Come promesso, ecco i nomi degli autori dei brani postati martedì scorso a sostegno della mia riflessione. Trattasi di:
1) Non aspettare la notte di Valentina D'Urbano
1) Non aspettare la notte di Valentina D'Urbano
2) Cleopatra va in prigione di Claudia Durastanti
3) Niente è come te di Sara Rattaro
4) Favole del morire di Giulio Mozzi
5) La strage dei congiuntivi di Massimo Roscia
6) Chirù di Michela Murgia
Breve considerazione:
La maggior parte dei commenti ha speso più parole per tre dei brani proposti, guarda caso gli ultimi: sono quelli che hanno raccolto più critiche o più consensi, quelli che, nel bene o nel male, hanno attirato di più l'attenzione.
A dimostrazione che la loro "voce" è arrivata, in qualunque modo, ma è arrivata, vuoi perché fastidiosa, stridente, contorta, ostentata, irricevibile, insignificante, poco credibile, vuoi perché di felice impatto emotivo, efficace, interessante, comunque "visibile".
Non lo so se è solo un caso, ma i primi tre libri sono stati scritti da brave esordienti, venute fuori dall'anonimato, che hanno ottenuto il pieno riconoscimento del pubblico, dunque hanno fatto il "salto" che noi ci augureremmo per le nostre opere.
Ciò che noto, in generale, scendendo al livello inferiore degli aspiranti scrittori è, quasi, un paradosso.
Ci sono io, da una parte, con un obiettivo: riuscire a scrivere in un certo modo (che per me significa avere quel tipo di voce.)
Scrivere in un certo modo richiede consapevolezza, autocritica, pazienza, soprattutto tempo. E io credo nel mio obiettivo proprio quando tempo ne ho di meno, perché una cosa è mettersi su questa lunga strada a trent'anni, una cosa alle soglie dei cinquanta.
Ci sono i giovani, dall'altra, che hanno ancora il fuoco dentro e una passione che chiede solo di esplodere senza una direzione ragionata: hanno tutto il tempo per imparare a fare bene le cose, invece scelgono obiettivi facili: il loro traguardo è scrivere un libro, il come scriverlo un optional. L'importante è pubblicarlo e farlo al più presto.
Come dire, e mi perdonerete il detto: chi ha il pane non ha i denti.
Ieri ho letto il post ma non ho fatto in tempo a commentarlo, quindi ti scrivo qui quello che penso. In generale l'unica voce che mi ha un pochino colpita è stata la seconda, le altre non più di tanto.
RispondiEliminaIl discorso della "voce" riconoscibile per me è molto importante, nel senso che per suo tramite che mi collego con l'autore e leggo più o meno volentieri. Ci sono voci che mi respingono addirittura, altre che non mi dicono niente e quindi passo oltre.
Dal un punto di vista di noi scrittori, penso che la voce si crei con l'esperienza, con il tempo speso a esercitarsi, con la lettura. Ma per qualcuno resterà comunque una voce anonima, perché c'è sempre una componente imponderabile in queste cose.
Riguardo alla tua riflessione finale, hai ragione al 100%. I giovani potrebbero spendere tempo a coltivare la scrittura e invece scelgono vie facili. E' proprio con l'età che si capisce invece il valore delle parole, della loro musicalità. Continua per la tua strada, di certo tu hai una voce tua, quindi non ti crucciare...
L'elemento soggettivo fa la sua parte. Io, in questo piccolo esercizio, ho voluto pormi in un'ottica oggettiva: per esempio, Mozzi a me ha respinto, come dici tu. Eppure ammetto che sia meglio provare fastidio o pensare che il testo sia incomprensibile, che vederlo solo lineare e non saperne dare un giudizio concreto. L'esperienza è quella che sto provando a rimpolpare, ma vorrei avere la capacità di Mozzi, che non mi piace, piuttosto che quella di Durastanti, che mi piace, ma non mi "insegna" nulla.
