconosciamo a un libro, la superiorità che gli attribuiamo rispetto a ciò che saremmo in grado di concepire noi, azzeri ogni slancio verso l’esercizio dell’arte scrittoria. 
Non raggiungerò mai certi livelli, dunque ci rinuncio. 
Credo di essere affetta da questo “morbo reverenziale”, ma io non sono nessuno: Wirginia Woolf, invece, ne ha fatto motivo di crisi profonda. 
La famosa scrittrice era innamorata dell’opera di Proust, anzi ne era ossessionata: “Proust stuzzica talmente il mio desiderio di espressione che non riesco quasi a comporre la frase. Oh se potessi scrivere cosi!”, è ciò che lei confida in una lettera indirizzata a Roger Fry. E ancora: “Cos’altro resta da scrivere dopo di lui? [...] Com’è riuscito finalmente qualcuno a cristallizzare ciò che è sempre sfuggito e persino a trasformarlo in questa sostanza stupenda e perfettamente duratura?”
Il riconoscere la straordinarietà della Recherche non fece che bloccare la Woolf nel letale pregiudizio di non essere all’altezza di tanta magnificenza, congelandola nella totale incapacità di scrivere qualcosa di sensato: “Tutto sembra insipido e vuoto”. Era arrivata persino ad abbandonare l’opera perché le faceva male il confronto con l’arte maestra di Proust, salvo poi ritrovare le ragioni per scrivere e consegnare alla storia i capolavori che tutti conosciamo.
Naturalmente il ragionamento corretto è che la fascinazione esercitata da certi autori e da certe loro opere non dovrebbe mai inficiare la volontà di curare i propri progetti personali: le conquiste di uno scrittore non invalidano quelle di un altro, c’è tanto da dire e in tanti modi.

3) Fenomeni di idolatria 

Questo è il limite, forse, più concreto. Amiamo a tal punto un autore o un artista da arrivare a una vera e propria venerazione nei confronti di oggetti e luoghi descritti in un’opera letteraria o raffigurati in una rappresentazione artistica. Il paesaggio trasferito su tela da un pittore può suggestionarci al punto da creare in noi un trasporto che si ferma al dato oggettivo, senza arrivare ad approfondire lo spirito del dipinto.
Robert de Montesquiou, l’aristocratico poeta, amico di Proust, andava in estasi se vedeva indossato da un’amica l’abito della protagonista di un romanzo di Balzac e questo entusiasmo dipendeva solo dalla venerazione per lo scrittore, non dall’avere assorbito i principi della sua visione estetica.
Diversamente, Proust riteneva che la bellezza di un quadro non dipendesse dalle cose in esso rappresentate e che gli oggetti inseriti in una narrazione fossero al servizio di significati ben più profondi del loro uso in sé in un contesto descrittivo.

Allettati dalla raffinatezza di talune pietanze citate nella Recherche, a partire dalla famosa madeleine, qualcuno potrebbe avere il desiderio di provare dal vivo il soufflé al formaggio, la bouillabaisse, la razza al burro nero, l’agnello con salsa béarnaise, il manzo alla Stroganoff, la crème al cioccolato e molto altro. Ecco che, allora, un grande chef parigino ha pensato bene di scrivere e pubblicare un libro, La Cuisine Retrouvée, contenente tutte le ricette di ogni piatto menzionato da Proust. Ma, a parte soddisfare la vena idolatrica di un proustiano convinto, questo provare l’esperienza sensoriale del cibo presente nell’opera, potrebbe offrire una maggiore comprensione dell’arte del suo autore?

