giovedì 27 aprile 2017

Repetita iuvant: 10 regole di scrittura (col sorriso di Beppe Severgnini)


Qualche giorno fa stavo cercando conforto in rete per un articolo che ho scritto sulla "buona scrittura", che avrei dovuto
mandare in onda martedì scorso e che invece ho rinviato a nuova data per noia sopraggiunta.

Clicca qui clicca là, ho scovato un articolo di Beppe Severgnini, su corriere.it, in risposta alla lettera di una fedele lettrice che chiedeva al giornalista di ripubblicare le regole per scrivere bene (già elencate, in occasione degli esami di maturità,  in un articolo della rivista Io Donna del 2000.)

Avendole trovate divertenti, le piazzo anche nel mio blog (magari tornano utili):

1) Avere qualcosa da dire
2) Dirlo
3) Dirlo brevemente
4) Non ridirlo
5) Dirlo chiaro
6) Dirlo subito
7) Dirlo in modo interessante
8) L'aggettivo è radioattivo
9) Metafore: occhio alla muffa
10) Citazioni: poche ma buone

Spiegazioni:

1) C'è chi comincia a scrivere; e decide strada facendo cosa dirà. Da evitare. Prima di partire, è bene sapere dove si vuole arrivare. 

2) Se avete deciso che indendete dire A, non scrivete B perché suona bene. 

3) Non c'è bisogno di essere telegrafici. Basta essere asciutti. Pensate ai dieci comandamenti: solo quarantanove parole. 

4) Il lettore non è stupido. Se ripetete, si scoccia.
5) Periodi brevi, poche secondarie, mai più di un "che" in un periodo. Dopo aver scritto, tagliate. Scrivere è come scolpire: bisogna levare. 

6) E' bene far capire qual è l'argomento (e il vostro punto di vista). 

7) Il lettore vi può mollare in qualsiasi momento. Trattenetelo. Logica, fantasia, intuizione, sorpresa, umorismo: tutto serve. L'unica colpa imperdonabile, per chi scrive, è la noia. 

8) Un aggettivo in una frase è potente. Due sono interessanti. Tre si annullano. Quattro annoiano. Cinque uccidono (l'articolo, il tema e l'attenzione del lettore).

9) Non si può scrivere "Ci sentivamo precari come foglie d'autunno". Le foglie hanno smesso di cadere dopo Prevert e Ungaretti. Occorre inventarsi qualcos'altro. L'unica metafora buona è la metafora nuova ("Ci sentivamo precari come supplenti e sottosegretari"). 

10) Diceva Ralph Waldo Emerson: "I hate quotations. Tell me what you know" (Odio le citazioni. Dimmi quello che sai). E' una citazione: ma rende l'idea.

****


E visto che le regole servono, ma serve anche tanto allenamento, vi invito a partecipare all'annuale gara proposta da Michele Scarparo, nel suo blog Scrivere per caso: dopo quella di incipit e di explicit, adesso siamo chiamati a inviare in anonimato un dialogo. 
Mi raccomando, correte a leggere le regole per partecipare.
Siamo scrittori, no? E dunque, mettiamoci alla prova.
Non si finisce mai di sperimentare e di imparare e se esistono le buone occasioni per fare sia questo sia quello approfittarne è sempre la regola madre.

50 commenti:

  1. Non le conoscevo! Belle e utili, penso le utilizzerò anche a scuola nel (vano) tentativo di insegnare a scrivere un tema

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    1. Anch'io le sottoporrò ai miei figli, anche se non ancora in odore di esami di maturità. Se cominciano a farci l'abitudine fin da adesso, magari... 😄

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  2. Beh, sono ottime regole per Severgnini.
    Ma io non sono Severgnini :-D

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    1. C'è un po' tutta la fila centrale:
      4) Non ridirlo - e se invece va ribadito?
      5) Dirlo chiaro - a volte bisogna girarci intorno e arrivarci tramite indizi
      6) Dirlo subito - e la suspence?
      8) L'aggettivo è radioattivo - e chi lo ha stabilito?

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    2. Penso che le regole siano guide generali, poi vanno interpretate a seconda dei casi: ribadire può essere utile, ma se fosse ridondante? (credo che la regola individui questo).
      Anche l'uso smodato dell'aggettivo non vuol dire negarlo in assoluto, credo significhi evitare di dire, chessò, "aveva la carnagione bianca e diafana", cioè usare due attributi che qualificano alla stessa maniera un oggetto, una persona: era timida e riservata.
      Boh, poi sto ragionando con te, in questo momento, eh.