EliminaLa strada è lunga e i crucci li ho messi in tasca. ☺️
La tua riflessione mi piace molto e mi fa riflettere, il brano che ho preferito nemmeno a farlo a posta si collega a un'autrice che peraltro seguo volentieri. Forse hai ragione la voglia di emergere o farsi conoscere fa commettere passi falsi, che si notano solo a cose avvenute e nel mentre avviene la maturazione, ma mai si rinnegano scelte fatte con il cuore, anche se d'impeto.
RispondiEliminaSai cosa? Io ho scritto un romanzo, lo rileggo e so che oggi molte cose le avrei scritte in modo diverso. Lo amo ancora molto, credo cioè ancora in quella storia, ma sono cresciuta e con me è maturato un senso diverso della scrittura. Io, però, anche allora, non mi sono autopubblicata, qualcuno ha pensato che 31 dicembre fosse degno di vincere un concorso ed è stato pubblicato grazie a quello. L'impeto, oggi, porta solo a fare lo "sforzo" di scrivere. Punto. Poi, tanto, c'è il selfpublishing E si buttano via occasioni per fare bene qualcosa che va fatta bene, se no non è Scrittura. (Su questo fronte sono abbastanza agguerrita, ormai si sa!) 😁
EliminaCredo che chiunque riscriverebbe diversamente dopo annni la medesima storia, questo sta nell'evoluzione propria dell'essere umani. Certo che la molla dell'approvazione esterna consegna fiducia nella propria opera e fa cedere alle ritrosie, aiutando a crederci di più.
EliminaPerò chi fa il self credendoci seriamente, e conoscendo quelle che sono le maglie editoriali di un contratto, e lo fa con scrupolo e valore è alla stregua di un bravo scrittore non self, forse ha solo più lavoro, più tutto nelle sue mani e quindi deve indossare più camici.
E' stata bella questa esperienza, Marina. L'interesse nel conoscere il nome degli autori non è motivato dalla curiosità di sapere chi ho pescato nel mucchio, quanto avere la possibilità di approfondire la lettura dei brani che mi hanno colpita. Prima, leggevo solo per il piacere di farlo, adesso i libri sono diventati anche un investimento per cercare di capire qualcosa di più su come si scrive e del modo in cui autori diversi raggiungono il risultato di fare arrivare oltre che la storia anche le emozioni. Se trovo qualcosa di interessante lo archivio, non si sa mai che possa servirmi. In verità, anche se mi interesso tanto alla scrittura non ho un obiettivo preciso; come chi canta sotto la doccia e nonostante tutto, si sforza di essere intonato. Però, a forza di tentativi qualcosa dentro di me è cambiato. Nel mio personale percorso, perdere la spontaneità credo sia stata la rinuncia più grande, perché nel tentativo di imparare e rispettare regole varie mi sono sentita talmente sommersa da non riuscire più a scrivere niente. Invero, è ancora così. Quando ho un'idea mi metto all'opera piena di entusiasmo, poi, già dopo qualche riga, mezza pagina nei migliori dei casi, rileggo e comincio a inclinare la testa prima a destra, poi a sinistra e inarco le sopracciglia, sospiro, cancello, riscrivo e ricomincio tutto dall'inizio e neanche a dire che poi concludo qualcosa, perché il più delle volte trascino tutto nel cestino. Tuttavia, non mi scoraggio. Credo anzi lo spero, che questa sia solo una fase passeggera che possa portare a un salto. Mi sono creata un continuum dove dal punto zero che rappresenta il mio personale modo selvaggio di scrivere, dovrei riuscire a raggiungere l'ideale estremo opposto dove ad attendermi ci sarebbe non solo una scrittura fiorita, ma anche tutta la mia cara spontaneità perduta, fortificata dal lume della consapevolezza e allora sì, che potrei cominciare a parlare di “Voce” e perché no, di trasgressione delle regole. Arrivata a quel punto, ehm... che dici, lo provo a scrivere un romanzo? :-P
RispondiEliminaBuona giornata :-)
Mi è piaciuto tutto quello che hai detto. Questo, secondo me, è il percorso ragionato che fa una persona che vuole crescere nella scrittura. La consapevolezza si acquisisce, anche tutti i discorsi che facciamo in rete aiutano, secondo me, stimolano riflessioni utili, costringono a interrogarsi su tante cose.