Accade lo stesso quando la venerazione per uno scrittore muove un interesse spasmodico per i luoghi dove è ambientata la sua opera e questi diventano mete di veri e propri pellegrinaggi: il castello di Alnwick, in Inghilterra, che la Rowling ha ribattezzato Hogwarts nella saga di Harry Potter oppure, per rimanere su Proust, Illiers, cittadina nella pianura francese, famosa perché luogo di villeggiatura dello scrittore durante la sua infanzia, poi divenuta fonte di ispirazione dell’immaginaria città di Combray. Questa è stata la fortuna di un ordinario paese a nord della Francia, improvvisamente visitato da folle di turisti attratti dalle panetterie occupate nella fabrication de la petite madeleine de Marcel Proust. Ce n’è una in un angolo della Rue du Docteur Proust, in cui sulla porta della pasticceria è appeso un grande cartello con scritto: “La casa in cui zia Léonie comperava le sue madeleine”. Chiamali fessi! Un vero business per un luogo ai più sconosciuto. Ma il rischio è quello di esagerarne i meriti: la città non ha nulla di straordinario se non il fatto di essere entrata nella fantasia letteraria di un autore che amiamo; il piacere ricavato dal visitare i luoghi d’infanzia di Proust è una forma di idolatria che privilegia il luogo fisico senza indagare sul modo in cui effettivamente Proust lo vedeva. 

Oltre al pericolo di sopravvalutare gli scrittori e di sottovalutarci, il rischio di soggiacere a sentimenti di venerazione per chi ha scritto cose grandi ai nostri occhi è il limite più insidioso della lettura: rendere omaggio a un autore non significa guardare il suo mondo attraverso i nostri occhi, ma guardare il nostro mondo attraverso i suoi occhi.


18 commenti:

  1. Nessuno può avere una risposta per tutto e tutti. SEmplicemente perchè tutti, per quanto simili si possa essere, restiamo però differenti.
    Nei libri si deve cercare uno spiraglio, una luce che ci aiuti a vedere e comprendere alcune cose. A volte si trovano senza nemmeno cercarli.
    Però, il resto è scritto dentro di noi e solo noi possiamo leggerlo.
    Idolatrare un autore sì...mi capita. Murakami, Yoshimoto,VAresi, Alice Basso.. solo per fare alcuni nomi.
    In ognuno di loro ho trovato qualcosa di mio, seppur microscopico. Anche difetti confesso ma poi da quello la chiave di lettura, il badile per scavare dentro di me ce l'ho io e sono io che devo farlo.

    Bel post, Marina!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Pat, grazie! Quando ho letto questo capitolo ho subito pensato a quanto fosse vero quello che dice. È un ragionamento molto filosofico quello di Proust e dell’autore che lo racconta in questo saggio. Alla fine, la frase che conclude la riflessione dice che anche i libri più belli meritano di essere messi da parte: questo è quello che tempo fa ho fatto con Murakami. Ne ero ossessionata, invece è stato giusto “mollarlo” e ora sono pronta a fare lo stesso con la Recherche, che mi ha letteralmente stregata.

      Elimina
  2. Eppure tutto questo è bellissimo, amica mia. Sì, magari si rischia di cadere - o scadere - nell'idolatria, ma vuoi mettere andare a caccia di luoghi in cui è ambientato un romanzo particolarmente amato, uno di quelli che solletica la nostra immaginazione, ci dispone al sogno, e poi avere la possibilità di vedere, toccare con mano, immergerci in un quell'ambiente?
    Eccomi, presente. Non sono mai stata in Inghilterra, ma so già che come minimo dovrò farci un paio di viaggi e tutti perfettamente organizzati, perché io DEVO vedere moltissimi luoghi. Devo vedere le case dei miei amatissimi Dickens, Woolf, Brontë, Austen. Mi piacerebbe visitare qualche castello fonte di ispirazione, come quello che citi, ma anche per esempio il castello in cui è stato girato Downton Abbey, come si può perdere?
    Mi piacerebbe entrare nel locale in Scozia dove si dice che la Rowling abbia inventato Harry Potter - ma ultimamente lei stessa ha smentito che si tratti proprio di quel locale.
    La lista è lunga. Magari accade poi che qualcosa deluda, che la realtà non corrisponda al nostro immaginario, ma ci può stare. Certo, deve essere stata una bella soddisfazione essere idolatrato in vita come è accaduto a Proust e a pochi altri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E comunque sì, lo ammetto: io mi sono riconosciuta nel feticista reverente di cui parla il testo. 😁 Anch’io andrei a visitare tutti i luoghi della Recherche; forse non mi interesserebbe assaggiare le pietanze citate nell’opera, ma sentire il profumo della madeleine facendo finta di essere il naso di Marcel mi piacerebbe un sacco! 😂
      E, detto tra noi, io visiterei pure il castello di Herry Potter! 😛

