martedì 10 gennaio 2017

La lunghezza che conta


Non è perché sono fissata con metri e lunghezze, ma oggi ho fatto un acquisto importante e durante il tragitto fino a casa ho continuato a ripetermi: devo essere pazza, devo essere pazza, devo essere pazza, mentre il libro dondolava dentro la busta della libreria.
Questa è una lettura concepita per progredire a dosi, con oltre tremila pagine l'approccio dev'essere per forza graduale, se no pensi che, al confronto, scalare l'Everest sia un gioco da ragazzi.
E io, che da sempre litigo con le dimensioni fuori misura, mi sono consapevolmente lanciata in una sfida che è più una scommessa con me stessa: spero di riuscire a completare la lettura di questo colosso letterario e di non impiegare un anno per ogni libro di cui esso si compone, per l'esattezza sette.
Dopo avere finito il romanzo che sto leggendo di Abraham Yehoshua, mi aspetta il primo volume dell'opera magna di Marcel Proust, "Alla ricerca del tempo perduto". (Povera me!)

Se c'è un parametro di cui tengo conto, quando scelgo cosa leggere, è il numero delle pagine di un libro (anche la distribuzione interna dei capitoli, a dire il vero: quelli che non finiscono mai mi disorientano sempre; anche i non capitoli, cioè le narrazioni in cui la suddivisione interna è fatta solo a paragrafi separati dallo spazio.)
Sono pronta a diventare bersaglio di critiche, ma non posso farci nulla, riesco a tollerare la lunghezza solo in capo alle opere classiche oppure a quelle di autori di cui stimo l'attività letteraria (nella presunzione che sia di qualità, conoscendone solo la fama.)

Se provo a indagare le ragioni di questa mia insofferenza verso i malloppi narrativi non riesco a trovare una spiegazione logica, ancora di più se penso che io non scelgo mai la sintesi, anzi, persino quando scrivo una mail faccio fatica a ridurre la comunicazione in poche righe. Però alla lunghezza della conversazione deve corrispondere un interesse vivo, altrimenti non spreco parole e tempo per allungare e stirare un'inutile chiacchiera da bar. 
Forse è questa l'origine del mio pregiudizio: sono disposta a leggere il mattone di un autore classico perché ho fiducia nella grandezza della sua opera, che potrebbe anche non lasciarmi entusiasta ma solo in virtù di un riscontro soggettivo. Invece niente mi avvicina a un esordiente che abbia scritto un papello lunghissimo e se lo faccio è perché esistono le eccezioni (conosco l'autore e, in parte, so cosa aspettarmi.)
Non ho avuto un solo attimo di ripensamento quando ho deciso di imbattermi, anni fa, in Anna Karenina di Tolstoj e ricordo come una bella esperienza anche la lettura giovanile di Ulisse di Joyce (che, tra l'altro, ho intenzione di rileggere adesso, con una maturità diversa); I Beati Paoli di Natoli, I Vicerè di De Roberto, i classici della letteratura hanno tutti una bella lunghezza.
Ho fatto qualche esempio eclatante (e con un altro ho iniziato questo post), ma potrei citare anche 1Q84 di Murakami, Rayuela di Cortázar, Il ragazzo giusto di Vikram Seth, Lei e lui di De Carlo (ecco, questo è un caso di mattone letto per fiducia, in realtà, disattesa), romanzi contemporanei di cinquecento pagine e più, che mi inquietano sempre quando li tengo in mano, a prescindere dalla volontà/interesse/curiosità  che ho di leggerli.

Esiste, dunque, una lunghezza ideale per un libro?

Lo so che la risposta corretta sarebbe "dipende", ma in questo sono abbastanza drastica: per me esiste una lunghezza ideale, sì.

Faccio una doverosa precisazione: tolti alcuni generi letterari, le saghe fantasy o la narrativa storica, che forse si prestano maggiormente a svolgimenti più complessi, tutto il resto non può essere raccontato con fiumi di parole. A maggior ragione, se si è aspiranti scrittori o esordienti.
Sono convinta che un aspirante si tolga delle chances se si presenta con un romanzo di seicento pagine: già è difficile attirare l'attenzione sulla propria opera, che giace insieme a centinaia di altri sogni nel cassetto sulla scrivania di un editore, un agente letterario o di un consulente che dir si voglia, figurarsi se viene dato credito all'opera di un perfetto sconosciuto che cerca la pubblicazione con il suo tomo alto otto centimetri.
Okay - dice l'aspirante scrittore sicuro di sé (e qua mi viene spontaneo lanciare la solita provocazione sul self-publishing) - non mi importa niente, mi piace ciò che ho scritto, non riduco di una virgola il mio lavoro, tanto mi autopubblico e posso fare quello che voglio. Giusto, ma quanti sceglieranno di leggerti, caro aspirante scrittore sicuro del fatto tuo?

La lunghezza conta. È un deterrente, frena l'entusiasmo del lettore (parlo di quello ordinario, ma esigente, ché al lettore forte puoi dare pure l'elenco telefonico scritto da Pinco Pallino e se lo divora in una notte.)

Sapere scrivere, per me, è anche questo: dire tutto nella giusta quantità di parole. 
Le parole devono incastrarsi in modo da raccontare la storia senza stancare: non c'è cosa peggiore che indurre il lettore a sbuffare per una lungaggine che poteva evitarsi, per un concetto che ritorna ma con perifrasi sempre diverse.
Ho letto qualche tempo fa un autore che si è autopubblicato (nessuno della mia cerchia di amici), era un ebook. Nel kindle non sono indicate le pagine bensì la posizione in percentuale e il libro era lungo, inutilmente lungo.
Ho con umiltà fatto notare che alcune parti potevano essere omesse, vi risparmio la reazione dell'autore (offesissimo).
E io sono soltanto una banale lettrice! Ho immaginato questo romanzo fatto a fette da un editore e con una punta di amarezza ho archiviato l'ennesima esperienza fallimentare di lettrice di autori self.

