martedì 24 gennaio 2023

Gita a Twin Peaks (per vedere "Avatar - La via dell’acqua")


Mentre scorro la home di Facebook e mi sgomenta il restyling di Madonna... e mi attraversa un brivido quando, in un video, vedo una cariatide con una chitarra su un palco e grido: “Ommioddio, quello è John Taylor!”... mentre, insomma, butto via dieci minuti del mio tempo a cazzeggiare sul social, mi appare un banner che pubblicizza l’arrivo nelle sale cinematografiche del film più atteso dell’anno: il seguito di “Avatar”. Dopo tredici anni riecco la cultura Na’vi, gli Omaticaya, gli umanoidi blu protagonisti del primo episodio e penso che valga la pena tornare al cinema dopo... ma da quanto tempo è che non vado al cinema? 

Le vacanze di Natale passano in un attimo e l’occasione per una serata grande schermo e pop-corn slitta all’anno nuovo. Arriva esattamente giorno 6 gennaio, quando, per onorare la Befana, io, Luana e rispettivi consorti decidiamo di vedere il film insieme. La scelta del cinema è ardua, perché molte sale (quelle più facilmente raggiungibili) hanno la programmazione ferma al 4 gennaio e noi, allo scopo di assecondare il nostro entusiasmo, facciamo una gita nel solo luogo che garantisce posti a sedere e proiezione 3D: l’UCI Cinemas di Parco Leonardo, il più grande multisala d’Italia. 


Parco Leonardo è un quartiere residenziale, che insiste sul comune di  Fiumicino. Lo scopo della progettazione di questa area era stato quello di creare un ambiente che non risentisse delle criticità tipiche di una metropoli: traffico, inquinamento atmosferico, mancanza di parcheggi e di luoghi di aggregazione. Dunque, alla base, c'era l’idea di immaginare una “città nella città”, connessa con il territorio ma del tutto autosufficiente. Infatti Parco Leonardo è dotata di ogni comfort: begli edifici a parte, ha scuole, parchi, presidi medici, mezzi pubblici di comunicazione e, soprattutto, è un complesso pedonale (le auto possono circolare solo perimetralmente). Quando sei lì hai la sensazione di trovarti in un posto fuori dal tempo, con una bellezza del tutto artificiale, come nella finzione di Truman Show: questa atmosfera ai limiti del sovrannaturale mi ha sempre ricordato la cittadina della famosa serie cult diretta da David Lynch negli anni ‘90, così per me, Parco Leonardo è la “Twin Peaks” dell’interland romano.


Il cinema è un edificio enorme, con scale mobili e spazi molto ampi; la sala di Avatar ha poltrone comode, non si schiatta di caldo (soffoco negli ambienti surriscaldati), noi quattro ci siamo scelti una posizione ideale. Inforcati gli occhialini in dotazione per lo spettacolo tridimensionale, hanno inizio le tre ore di film e tutti siamo immersi nella foresta di Pandora, 15 anni dopo gli eventi del primo Avatar. La visione 3D è sempre spettacolare: la tentazione di allungare un braccio e toccare ciò che vedo a un passo da me, ora come allora, è forte. L’ambientazione marittima (la “via dell’acqua” in questo nuovo episodio) è di una bellezza assoluta, un mondo subacqueo davvero sbalorditivo (il pregio principale della pellicola). Con Luana commentiamo i molteplici messaggi insiti nella storia: il culto dell’unità familiare, la missione che un padre ha di proteggere i figli, l’accoglienza in una terra straniera, il ribadito tema ambientalista contro l’arroganza e l’avidità dei colonizzatori, che trova conferma nella stigmatizzazione della caccia alle balene (qui chiamate Tulkun), con un evidente richiamo a Moby Dick. E, a proposito, quella delle citazioni è un’altra ricerca che vede me e Luana impegnate durante la proiezione: vediamo “Pinocchio” nella scena in cui Lo’ak (uno dei figli di Jake Sully) si ritrova nella pancia della balena “reietta”; “Titanic” nelle scene dell’affondamento della baleniera, le usanze dei maori nei tatuaggi e in taluni richiami vocali del popolo del mare (che, rispetto al clan della foresta, ha la pelle verde acquamarina). Il film non è esente da pecche (le riscontro rivisitandolo a mente fredda), ma è bello, mi è comunque piaciuto e poi vuoi mettere il valore aggiunto? la giusta compagnia, che si sarebbe rivelata preziosa all’uscita del cinema, pochi minuti dopo esserci salutati davanti al parcheggio sotterraneo, dove solo io e Luca abbiamo in sosta l’auto. Lì, la nostra Alfa 159, vecchia e ruggente, non ne vuole sapere di accendersi: giace sfiatata e senza impulso vitale in un angolo, non più circondata da altre auto, sola e stanca in una serata che, vista la situazione, promette di farsi molto lunga. 