      Elimina
  3. L'idolatria non mi è molto congeniale, ma preferisco l'idolatria a uno specifico scrittore a quella verso i classici nel loro insieme. Certo nella categoria inseriamo libri che vanno a toccare corde eterne nell'essere umano, ma non sempre la forma resiste al cambiamento nei gusti. A volte trovare un linguaggio antico che descrive una realtà altrettanto antica ce ne fa sentire il fascino; altre volte, secondo me, non si riesce ad apprezzarli ma si rimane nella soggezione del "classico", che deve piacere in quanto tale. Non è poi così difficile cedere una parte della nostra libertà di giudizio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il discorso non è legato solo ai classici e non solo alla letteratura. Proust parla anche di idolatria artistica, quella per cui questa soggezione deriva dalla visione di un quadro. Per esempio alcuni si innamorano di una parte del paesaggio rappresentato da un grande pittore e, credendo così di apprezzare il pittore stesso, concentrano tutta la loro attenzione sugli oggetti che sono in un dipinto, a scapito dello spirito del dipinto. Il punto è che questa forma di idolatria finisce per svilire i contenuti intrinseci di un’opera, i messaggi insiti in essa e il rischio è di perdere il contatto con la vera bellezza di un testo come di un dipinto, che sia classico o moderno non importa.

      Elimina
  4. Ricordo che all'università il professore di letteratura francese ci parlò delle celebri biografie di personaggi letterari scritte da un critico famoso (mi pare Sainte-Beuve, ma non ne sono sicuro). E sottolineava come leggendo queste biografie molto accurate, costruite tramite testimonianze di chi aveva conosciuto questi letterati, venivano fuori ritratti assai poco confortanti: drammaturghi straordinari che nella vita reale erano meschini, poeti capaci di scrivere versi perfetti che poi nel quotidiano erano ipocondriaci e permalosi... Lo scrittore sa scrivere bene, sa osservare bene e sa interpretare bene il mondo che lo circonda e le altre persone. Ma ciò non gli impedisce di avere difetti anche gravi...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oh sì, non c’è dubbio! Sapessi quante ne ho lette io di Proust! Essendo affetta da questa pseudo idolatria, non arrivo a forme estreme di venerazione, ma mi sento addosso l’ossessione di sapere tutto di lui, vita, morte e miracoli. Per ora i suoi difetti sono anche le sue debolezze maggiori, però il fascino di ciò che era, del modo in cui viveva, anche la sua omosessualità, sono fonte di grande interesse per me.