Dunque sì, la lunghezza di un libro per me è importante: trecento pagine sono un buon compromesso e se ho da dire tanto, provo a contenermi, desisto dal dilungarmi, taglio se necessario, rinuncio all'amore per le parole.
Sono un esordiente, non posso non dare peso a un aspetto del genere.

O, forse, questo è solo un mio problema. 
Io, fissata con metri e lunghezze...


82 commenti:

  1. In realtà si dice che opere come, appunto, quella di Proust vadano affrontate di petto e lette nel più breve tempo possibile; questo per due motivi: il primo è facilmente intuibile: vista la lunghezza si finisce progressivamente per abbandonarlo: il primo giorno leggi le prime dieci pagine, il secondo altre cinque, il terzo tre, la settimana successiva un paio... Il secondo è che la memoria umana non è fatta per tenere assieme tutte le informazioni contenute nella Recherche per un tempo molto lungo; diluendo la lettura finiresti per non capire più nulla (e già è difficile così). Quindi, visto che la follia ormai l'hai fatta, rimboccati le maniche e finiscilo in dieci giorni. :)

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    1. Ottima definizione: una FOLLIA! Sostituire la parola "giorni" con "mesi" ti sembra troppo?
      Oddio, mi sto scoraggiando: ora chiedo conforto a Ivano, il vero "istigatore" al mio suicidio! :D

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  2. Mi trovi d'accordo su tutta la linea. Da scrittrice dico che bisogna pure tener conto della frenesia di oggi, del lettore medio e di come si muove l'editoria. Io che, soprattutto, ammiro e ambisco al genere letterario che fa del racconto la sua eccellenza. Da lettrice dico che "dipende" ;-)

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    1. Ho parlato di racconti giusto prima delle vacanze natalizie. Mi piacciono molto.
      E dimmi, dimmi, da cosa "dipende" da lettrice quale sei?

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  3. Infatti un termine che ho sentito spesso ai corsi di scrittura creativa è ASCIUGARE. La grande letteratura del passato, come sai mi sto cimentando con la tua amata Karenina, aveva parametri differenti, siamo in un'epoca in cui tutto va veloce, basta un click e insomma 1000 pagine non sono più proponibili. Il mio Affinità ne ha 350 e sono state giudicate spesso "tante" per me tutte necessarie, ma sono un terzo di Anna Karenina, oggi poi si esagera, voglio dire a parte larghe spaziature per far sembrare il volume più corposo (trucchetti che detesto) definire romanzi storie di 75 pagine pare una presa in giro.
    Sandra

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    1. Sì, ora si gioca sulla doppia espressione "romanzo breve" o "racconto lungo", ma insomma fino a 100 pagine non si può parlare di romanzo nemmeno per me.
      Certo, una scrittura come quella di Tolstoj, oggi, sarebbe un suicidio per un promettente scrittore, oppure una novità assoluta: una scrittura "vintage", magari avrebbe pure il suo perché! :)

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  4. Solo ora che il tempo scarseggia mi pongo un po' il problema della lunghezza e hai ragione, il tomo di duemila pagine di uno sconosciuto lo guardo con diffidenza. Quello di un autore che amo invece con amore perché passerò più tempo in compagnia di quella storia.
    C'è anche da dire che questa estate le duemila pagine de "I misteri di Parigi" mi sono volate, mentre altri libri ben più snelli affrontati con il gruppo di lettura sono stati un po' una sofferenza. Tutto dipende da come il romanzo scorre. Tuttavia anch'io consiglierei a un esordiente di non esagerare con la lunghezza, pur avendo un romanzo storico nel cassetto bocciato perché "troppo corto, la storia è completa ed esaustiva, ma il lettore di romanzi storici è incline a comprare opere più corpose". Se il mio potesse avere delle possibilità pare non lo sapremo mai...

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    1. Infatti Murakami potrebbe farmi leggere anche enciclopedie di storie. :)
      Chissà perché il romanzo storico dà più questa idea di impianto corposo. in effetti anch'io non lo immagino corto.
      Hai mai pensato di "aggiungere" pagine al tuo chiuso nel cassetto?

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    2. No. Anche gli editor che mi hanno (purtroppo) scartato lo hanno detto. È finito e completo così, regge e non è male. Solo che hanno paura che non venga comprato.
      Poi non so, è un'opera con cui ho un rapporto conflittuale, essendo l'unica che mi imbarazzerebbe vedere nelle mani dei miei alunni, quindi forse anche per questo non ho lottato fino in fondo per vederla sugli scaffali.

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    3. Però c'è, è completa ed è lì. Chissà che un giorno... :)

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  5. Che dirti, cara Marina, se non augurarti buona lettura!

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    1. Grazie, Giuseppe. È un augurio che raccolgo molto volentieri, visto il viaggio che mi aspetta. :)

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  6. Anche io tentenno di fronte ai libri troppo lunghi. Se mi incuriosiscono li leggo, ma metto già in conto di 'spezzare' la lettura con qualche altro libro meno impegnativo.
    Sicuramente un esordiente deve limitare le parole e togliere lì dove può. La sua maturità di autore starà anche nel capire quando una scena può essere tagliata, ridotta o modificata in modo da snellire il romanzo. Se poi è un buon autore potrà in seguito far uscire il suo mattone letterario, e di certo avrà maggiori possibilità di essere letto.
    Una lunghezza giusta non credo esista, perché è questione di stile del libro e di gusti del lettore. Quindi te lo devo proprio dire, mi spiace: dipende.

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    1. Sai cosa faccio sempre quando vado in libreria? Se di un libro mi conquista la copertina (escluse le opere di autori conosciuti) vado subito all'ultima pagina: vado a controllare quanto è lungo. Superato il numero 400 lo mollo. È proprio una deformazione. Sono categorica, per me nessun "dipende" e non ho la presunzione di affermare di essere nel giusto, eh! :)

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  7. Brava Marina, ottimo acquisto, per il resto, la lunghezza non è un deterrente, se la lettura è coinvolgente posso andare avanti sino allo sfinimento. Se mi annoio... corto o lungo che sia mollo tutto, in alcuni casi mi incavolo e lancio il libro giù dalla finestra :D
    Come scribacchino mi sforzo di essere conciso, ti garantisco che lo faccio con molta fatica, privilegio la storia piuttosto che il gioco di stile e utilizzo il tanto odiato taglio cinematografico.