Che fare, a quell’ora, in un posto lontanissimo e soprattutto in un giorno festivo? Io, per una mano, telefono a Luana, nella speranza che lei e il marito non si siano ancora allontanati da Parco Leonardo (hanno parcheggiato altrove): l’istinto mi fa pensare che la presenza di amici sarebbe risolutiva, ma, forse, più di conforto, visto il disagio. Molto carinamente loro si offrono di raddoppiare i chilometri di percorrenza fino a Grottaferrata (dove abitano), per accompagnarci a Roma, però noi li solleviamo da questo oneroso incomodo e scegliamo di chiamare l’assistenza stradale: lasciare la macchina a Twin Peaks non è una soluzione convincente. Dunque aspettiamo.

Io e Luana impieghiamo il tempo dell’attesa nel modo a noi più congeniale: i neon sbiaditi del parcheggio diventano luci soffuse e le aree di sosta angoli confortevoli di un bistrot, dove io e lei, davanti (stavolta) a un tè immaginario ci perdiamo in una magnifica conversazione. Quel momento così immersivo ci fa dimenticare dove siamo e perché siamo lì, appoggiate, invece, a due auto, chiuse nei nostri cappotti, con le mani ficcate nelle tasche per il freddo. Parliamo parliamo e, a un tratto, il rombo dell’accensione dell’Alfa ci riporta dentro la realtà del parcheggio: l’incaricato del soccorso stradale, sopraggiunto nel frattempo, con facilità risolve il problema (per fortuna niente di serio). 

Così, la gita a Twin Peaks del 6 gennaio si chiude con un bel film, un'appagante chiacchierata e un neo di fine corsa. Qualcuno direbbe "Tutto è bene quel che finisce bene", io dico: è già tanto che dentro il portabagagli non abbiamo trovato Laura Palmer con cappello e ramazza da befana!







12 commenti:

  1. Ma... ti sei portata a casa anche la locandina dal cinema?! Nella foto intendo :D
    Pensare che nel giugno 2015 ero alla Fiera di Roma, accompagnavo mia sorella in concorso nazionale, ed era pieno deserto, una grazia trovare un cavolo di bar e un bagno. A saperlo che lì vicino c'era sto Parco Leonardo, facevo quattro passi! Qualche foto di Twin Peaks da portare a casa, vuoi mettere?!
    Non ho ancora visto Avatar... in effetti sono secoli che non vado al cinema nemmeno io, anch'io soffro di caldo in quei luoghi, finisco in maglietta maniche corte se va bene. :P

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    1. No, quella l'hanno portata a casa i miei figli che sono andati a vederlo proprio il giorno in cui è uscito. Sì, se allungavi un attimo il passo, Twin Peaks era proprio dietro l'angolo. Magari la prossima volta, ora che lo sai! :P

