giovedì 19 gennaio 2017

Thriller paratattico n. 70: Gran Gala di Montmartre (il commiato)


Per festeggiare insieme la 70^ puntata del gioco più glamour della rete, è gradita la vostra partecipazione con una versione "free style" del brano paratattico: ciascuno, se vorrà, potrà regalare al pubblico la propria, personale, interpretazione del Thriller. 

Chi non ha partecipato ai precedenti appuntamenti potrà prendere spunto da uno degli sviluppi già proposti, i concorrenti più fedeli potranno inventare qualcosa di nuovo.

Libertà di tema, di contenuto, di lunghezza, di ispirazione.

Vi ringrazio per avere seguito la giovane donna parigina, in ogni sua disavventura, fin qui.
Tra bettole mal frequentate e studi dentistici abbiamo fatto un bel pezzo di strada insieme. 😢
Credo che mi mancherà questo appuntamento settimanale, ma come diceva Sandra, alla quale devo l'idea finale, le scene si abbandonano quando si è al top. E noi non vogliamo diventare pezzi da museo ancora circolanti nel web.

Io, dal canto mio, saluterò questa straordinaria esperienza con l'ultima versione. Farà da apripista per le altre che aggiungerò a seguire, via via che arriveranno.

Buona festa, amici e adesso, spazio al divertimento. Fate del nostro caro Thriller paratattico ciò che volete:

Una giovane donna si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio. La giovane cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa. Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. Gli uomini si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne. La donna urla di terrore, i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica del dentista: «Tutto fatto signora. Mezza corona, prego!»

****

Una giovane donna si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre,...

(Driiiin)
Pronto. Ciao mà, sì, tutto okay. I ragazzi a scuola, Luca a lavoro. Nooo, ancora? Nevica di nuovo, ma è pazzesco. Qui fa un freddo boia, ma il cielo è limpido. Niente, sto scrivendo, più tardi vado a fare la spesa..., solite cose. Salutami papà.

...intorno a lei una scura coltre di buio. La giovane cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una...

Oddio, che è... la sedia, il lampadario: una scossa di terremoto. Stai tranquilla, Marina, durerà solo qualche secondo... Fermati, pavimento! Mi gira la testa. Finito. Sono ancora agitata.

... casa. Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. 

(Driiiin)
- Pronto. Certo, grazie. Vengo a prendermeli subito.
Evacuazione scolastica in atto. Adesso, con i ragazzi in casa, ho davvero finito di scrivere.

Gli uomini si avventano su di lei...

- mamma, quando si mangia?

... la vogliono rapinare,

- manca il pane, qualcuno scende a comprarlo? 
  Come non detto.

 ... forse abusarne. La donna urla di terrore,

- mamma, dov'è la maglia pulita?

... i maniaci la legano, 

È tardi, mi chiude la farmacia!

... la buttano in un fiume, 

- mamma, ti leggo la versione che ho tradotto.

... aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. 

-  Marina, al telefono: è Laura.

Ore 20,30: 

mamma, quando si cena?

BASTA, ci rinuncio. Questo racconto sta diventando un incubo!
Un incubo? Uhmm...

La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica del dentista: «Tutto fatto signora. Mezza corona, prego!»

(Driiiin)
Pronto. Ciao mà, sì, tutto okay. I ragazzi hanno finito di studiare, Luca è tornato. No, non ci sono state altre scosse, per fortuna. Niente, ho provato a scrivere, adesso vado a leggere un po' e poi vado a letto. Dai  la buonanotte anche a papà.


****

Nadia Banaudi 

- Scusa, sto leggendo.
- Ho capito ma non ti puoi interrompere?
- E' importante?
- Non trovo la crema per le mani, devi aver messo in ordine nel mobile del bagno e al solito ora non trovo più niente. 
- Sarà solo da cercare, ma capisco la fatica. Vado vado.
- Grazie, cosa leggi di bello?
- La storia di una donna che si ritrova a Montmartre è sperduta nel quartiere parigino e mentre cammina fra i vicoli bui la coglie la paura così entra finalmente in una casa. Solo che si ritrova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. La vogliono rapinare, forse abusarne. Cerca di scappare... e mi sono fermata lì.
- Dai mentre mi metto la crema vai avanti e dimmi come finisce. 
- ... i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. 
- O porca! 
- Troppo forte? Vado avanti?
- Vai avanti. 
- ...Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica del dentista: «Tutto fatto signora. Mezza corona, prego!»
- Cosa? Non ho capito. Scusa ma cosa vorrebbe dire?
- Che era un sogno, un incubo da cui si sveglia. 
- Ah! E finisce così?
- Sì. 
- Bah, narrativa moderna. 


Michele Scarparo


«Chiamatemi perDente. Qualche anno fa — non importa ch'io vi dica quanti — avendo punto denaro e nemmeno una tasca, pensai di mettermi a vagare per un po', e di vedere così la parte luminosa del mondo. Faccio in questo modo, io, per cacciar la malinconia e regolare la circolazione. Ogniqualvolta mi accorgo di perdere lo smalto; ogniqualvolta giunge sull'anima mia un umido e piovoso salivare; ogniqualvolta mi sorprendo fermo, senza volerlo, davanti a un boccone che chiede d'esser masticato; e specialmente ogniqualvolta l'umor nero mi invade a tal punto che soltanto un saldo principio morale può trattenermi dall'andare per la bocca col deliberato e metodico proposito di mordere la punta della lingua — allora reputo sia giunto per me il momento di prendere al più presto il volo. Questo è il sostituto che io trovo a carie e trapano. Con un ghirigoro filosofico Helgaldo si perde dentro ai sogni; io, quietamente, me ne vado. Non c'è niente di straordinario in questo. Basterebbe che l'ascoltassero appena un poco, e quasi tutti gli uomini, una volta o l'altra, ciascuno a suo modo, si accorgerebbero di nutrire per l'aria che esce dai denti gli stessi sentimenti miei.
Eccovi dunque la città dei Parigini, tutta cinta da vicoli stretti e bui. A destra o a manca le strade portano verso l'acqua. Camminate ai margini dei muri in una sognante sera feriale. Che cosa vedete? Piazzata come una bocca aperta, una porta mostra una luce tutt'intorno. Salite, e trovate alcuni appoggiati a un palo, altri seduti a contemplare un boccale. Ma sono tutti gente senza polpa, uomini rinserrati tra cannicci e intonachi, legati ai banchi, inchiodati agli scanni, ribaditi alle scrivanie. Che significa allora? Che fa qui questa gente?
Ma guardate! Arrivano dritti verso la mia padrona come volessero tuffarsi. Strano! Niente li soddisfa se non oziare a riparo della luce, traccheggiare all'ombra di quei magazzini. Nulla gli basta. No. Debbono andare vicino al limite estremo, quant'è possibile senza cascarci dentro. Ed eccoli là piantati per bene dove non dovrebbero, vengono da traverse e vicoli, strade e viali, da nord e sud, dall'est e dall'ovest. Ma qui si ritrovano tutti quanti.
Ancora. Siete, diciamo, legati come un salame. Prendete la via della prima finestra, e nove volte su dieci finirete nel fiume che vi lascia lì, dove la corrente ristagna. C'è qualcosa di magico in quell'acqua. Prendete il più distratto dei topi quand'è sprofondato nei suoi sogni: mettetelo sulle zampe, mettete le zampe in movimento, ed egli vi porterà infallibilmente all'acqua, se acqua c'è in tutta la zona. Provatelo, questo esperimento, se mai vi trovaste morti nella Senna, sempre che la riva sia fornita di un professore di metafisica. Sicuro, come tutti sanno, meditazione e acqua sono sposate in eterno.
Ma prendiamo un dentista. Egli vuole dipingervi il più fantastico, il più ombroso, il più quieto, il più incantevole sorriso romantico di tutta la Gallia. Qual è l'elemento principale che adopera? Là si rizzano siringhe, ognuna col tronco vuoto quasi ci fosse dentro un eremita col suo crocefisso; e qui dorme la gengiva e lì dorme il dente, e dalla cassetta laggiù si alza un trapano sonnacchioso. E un cammino sinuoso s'addentra in remote selve, e raggiunge i sovrastanti sproni del Monte dei Martiri. Ma per quanto la scena appaia così immersa nel terrore, e il fiume lasci cadere i suoi sospiri come foglie sul capo di un fanciullo, tutto sarebbe inutile se la mano del dentista non fosse cucita alla corrente magica che ha davanti.
Da parte mia detesto tutte queste onorevoli e rispettabili fatiche, afflizioni e tribolazioni di qualsivoglia genere. Mi è già sufficiente dover badare a me stesso, senza preoccuparmi di anestesie, trapani, donzelle, mezze corone o che so io.»