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    3. Su quanto siano migliori i brani privi o almeno molto parchi con gli aggettivi lascio decidere a voi: ce ne sono diversi nel piccolo esercizio di stile che facemmo a suo tempo. L'idea comunque non è di Severgnini: c'era un famoso autore americano che diceva di evitarli. Autore il cui nome mi sfugge e che non riesco a ripescare, nemmeno da Google. Uno dalle parti di Melville, mi pare, non un contemporaneo. :)

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    4. Sì, beh, l'eccesso di aggettivazione è un errore, però la formulazione che viene fatta da Severgnini mi sembra troppo drastica.
      Comunque resto dell'idea che le regole di scrittura dobbiamo darcele in base a ciò che ci piacerebbe leggere. D'altronde, io non saprei scrivere seguendo una metodologia nella quale non mi riconosco.

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  3. Mi son detto:"Parbleu, non rispetto molte di queste regole!" (in realta ho utilizzato un intercalare tipicamente genovese 😄).
    Giusto ricordare certe cose.
    Giusto trasgredire.
    Giusto trasgredire ma è importante sapere cosa e perché, altrimenti non è trasgressione ma esercizio inutile della facoltà di parola.
    Insomma, nemmeno io ho ben capito cosa ho scritto 😄

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    1. Giusto anche dire ciò che si vuole pur senza capirsi.😋
      Ma io ti ho capito, credo! 😄

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    2. Tu mi capisci sempre.
      Il post che hai pubblicato è simpatico, dice molto senza essere pesante. Le regole sono importanti, non solo per coloro che amano seguirle pedissequamente, come a cercare una corazza, una sorta di protezione, ma anche e sopratutto pe chi devia. Si cercano scorciatoie se si conosce bene la strada maestra.
      Mi riallaccio al commento di Antonella, quello in merito all'insegnamento, c'è un video simpaticissimo che potrebbe aiutare a capire a cosa servono le parole, il linguaggio, le regole sintattiche e la padronanza di esse, in qualche modo parla di libertà (ma io son matto e sicuramente ho male interpretato).Mi permetto di proporlo: https://youtu.be/82crgIAdnXw

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    3. Hai fatto benissimo, ma il motore di ricerca non mi trova il link!
      Ora riprovo...

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  4. Più di qualcuna ricade in quei piccoli esercizi su cui ci siamo accapigliati quest'inverno. È consolante :)
    Ammetto che non sono bravo abbastanza per pensare di trasgredirle. Come dice un mio insegnante, che di scrittura di storie ne sa a pacchi: "perché fare tutto in modo difficile quando possiamo ottenere in modo facile ciò che vogliamo?"

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    1. Ecco, il problema è anche ottenere in modo facile le cose che vogliamo. Io ho difficoltà pure lì.
      Quando ho letto la prima regola ho detto: toh, Michele Scarparo! 😀

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  5. Mi sembrano le regole per un buon giornalismo, ma non per scrittori. Già la prima spiegazione non mi vede d'accordo.

    Helgaldo

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    1. Sono tutto sommato ragionevoli è sempre le stesse: asciugare, tagliare, lontani dai cliche, aggettivi pochi ma buoni, le solite raccomandazioni, insomma.

      @Michele
      Io questa idea di controllo me la sogno ogni notte, spaventosa come l'uomo nero. 😆

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    2. L'idea di controllo siamo noi e le verità in cui crediamo. Non per niente gli incubi più spaventosi vengono proprio dal nostro subconscio ;)

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    3. Se associamo scrittura e incubo, dunque, vengono fuori gli stessi elementi: entrambi raccontano il nostro subconscio. Nella scrittura, però, occorre fare un passo in più: rendere il subconscio interessante per non farsi gridare dietro dal lettore "e chi se ne frega".

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  6. Salverei solo la 1 e la 7.

    Per le altre è tutto molto ma molto relativo.
    Dipende da come si vuole costruire l'intreccio, soprattutto se si vuole tenere alto l'interesse.
    A volte non conviene "dirlo subito", non conviene neanche "dirlo chiaro".
    Addirittura a volte non conviene nemmeno "dirlo".

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    1. Come si capisce se una storia annoia oppure no? È l'azione che tiene alto l'interesse? L'argomento? Anche quello può essere relativo se si tiene conto di gusti e preferenze.
      Per me le regole sono valide per chi riconosce nella propria scrittura alcuni limiti da correggere; è come un sentirseli un po' addosso quando qualcosa non ti convince: io, per esempio, agirei sui tagli necessari, nella mia scrittura, ma ragionerei meno suo periodi brevi.
      Come dire: le regole sono per tutti, poi ti scegli quelle che ti calzano meglio.

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  7. Ho avuto la stessa identica impressione di Helgado, ovvero che siano le regole del buon giornalista ma che non sempre siano adatte alla scrittura di un romanzo. Con tutto questo, stimo molto Severgnini, che fa della concisione la sua cifra.