      Elimina
  5. Ciao Marina, i tuoi post mi sorprendono sempre. Sai sviscerare un argomento in tutti i suoi aspetti, osservandone tutte le facce come in un prisma. Altro che Prus, a me basti tu per sentirmi inadeguata a scrivere.
    Comunque i castelli, i luoghi menzionati e ci aggiungo anche la casa con il giardino di Monet li visiterei tutti, proprio perché i miei idoli li hanno descritti o dipinti; poi da vera turista assaggerei anche le madeleine e non me ne vergognerei affatto. Subisco l'influenza dell'idolo ma sono i miei occhi, il mio tatto, le mie papille gustative, i miei sensi che mi mandano i segnali, e se Prust o Monet o la Ruwing mi hanno sedotto è perché ero in sintonia con ciò che loro mi volevano trasmettere. Io ho colto solo un particolare e non l'insieme o l'intensità? Può essere. Pero se quel particolare c'è, vuol dire che anche all'autore o al pittore piaceva e ciò mi basta. Quante volte mi è capitato di rileggere libri e di essere colpita da brani che non ricordavo.
    Non mi confronto con i grandi,i grandi sono idoli e in quanto tali sono irraggiungibili. Mi confronto con persone che scrivono come te o che incontro nei corsi, e lì le mie ineguatezze mi bruciano come sale, e non è una bella cosa perché purtroppo allora è invidia. Non è bello sentirsi inadeguati e per giunta stronzi, così con le mie ineguatezze cerco di farci pace, sono come sono. Amen!
    Accettarmi per quello che sono mi sblocca e mi aiuta a tornare a progettare storie volando con la fantasia. A volte volo alto ed è un vero sballo, ciò che scrivo non viene quasi mai pubblicato, però è bello avere un'idea da perseguire.
    Pazienza, non sarò mai come la Rowing!
    Me ne farò una ragione.��

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cara Anna Maria, intanto ti ringrazio per la stima (che sai essere reciproca), è anche sbagliato sentirsi inadeguati: rispetto a cosa? Rispetto a chi? Certo, paragonarsi ai grandi è da sciocchi: chi mai potrebbe sentirsi all’altezza di Proust, in questo caso, ma anche di altri che hanno fatto la storia della letteratura? Noi siamo piccolissimi e lontanissimi dal raggiungere certi livelli (o chi può dirlo, magari abbiamo ancora tempo per provarci 😉) A ogni modo, anch’io vedrei volentieri alcuni luoghi ai quali mi sono affezionata leggendo certi libri. Senza idolatria, però, solo per sana curiosità, perché a me piace farmi guidare dentro certe riflessioni, ma non le subisco passivamente: la madeleine sarà storica e mi piacerebbe un sacco assaggiarla, ma non trascuro il significato profondo che sta dietro l’uso che ne fa Proust e a me piace condividere quello, guardare il mio mondo attraverso quelli di chi ha scritto un’opera così bella e completa..

      Elimina
  6. Suppongo che Proust non avrebbe mai immaginato i social. Dove trovi gente che parla di libri che non ha letto, che denigra libri che non ha capito, che ha scritto libri che non si riescono a leggere, o che è Fabio Volo.
    Se lo avesse immaginato, allora sì, che avrebbe mollato la letteratura per fare il fornaio.
    E allora avrebbe scoperto che c'è anche gente che dice al fornaio come si fa il pane (al virologo come si fanno i vaccini, all'insegnante come si fa lezione...)
    A quel punto mi immagino Proust prendere una decisione. Ebbene sì, me ne vado su Marte. Ma su Marte non c'è ossigeno, gli direbbero tutti. Sì, ma almeno è a 60 milioni di km da Mario Giordano.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahah, un Proust che entra in un tea room con la mascherina!
      E comunque, oggi ci sono i social, con una coralità certamente allargata, ma non sai quanto potessero essere pericolose le cene raccontate da Proust, in casa dei nobili di turno, con un pettegolezzo che raggiungeva livelli elevatissimi di raffinatezza e la circolazione di notizie di salotto in salotto che manco la rapidità di internet... Anche in quegli ambienti c’era chi si riempiva la bocca di cose senza conoscerle e i tuttologi e, sicuramente, da qualche parte c’era pure un Mario Giordano in tuba e rendigote. 😄