Sandra Faè 
“Sai Nanni, c’è stato un tempo in cui ero giovane.” Mio nipote mi guarda come se avesse voglia di tornare a consultare le carte dei calciatori, e io penso di aver cominciato molto male a raccontare questa storia che pure gli dovrebbe piacere, vista la sua nuova passione per i gialli e per il finale che ehm non anticipo, ma è di grande attualità per lui. Non mi do per vinta a proseguo mentre mi sporgo dalla pensilina per controllare se arriva l’autobus.
“Mi aggiravo per Parigi, voi a Parigi non siete ancora stati.”
“Sì, è in Francia.”
“Certo, bravo. Dunque era sera a Montmartre e mi ero persa, una coltre scura di buio mi stava avvolgendo e cominciavo ad avere paura.”
“Eri da sola? Zio Emanuele?”
“Non lo conoscevo ancora. Da giovane ho viaggiato anche da sola. Così a un certo punto vidi una casa e pensai di entrare, ma commisi un errore.”
“Perché? Zia, arriva l’autobus!”
“Bene, dai saliamo. Lì c’è un posto. Vuoi sederti?”
“Sono solo tre fermate, però mi siedo.”
“Occhei allora ti ridò lo zaino. Tienilo in braccio tu.”
“Un errore perché era un postaccio malfamato frequentato da ubriaconi che subito si avventarono su di me per farmi del male, di sicuro tentarono di portarmi via la borsetta.”
“Avevi tanti soldi?”
“Un po’. E mi dibattei tantissimo, li sentivo parlare di buttarmi nella Senna, di farmi divorare dai topi.”
“Quelli delle fogne?”
“Sì, proprio loro. Nanni, suona il campanello che la prossima è la nostra.”
“Alla fine… dai vieni che scendiamo. Adesso andiamo fino al semaforo per attraversare. Dicevo, alla fine sento la voce amica del dentista che mi dice che ha finito col lavoro.”
“Non ho capito, ma non eri a Parigi?”
“No, era tutto un incubo per l’anestesia del dentista. Pensavo di essere a Parigi invece ero sempre rimasta lì sulla poltrona, anestetizzata.”
“Ma a Parigi non ci sei andata?”
“Sì, ma non quella volta lì. Ci sono stata in gita scolastica.”
“Alle medie?” Quello lì è il portone del dentista.”
“No, alle superiori. Bene il cancello è aperto, non avevo voglia di cercare i numeri su questi citofoni moderni. Ti ho raccontato questa cosa per dirti che a volte i dentisti fanno delle anestesie molto forti!”
“Ah, vabbe’ zia, oggi io ho solo un controllo per vedere se mi lavo bene i denti.”


Simona Colombo 

«È quella lì?» 
«Sì, la pazza di Montmartre. Sapessi che circo ha fatto l'altra sera! È scivolata sull'asfalto ghiacciato, sai, in quei vicoli umidi, così bui che non sai mai bene dove metti i piedi. Ha sbattuto la faccia per terra e si è rotta due denti. Per fortuna era proprio davanti a un bar e, mentre il barista chiamava il pronto soccorso, i clienti si sono subito precipitati in suo aiuto. Quella, però, ha cominciato a urlare e scalciare, neanche volessero rapinarla o abusare di lei.» 
«Ma davvero?» 
«Giuro! E quando è arrivata l'ambulanza, i paramedici hanno dovuto legarla alla barella. Era così agitata che le mancava il respiro, allora le hanno messo la maschera per l'ossigeno, ma se l'è strappata gridando che c'erano i topi e che le mordevano le caviglie.» 
«Pazzesco!» 
«Già, ma è niente in confronto alla scenata che ha fatto quando ha visto il conto del dentista.»


Massimiliano Riccardi

… E fu così, mia cara signora, che decisi infine di dedicarmi al teatro. Certo la professione di dentista appaga di molto l'anima e rende briosa la tasca. Potere di dare sollievo e gusto nell'infliggere dolore, strapagato per di più. Capirà … sono soddisfazioni. Eppure.. 
Gli innumerevoli stordimenti e i racconti successivi all'effetto dell'anestetico hanno smosso in me sentimenti sopiti. Un po' per vezzo un po' per follia ho deciso di seguire il mio destino. Naturalmente ho sposato la famosa ragazza di Montmartre, colei che per ultima ha inferto il colpo di grazia alla mia stanca visione di una vita monotona ricca solo di risciacqui e colluttori, pasta dentale e trapani, scovolini e tartaro. Si badi bene non tartaro della steppa foriero di ben altre imprese e mirabolanti avventure, ma più tristemente tartaro dell'orripilante fauce alitante.
Aah, mia Musa.
Insomma, mi dedico al teatro, sono attore, produttore e regista. Libero. Salto, ballo e recito. Ovviamente a braccio. Perché in fondo, cos'è la vita se non un immenso palcoscenico dove tutto è improvvisato e anche il vero recitato? Ora, a lei mia cara Signora e a voi tutti, buon giorno e buonanotte. Non scordate di battere le mani, che la giornata via sia lieta come per me è incominciata.
“Se queste ombre vi hanno offeso, pensate
(e cada ogni malinteso)
di aver soltanto sonnecchiato
mentre queste visioni vi hanno allietato.
E questo tema ozioso e futile
non più di un sogno vi sarà utile.
Gentili amici, non rimproverate;
miglioreremo se perdonate...”