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  2. Questa deliziosa sorpresa mi riporta a quel pomeriggio, che non si sa come, diventa sempre una cosa diversa quando ne condividiamo i tempi. Si esce per un cinema, non possiamo perderci Avatar2, diamine, si concorda, assieme ai poco convinti consorti che solo a cercare parcheggio demoliscono ogni entusiasmo. Ma ci siamo noi, inossidabili, a cogliere come hai ben raccontato ogni dettaglio del film.
    Di questa produzione mi rimarrà impressa proprio la grande sequenza del mare, un'ambientazione che anche tu hai apprezzato, come leggo e come ricordavo. Quando vedo uno di questi film è inevitabile per me pensare a tutto il lavoro di esperti dietro, tutto il talento, le migliaia di ore dinanzi a software sofisticati, i visual effects supervisor (ne parlai in quella bella intervista a Camilla Guerrina), ma ancora dietro ai disegnatori, a primi bozzetti, a tutto l'immane progetto orientato a rendere immersiva l'esperienza dello spettatore.
    Se poi dietro c'è una bella storia, ancora meglio. Ho trovato deboli i momenti in stile videogame, quelle tute mimetiche viste e riviste in tante finzioni di gioco, che è stato un evidente strizzare l'occhio a un pubblico di giovani, un target dai 12 ai 30 anni che si è visto dinanzi uno scenario noto, familiare. Così come la motivazione del perché si desse la caccia ai Tulkun, quel riferimento banalissimo alla vita eterna. La sceneggiatura si perde in queste sciocchezze, ma di fatto si riscatta in tutto il resto. Ho trovato potente proprio quella saldezza familiare dei protagonisti, la figura del padre, del figlio obbediente e di quello ribelle, delle due femmine così volitive. La madre/guerriera a difesa del suo perimetro. L'altro popolo, così somigliante ai Maori. Una nota profonda, poetica, in cui si raccontano i grandi temi dell'attualità ma sotto forma di fiaba moderna. Bella esperienza!
    E il dopo, sì, nel parcheggio Luz e Marina che non si perdono nell'attesa, perché c'è sempre tanto da condividere. :)

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    1. Tu hai notato cose giuste, aggiungile alle mie osservazioni: io ho pensato alla trama in sé, a quanto molte cose venissero soltanto usate da pretesto per mostrare altro: per esempio, l'atto di bullismo nei confronti del fratello più scapestrato, una scusa per fargli incontrare il tolkun reietto, però una cattiveria del genere (il ragazzo sarebbe morto) meritava conseguenze diverse da quella sorta di "pacca sulle spalle" modello "e va beh, dai, cose che capitano!". E poi lei, la mamma, Neytiri, grande guerriera, ma tu l'hai vista, a parte le scene finali? Meritava più spazio, per me. Comunque, nel film si apprezzava sicuramente altro dalla storia, davvero esiste un lavoro dietri le quinte pazzesco e molto affascinante, come immaginare attori veri dietro quei personaggi ricreati al computer.
      Al prossimo film, cara amica, magari ci scegliamo un film più a portata di mariti e una meta più vicina. :)

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  3. Ci vado ogni tanto a Parco Leonardo, mia moglie ha un fetish per i centri commerciali.
    Oltre al cinema multisala c'è pure una sala giochi con bowling e altre amenità, talvolta io e mia figlia ne approfittiamo. Anche del cinema, ovvio, ma ultimamente quasi niente.
    E comunque il paragone con Twin Peaks è intrigante, ma a Parco Leonardo io mi sento al sicuro, non mi aspetto di veder comparire spiriti che mi spingano a uccidere mia figlia :-D

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    1. Ahah, per me "Twin Peaks" è diventata una categoria ben precisa di ambienti e luoghi. Conosco diversi "Twin Peaks" e hanno tutti queste caratteristiche: o sono strani o sono stranianti. Però è vero che a Parco Leonardo ti senti in una città a parte, lontano dal caos di Roma, solo che a me viene veramente lontano da casa: devo avere (come in questo caso) proprio qualcosa di preciso da fare lì per raggiungerlo.