      Elimina
  7. È vero l'opera di uno scrittore aiuta a vedere il nostro mondo attraverso i suoi occhi, concordo. Molti scrittori mi hanno aiutato a guardare alcune cose della mia vita sotto un altro punto di vista, alcuni autori, proprio per questo, sono stati importantissimi nella mia formazione.
    Non ho mai però idolatrato nessuno scrittore pur apprezzandoli molto, forse un po' Cesare Pavese quando avevo sedici anni, ma era già morto e i morti assumono quell'aura magica, poi era morto suicida a cinquant'anni dopo aver scritto delle opere meravigliose e aver avuto una notevole importanza nel suo tempo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alla fine credo non sia difficile fare di uno scrittore o di un pittore un idolo, se questo vuol dire apprezzare a tal punto la sua arte da farne un modello da seguire, senza piegarsi a esso in modo pedissequo. I grandi servono a questo, però certo, comprarsi là Cucine Retrouvè solo per apprezzare i cibi citati da Proust è una civetteria. Vabbè, forse per sfizio..., ma credere che assaggiare la mousse al cioccolato secondo la ricetta di Francoise sia capire meglio Proust...

      Elimina
  8. Sono strana, lo so, ma nella mia vita non ho mai provato idolatria per nessuno. Eccetto mia madre, ma anche qui con le dovute limitazioni.
    Apprezzo diversi autori, cantanti, attori, ecc, ma li seguo sempre con un certo distacco, così come mi sforzo di non avere pregiudizi che mi facciano escludere opere a priori.
    Ad esempio adoro una canzone di Gigi D'Alessio (una soltanto, lo giuro 😂😂) e ho apprezzato moltissimo l'ultimo libro di Fabio Volo.
    Dunque, non cerco i libri in base all'autore, ma mi lascio più influenzare dai titoli e, soprattutto, dalla trama.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo, è giusto: non si è per forza “schiavi” di una passione o di un interesse, è solo se dovessero esserci segnali in tal senso che l’autore mette in guardia da certi rischi.
      Io, invece, lo ammetto: molti autori mi hanno acceso una curiosità vicina all’ossessione: non sai quanto visiterei volentieri i luoghi raccontati da Proust e capisco persino il piacere di assaporare la madeleine di zia Leonie. Solo che, ecco, non sono smodata. 😅☺️

      Elimina
  9. Lo so che cosa vuoi fare tu con questo post... Vuoi dire che io sto idolatrando Diana Gabaldon e il suo Outlander, eh? No, NO! Un pochino, forse... No, no, no! Si, NO! La Scozia era bella già prima di leggere Outlander, le Highlands hanno sempre ispirato storie magiche da ben prima di lei... E sì, sono stata al The elephant house, il pub di Edimburgo la cui vetrina (piccola!) recita "birthplace of Harry Potter" (forse era più tranquillo quando lei ci andava a scrivere ;) ) E cavoli se me lo farei un giro sul Jacobite Steam Train, il treno per Hogwarts. Perché il bello della Scozia è che non è densamente popolata e quindi sei immerso in una natura da fiaba. Comunque no, non idolatro zia Diana. E la prova è che devo ancora vedere tutta la stagione 5 di Outlander e finire prima l'ultimo libro di quella stagione (non esiste che guardo le puntate senza aver letto il libro!) Le fan sfegatate invece conoscono già la stagione a memoria... Io sono proprio scadente. :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il fatto vero è che ho cercato di esorcizzare io, la mia mania, scrivendo un articolo che parla del suo limite. Perché lo ammetto: un pò fanatica lo sono! 😭😭 Altroché, andrei a visitare posti di cui mi sono innamorata trovandoli descritti in un libro, organizzerei tour di case abitate dai miei autori preferiti, di strade o locali famosi da loro frequentati... Non la chiamo idolatria (che è un termine che mi farebbe sentire ignorante), ma ammirazione “estrema” sì.
      E comunque hai ragione: prima sempre i libri, poi tutto il resto. Anch’io non vedrò le stagioni televisive de “Il Trono di Spade” se prima non arrivo all’ultimo capitolo della vicenda. (Solo che Martin, forse, lo sta scrivendo a mano su pergamena...) 😣

      Elimina