Marco Lazzara 

"Una giovane donna porge una mezza corona al suo dentista, che ha appena finito il lavoro su di lei. Ma quello prende la mascherina del gas anestetico e gliela pone sulla faccia. La donna rovescia gli occhi all'indietro, si addormenta sul sedile e comincia a sognare. Ma il suo è un incubo, perché sogna di venire divorata da degli orrendi roditori, grossi e schifosi. In preda al terrore, cerca allora scampo gettandosi nella Senna, sperando che quegli esseri non la seguano. Boccheggiando per non affogare, chiede disperatamente aiuto: qualcuno prontamente la soccorre, tirandola fuori dall'acqua. La giovane pensa di essere finalmente in salvo, ma si deve subito ricredere: a salvarla sono stati dei brutti ceffi, forse dei maniaci, che subito la legano con delle corde. Forse vogliono rapinarla o forse vogliono abusare di lei, e la trascinano a forza in un sordido bar frequentato da ubriachi. Ma la giovane inizia a divincolarsi, si libera delle corde e riesce a fuggire. All'esterno di quell'orribile posto, si mette a costeggiare i vicoli malfamati sperando di ritrovare la via di casa. Tutto intorno a lei è buio, ma alla fine emerge nelle luci del quartiere di Montmartre. Finalmente è in salvo.
La giovane si sente sollevata. Ferma una signora, una parigina, e le racconta quanto le è capitato. La donna annuisce, poi le dice in francese: “Ancora una volta.” La giovane, a occhi sbarrati, non può che obbedirle, per cui si rimette in cammino e torna ad addentrarsi nei vicoli malfamati di Montmartre, diretta verso quel sordido bar e l'inevitabile incontro coi suoi assalitori, i topi e la Senna.
Nel frattempo la donna parigina, Marine Garnier, ride spassionatamente..."


Helgaldo 

Marina si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio. La donna cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa. Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da blogger ubriachi. I blogger si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne. Marina urla di terrore, i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica di Michele: «Tutto fatto signora. Un altro mezzo thriller, prego!»


Giulia Mancini 

Ciak si gira a Montmartre

“Una giovane donna si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio.

La giovane cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa. 

Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. 


“Stoooop!!!” la voce del regista invade il set “Amelie, sembri uno stoccafisso! Devi camminare rasente i muri, 
il tuo volto deve esprimere tutto il terrore che quella situazione ti crea!”


Il registra vorrebbe sbattere la testa contro il muro, ma perché ha dovuto accettare quell’attricetta da quattro soldi? 
Solo perché va a letto con il produttore del film?
Si avvicina e cerca di farle capire la scena usando la dolcezza.
"Allora tesoro, adesso tu vedi una luce, entri per chiedere aiuto e ti ritrovi all'interno di un bar laido pieno di uomini ubriachi che si avventano su di te. 
sei terrorizzata, capito?" 
Lei annuisce e riprendono a girare.
"ciak, si riprende" 

La donna sale le scale, entra e si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. 
Gli uomini si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne. 

Lei urla con tutto il fiato che ha in gola. Le esce una voce stridula. 

Il regista si mette le mani nei capelli, ma poi quando finalmente la buttano in acqua sogghigna, quegli animali sono fantastici, dovrebbe lasciarla mangiare dai topi, 
finalmente si potrà liberare di lei.

Si sente scuotere, si sveglia. 
«Tutto fatto signore. Mezza corona, prego!»
Lo guarda è il suo dentista, nonché amico del produttore.
Accidenti aveva sognato tutto, allora Amelie è ancora viva e gli toccherà davvero prenderla per la parte nel film!


Darius Tred 



Amelie, di rosso vestita, abbandona la scena e torna finalmente a casa.

Iara R.M. 

Mi affaccio alla finestra: “Il tramonto tinge di viola la grande piramide, e ai suoi piedi L'imperatore si concede una pisciata fumante contro un cassonetto...” Sorrido. Mi ritorna alla mente la scura coltre di buio del quartiere parigino. Sospiro. Ricordo cosa ho sentito la prima volta. Avevo tanta voglia di provarci, ma non potevo sapere il vero significato di quell'esercizio che avrebbe diviso il tempo in un prima del thriller paratattico e in un dopo. Siedo davanti al computer: una giovane donna si aggira per i vicoli di Montmartre, costeggia un lungo muro con i sudori freddi e le mani tremanti. Esplora con lo sguardo smarrito la strada che sta percorrendo. Scorge un edificio fiocamente illuminato, entra finalmente in una casa. Sale le scale fin dove portano. Si ritrova in un bar con della gente seduta ai tavoli. Si guarda meglio intorno. Sente uno strano odore. Ubriachi bramosi ridono, indicano, avanzano catturandola. Help! Infuriano. Mani aggrovigliano nodi. Intrappolata acclama contrita, invano. I maniaci la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna piange. Cos'altro può fare? Avrebbe potuto tenersi a galla ancora per poco e in ogni caso, ci avrebbero pensato quelle bestie affamate. No. Non vuole finire così. Prende un ultimo respiro e scende sott'acqua per annegare in pace. Una sensazione di stordimento le prende la testa. Si sente soffocare. Le manca l'aria. L'aria, come le parole.

“ Iara, le devi cercare le parole, se non le trovi: non stare zitta. Scrivi, anche se sai che commetterai molti errori, se la storia che avrai riportato sulla carta non sarà niente di speciale. Scrivi, perché la scrittura ha bisogno di persone che ne capiscano l'importanza e soprattutto, di essere amata senza altri scopi. Le parole sono ovunque e servono tutte, anche quelle poco importanti e che non avranno mai un valore letterario. Sono servite a te, per avvicinarti a persone speciali che altrimenti, sarebbero rimaste solo avatar colorati. E allora usale, semplicemente per dire grazie, che ti sei divertita e che senti di aver imparato molto più di quello che avresti creduto.” 