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    1. Quello che dici accade quando hai già scelto il libro che vuoi leggere. Ma quando devi ancora sceglierlo, lo butti senza problemi l'occhio su un esordiente prolisso? Perché il mio freno opera proprio nell'atto della selezione: vedo il numero di pagine e non ci provo nemmeno.

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    2. Nel caso di un esordiente forse hai ragione, potrebbe frenarmi la corposità.

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  8. In linea di massima la lunghezza non è un problema. Ho letto It in pochi giorni, anzi direi che l'ho fagocitato. Così come non mi hanno spaventata i tomi di circa 1000 pagine dei romanzi storici di Ken Follett. Però la storia mi deve catturare, altrimenti non reggo a trascinarmi centinaia di pagine senza entusiasmo. Ti auguro che per te sia così. :)

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    1. Beh, hai detto It e citato Ken Follet, mica Tizio e Caio, promettenti (forse) scrittori. Se l'autore mi piace o è una garanzia anch'io sono più tollerante con le lunghezze, ma un esordiente no, non me lo accollo.
      Certo che anch'io, con Proust mi sto lanciando lontanissimo... Vedremo! :)

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  9. Mi fa piacere leggere che tra il dire e il fare non ci hai messo di mezzo il mare :D
    Nella mia esperienza, una media di due mesi a volume - leggendo in parallelo altre opere - è il ritmo ideale per affrontare l'opera di Proust. Ma forse è un parametro completamente soggettivo. Fammi poi sapere qual è il tuo, se ne trovi uno.

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    1. Se io mi fisso con una cosa non ci sono santi, caro Ivano. Mi sono svegliata all'indomani della lettura del tuo post e la prima cosa che ho messo nella lista di cose da fare è stata andare in libreria. Sono determinatissima.
      Penso che capirò subito dalle prime pagine come organizzare la lettura di questa opera. Ti farò sapere. Mi verrebbe da dirti grazie per avermi messo inconsapevolmente in testa questa idea. ;)

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    2. Prima di ringraziarmi aspetta di iniziare, Marina ;-)
      Comunque le prime pagine sono tostissime. Un editore a cui Proust aveva proposto il testo, gli rispose che non poteva pubblicare un romanzo in cui si impiegano le prime trenta pagine a parlare di come ci si rigira da una parte all'altra nel letto.

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    3. Ho letto, ho letto. Anche Proust non ha avuto vita facile con gli editori. :)
      Per adesso ho letto la lunga parte introduttiva al testo che spiega bene molte cose: credo che conoscere la vita dell'autore sia fondamentale per interpretare la sua opera. Domani comincerò la lettura del romanzo vera e propria. Vedremo...

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    4. Se sei interessata alla biografia del Maestro, il libro di Citati, "La colomba pugnalata" è bellissimo.

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    5. Sì, ho visto che è citato nella sezione del libro relativa alla bibliografia, nel paragrafo intitolato "studi particolari".
      L'ho notato perché da qualche parte tu ne avevi già parlato.

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  10. La lunghezza è importante, ma lasciarsi scoraggiare solo da quello è un peccato. Io, per esempio, non guardo mai le pagine; un sistema adottato all'università quando c'erano mattoni da studiare. (Se stavo a contare le pagine, a quest'ora, starei ancora lì seduta ad avvilirmi!). La deformazione mi è rimasta. Più che altro mi dico: "Ok, partiamo e poi, si vedrà." Molte volte, ne è valsa davvero la pena e anzi, arrivata alla xxxx pagina finale, mi è capitato di esclamare: "ma come, di già?" Auguri per la tua avventura letteraria. Poi, ci racconterai. :-)

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    1. Ecco, Iara, mi hai fornito la chiave di lettura: forse è per lo stesso tuo motivo che, al contrario, odio tanto le lunghezze. Sono rimasta scioccata dal volume di duemila pagine di diritto processuale civile o dal mattone di diritto commerciale che era pure di colore rossiccio. Che incubo! :)
      E mentre io affondavo nel mio studio di diritto, la mia coinquilina studiava libricini di cento pagine nella sua facoltà di pedagogia con cui le sudava pure il dente. Come la invidiavo e le invidiavo pure il dente sudato! :D :D

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  11. Buona lettura per la Recherce, cara coraggiosa Marina (scherzo secondo me c'è la fai benissimo, magari condividi l'esperienza sul blog).
    Per la lunghezza di un romanzo penso anch'io che la lunghezza non deve essere eccessiva, un tomo di mille pagine di un'esordiente avrebbe l'effetto di allontanarmi. Ci sono però romanzi lunghissimi che scorrono molto velocemente per tanti motivi, sono scritti bene, sono avvincenti ecc ecc. Purtroppo è vero che in questi tempi veloci i romanzi lunghi non hanno vita facile.

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    1. Comincio e ti faccio sapere. Magari convinco anche qualcun altro a provarci. La "Recherche" mi ha sempre spaventata, forse adesso ho la maturità giusta per affrontare questa lettura.

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    2. Ah, mi sembrava che mancasse la "h" da qualche parte nel mio commento! La mattina presto davanti al caffé ci vedo meglio ;-)

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  12. Visto che c'è di parlare di Proust, e io adoro parlare di Proust, ti incollo un commento che tempo fa scrissi altrove. Lo so, sono anche molto pigro nel commentare. :P

    In quell'articolo si parlava della tecnica dell'indugio nei romanzi in generale e di Proust.