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    1. Severgnini è molto arguto e ha ironia da vendere: le sue regole hanno un po' la forma dei 10 comandamenti o lo vedo solo io (tra l'altro, lui li cita pure)?

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  8. Boh, a me paiono gli ingredienti per una ricetta da non professionisti... lo chef fa la differenza, anche se trasgredisce.
    Troppo generiche queste regolette!

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    1. Il decalogo è volutamente telegrafico, modello "regola" : fare, non fare... Però le spiegazioni dicono più o meno le cose che un aspirante scrittore sente spesso dire: io ci ho visto un modo simpatico di consigliare a chi scrive di non cadere nei soliti errori. Se poi pensi che queste regole erano dirette ai maturandi di una scuola superiore, credo non sia così banale che venga loro dato qualche suggerimento valido su come comportarsi con una penna in mano durante la prova scritta d'esame. :)

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    2. Sì, ho capito il contesto "scolastico", però ci vedo un intento verso l'uniformare, cosa che secondo me è l'opposto da inseguire nella "buona scrittura" :P
      Poi per carità, la leggerezza va sempre bene!
      Ad esempio, la questione dell'uso dell'aggettivazione... se si vuole ottenere un certo effetto si può abbondare eccome! Non è meglio una critica ad uno stile personale ma non maturo o pulitissimo, piuttosto che uno stile (esagerooooo!) prefabbricato, uniformato?
      Dalla mia posizione marginalissima nel contesto "Scrittura", direi che un aspirante scrittore deve leggere moltissimo, soprattutto autori che propongono stili lontani anni luce dal suo proprio, la "voce naturale" di cui si discorreva qui da te poco tempo fa.
      Ti mando un abbraccio quale ricompensa del sopportarmi ahahahahah!
      Buona serata ^^

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  9. Concordo con Helgaldo...io penso di peccare con diverse regole. A proposito di dialoghi, ho inviato il mio contributo a Michele, ma sai che ho fatto fatica a trovare un dialogo di più di tre righe nei libri che ho letto, è stata quasi un'impresa ardua.

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    1. Io sono ancora in fase di ricerca di dialoghi che anche da soli possano trasmettere qualcosa. Non ne trovo.

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  10. A me sembrano delle buone regole, almeno come base di partenza. E credo sia potenzialmente un errore snobbarle. Non sempre (e mi ci metto anch'io nel numero) ci accorgiamo che stiamo scrivendo senza avere nulla raccontare, che siamo ridondanti, noiosi, autoreferenziali etc etc.
    Forse iniziando a rispettare queste regolette potremmo permetterci poi, in un secondo momento, di infrangerle. O, almeno, così vale per me. ;)

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    1. Sono d'accordo. Sono dei punti di partenza: perché non provare a seguirli? Spesso ho come l'impressione che camminare su strade suggerite da altri sia un oltraggio, come se a priori il concetto di "regola" in sé abbia qualcosa di sbagliato. Non sono categorica e prendo il buono che posso trarre per migliorarmi da chi sicura,ente scrive meglio di me. :)

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  11. Simpaticissime le regole scritte così: nette, decise, semplici.
    Le leggi e sorridi. C'è dell'ironia nella sua scrittura e Severgnini ci sollazza anche nell'elencarci le sue regole. Le regole che lui reputa necessarie nel suo lavoro.
    Io quando leggo un romanzo devo stare sul filo del rasoio, voglio sapere cosa c'è dopo, voglio scoprire, magari presumere ma vado avanti per vedere se ho indovinato, voglio essere tirata all'amo.
    Se invece tratta di un argomento, è altra cosa. Deve essere chiaro e semplice, non certo barboso, se poi ci si mette anche l'ironia non guasta affatto.
    Marina sei un mito, guarda te cosa mi fai scrivere. Questo è ciò che preferisco in un libro, in un articolo.
    Poi tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e con questa citazione mi faccio bocciare da Severgnini. ;)

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    1. Si ricordano più facilmente, anche se ormai ogni bravo scrittore ha nel proprio DNA alcune di queste regole e non si sforza nemmeno di seguirle tanto sono ovvie.
      Fra di noi, bloggerini con delle velleità, invece, possiamo allargarci con cliché, frasi fatte e modi di dire. Ammettiamolo (almeno qua), rendono bene l'idea! 😉 Dunque, fatti pure bocciare da Severgnini, io ti promuovo a pieni voti! 🤗

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    2. Ahahahah, grazie cara, l'importante è divertirsi e non smettere mai di leggere e imparare.

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    3. Cosa sempre buona e giusta! 😉

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  12. Le regole ... è importante conoscerle poi si possono infrangere consapevolmente. Il punto 6 però dovrò seguirlo meglio.