EliminaQuello che accade a te, accade puntualmente a me: la spontaneità, ormai, fa i conti non tanto con le famose regole che bisogna pur conoscere, quanto con l'esigenza di controllare un processo che va studiato, analizzato. Io ho capito che scrivere è una delle cose più difficili che si possano fare: non bastano inclinazioni e passione, c'è tanto e tanto altro da mettere in atto, un lavoro che non arriva mai a un punto fermo.
E secondo me, tu, quel romanzo, devi scriverlo, perché neanche solo la teoria o gli esercizi vanno bene se non sono seguiti dall'applicazione pratica: devono essere un bel punto di partenza. 😉
Mi spiazza che il famigerato brano n. 6 sia di una scrittrice che apprezzo moltissimo: Michela Murgia.
RispondiEliminaCosì come spiazza che ci siano scrittori e scrittrici assai validi che praticamente non conosco.
Grazie, esperienza interessantissima!
Considera che uno stralcio può parlare molto di un certo modo di scrivere, ma dire poco sulla storia. Chirù, nel complesso, ha un suo piacevole perché (ne ho fatto anche un post) e, anzi, credo che proprio la Murgia abbia una "voce" particolare che connota tutto ciò che scrive. È bravissima, nessuno potrebbe dire il contrario, eppure io faccio un po' fatica a leggerla. Gusti. ☺️
EliminaMi domando se erano tutti degli incipit. 1-3-4-5 ne hanno l'aria. 2 e 6 potrebbero anche stare nel mezzo della pagina. Del 4 ho già parlato. Potrei aggiungere che il dialogo è spezzato in modo originale. Tre volte di seguito parla lui, tre volte di seguito parla lei: come se si puntualizzasse prima tutto il pensiero di uno e poi dell'altro protagonista.
RispondiEliminaNel 4 trovo che la situazione sia raccontata in modo molto credibili, senza orpelli inutili. Poche considerazioni, ma oggettive. Vicine a situazioni tipiche di socialità forzata, ma senza cadere in parole e immagini banali.
Il 2 l'ho inserito tra i migliori anche se lo trovo distante dagli altri due. Però la ferita asciutta come l'insegna corrosa dalla ruggine è una immagine non banale.
Il brano 5, quello che inizia con la scena al rallentatore mi infastidisce proprio per questa dichiarazione di osservare la scena al rallentatore. A meno che non sia l'osservazione di un film sullo schermo. Quando c'è una scena al rallentatore, mi annoio, è più forte di me, perché è solo un effetto speciale: il rallenty appunto.
L'1 è piatto, inespressivo. Forse è il punto di vista di una bambina dal sedile posteriore di un'auto? Mi ha dato questa impressione... Troppe ripetizioni scontate e immotivate (non narrative).
Il 3 di cosa trattava? Non me lo ricordo più...
Helgaldo
La socialità forzata appartiene al brano 6, non al 4...
EliminaHelgaldo
Nessuno dei brani è un incipit e, a dirla tutta, ho aperto i libri in una pagina a caso, tranne che per Roscia e Mozzi in cui sono andata a cercare parti significative.
EliminaLa Durastanti, la 2, scrive con espressioni molto efficaci; la storia che ha scritto è bella, a me è piaciuta. Meno la Rattaro, la 3, che racconta la vicenda da due punti di vista: di un padre che si ritrova a dovere riconquistare l'amore e la fiducia di una figlia che ha sempre vissuto con la madre (coppia separata), dopo la morte di questa, e il punto di vista di una figlia che ha sempre saputo di essere stata abbandonata dal padre e ora si trova a dovere instaurare un nuovo rapporto con lui.
Il mio giudizio è: insomma... (ma non per com'è scritto, perché anche questo si legge abbastanza fluidamente)
Mi pare di capire che non ti piace proprio il tema, la trama del libro del n. 3 Marina. Perché insomma? Sono situazioni che capitano nella realtà.