    Ed io risposi così:

    Però è anche vero, che l’indugio di Proust, non è l’indugio canonico della concezione del romanzo. Lui è qualcosa di diverso. Da un lato ci sono gli altri scrittori, da un lato c’è Proust. E lui nel suo snobismo lo sapeva e se ne cullava senza celato disprezzo.
    Il suo è l’indugio di colui che coglie i dettagli della vita. Quelli che non guardiamo, che magari osserviamo in rari momenti di abbandono. Lui li coglie e li racconta, scendono nei dettagli più intimi, quasi che il suo lavoro di cesello sia una placida e disperata ricerca della verità.
    In pochi hanno letto Proust per intero. Per vari motivi. Anche la maggior parte degli scrittori non lo ha letto. Io ad esempio non l’ho letto tutto. Perché nella mia convinzione “Alla ricerca del tempo perduto” non è un romanzo. Almeno come siamo abituati ad intendere i romanzi. È un viaggio dentro la natura profonda dell’esistenza. E questo viaggio non deve essere conclusivo, ma deve accompagnare la mia crescita e il mio divenire di uomo. Certe cose della Recherche, certe sfumature non le comprendi a 20 anni e nemmeno a 30 o a 40. Ci vuole la consapevolezza del vissuto per capire le note struggenti di un passato che ti sfiora nell’attimo stesso in cui lo vivi, e che solo nell’attimo dopo, lo ricostruisci e puoi farlo danzare davanti a te come balugini non eteree. Mi piacerebbe concludere l’ultima pagina a 80 anni. Qualora ci arrivassi. Nel frattempo, in determinati momenti, quando sento il peso di una esistenza oscura cui non riesci a dare risposta, mi diletto a prendere un tomo a caso e a leggere, senza fretta, senza necessità di arrivare e finire.

    Proust è per chi non ha fretta. Per chi gusta un tramonto cogliendo le sfumature del rosso digradare fino all’ultimo esile attimo di luce. Proust è per chi gode la vita nell’attimo stesso in cui indugia.

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    1. Io ti ringrazio Marco, ti ringrazio per questo commento. Credo che riassuma tutto ciò che considero cultura. A dispetto di chi pensa di aver capito tutto sottolinei la passione per ciò che ancora c'è da scoprire e la consapevolezza che tutto ciò che abbiamo appreso sia solo un processo in divenire. L'opera di Proust è per me un percorso che affronto a spizzichi e bocconi, in effetti alcune cose lette in gioventù mi hanno tediato proprio per la mancanza di termini di paragone propri dell'inesperienza di vita. Vecchierello canuto e stanco affronto la recherce con maggiore consapevolezza. Così come tutto ciò che ci smuove nella nostra disperata ricerca di "qualcosa", di ciò che ci permetta di divenire esseri completi. Qui allora devo citare il Nostro: "I nostri desideri interferiscono via via fra di loro, e, nella confusione dell'esistenza, è raro che una felicità giunga a posarsi esattamente sul desiderio che l'aveva invocata".

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    2. Chiedo scusa per gli strafalcioni, ma ho scritto di getto sull'onda dell'entusiasmo.

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    3. Massimiliano hai ragione. Ho voluto proporre un mio vecchio commento, perché non sarei stato in grado di riscriverlo. In quel momento ero proprio pregno delle emozioni della lettura della Recherche.
      Come ben fai pure tu, la Recherche è un'opera mondo, che non si può ascrivere come un semplice lungo romanzo. Se Marina parte con le prime 30 pagine, pensando che sia un libro normale, dove si ricerca la storia, ecco che si impana subito. Non c'è storia, ma c'è descrizione minuziosa della vita. E questo può annoiare, non piacere, ma è così, questo libro d'arte.

      Guarda cosa disse un editore al quale Proust spedì il manoscritto: “Sarò particolarmente fesso, ma non riesco a comprendere come questo signore possa impiegare trenta pagine a descrivere come si gira e si rigira nel letto prima di prendere sonno”.

      Ebbene la pubblicazione della Recherche fu rifiutata dagli editori dell'epoca e Marcel se la autopubblicò.
      (Curioso come due opere pilastro del '900 L'Ulisse di Joyce e la Recherche sono nati come due libri autopubblicati).

      L'ironia di Proust è meravigliosa. A volte pure comica. Ti racconta e descrive con una perfezione incredibile il colore e l'odore per gli asparagi, solo per confessare che profumo faceva la sua urina dopo averli mangiati.

      La Recherche è un libro che va al di là della letteratura. E' vita nell'attimo stesso in cui si compie.

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    4. "Proust è per chi non ha fretta. Per chi gusta un tramonto cogliendo le sfumature del rosso digradare fino all’ultimo esile attimo di luce. Proust è per chi gode la vita nell’attimo stesso in cui indugia."
      Ti ringrazio anch'io, Marco, per questo intervento così ispirato su un'opera di cui conosco pochissimo.
      Quando ne sentivo parlare ero, forse, troppo giovane per capirne il valore e l'estrema lunghezza mi inibiva non poco. Adesso, come nella tua analisi, penso di avere l'età giusta. Spero di provare un sincero trasporto per questo viaggio lunghissimo e di essere pronta ad assaporarne tutte le sfumature e i significati più reconditi.
      Ho letto già l'accurata introduzione del libro di Carlo Bo e ho trovato degli spunti interessanti che non vedo l'ora di approfondire direttamente tramite la lettura del testo.
      Me lo gusterò con calma, hai ragione: le storie tipiche dei romanzi si godono e si vivono in un'unica soluzione. In questo caso, credo, sia importante assorbire un'essenza, a spizzichi e bocconi, come dice Massimiliano.
      C'è una visione del mondo,una filosofia di vita, l'arte sublimata.
      Ma anche allora tutto questo non sembrava essere stato compreso: ho letto anch'io la storia del divenire di questa opera fino alla sua pubblicazione non facile.
      Chissà che oggi non si nasconda fra gli esordienti un contemporaneo Proust non compreso, apprezzato dopo una lunga trafila di "no". In fondo l'autopubblicazione è considerata già una garanzia! ;)

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  13. Per esperienza devo darti, ahimè, ragione, ma nel verso opposto: un libro piccolino allontana i lettori se non sei un autore famoso...