Una mano la scuote, si sveglia, finalmente. E' salva. Chissà perché si aspettava un dentista. L'incubo finisce. Sembra, ma no: C'è ancora un mezzo Corona da leggere! ^_^


Tiziana Balestro

Applausi dalla sala. Il telone si chiude e per i ragazzi del teatro di Parigi è l'ultima replica. Amelie ha un nodo in gola, come tutte le storie che finiscono, anche questa avventura è giunta al termine. L'opera in tre atti ha avuto successo. E pensare che era partita in sordina, con pochi spettatori; alcuni attori si erano  succeduti poiché erano impegnati in altre rappresentazioni. 
Ma poi il pubblico ha sparso la voce e i teatranti parigini si mettavano in fila per fare il provino. Il bello è che era aperta a tutti; un'opera in cui tutti hanno recitato e scritto le battute. Hanno improvvisato, come solo i migliori attori sono capaci.
Alla replica successiva non sapevi mai chi fosse in scena, se Helgaldo, Michele, Marina... o altri. E ogni volta la trama era diversa. Improvvisazione pura.

Amelie è commossa, sentirà la mancanza  di non stare più su quel palco, ma un'attrice sa quando è ora di cambiare personaggio. 

Il sipario si riapre, si inchinano tutti, mentre si prendono l'ultimo applauso dal pubblico.


Barbara Businaro 

Eccezionalmente per voi, torna il Thriller Paratattico in rosa, il sequel :)
Per chiudere in gran finale il Thriller Paratattico ho pensato di sbirciare cosa fosse successo poi...

Parigi, di nuovo. Non mi sono persa, ma non so nemmeno dove sto andando. Sono quaranta minuti che sto camminando oramai, da quando sono uscita dall'albergo. Ho attraversato il parco del Musée du Louvre fino a Place de la Concorde, poi mi ha fatto prendere la métro azzurra dagli Champs-Élysées al Moulin Rouge. E lì ho avuto un attacco di panico: non vorrà mica che ci incontriamo in un locale a luci rosse a Pigalle, vero?!
Mon dieu, quest'uomo veramente mi fa uscire pazza. Ma si può dare un appuntamento fornendo delle stranissime indicazioni passo passo via sms?
"Passa per il Louvre, ma non entrare, Monna Lisa è gelosa di te!" E molte altre, direi.
"Procedi lungo il parco fino all'obelisco. Ti ricordi quando siamo stati qui?" Si, il nostro primo bacio, al tramonto.
"Prendi la metropolitana alla tua sinistra, direzione Place de Clichy. Quando esci, mi prendi il giornale?"
Eccomi qui, davanti all'edicola dove abbiamo riso del suo pessimo francese e del mio ancor pessimo inglese nel chiedere indicazioni, ma l'edicolante non è lo stesso. E comunque non ho trovato The Scotsman, dovrà accontentarsi del Times di Londra.
"Prosegui per tutto il Boulevard e se trovi qualcosa di interessante da acquistare... ;) " Divertita, vedo sfilare lungo la via decine di sexy shop, con esposti in vetrina completini intriganti e oggetti alquanto espliciti. Non mi sembra proprio il caso, penso poi tristemente, visto che tra poco potrebbe cambiare tutto.
Non so ancora come dirglielo. Ho avuto un po' di tempo per rimuginarci su, ma non trovo le parole. Non a voce, per lo meno.
Gli consegno la busta e basta. E la sua espressione mi dirà tutto.
Al pensiero, il cuore salta un battito nel petto, sembra quasi volersene andare per non essere presente.
Ho proprio paura.
"Conta duecento passi, e al negozio della signora Clementine, gira a destra."
Il mio cuore ruzzola in avanti di nuovo, sono spaventata ed elettrizzata allo stesso tempo.
Sta succedendo tutto in fretta e queste emozioni non mi fanno certamente bene.
Ad ogni passo, la busta nella mia tasca pesa sempre di più. Ma è inutile rimandare, non si può tornare indietro.
Spero solo che la prenda bene. Non ne abbiamo mai parlato, non abbiamo mai messo in conto che potesse finire così, e non così presto.
Controllo ogni insegna nella strada alla ricerca di un indizio della signora Clementine. La ritrovo sopra un'antica merceria.
E imbocco il viale adiacente. Cosa diavolo si sarà inventato stavolta?
Guardo in alto: la cupola della basilica del Sacré Cœur svetta in lontananza.
Forse so dove mi sta portando! Sorrido perchè è proprio da lui.
"Ci sei quasi. Svolta a sinistra e cammina per altri cento metri, fino al Fenicottero blu."
Appena girato l'angolo riconosco la via. Mi ha fatta girare in tondo, partendo da sud, per sviarmi, ma questo è il nostro posto magico. Il vicolo di Montmartre dove ci siamo finalmente incontrati.
Là in fondo scorgo il cartello di un pub con disegnato un fenicottero blu.
Ed eccolo lì ad aspettarmi, un metro e novantuno di fascino indomito, con due occhi blu mare che hanno la licenza di uccidere qualsiasi donzella, me compresa. Lui è Lui-LUI, lui è lui-secondo-profilo, ma soprattutto è il mio lui da due anni, proprio questo giorno e proprio in questo luogo.
"Eccoti arrivata! Bella passeggiata?"
"Potevo perdermi! E se sbagliavo a capire qualche messaggio, come mi ritrovavi, eh?"
Mi abbraccia, mi bacia e con la fronte appoggiata sulla mia, sussurra: "Impossibile. Ero dietro di te, almeno fino alla penultima indicazione. Non volevo rischiare di arrivare in ritardo anche stavolta."
Entriamo e ordiniamo qualcosa da bere al barista al banco, proprio come allora.
"Ti è piaciuta la sorpresa?"
Annuisco, sorseggiando lentamente il mio aperitivo, niente alcol per un po'.
Si avvicina un altro cameriere e gli porge una cartellina scura.
"Monsieur, mi perdoni, la consegna è appena arrivata. Ecco la documentazione da firmare."
"Grazie Jean. Domani arriva il nuovo directeur e se ne occupa lui."
Il cameriere annuisce e se ne ritorna nel retro.
"Ma...l'hai comprato?" gli chiedo stupita.
"Si, il locale è tutto nostro. Non potevo lasciare che diventasse uno studio dentistico, ti pare?"
"Sarebbe stato un peccato..." Mi giro intorno esaminando l’ambiente tutto rinnovato: le tinte sono fresche e l’arredamento nuovo, ma ha mantenuto inalterato lo stile, così che questo è ancora il nostro posto.
"Non sembri molto contenta." Alza lo sguardo cauto da sopra le sue carte.
"Oh, no no, è che non me l'aspettavo, davvero."
"Non sei brava a recitare." Abbandona i documenti sopra il bancone e mi prende sottobraccio. "Cosa c'è che non va?"
"Anch'io ho una sorpresa per te" gli dico mesta e gli consegno la busta. Non riesco a tenere la mano ferma.
"Cosa...?" Mi studia incuriosito ma io abbasso le palpebre al pavimento.
Tira fuori la stampa lucida in bianco e nero. Colgo la sua sorpresa in un impercettibile movimento della mascella, ma sparisce subito. Ci guardiamo negli occhi. Mi scruta nel profondo ma non dice niente. Il mio respiro è bloccato in attesa.
Torna a fissarla, orientandola verso la luce. Osserva ogni centimetro della carta, rigirandola più volte.
"Oh, accidenti...che cosa stai cercando?!" sbotto all'improvviso, l'angoscia che mi chiude lo stomaco.
"Se è maschio o femmina..." risponde senza distogliere l'attenzione dalla sua disamina.
"Non si vede a sole otto settimane! E' ancora presto!" Scoppio a ridere istericamente.
Mi fermo, preoccupata perchè non capisco bene la sua reazione. "E poi scusa, che cosa cambierebbe?"
"Tutto." Sospira e scuote la testa sconsolato, ma riconosco il suo ghigno sornione. "Se è una femmina sarò geloso marcio fin dal suo primo respiro!"
E mi fa volare tra le sue braccia, grandi e sicure.
Un'altra avventura è cominciata. E se questo è solo un sogno, guai a voi se mi svegliate!


