giovedì 3 ottobre 2024

Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza

Salvador Dalí, Il volto della guerra

Erasmo da Rotterdam  attingeva spesso a quel serbatoio di sapere che erano gli “Adagia”, una raccolta di proverbi, detti e motti da cui egli traeva spunto per elaborare le sue ricche e articolate considerazioni. Uno di essi, tratto da un libro che riporta l’omonimo titolo, recita “Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza(in latino Dulce bellum inexpertis) e, devo dire, mi stupisce sempre verificare come ci siano classici senza scadenza, che ritornano attuali in qualunque epoca e sembrano confermare, anche da lontanissimo, verità che il tempo non ha mai cambiato.

giovedì 26 settembre 2024

Notti magiche

Era un giorno di settimana e Palermo respirava la tipica afa di luglio. Il caos cittadino affrettava l’arrivo di un evento importante previsto per la sera: un pomeriggio di clacson ai semafori e suoni sporadici di vuvuzele fatti esplodere da qualche finestrino di auto in corsa. Alle 19:30 le strade si erano svuotate: camminare lungo via Marchese di Villabianca, di ritorno dalla passeggiata che mi concedevo a una certa ora della giornata, per ritagliarmi una pausa dallo studio, aveva il sapore della domenica, ma era un martedì e alle 20:00 i televisori di tutta Italia si sarebbero sintonizzati su una partita di calcio fondamentale, la semifinale dei Mondiali ‘90, disputata fra due super squadre: Argentina e Italia.

martedì 17 settembre 2024

N’allez pas trop vite - Una scusa per parlare ancora di Proust


Della narrativa dei giorni d’oggi non riesco a farmi piacere l’eccessivo uso della prima persona e del tempo verbale al presente e questo può corrispondere a un certo mio gusto letterario orientato verso altri stili, forse più classici o, forse, semplicemente diversi. La ricerca della paratassi sfrenata, con frasi brevi, continuamente interrotte dal punto fermo è un’altra connotazione della narrazione odierna che mi conquista poco:

martedì 10 settembre 2024

L’eco #11 - Archivio di ricordi: Ice in my eyes and eyes like ice don’t move

Al ritorno dalle ferie estive mi acchiappa sempre la fregola di fare ordine nei luoghi che la quotidianità incasina: armadi, cassetti, pensili della cucina, mobiletti del bagno... Mi piace rinnovare gli spazi, ricollocare oggetti e vestiti, fare piazza pulita di cose che non ho ancora avuto il coraggio di mettere via. Approfittando di questo raro momento di compulsione domestica, tutte le volte ritrovo cose dimenticate, che riconservo oppure butto senza concedere agli scrupoli il tempo del ripensamento. Così, indecisa se liberarmi o meno di una vecchia agendina che non raccoglie pensieri, ma solo appuntamenti datati e note su ricette, libri da leggere, vecchi numeri di telefono con nomi di persone che non riconoscerei più, dalle pagine centrali plana sul pavimento un ritaglio di giornale.

martedì 3 settembre 2024

#CitazioniEstive: i bambini affamati, in un brano tratto dal romanzo “Furore” di John Steinbeck


Riscaldo i motori del blog con una citazione estiva, la lunga pagina di un romanzo che ho letto in pochissimi giorni (il che dà la misura di quanto mi sia immensamente piaciuto). 

Il libro è un classico di letteratura americana, scritto nel 1939 da John Steinbeck: “The Grapes of Wrath”, in Italia tradotto e pubblicato un anno dopo da Bompiani con il titolo di Furore”. Racconta il drammatico esodo di una famiglia di mezzadri dell’Oklahoma, negli anni trenta, costretta a lasciare le campagne coltivate a cotone, il lavoro, la casa, per raggiungere la California, nuova “Terra Promessa” per un’intera popolazione in fuga. L’uso dei trattori risponde alle necessità di padroni insensibili e potenti, che non si fanno scrupoli a spianare aie e abbattere fattorie pur di trarre nuovo profitto da una terra troppo sfruttata, che diventa sempre più povera. E il cammino di questa gente sfollata diventa un viaggio della speranza, con picchi di rabbia che si alternano a momenti di grande commozione. Uno di questi è la pagina che condivido qui: una lettura che forma grumi in gola difficili da deglutire. La guerra fra poveri è una realtà che purtroppo non conosce soluzione ancora adesso ed è un dramma che mi diminuisce, mi fa sentire piccola, qualche volta viziata, spesso impotente.