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    1. Non so, però con i libri piccolini sono più possibilista. Almeno se mi deludono lo fanno con più leggerezza! :)

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  14. Se può consolarti anch'io soffro di una idisincrasia per i libri troppo lunghi. Ho fatto qualche eccezione (tipo "Il Signore degli Anelli") ma, per dire, il capolavoro di Proust non l'ho mai neppure preso in considerazione proprio per la sua mole smisurata.

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    1. Sì, infatti sembra un controsenso, però sono disposta a rischiare per un conclamato capolavoro della letteratura. Mi piacerebbe ricavarne una bella sorpresa, arrivare a dire: "ma come ho fatto a farmi sfuggire per così tanti anni un'opera del genere?"
      Una reazione che penso meno probabile sull'opera colossale di un esordiente.

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  15. La lunghezza conta. Ma il coinvolgimento conta molto di più. Se c'è quello si leggono migliaia di pagine in pochi giorni. Poco importa se si tratta di Tolkien, Proust o di diritto processuale. O no?
    Conosco gente che all'età di quindici anni ha letto Il Signore degli Anelli in tre giorni.

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    1. Difficile sentirsi coinvolti dalla lettura di più di 800 articoli da memorizzare, più facile forse, ma solo forse, leggere il tomo di 1000 pagine di un esordiente!
      ... Mooolto forse! :)

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    2. Io penso che il coinvolgimento dovrebbe sovrastare tranquillamente anche il fatto di leggere esordienti o meno.

      Se un romanzo di 1000 pagine ti cattura fin dal primo capitolo (ma sai di leggere un esordiente) in base a quale criterio dici che "moooolto forse leggerei un tomo di 1000 pagine di un esordiente"?

      Se sei catturata e coinvolta, lo sei. Punto. E prosegui a leggere incurante di chi scrive. :-).
      Se invece non lo sei, abbandoneresti la lettura. Ma lo faresti per altri motivi (mancanza di ritmo, mancanza di originalità, scrittura deplorevole, refusi, mancanza di credibilità... tutte possibili conseguenze di un esordiente), non "solo" perché stai leggendo un esordiente.

      Se così non fosse allora sarebbe un pregiudizio... :-D

      Le conseguenze che ho citato poco sopra tra parentesi io le ritrovo spesso anche in scrittori affermati, gente che ha smesso di "esordire" da un pezzo e che vive di rendita sulla notorietà acquisita.

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    3. Nel mio caso sì, puoi tranquillamente parlare di pregiudizio, che interviene a priori (se no, che pregiudizio sarebbe), cioè non arrivo proprio a scegliere un esordiente che ha scritto un libro di mille pagine, dunque se è l'autore del capolavoro letterario del secolo io non lo scoprirò mai. Ecco il punto.

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    4. Bella lì! Mi piace la tua onestà intellettuale... :-)

      Potrei passare alla domanda successiva e chiedere che cosa dovrebbe fare un povero esordiente sfigato per superare il tuo pregiudizio...
      ...ma mi rendo conto che si andrebbe fuori tema rispetto al post. :-D

      (e, così a memoria, mi pare di ricordare che ne hai già parlato nel tuo blog...)

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    5. Diventare mio amico: è più difficile dire no a chi si conosce! ;P

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  16. Boh, io son quel lettore dell'elenco del telefono XD Non esiste nulla che possa distogliere la mia attenzione, se non la "qualità" pessima della scrittura. Anche a generi son duttile XD

    Ehm, lettura attuale: Edoardo Albinati, La scuola cattolica, 1300 pagine circa, scorre benissimo (a idee siamo in altra situazione XD lettura che mi impegnerà in vario modo), framezzerò con altre letture, senza ansia alcuna di terminare in fretta :D
    In autunno ho terminato La baia di Michener (e devo assolutamente parlarne prima o poi *_*) di oltre mille pagine. Che viaggio!

    Però concordo che il tomazzo deve essere convincente, l'autore deve avere mestiere dalla sua. Un esordiente raramente si può permettere di fare bene oltre le 300 pagine.

    P.S.: non avendo capito la questione del gioco su Fb, ho pensato "ma guarda la Marina che promuove il post sulle lunghezze con Rocco :O" muahahahahah!
    Ciau! ^_^

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    1. Beh, cara Gloria, tu sei fuori dalle mie statistiche!
      Ti consiglio l'elenco telefonico nella nuova edizione della Telecom con copertina rigida e velina filigranata. XD

      Le tue letture non scherzano, ma con gli esordienti si va un po' più cauti. A me questo pare molto ovvio. Molti, invece, si sentono sviliti se dici loro che scrivere meno lì aiuterebbe di più, ma convincerli è difficile e poi, parliamoci chiaro, non è mestiere mio: la realtà dei fatti gli darà torto (anche se, ovviamente, non me lo auguro per nessuno).

      Cara mia, quel Siffredi piazzato là nel mio profilo Fb, ieri, è capitato proprio a fagiuolo, ché con le lunghezze non si scherza! (Anzi sì, ma solo per un giorno, per carità!) :D

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    2. Com'è, il libro di Albinati?
      Qualche mese fa avevo intenzione di comprarlo, ma le recensioni erano molto critiche...