Viola Emi

Davvero era stato solo un incubo? L’effetto di un’anestesia sbagliata? No, non poteva essere così semplice. Cosa avrebbe detto il lettore? Sarebbe rimasto deluso da quel finale? Avrebbe voluto capire alla fine? Desiderato una soluzione al mistero? Anche queste domande sarebbero rimaste senza una risposta univoca. 
Ma a cosa si riferiscono poi esattamente? Alla storia in sé o all’uso della stessa rivista in 69 temi e innumerevoli relative versioni? Insomma, al settantesima versione scriviamo ancora della giovane donna, ubriachi, topi e dentista o tiriamo fuori tutto e scriviamo del thriller paratattico come esercizio? Non lo so, anche a questa domanda non so rispondere. So che ci sono stati incubi ma anche sogni, risate e pianti, prosa e poesia, fantasia e realtà, luoghi e tempi, fiumi e pozzanghere di parole. E’ che, in fondo, la giovane donna non è mai stata sola perché c’eravate voi (che qualche volta è diventato noi) a condividere la sua esperienza (e le vostre). Quindi, l’unica domanda a cui posso provare a rispondere è quella iniziale “Davvero era stato solo un incubo?” e la risposta è “No”.















52 commenti:

  1. Bello il tuo thriller in versione "telecronaca": Bruno Pizzul ringrazia ;)

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    1. Hai notato? finisco con l'augurare la buonanotte a mio padre e sto di fatto salutando il thriller. Come la notte che chiude la giornata e il sipario che cala sul nostro gioco. I simbolismi che ti sono tanto cari! :D

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    2. Michele, il tuo brano è godibilissimo. :)

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  2. - Scusa, sto leggendo.
    - Ho capito ma non ti puoi interrompere?
    - E' importante?
    - Non trovo la crema per le mani, devi aver messo in ordine nel mobile del bagno e al solito ora non trovo più niente.
    - Sarà solo da cercare, ma capisco la fatica. Vado vado.
    - Grazie, cosa leggi di bello?
    - La storia di una donna che si ritrova a Montmartre è sperduta nel quartiere parigino e mentre cammina fra i vicoli bui la coglie la paura così entra finalmente in una casa. Solo che si ritrova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi. La vogliono rapinare, forse abusarne. Cerca di scappare... e mi sono fermata lì.
    - Dai mentre mi metto la crema vai avanti e dimmi come finisce.
    - ... i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare.
    - O porca!
    - Troppo forte? Vado avanti?
    - Vai avanti.
    - ...Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica del dentista: «Tutto fatto signora. Mezza corona, prego!»
    - Cosa? Non ho capito. Scusa ma cosa vorrebbe dire?
    - Che era un sogno, un incubo da cui si sveglia.
    - Ah! E finisce così?
    - Sì.
    - Bah, narrativa moderna.

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    1. Bello, Nadia! Grazie di avere partecipato. :)

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    2. grazie, mi spiace essere sparita dal Thriller, ma almeno per la chiusura sono arrivata. Carinissima iniziativa grande traguardo.

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  3. Mi astengo complimentandomi per il caparbio "anniversario". :)

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    1. Avresti fatto un figurone, quasi come un ospite d'onore! :P

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  4. Ho trovato un vecchio manoscritto, di Michael Melville. Inizia così:

    «Chiamatemi perDente. Qualche anno fa — non importa ch'io vi dica quanti — avendo punto denaro e nemmeno una tasca, pensai di mettermi a vagare per un po', e di vedere così la parte luminosa del mondo. Faccio in questo modo, io, per cacciar la malinconia e regolare la circolazione. Ogniqualvolta mi accorgo di perdere lo smalto; ogniqualvolta giunge sull'anima mia un umido e piovoso salivare; ogniqualvolta mi sorprendo fermo, senza volerlo, davanti a un boccone che chiede d'esser masticato; e specialmente ogniqualvolta l'umor nero mi invade a tal punto che soltanto un saldo principio morale può trattenermi dall'andare per la bocca col deliberato e metodico proposito di mordere la punta della lingua — allora reputo sia giunto per me il momento di prendere al più presto il volo. Questo è il sostituto che io trovo a carie e trapano. Con un ghirigoro filosofico Helgaldo si perde dentro ai sogni; io, quietamente, me ne vado. Non c'è niente di straordinario in questo. Basterebbe che l'ascoltassero appena un poco, e quasi tutti gli uomini, una volta o l'altra, ciascuno a suo modo, si accorgerebbero di nutrire per l'aria che esce dai denti gli stessi sentimenti miei.
    Eccovi dunque la città dei Parigini, tutta cinta da vicoli stretti e bui. A destra o a manca le strade portano verso l'acqua. Camminate ai margini dei muri in una sognante sera feriale. Che cosa vedete? Piazzata come una bocca aperta, una porta mostra una luce tutt'intorno. Salite, e trovate alcuni appoggiati a un palo, altri seduti a contemplare un boccale. Ma sono tutti gente senza polpa, uomini rinserrati tra cannicci e intonachi, legati ai banchi, inchiodati agli scanni, ribaditi alle scrivanie. Che significa allora? Che fa qui questa gente?
    Ma guardate! Arrivano dritti verso la mia padrona come volessero tuffarsi. Strano! Niente li soddisfa se non oziare a riparo della luce, traccheggiare all'ombra di quei magazzini. Nulla gli basta. No. Debbono andare vicino al limite estremo, quant'è possibile senza cascarci dentro. Ed eccoli là piantati per bene dove non dovrebbero, vengono da traverse e vicoli, strade e viali, da nord e sud, dall'est e dall'ovest. Ma qui si ritrovano tutti quanti.
    Ancora. Siete, diciamo, legati come un salame. Prendete la via della prima finestra, e nove volte su dieci finirete nel fiume che vi lascia lì, dove la corrente ristagna. C'è qualcosa di magico in quell'acqua. Prendete il più distratto dei topi quand'è sprofondato nei suoi sogni: mettetelo sulle zampe, mettete le zampe in movimento, ed egli vi porterà infallibilmente all'acqua, se acqua c'è in tutta la zona. Provatelo, questo esperimento, se mai vi trovaste morti nella Senna, sempre che la riva sia fornita di un professore di metafisica. Sicuro, come tutti sanno, meditazione e acqua sono sposate in eterno.
    Ma prendiamo un dentista. Egli vuole dipingervi il più fantastico, il più ombroso, il più quieto, il più incantevole sorriso romantico di tutta la Gallia. Qual è l'elemento principale che adopera? Là si rizzano siringhe, ognuna col tronco vuoto quasi ci fosse dentro un eremita col suo crocefisso; e qui dorme la gengiva e lì dorme il dente, e dalla cassetta laggiù si alza un trapano sonnacchioso. E un cammino sinuoso s'addentra in remote selve, e raggiunge i sovrastanti sproni del Monte dei Martiri. Ma per quanto la scena appaia così immersa nel terrore, e il fiume lasci cadere i suoi sospiri come foglie sul capo di un fanciullo, tutto sarebbe inutile se la mano del dentista non fosse cucita alla corrente magica che ha davanti.
    Da parte mia detesto tutte queste onorevoli e rispettabili fatiche, afflizioni e tribolazioni di qualsivoglia genere. Mi è già sufficiente dover badare a me stesso, senza preoccuparmi di anestesie, trapani, donzelle, mezze corone o che so io.»

