martedì 14 gennaio 2025

L’eco 12 - Archivio di ricordi: la mia laurea, quel giorno di aprile




Mi sono laureata in Aprile, non rammento più in quale giorno. Ricordo tutto di quella mattina speciale, ma la data proprio no. Rimossa. 

Così mi è bastato salire la rampa della scalinata della facoltà di Lettere e Filosofia, qualche giorno fa, in occasione della laurea triennale di mio figlio in Lettere Classiche, per ritrovare la me stessa laureanda in Giurisprudenza, in un anno che appartiene al vecchio secolo (e fa impressione solo dirlo). 

Per un attimo sono tornata indietro nel tempo e mi sono rivista poco più che ventenne, dietro la porta dell’Aula Magna, in attesa di essere chiamata dal Presidente di Commissione.

C'era una tesi con la copertina bordeaux su una sedia, accanto a una ragazza visibilmente emozionata, aveva lo stesso colore della mia...


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... Nel sedile posteriore dell’auto guidata da mio padre, con la tesi stretta tra le mani che sudano, sprofondo in un tale stato d'ansia che non so se giungerò viva a destinazione.  Non sono del tutto a mio agio con il tailleurino pied de poule bianco e nero, indossato come una divisa, che dimenticherò dentro l’armadio già da domani. Per la prima volta, ai piedi, ho delle scarpe col tacco (saprò camminarci?) e per questa occasione unica ho lisciato i capelli in un caschetto che mi dona, ma mi fa troppo hostess di volo. Stamattina stentavo a riconoscermi davanti allo specchio, tutta lustra e impomatata, un filo di matita negli occhi e un accenno di rossetto sulle labbra: mi danno un’aria adulta, ma così poco convinta! 

Arrivati a Palermo, troviamo parcheggio in un vicolo di Ballarò. Percorro a piedi la strada fino alla Facoltà di Giurisprudenza, nei paraggi: il basolato rende impervio il mio incedere, se prendo una storta adesso sono rovinata! Stringo sotto il braccio la tesi come se potesse rendere solido l’equilibrio continuamente minacciato dai passi imprecisi, ma arrivo sana e salva in via Maqueda. 

La facoltà pullula di gente: i laureandi sono riconoscibili in mezzo alla massa di persone che si aggira lungo i portici. Sono quelli col sorriso forzato da una spavalderia che non possono ancora esibire: si muovono appena, rallentati dall’emozione o camminano avanti e indietro, salutando impacciati chi sopraggiunge a festeggiare assieme a loro il momento importante che si apprestano a vivere. Io sono con la mia famiglia e con gli amici più cari, venuti a onorare questo giorno solenne, mentre vorrei essere da sola, ignorata da tutti, perché m’imbarazza discutere la tesi davanti a un pubblico di spettatori, soprattutto davanti a chi mi conosce bene. 

Oddio, tra poco tocca a me!

Quando la Commissione m’invita a entrare in Aula Magna, il mio nome rimbomba nella sala. C’è un tavolo lungo, i professori sono seduti sul lato che guarda la platea, io, per fortuna, le do le spalle. Per un attimo mi rivedo al primo anno di università, a seguire proprio qui le lezioni di Diritto Costituzionale e poi, seduta in un posto analogo, a sostenere gli esami di Economia Politica. Faccio un sorriso piccolo piccolo, rivolto più alla me studentessa che sta per laurearsi che al relatore pronto a dare inizio alla discussione. Gli anni universitari trascorsi si mescolano al presente, ma, ora, è questo che ha un peso maggiore e devo impegnarmi a dare il massimo.

Seduta composta, gambe strette, piedi congiunti, mani che si stritolano a vicenda sul grembo, nascoste sotto la cattedra e il respiro accelerato che, spero, si plachi quando comincerò a parlare. La mia tesi è in Diritto Amministrativo, un argomento noiosissimo, che mi ha impegnata in una ricerca accanita di sentenze, con lunghissimi pomeriggi a leggere e selezionare le fonti in biblioteca; revisioni con accorgimenti da curare più nel dettaglio e forma giuridica da dare a un testo che doveva essere discorsivo, ma prevalentemente tecnico: “Il silenzio della P.A. nella legge 241 del 7 agosto 1990”, ve lo immaginate che palle!

Sono stata brava e con la tesina di Diritto Civile sul diritto all’immagine ancora di più. La Commissione sembra favorevolmente colpita. Sono più rilassata e mi sbilancio persino a fare qualche battuta, apprezzata - credo - perché i docenti ridono e mi liquidano con un compiaciuto: “per noi va bene, si può accomodare!”, frase che mi sgrava di ogni peso residuo ed è accompagnata da un brusio collettivo, che smorza l’austerità del momento; poco dopo, all’atto della proclamazione, diventa un applauso lungo, intenso, finalmente liberatorio. Adesso sono una dottoressa in Legge e sono stata pure premiata con una votazione che non mi aspettavo. 

Le foto, sulla scalinata, in uscita dalla Facoltà, mi ritraggono raggiante, con un mazzo di fiori in mano. Il distacco dalla tesi cartacea, scaturito dalla conclusione di un evento preparato così a lungo, è immediato: non so in quali mani sia finita e, in tutta sincerità, me ne infischio. 

Il silenzio della Pubblica Amministrazione si trasforma nel rumore della mia felicità.


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... Sulla scalinata della Facoltà di Lettere e Filosofia un tripudio di corone di alloro. 

Nessuno, all'epoca in cui mi sono laureata io, veniva “incoronato” con le foglie di alloro intrecciate; adesso, invece, questo rito è divenuto un'apprezzabile consuetudine e tutti quei neo laureati, che, l'altro giorno, ho visto scendere trionfanti, attardarsi sui gradini per raccogliere auguri e complimenti, erano proprio belli, con il simbolo del meritato traguardo sfoggiato sul capo.

Senza tocco né laurus né una data da celebrare: mi sono laureata in primavera, dico, quando qualcuno me lo chiede. 


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1 commento:

  1. Hai passato il testimone :-D
    Nel mio caso sarà difficile viste le scelte di mia figlia. Ho un bel ricordo di quel giorno, anche se le prospettive che avevo davanti (e che immaginavo) sono state assai diverse negli esiti. Eppure il ricordo resta bello.

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