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    3. Eh Chiara... sai che è difficile da "rendere"??? Com'è, io personalmente (sono appena all'inizio, un centinaio di pagine) credo sia un libro da leggere, ma non per imperativo: personalmente lo trovo ben scritto e rapido in lettura per forma, è interessante il procedere per aneddoti e riflessioni personali, diciamo che è un fluire tra fatti (romanzati, ma non penso troppo sai?) e pensieri sulla vita/uomo/morale. Eppure la sensazione non è di rigetto o pesantezza. Il punto per me è che sono lontana un universo da certe situazioni, ti faccio l'esempio forse più interessante: Edorado/protagonista/autore studia in scuola (cattolica ok) esclusivamente maschile e da questo sviluppa una concezione del mondo e dell'altro sesso, per dire ma non solo, che per me è poco comprensibile proprio nell'accezione della diversità dei percorsi fatti.
      Io ho avuto moltissimi amici maschi (anche adesso) e fatico veramente a leggere certe distanze.
      Quindi dal mio punto di vista è assolutamente stimolante come lettura. Potrebbe anche prendere male però, lo riconosco!
      E le tematiche sono infinite... dalla questione dell'incoerenza e della necessità di uniformarsi al "gruppo", ai rapporti ambigui, a riflessioni sulla religione...
      Ho curiosato sui socialLibrosi: odio e amore, una stellina e distruzione oppure capolavoro 5 stelline ;)

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    4. Esatto! è proprio questa divergenza di opinioni che finora mi ha reso difficile decidere di buttarmi. :)

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    5. Temo sarà un azzardo comunque... per quanto ho letto credo che le critiche negative e distruttive siano esagerate, legate anche alla questione del Premio Strega e il merito o meno...
      Mi sembra che Albinati possa dire la sua nel panorama a volte fiacco per forma-repertorio degli scrittori italiani :P Sicuramente è una voce particolare.

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    6. Io sono un po' fissata con i Premi Strega e questo era fra i papabili da aggiungere alla mia collezione. Poi non so, ho comprato altro e ho rimandato l'acquisto. Ha qualcosa che mi incuriosisce, qualcosa che mi spaventa: la lunghezza? :D

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    7. Però scorre assai eh... impegna in altro modo per mia sensibilità, non per scrittura ostica. Ne riparlerò magari...

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    8. Sì, dai, parlane come sai fare tu, che sull'onda dell'entusiasmo per le lunghezze, magari, mi viene voglia pure di leggere sto mattonazzo, come lo chiama Patricia. XD

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    9. Credo che lo comprerò. La storia sociale d'Italia mi interessa anche per il mio romanzo: potrei considerarla un'opera di studio, più che di svago. E comunque ieri, dopo aver letto i tuoi commenti, mi sono incuriosita sul delitto del Circeo (l'avevo solo sentito nominare perché è avvenuto prima della mia nascita) e ho letto qualcosina. L'ambiente di questi giovinastri, forse, merita di essere conosciuto.

      Inoltre, Albinati non è un pivellino. :)

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  17. Io ragiono in modo completamente diverso, perché sono più attratta dai "tomi" che dalle opere esigue, in quanto mi consentono di immergermi completamente nella narrazione. Trovo quindi un peccato che l'editoria si sia in parte adeguata alla sintesi imposta dal web, tagliando più del dovuto.
    Per questo motivo, non mi faccio scrupoli all'idea di scrivere un romanzo che non sarà di certo esiguo. Anche "Tu sei il male" di Roberto Costantini e "La sentenza della polvere" di Alessandro Bongiorni sono state scritte da esordienti, eppure non avrebbero potuto essere più brevi, perché il romanzo ne sarebbe risultato impoverito. Idem per: "La gang dei sogni" di Luca De Fulvio. Altri romanzi, invece, tra cui "Ancora notte" di Deborah Brizzi, avrebbero potuto essere sintetizzato meglio...
    Quindi, come puoi vedere, tutto è relativo. :-)

    Credo che ogni romanzo abbia la giusta lunghezza, che dipende dal tipo di storia e dal modo di gestire le parole.

    Nel mio passato di lettrice ci sono tanti romanzi che avrebbero potuti tagliati e altri che, secondo me, avrebbero meritato un approfondimento, poiché spesso la brevità è indice di superficialità, scarsa fantasia, e anche un po' di pigrizia.

    Nel mio presente da autrice c'è invece la volontà di scrivere un romanzo che abbia esattamente il numero di pagine che deve avere. Su questo non ho né progetti né aspettative. Posso ipotizzare che avrà più di 300 pagine e meno di 500, ma non ho alcun obiettivo in merito, se non quello di fare in modo, al momento della revisione finale, che non ci sia né una parola di troppo né una parola mancante.
    So con certezza che la revisione richiederà numerosissimi tagli e, forse, alcuni approfondimenti in alcuni punti. Sono pronta a dedicare tutto il tempo necessario per sistemare e accorciare finché non potrò dire: "Sì, non può essere diversamente da così". :-)

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    1. È una vera fortuna (per l'esordiente) che ci siano lettori come te e non è una battuta, ché se fossero tutti rompiscatole come me... Forse, se lavorassi in una Casa Editrice, sarei esigente come tanti che critico e non è un gran complimento che mi faccio. :)
      Però, un libro di 300 pagine non è esiguo, è un libro che racconta una storia in una misura a mio avviso ragionevole. Poi che siano 350 o 400 poco importa, ma 700 pagine no, non ce la posso fare e non perché non abbia stima delle presunte capacità di un esordiente, ma perché non so accollarmi il rischio di scoprire se queste capacità ci sono oppure no.

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    2. Pensa che invece io questo tipo di valutazione la faccio se il romanzo ha un numero inferiore alle 300 pagine...

      Se le dimensioni non mi spaventano, però, non significa che mi butti alla cieca: leggo sempre i feedback dei lettori e considero anche altre variabili: posso essere propensa a comprare un romanzo di un esordiente (indipendentemente dal numero di pagine) che non ha recensioni, se costa pochi euro. Dovesse costarne 10 o 15 ci penserei di più, aspetterei un feedback, per esempio. Lo stesso principio vale per gli autori affermati che non conosco.

      Parli spesso della tua "esigenza" da lettrice, ma non sei l'unica che ha un atteggiamento critico. Ne abbiamo parlato tante volte anche su What's app: sai come la penso sulla maggior parte delle opere che circolano. Tuttavia con il tempo ho capito che la differenza non la fa l'essere esordiente o meno, ma la cura dell'editore e dell'autore nel buttar fuori un'opera apprezzabile. Il primo romanzo della D'Urbano (mi pare sulle 400 pagine) sembrava scritto da un professionista. Il quarto, di cui ho parlato anche nel blog, faceva pena.