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  5. “Sai Nanni, c’è stato un tempo in cui ero giovane.” Mio nipote mi guarda come se avesse voglia di tornare a consultare le carte dei calciatori, e io penso di aver cominciato molto male a raccontare questa storia che pure gli dovrebbe piacere, vista la sua nuova passione per i gialli e per il finale che ehm non anticipo, ma è di grande attualità per lui. Non mi do per vinta a proseguo mentre mi sporgo dalla pensilina per controllare se arriva l’autobus.
    “Mi aggiravo per Parigi, voi a Parigi non siete ancora stati.”
    “Sì, è in Francia.”
    “Certo, bravo. Dunque era sera a Montmartre e mi ero persa, una coltre scura di buio mi stava avvolgendo e cominciavo ad avere paura.”
    “Eri da sola? Zio Emanuele?”
    “Non lo conoscevo ancora. Da giovane ho viaggiato anche da sola. Così a un certo punto vidi una casa e pensai di entrare, ma commisi un errore.”
    “Perché? Zia, arriva l’autobus!”
    “Bene, dai saliamo. Lì c’è un posto. Vuoi sederti?”
    “Sono solo tre fermate, però mi siedo.”
    “Occhei allora ti ridò lo zaino. Tienilo in braccio tu.”
    “Un errore perché era un postaccio malfamato frequentato da ubriaconi che subito si avventarono su di me per farmi del male, di sicuro tentarono di portarmi via la borsetta.”
    “Avevi tanti soldi?”
    “Un po’. E mi dibattei tantissimo, li sentivo parlare di buttarmi nella Senna, di farmi divorare dai topi.”
    “Quelli delle fogne?”
    “Sì, proprio loro. Nanni, suona il campanello che la prossima è la nostra.”
    “Alla fine… dai vieni che scendiamo. Adesso andiamo fino al semaforo per attraversare. Dicevo, alla fine sento la voce amica del dentista che mi dice che ha finito col lavoro.”
    “Non ho capito, ma non eri a Parigi?”
    “No, era tutto un incubo per l’anestesia del dentista. Pensavo di essere a Parigi invece ero sempre rimasta lì sulla poltrona, anestetizzata.”
    “Ma a Parigi non ci sei andata?”
    “Sì, ma non quella volta lì. Ci sono stata in gita scolastica.”
    “Alle medie?” Quello lì è il portone del dentista.”
    “No, alle superiori. Bene il cancello è aperto, non avevo voglia di cercare i numeri su questi citofoni moderni. Ti ho raccontato questa cosa per dirti che a volte i dentisti fanno delle anestesie molto forti!”
    “Ah, vabbe’ zia, oggi io ho solo un controllo per vedere se mi lavo bene i denti.”

    Sandra

    PS. Il thriller è insostituibile, ci mancherà e mi ha dato tantissimo, oltre a essere stato un fantastico modo per stare insieme. Grazie a te, Michele ed Helgaldo di vero cuore.

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    1. Grazie a te, Sandra.
      Hai visto che bell'idea che hai avuto? *__*

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  6. Sono sempre poco diligente con i compiti e gli esercizi, ma questa è un'occasione speciale :)

    «È quella lì?»
    «Sì, la pazza di Montmartre. Sapessi che circo ha fatto l'altra sera! È scivolata sull'asfalto ghiacciato, sai, in quei vicoli umidi, così bui che non sai mai bene dove metti i piedi. Ha sbattuto la faccia per terra e si è rotta due denti. Per fortuna era proprio davanti a un bar e, mentre il barista chiamava il pronto soccorso, i clienti si sono subito precipitati in suo aiuto. Quella, però, ha cominciato a urlare e scalciare, neanche volessero rapinarla o abusare di lei.»
    «Ma davvero?»
    «Giuro! E quando è arrivata l'ambulanza, i paramedici hanno dovuto legarla alla barella. Era così agitata che le mancava il respiro, allora le hanno messo la maschera per l'ossigeno, ma se l'è strappata gridando che c'erano i topi e che le mordevano le caviglie.»
    «Pazzesco!»
    «Già, ma è niente in confronto alla scenata che ha fatto quando ha visto il conto del dentista.»

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    1. Cara Simona, ma tu che sai scrivere così bene, dove sei stata in tutti questi anni di Thriller! :D

      Grazie per avere raccolto l'invito a partecipare. :)

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    2. Marina, sono malata di pigrizia gravissima!

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    3. Comunque, al thriller sono affezionata da lettrice, i vostri esperimenti sono sempre stati interessanti, divertenti e utili. Dovreste raccoglierli in un manuale.

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    4. Certo. AA.VV, ne avevamo fatto anche la quarta di copertina, ricordi? ;)

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  7. Da infiltrato dell'ultima ora lascio il mio piccolo contributo all'immane impresa che avete compiuto. Come al solito scritto di getto, al volo.
    Un abbraccio grande Marina.