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    1. Ciao Marco, a furia di sentirne parlare e di praticarle alcune regole diventano poi prassi ordinaria: a me, per esempio, adesso non viene più spontaneo abusare con aggettivi e avverbi, perché ho capito il senso della regola e la trovo giusta.
      Fare capire l'argomento non significa dire subito : parlerò di una storia d'amicizia finita male, ma mostrare fin dall'inizio l'intento di quella storia; non è uno svelare la trama, ma un dare al lettore la sensazione di essere sicuri di ciò che si vuole dire scrivendo.
      Non è facile e nemmeno tanto scontato.

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  13. Adoro Severgnini da quando compravo i suoi libri in cui si descrive italiano in giro per il mondo. Direi che nella loro estrema semplicità queste regole sono quelle fondamentali per scrivere bene.
    In particolare, l'aspetto di evitare l'eccessiva aggettivazione. Forse è un difetto tipicamente femminile. Leggendo mie vecchie cose, so che eliminerei i due terzi di tutti gli aggettivi che ero abituata a usare. Sentiamo la necessità di descrivere tutti nei minimi dettagli, quando oggi più che mai la scrittura richiede essenzialità.

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    1. E anche la capacità di raccontare le cose senza "facili ausili": ricorrere all'aggettivo è giusto quando serve, ma se è solo una scorciatoia per evitare di "mostrare" qualcosa, forse la regola, quella regola, ha un senso.
      Sapessi, invece, nei miei scritti passati, quanti e quanti e quanti avverbi ho scovato, senza essermene mai accorta!

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  14. Regole semplicissime ma utili. Bella anche la citazione di R. W. Emerson: è un filosofo americano che mi ispira molto.

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    1. "Dimmi quello che sai", non dirlo con una voce non tua. Mi pare giustissimo.

      Intanto ben tornato, Giuseppe, dalla tua esperienza alla fiera del libro di Milano. Ci racconterai com'è andata, vero?

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    2. Certo, certo. Sto appunto scrivendo un articolo.

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  15. Al di là che Severgnini mi sta simpatico a targhe alterne, anche secondo me sono regole più giornalistiche che narrative. Sul "Dirlo subito" per esempio ci sarebbe parecchio da disquisire: se diciamo subito chi è l'assassino inutile scriverlo il libro, per esempio. Che ci siano delle regole per scrivere bene si, ma al momento ho più in mente le regole di Stephen King, non così essenziali, difficile farne un solo decalogo, però quelle le sento più vere.

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    1. Di King mi sto facendo scorpacciate, grazie a voi che ne parlate nei blog: hai detto bene da Nadia, ognuno ritaglia e condivide del libro parti diverse, così chi legge allarga la visione. 😉
      Severgnini è un giornalista ed è anche un bravo saggista: alle sue regole, però, credo si possa dare un'interpretazione estensiva, se si va oltre le righe.

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  16. Bellissimo questo decalogo di Sevrgnigni. Ma un vero scrittore può decidere quali di queste regole infrangere o aggirare. Magari tutte. Ecco perché mi è piaciuto questo decalogo: eccoti 10 regole, prova a rispettarle, o magari no, e vediamo cosa ottieni. Perché l'unica regola per me è: sorprendi te stesso e chi ti legge (e divertiti facendolo).

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    1. Mi sembra un'ottima deduzione: non saranno sorprendenti le regole, ma se possono servire a sorprendere... 😁

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  17. Mi piacciono queste "regole" espresse con umorismo. Hanno tutte un buon fondo di verità, senza essere scontate. :)

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    1. Facilmente adattabili a ogni tipo di scrittura, giornalistica, saggistica o creativa che sia.

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  18. La 1 mi fa pensare a una progettazione maniacale, ma forse sono io fissata. In generale, sono d'accordo solo in parte. è vero che è importante capire dove si voglia arrivare, ma è anche vero che spesso le idee si chiariscono strada facendo. Questo mi capita soprattutto con il romanzo in stesura: non sai (anzi, sì: lo sai) quante volte abbia cambiato idea strada facendo. Questo è anche legato al tempo trascorso dalla nascita del progetto. Sono cresciuta, ed è inevitabile che situazioni un tempo perfette ora appaiano quanto mai banali. Con i post, la cosa avviene meno di frequente, ma in generale sono una che improvvisa molto. Fa parte del mio carattere, non riuscirei a impormi una scaletta troppo rigida: quando ci ho provato, è stato un disastro.

    Sulle altre regole, invece, nulla da dire. :-)

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    1. Anche per me la pianificazione è importante nel senso che so da dove cominciare e più o meno immagino dove voglio finire. Più o meno, appunto, perché il percorso per arrivarci sfugge a tutte le regole del controllo e spesso mi porta a fare delle belle scoperte.
      Zero scalette anche per i post: per quelli parto da un'idea, un'ispirazione, poi l'articolo cammina per i fatti suoi. 😊

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