      Da autrice sono molto tollerante con me stessa: finché mando i capitoli a te o ai miei parenti non mi preoccupo se non sono perfetti. So che fa parte del gioco, e anche loro lo sanno. Però mi conosco bene e so che prima di buttare un'opera in pasto a un editore e a un grande pubblico ci penserei mille volte. O manderei (come è successo la scorsa estate) solo pagine di cui mi sento sicura.

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    3. Ecco, se io trovo il libro di un esordiente di cui, non so, mi piacciono titolo e copertina, la lunghezza del testo diventa decisiva e scelgo di non comprarlo anche se dovessero venderlo a un euro.
      Quando dico che sono esigente, affermo di avere un limite, perché non ho molta fiducia nell'esordiente inteso come categoria generale di scrittore sconosciuto che è alla sua prima prova d'autore. E invece, sicuramente, in molti casi sbaglio.

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    4. Io invece tendo a "buttarmi" di più, sia nella scrittura sia nella vita. Penso infatti che anche da un brutto romanzo ci sia qualcosa da imparare... Ma se devo essere sincera raramente ne ho trovati, perché le recensioni, specialmente se scritte dal persone affidabili, mi aiutano a fare una prima scrematura. La conoscenza dell'editore, idem. Perché una cosa la devo dire: se compro un romanzo da 600 pagine scritto da un esordiente, non è auto-pubblicato.

      La categoria, per me, è molto labile: cosa significa, in fondo, essere esordienti? Che pubblichi per la prima volta? Okay, ma l'esperienza comunque può esserci, perché magari uno scrive da 10 anni, e tanti ne ha impiegati per scrivere il proprio romanzo... Noi non sappiamo mai cosa si celi dietro un'opera, quanto studio e quanto impegno, quindi vale la pena dare una chances a un esordiente. è quello che vorrei facessero con me. :)

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  18. Migliaia di psicologi, sessuologi e andrologi a dire che la lunghezza non conta e poi arriva Marina! :D
    (me l'aspettavo da qualcun altro questa battuta...)
    Certo che anche tu inizi il 2017 con un challenge mica da ridere eh, tutte quelle pagine da leggere prima di dimenticarsi l'incipit!
    Esiste, dunque, una lunghezza ideale per un libro? No.
    La saga di Outlander nella sua stampa originale in inglese contiene libri che variano da 800 a 1200 pagine. In Italia sono stati brutalmente "spezzati" per non scoraggiare le lettrici (la stessa Diana prende in giro questo metodo nel terzo libro, tramite le parole di una cortigiana parigina). Le lettrici continuano, inutilmente, a chiedere a gran voce la ristampa come l'originale (è vergognoso avere una lista di 16 titoli contro 8). Sono tomi. Ma quando li leggi, vorresti andare avanti ancora. Potrebbero essere accorciati? Giammai! Finora non taglierei niente di niente! Sono solo al terzo, guardo la colonna che ho davanti e me li conservo con cura come i cioccolatini da aprire quando le cose vanno male.
    Ergo, dipende dal libro. Dalla storia.

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    1. Te l'ho detto che delle tue parole dell'anno mi era piaciuta "challenge". So essere molto determinata anch'io e questa di Proust sì, è una bella sfida, anche perché non è solo di lunghezza che parliamo, in questo caso c'è pure tutto il contenuto che non mi pare un inno allo svago mentale. :)
      Io, però, mi lamento delle misure "slabbrate" degli esordienti, non di un'autrice affermata come la Gabaldon. Se un autore mi piace e mi piacciono le storie che racconta, io mi bevo l'intera sua produzione e mi ci ubriaco, pure, ma è un autore che già conosco, non da conoscere.

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  19. Tutti gli scrittori sono stati esordienti. Gabaldon è uscita nel 1991 con le 700 pagine del primo volume (l'unico intatto anche in Italia). L'editore, prima di tutto, le ha dato supporto.

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    1. Ma difatti il termine "esordiente" è usato spesso in modo improprio. Si tende a considerare tale solo chi non ha ancora pubblicato, ma nessuno potrà mai conoscere il lavoro fatto dietro le quinte.

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  20. Malefiche dita! Troppi errori e ho eliminato.
    Buona lettura Marina. Io non ho ancora trovato il coraggio di leggere Proust e pensare che i mattonazzi mi piacciono. Ops...se mi sente Ivano 😆
    La lunghezza? Noooo....che c'entra? Non mi spaventa

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    1. Ahah, Patricia, il termine mattonazzo rende alla grande tutto il mistero chiuso nella lunghezza di un libro! :D
      Io ho preso il paracadute e mi sono lanciata. Quando atterro ti faccio sapere com'è stato il viaggio! ;)
      Certo, sono più di tremila pagine, eh e l'opera è una sola, mica i sette libri corrispondono a vari episodi come in una saga.
      ...
      Ho avuto un momento di smarrimento. XD

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  21. Proust è davvero una bella sfida! Ricordo che lo lessi da ragazza, durante le mie noiosissime vacanze estive in montagna, specialmente quando pioveva e quindi non si poteva andare da nessuna parte. Poi ho continuato in città, perché mi aveva completamente catturato. E' uno scrittore immenso, ma non bisogna avere fretta, difetto tipico della nostra epoca. Ad esempio sto leggendo un romanzo strepitoso di cui aveva parlato Ivano in un suo post, "Dio di illusioni" di Donna Tartt, sono 622 pagg. Sono all'inizio e ne sono entusiasta, scrive magnificamente. Però mi sono resa conto, appunto, che tendo ad accelerare nella lettura, come quando mangio e inghiotto senza masticare. Con certi scrittori non è proprio possibile. A me, quindi, piacciono i romanzi grossi, basta che siano coinvolgenti. "Mondo senza fine" di Ken Follett è il più lungo in assoluto che ho letto - a parte Proust - è talmente grosso che non riuscivo nemmeno a tenerlo in mano.