    … E fu così, mia cara signora, che decisi infine di dedicarmi al teatro. Certo la professione di dentista appaga di molto l'anima e rende briosa la tasca. Potere di dare sollievo e gusto nell'infliggere dolore, strapagato per di più. Capirà … sono soddisfazioni. Eppure..
    Gli innumerevoli stordimenti e i racconti successivi all'effetto dell'anestetico hanno smosso in me sentimenti sopiti. Un po' per vezzo un po' per follia ho deciso di seguire il mio destino. Naturalmente ho sposato la famosa ragazza di Montmartre, colei che per ultima ha inferto il colpo di grazia alla mia stanca visione di una vita monotona ricca solo di risciacqui e colluttori, pasta dentale e trapani, scovolini e tartaro. Si badi bene non tartaro della steppa foriero di ben altre imprese e mirabolanti avventure, ma più tristemente tartaro dell'orripilante fauce alitante.
    Aah, mia Musa.
    Insomma, mi dedico al teatro, sono attore, produttore e regista. Libero. Salto, ballo e recito. Ovviamente a braccio. Perché in fondo, cos'è la vita se non un immenso palcoscenico dove tutto è improvvisato e anche il vero recitato? Ora, a lei mia cara Signora e a voi tutti, buon giorno e buonanotte. Non scordate di battere le mani, che la giornata via sia lieta come per me è incominciata.
    “Se queste ombre vi hanno offeso, pensate
    (e cada ogni malinteso)
    di aver soltanto sonnecchiato
    mentre queste visioni vi hanno allietato.
    E questo tema ozioso e futile
    non più di un sogno vi sarà utile.
    Gentili amici, non rimproverate;
    miglioreremo se perdonate...”

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    1. Applausi a scroscio per il nostro attore romantico, visionario, ispirato, che di ozio e futilità ha fatto la sua voce più riuscita.

      Grazie Max, con questa partecipazione mi hai fatto proprio felice. ^__^

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    2. Bel testo davvero!! E finalmente sappiamo che fine fa questo dentista! :)

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    3. Come diciamo a Genova: son fuori come un poggiolo. Comunque grazie. E' stato divertente davvero, scusate per i refusi.
      Vi ho seguiti da lettore, e mi sono divertito. Brava Marina, bravi tutti.

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    4. Il teatro per Max è sempre più fonte di ispirazione!

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  8. Sento...sento...sento che mi sta arrivando un Thriller col botto! Ma sono al lavoro quindi dovete aspettare... :D

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  9. Non sono stato un granché come partecipante, comunque ecco qui il mio saluto. :)

    "Una giovane donna porge una mezza corona al suo dentista, che ha appena finito il lavoro su di lei. Ma quello prende la mascherina del gas anestetico e gliela pone sulla faccia. La donna rovescia gli occhi all'indietro, si addormenta sul sedile e comincia a sognare. Ma il suo è un incubo, perché sogna di venire divorata da degli orrendi roditori, grossi e schifosi. In preda al terrore, cerca allora scampo gettandosi nella Senna, sperando che quegli esseri non la seguano. Boccheggiando per non affogare, chiede disperatamente aiuto: qualcuno prontamente la soccorre, tirandola fuori dall'acqua. La giovane pensa di essere finalmente in salvo, ma si deve subito ricredere: a salvarla sono stati dei brutti ceffi, forse dei maniaci, che subito la legano con delle corde. Forse vogliono rapinarla o forse vogliono abusare di lei, e la trascinano a forza in un sordido bar frequentato da ubriachi. Ma la giovane inizia a divincolarsi, si libera delle corde e riesce a fuggire. All'esterno di quell'orribile posto, si mette a costeggiare i vicoli malfamati sperando di ritrovare la via di casa. Tutto intorno a lei è buio, ma alla fine emerge nelle luci del quartiere di Montmartre. Finalmente è in salvo.
    La giovane si sente sollevata. Ferma una signora, una parigina, e le racconta quanto le è capitato. La donna annuisce, poi le dice in francese: “Ancora una volta.” La giovane, a occhi sbarrati, non può che obbedirle, per cui si rimette in cammino e torna ad addentrarsi nei vicoli malfamati di Montmartre, diretta verso quel sordido bar e l'inevitabile incontro coi suoi assalitori, i topi e la Senna.
    Nel frattempo la donna parigina, Marine Garnier, ride spassionatamente..."

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    1. Bello Marco, la versione granchio: quella che va indietro. Mi piace.
      Marine Garnier se la spassa alla grande! :D
      Grazie per il saluto! :)

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  10. Marina si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio. La donna cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa. Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da blogger ubriachi. I blogger si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne. Marina urla di terrore, i maniaci la legano, la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna sprofonda nell’acqua, comincia a dondolare. Si sente soffocare. Una mano la scuote, si sveglia, finalmente la voce amica di Michele: «Tutto fatto signora. Un altro mezzo thriller, prego!»

    Helgaldo

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    1. Mon cheri Hitchcock/Helgaldo, fedele fino all'ultimo al suo testo! Certo, mi hai dato in pasto a tutti sti blogger ubriachi e Michele, poverino, che compito ingrato!
      Ci siamo divertiti tanto insieme! :)

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  11. È splendida questa battuta finale del Thriller. Non so ancora quando potrò partecipare, ma cercherò di non mancare. :-)

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    1. Tu, Iara, NON PUOI mancare. La festa dura fino a esaurimento scorte...

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  12. eccomi, non potevo non salutare il thriller.
    La mia versione in chiave cinematografica.

    Ciak si gira a Montmartre

    “Una giovane donna si trova sperduta nel quartiere parigino di Montmartre, intorno a lei una scura coltre di buio.

    La giovane cammina fra i vicoli costeggiando un lungo muro, ha paura, entra finalmente in una casa.

    Sale le scale, comincia a intravedere una luce, si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi.


    “Stoooop!!!” la voce del regista invade il set “Amelie, sembri uno stoccafisso! Devi camminare rasente i muri,
    il tuo volto deve esprimere tutto il terrore che quella situazione ti crea!”


    Il registra vorrebbe sbattere la testa contro il muro, ma perché ha dovuto accettare quell’attricetta da quattro soldi?
    Solo perché va a letto con il produttore del film?
    Si avvicina e cerca di farle capire la scena usando la dolcezza.
    "Allora tesoro, adesso tu vedi una luce, entri per chiedere aiuto e ti ritrovi all'interno di un bar laido pieno di uomini ubriachi che si avventano su di te.
    sei terrorizzata, capito?"
    Lei annuisce e riprendono a girare.
    "ciak, si riprende"

    La donna sale le scale, entra e si trova nel mezzo di un bar frequentato da uomini ubriachi.
    Gli uomini si avventano su di lei: la vogliono rapinare, forse abusarne.

    Lei urla con tutto il fiato che ha in gola. Le esce una voce stridula.

    Il regista si mette le mani nei capelli, ma poi quando finalmente la buttano in acqua sogghigna, quegli animali sono fantastici, dovrebbe lasciarla mangiare dai topi,
    finalmente si potrà liberare di lei.