Il capitolo 19 di “Furore” sarebbe da riportare per intero, ma io ho selezionato la parte che più mi ha commosso. 

Accade che la famiglia Joad, durante il suo viaggio, si accampa in una baraccopoli lungo una strada di campagna e Ma’ si adopera per preparare una minestra con le poche patate rimaste. Un gruppo di bambini si avvicina e assiste in silenzio a tutta l’operazione (e già, quando si parla di bambini che patiscono la fame, il mio cuore si rimpicciolisce). 

La meditazione, il senso di sgomento, la pena infinita è quanto vorrei condividere con chi si fermerà a leggere questo passo:

martedì 25 giugno 2024

Estate 2024


Era Pirandello che spiegava alla perfezione la differenza fra comicità e umorismo, grazie all’esempio della vecchia signora imbellettata, coi capelli ritinti, goffa nei suoi abiti giovanili. Ne incontro tante e, lo ammetto, spesso, la vista di queste persone “stonate” mi suscita una risata, perché esternano una condizione che non le rappresenta: è comico l’avvertimento del contrario. Ma quando subentra la riflessione sul perché rileviamo la diversità rispetto a ciò che dovrebbe essere (una signora anziana dovrebbe mostrare il garbo dei suoi anni con un abbigliamento e un’estetica consoni all’età), allora ecco che la comicità diventa umorismo; mentre la prima provoca ilarità, il secondo smuove un sorriso amaro: quella donna potrebbe pararsi così per sentirsi bella agli occhi di un marito più giovane, osserva Pirandello. E potrebbe farlo per mille altre ragioni che inducono a provare quasi tenerezza o addirittura pena per lei. È umoristico il sentimento del contrario.

giovedì 6 giugno 2024

Al teatro con il “Sogno di una notte di mezza estate” di Luana M. Petrucci

Quando l’anno scorso Luana mi ha detto che, col suo laboratorio teatrale di ragazzi, stava lavorando alla messa in scena di “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, mi sono istintivamente detta: chissà come farà.

giovedì 23 maggio 2024

Ni hao

Amo i miei ricci. Quando ero bambina mia madre si ostinava a pettinarli e io andavo a scuola con un enorme nido di uccelli in testa, che mi regalava tre centimetri di altezza. Qualche volta, per comodità e per sembrare più ordinata, li legavo in due code laterali, che mi sarebbe piaciuto fossero come quelle vaporose della mia beniamina Candy Candy e invece erano due covoni pendenti sulle spalle. Crescendo, mi sono affrancata dalle idee di ordine di mia madre e ho imparato a gestire i capelli in autonomia, trattandoli con prodotti specifici, balsami, creme, maschere rigeneranti, in grado di trasformare il crespo dei ricci in onde morbide e ben disegnate; soprattutto non li spazzolavo, evitando l’effetto zucchero filato. E da lì in poi ho cominciato ad amarli. Non ho mai frequentato le parrucchierie se non per accorciare la lunghezza e per qualche occasionale messa in piega. Anni e anni di capelli lasciati al naturale, che lavavo e asciugavo in un fiat, senza perdere tempo appresso a lisciature e piastre: un po’ di mousse coiffante, diffusore collegato al fon e via: ricci perfetti e grande soddisfazione.

Ma il tempo, inclemente, invecchia tutto. Il tempo e le gravidanze - dicono.