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  4. C'è comunque un UCI Parco Leonardo pre covid, ed un altro malinconicamente post. Lo consideravo decisamente il miglior cinema di Roma: comodo, moderno, sale pazzesche, schermi meravigliosi, acustica e visioni degni dell'attributo "cinema". Dovevo spesso discutere con gli amici che preferivano altri multisala meno lontani - ad esempio l'Eurcine - che avevano trasformato in sale anche gli ex sgabuzzini delle scope, pur di adeguarsi all'andazzo e fare soldi in ogni modo e maniera. Quindi ogni tanto prendevo mia moglie e via a Parco Leonardo, che anche lei trovava algido e asettico.. io ci avrei abitato.. il trenino ti portava a Roma in un baleno, e questa cosa del super cinema sotto casa, centro commerciale e ristoranti a gogo' mi intrigava .. ora l'UCI è davvero malinconico, già solo la rutilante biglietteria che ora sembra un mostro in letargo,, spazi enormi con ancora pochissima gente a rischiarsela.. anche noi purtroppo cinema col contagocce, mai nel weekend, e sempre in mascherina e cercando posti isolati.. c'è decisamente un'altra atmosfera, che spero si risolva, anche per il cinema stesso, schiacciato dallo streaming televisivo, del quale, lo ammetto, facciamo uso smodato.. oltretutto odio che mi si spezzi il film in due.. al Warner Village addirittura dieci minuti di pausa.. maddai!! ;) Insomma, mi vedo Il mostro dei mari su Netflix, un cartoon travolgente disegnato da un transfuga da Disney, e mi rendo conto che lo amo ancora il cinema, anche sotto il plaid e con appena 45 pollici a trattenere l'ocenao in burrasca..

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    1. C'era una parte del post (poi eliminato per non allungare il brodo) in cui mi soffermavo proprio sulle caratteristiche del cinema, che mi aspettavo diverso. Dicevo proprio quello che tu rilevi: ci sono spazi all'interno enormi e poco sfruttati o sfruttati male; un po' di squallore imperante, anche nei colori non so smortini. Sì, molto malinconico!
      La prima volta che andai a Parco Leonardo, mio fratello abitava là: l'appartamento molto carino, nuovissimo, confortevole; poi ricordo una passeggiata nel primo pomeriggio: nessuno in giro, se parlavi ad alta voce si sentiva il rimbombo, allora ho capito che per quanto bello e moderno quel quartiere non faceva per me. Adesso è molto lontano da raggiungere rispetto a dove abito io, anche solo per passare qualche ora di svago.
      Il cinema, invece, era una mia passione in gioventù, poi sfumata nel tempo vuoi per mancanza di opportunità (quando avevo i figli piccoli era un'impresa), vuoi per mancanza di offerta: i film in programmazione mi conquistano sempre meno, mi sono stancata dei colossal della Marvel con tutti i supereroi sviscerati fino alla quinta essenza! :D Poi dalla pandemia in poi ci siamo buttati anche noi sullo streaming tv ... e crepi l'avarizia! :P

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  5. In effetti anch’io non vado al cinema da un bel po’. le mie amiche non amano troppo le multisala (Bologna ne ha due, una è nella mia zona ed è molto carina, l’altra è dalla parte opposta della città in una zona industriale in cui regolarmente mi perdo) una volta c’erano i cinema del centro ora ormai in piena crisi, era bello andare al cinema e poi fare una passeggiata in centro...
    Comunque ho visto il primo Avatar e ricordo che mi era piaciuto, il secondo non so se avrò occasione di vederlo, se riesco ad andarci con il mio compagno bene, altrimenti vederlo in tv non credo sia lo stesso...

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    1. Figurati, io ho conosciuto i cinema multisala solo qui a Roma. A Caltanissetta avevamo tre cinema, anche questi tutti al centro. Uno, in particolare, era il nostro preferito: il Cinema Teatro Bauffremont. Ogni domenica eravamo lì, a vedere un film. Come sono cambiati i tempi! Qui, invece, a Roma ne ho due vicino casa, certo non mi faccio 40 Km per andare a Parco Leonardo, ma è ugualmente raro ormai andare al vedere un buona pellicola.

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