    Si sente scuotere, si sveglia.
    «Tutto fatto signore. Mezza corona, prego!»
    Lo guarda è il suo dentista, nonché amico del produttore.
    Accidenti aveva sognato tutto, allora Amelie è ancora viva e gli toccherà davvero prenderla per la parte nel film!





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    1. Bellissima la tua versione cinematografica, Giulia. In effetti, potevamo farlo recitare, questo Thriller! :D
      Gli effetti speciali già li avevamo...

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    2. Grazie Marina, ieri ero ispirata 😊

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  13. Risposte
    1. No, caro Giuseppe, se vuoi sei in tempissimo. Questa festa è senza scadenza, anzi sarebbe proprio bello se anche tu volessi cimentarti. ;)

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  14. Signori, sta per arrivare la versione strepitosa di Darius Tred!
    Mi ha mandato una mail privata e io pubblico sopra.
    Ciao Darius!

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    1. Ho visto... quel matto del Darius 😊 Immagine con didascalia

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    2. Dopo tanti thriller e tante, tantissime parole, ho trovato pittoresco concludere con un'immagine. Il caso ha voluto che mi passasse davanti agli occhi mentre vagavo su Facebook qualche giorno fa.
      Mi è sembrata particolarmente azzeccata... ;-)

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    3. Direi perfetta, sembra proprio la copertina di un nostro ipotetico libro thrilleristico. :)

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  15. Le idee sono un vortice di pensieri gelidi che intirizziscono le dita. Scavare nell' anima, raggiungere l'emozione, quella nascosta tra aggettivi, avverbi, (rag)giri comodi di parole, è un'impresa durissima.

    Mi affaccio alla finestra: “Il tramonto tinge di viola la grande piramide, e ai suoi piedi L'imperatore si concede una pisciata fumante contro un cassonetto...” Sorrido. Mi ritorna alla mente la scura coltre di buio del quartiere parigino. Sospiro. Ricordo cosa ho sentito la prima volta. Avevo tanta voglia di provarci, ma non potevo sapere il vero significato di quell'esercizio che avrebbe diviso il tempo in un prima del thriller paratattico e in un dopo. Siedo davanti al computer: una giovane donna si aggira per i vicoli di Montmartre, costeggia un lungo muro con i sudori freddi e le mani tremanti. Esplora con lo sguardo smarrito la strada che sta percorrendo. Scorge un edificio fiocamente illuminato, entra finalmente in una casa. Sale le scale fin dove portano. Si ritrova in un bar con della gente seduta ai tavoli. Si guarda meglio intorno. Sente uno strano odore. Ubriachi bramosi ridono, indicano, avanzano catturandola. Help! Infuriano. Mani aggrovigliano nodi. Intrappolata acclama contrita, invano. I maniaci la buttano in un fiume, aspettano sulla riva di vederla divorata dai topi. La donna piange. Cos'altro può fare? Avrebbe potuto tenersi a galla ancora per poco e in ogni caso, ci avrebbero pensato quelle bestie affamate. No. Non vuole finire così. Prende un ultimo respiro e scende sott'acqua per annegare in pace. Una sensazione di stordimento le prende la testa. Si sente soffocare. Le manca l'aria. L'aria, come le parole.

    “ Iara, le devi cercare le parole, se non le trovi: non stare zitta. Scrivi, anche se sai che commetterai molti errori, se la storia che avrai riportato sulla carta non sarà niente di speciale. Scrivi, perché la scrittura ha bisogno di persone che ne capiscano l'importanza e soprattutto, di essere amata senza altri scopi. Le parole sono ovunque e servono tutte, anche quelle poco importanti e che non avranno mai un valore letterario. Sono servite a te, per avvicinarti a persone speciali che altrimenti, sarebbero rimaste solo avatar colorati. E allora usale, semplicemente per dire grazie, che ti sei divertita e che senti di aver imparato molto più di quello che avresti creduto.”

    Una mano la scuote, si sveglia, finalmente. E' salva. Chissà perché si aspettava un dentista. L'incubo finisce. Sembra, ma no: C'è ancora un mezzo Corona da leggere! ^_^

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    1. La tua, Iara, è la versione "Gold".
      Bello l'inizio perché ha ricordato anche a me quell'incipit del cassonetto e delle piramidi e straordinaria la fine con il mezzo Corona che ti fa l'occhiolino dalla libreria. :D

      "Le manca l'aria, come le parole"
      Ma a te le parole non mancano mai e sono tutte bellissime. *__*

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  16. Helgaldo, Marina, Michele, Sandra: GRAZIE.
    (Vi ho scritti rigorosamente in ordine alfabetico.) :-P

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    1. Grazie a Helgaldo, che l'ha creato, ma soprattutto grazie a tutti quelli che hanno partecipato: senza di loro non ci sarebbe stato thriller.

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  17. Un'altra versione si aggiunge a quelle sopra: è di Tiziana, degna thrillerista delle ultime puntate. La sua versione è speciale.

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  18. Supero di gran lunga i 4.096 caratteri, quindi ti ho mandato il testo via mail :)

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    1. Ho visto, Barbara, bellissimo. Ora non posso, ma quanto prima riporto il testo in alto. :)

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  19. Mi sono persa il Gran Gala, i fastosi addobbi e le allegre musiche hanno lasciato il posto al ricordo. E allora eccomi con la mia versione free-style che più free non si può. ;)

    Davvero era stato solo un incubo? L’effetto di un’anestesia sbagliata? No, non poteva essere così semplice. Cosa avrebbe detto il lettore? Sarebbe rimasto deluso da quel finale? Avrebbe voluto capire alla fine? Desiderato una soluzione al mistero? Anche queste domande sarebbero rimaste senza una risposta univoca.
    Ma a cosa si riferiscono poi esattamente? Alla storia in sé o all’uso della stessa rivista in 69 temi e innumerevoli relative versioni? Insomma, al settantesima versione scriviamo ancora della giovane donna, ubriachi, topi e dentista o tiriamo fuori tutto e scriviamo del thriller paratattico come esercizio? Non lo so, anche a questa domanda non so rispondere. So che ci sono stati incubi ma anche sogni, risate e pianti, prosa e poesia, fantasia e realtà, luoghi e tempi, fiumi e pozzanghere di parole. E’ che, in fondo, la giovane donna non è mai stata sola perché c’eravate voi (che qualche volta è diventato noi) a condividere la sua esperienza (e le vostre). Quindi, l’unica domanda a cui posso provare a rispondere è quella iniziale “Davvero era stato solo un incubo?” e la risposta è “No”.

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    1. Grazie, Viola, per essere tornata da queste parti. Ho appena aggiornato il post con la tua versione: sembra messa apposta per chiudere definitivamente la parentesi Thriller.
      Incubo o non incubo, è stato un bel divertimento. :)

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