    Come autrice non dico niente! ;-) Il problema è che ultimamente i romanzi mi vengono fuori dalle 400 pagine in su...

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    1. Dio di illusioni è magnifico *__* porta ad accelerare, eccome! E, proseguendo, si peggiora, ma quando stai per finire... ehhhhh! Dolore! XD

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    2. Pensa che io ho portato Vikram Seth, "Il ragazzo giusto" sotto l'ombrellone: più di mille pagine, ma di una storia che ho divorato in venti giorni di vacanza (in estate si legge di più e meglio.)
      Capisco, e qui lo ribadisco, che quello della lunghezza è fondamentalmente un mio forte pregiudizio, ma come dico altrettanto spesso, a me piace sfatare i miei pregiudizi, sono più resistente nei confronti degli esordienti, ma quando li conosco concedo loro più spazio e mi apro alle eccezioni.
      Tu scrivi romanzi ad ambientazione storica e questo, l'ho detto, è uno di quei casi in cui la lunghezza ci sta ed è giustificata.
      Mi misurerò anche con questa lettura: vedi, tu rappresenti l'eccezione perfetta alle mie argomentazioni. :)

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    3. Riprendendo il discorso, "Dio di illusioni" è stato scritto dall'autrice a soli 28 anni. Ribadisco che non è umano scrivere con tanta perfezione a quell'età! Stamane ero così catturata che a momenti saltavo la fermata della metropolitana.

      Con "I Beati Paoli" mi è successa invece una cosa bruttissima. Avevo comprato l'edizione Sellerio, l'ultima, composta da due volumi. Inutile dire che il romanzo è proprio nelle mie corde: magnifico, sontuoso, intricato e teatrale. Orbene, sono a metà del secondo volume e che cosa succede? Vedo un brusco cambio di scena e mi accorgo che manca una segnatura: Don Raimondo sta scrivendo una missiva sotto la minacciosa dettatura dei Beati Paoli e la pagina successiva è a letto mezzo morto. Persino una tonta come me capisce che manca qualcosa. Non è tutto, vado avanti e leggo altre 32 pagg. e vedo che poi la stessa segnatura è ripetuta. Insomma, ora l'ho lasciato sperando che la casa editrice rimedi all'errore e mi indichi come fare a restituire la copia difettata, e naturalmente mi invii la nuova.

      Grazie della fiducia nei miei confronti! :-) In effetti posso capire che la grossezza possa spaventare, ma non c'è niente da fare: mi vengono proprio così.

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    4. Veramente strano, quello che ti è accaduto con i Beati Paoli. Io ho le due edizioni della Sellerio, se vuoi, mentre risolvi il problema, mi dici le pagine esatte e ti invio le parti mancanti , così, almeno puoi leggerle. Bellissimi I Beati Paoli: anche questi letti quest'estate sotto l'ombrellone. ;)

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    5. Carissima, sei sempre gentile! Ora ho mandato una mail alla casa editrice, aspetto notizie. Tengo comunque in considerazione la tua offerta, grazie mille. :-)

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    6. Ciao, volevo dirti che proprio ieri mi è pervenuto dalla casa editrice il volume 2. Quindi direi che sono a posto e posso riprendere la lettura. :-)

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    7. Sono contenta. Casa editrice seria.
      Buona continuazione, allora. ;)

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  22. C’è poi anche un altro discorso da fare: quello del tempo che ci resta. Non dico prima di morire, per carità, bensì prima che la vista ci cali al punto che non ci resti che passare le giornate guardando la De Filippi in tivù. Quando si è da un bel po’ dentro gli “anta” si cominciano infatti a fare due conti. Nel mio caso sono presto fatti. Lo scorso anno ho letto una trentina di titoli, il che significa che, mantenendo lo stesso ritmo, sarebbero 300 in dieci anni. Di conseguenza mi rimangono meno di mille titoli da qui al momento che le cataratte avranno ragione dei miei occhi. Siccome, prima che ciò accada, mi piacerebbe leggere tutti i classici che, per un motivo o per l’altro, mi sono lasciato indietro, mi vedo costretto a fare delle scelte. Se un romanzo supera le 500 pagine dovrà quindi per forza essere un’opera di valore universale e indiscutibile (e di solito questi non sono riconoscimenti dati per caso). Largo quindi agli esordienti purché non superino le 200/250 pagine. In caso contrario, nello stesso tempo, preferisco fare spazio a due o tre esordienti da 100 pagine ciascuno. Perlomeno ho un maggior numero di possibilità di trovare qualcosa che mi piace.

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    1. Il tuo punto di vista rafforza il mio convincimento, anche perché mi avvicino agli "anta" con il cinque e... beh, porto gli occhiali da quando avevo nove anni! :)
      Non posso, dunque, che essere d'accordo, tra l'altro anch'io voglio occuparmi dei classici che non ho ancora letto (questo post non è nato dal nulla, infatti) e ho qualche esordiente che mi incuriosisce e che accomoagnerò a quelle letture.

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  23. Nella maggior parte dei libri lunghi, ci sono parti che potrebbero essere tranquillamente eliminate senza alcuna conseguenza per la narrazione. Anzi, alle volte ne guadagnerebbe. Non mi faccio problemi a leggere malloppi, soprattutto se non sono classici, ma alle volte mi sembra che tutte quelle parole in più siano scritte per guadagnare volume, più che per costruire. Ed è un vero peccato. ;)

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    1. Si fa tanto per ridurre e poi c'è qualcuno che scrive per allungare il brodo e fare volume?
      Sono di un'altra scuola, c'è niente da fare! :)

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  24. Per me al momento lettura lunga = Dragonball.
    E sì, hai fatto una pazzia. Brava! ^___^

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    1. Dragonball visto in tutte le salse. :)
      Non ho perso l'abitudine a fare pazzie: ne ho collezionato diverse, direi! :)

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