EliminaNon saprei, Marina, forse è perché ho messo questo libro a paragone degli altri due e mi è piaciuto una spanna in meno; la storia non mi è dispiaciuta, è attuale ed è scritta anche abbastanza bene, ma è come se non prendesse mai il volo e le mie e emozioni pure.
Elimina"Scrivere in un certo modo richiede consapevolezza, autocritica, pazienza, soprattutto tempo."
RispondiEliminaConcordo. Ma questa è una prerogativa di qualsiasi abilità si voglia conseguire. Mi è venuto in mente questo brano. Parla del potere scientifico ma leggilo pensando alla scrittura e pensa ai giovani scrittori anziché ai giovani scienziati.
"La maggior parte dei poteri richiede un sostanziale sacrificio da chiunque li voglia. Qualsiasi tipo di potere tu voglia. Presidente della società. Cintura nera di karate. Guru spirituale. Qualsiasi sia la tua ricerca, devi impiegare tempo, pratica, sforzo. Devi rinunciare a tantissime cose per ottenerlo. Devi tenerci molto. Una volta che l’hai ottenuto, è il tuo potere. Non può venire trasmesso: risiede in te. È letteralmente il risultato della tua disciplina. Ora, la cosa interessante di questo processo è che quando qualcuno ha acquisito l'abilità di uccidere con le proprie nude mani, è anche maturato abbastanza da non usare questo potere in modo scriteriato. Così quel tipo di potere ha come una forma di controllo connaturato. La disciplina necessaria per ottenerlo ti cambia al punto che non ne abuserai. Ma il potere scientifico è come una ricchezza ereditata: ottenuta senza disciplina. Leggi cosa hanno fatto altri, compi il passo successivo. Lo puoi fare quando sei ancora molto giovane. Puoi progredire molto velocemente. Senza bisogno di una disciplina che duri molti decenni. Non ci sono maestri: gli scienziati vecchi vengono ignorati. Non c'è alcuna umiltà nei confronti della natura. C'è solo la filosofia del diventa-ricco-presto, fatti-presto-un-nome. Imbroglia, menti, falsifica: non ha importanza."
Tratto da ...
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J...
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rassic Park, di Michael Crichton. :-P
Premesso che questi "As you know, Bob" non mi fanno proprio impazzire dal punto di vista dello stile, sono molto in disaccordo anche con il contenuto. Hai mai provato a studiare una disciplina scientifica? Ti assicuro che è tutto fuorché ereditata. Però io non faccio il piazzista di filosofie da due soldi e ti consiglio di mettere in dubbio le mie parole; se sei convinto di ereditarla, ti consiglio di partire con la cromodinamica quantistica: leggi cosa ha fatto Feynman, che ci vuole. :P
EliminaA scanso di equivoci, Darius: ce l'ho proprio con Crichton e se ce l'avessi davanti un manrovescio... :)
EliminaNo, nient'affatto: non sono convinto di ereditarla. Sono anzi convinto che certe discipline non si potranno mai ereditare. Devono essere sudate.
EliminaPurtroppo c'è gente in giro che pensa il contrario, gente che crede di leggere il manuale per sentirsi automaticamente un guru. Il tutto senza sporcarsi le mani con esperienza "sul campo", naturalmente.
Sì, sì. Ho colto la tua insofferenza. ;-)
EliminaIo non nascondo la mia preferenza per Crichton: comunque è uno di quegli autori che mi ha "insegnato" a bastonare i grandi nomi perché anche lui è stato autore di grandissimi flop (parere sempre personale).
Il brano di sopra l'ho solo citato perché mi è venuto in mente leggendo il post.
Tutto qua. :-D
La prima parte, in effetti, potrebbe avere una interpretazione estensiva e valere in generale, poi, però, mi sono fatta condizionare dal titolo dell'opera, mi sono venuti in mente i dinosauri di Jurassic Park e ci ho visto il potere usato in modo scriteriato.
EliminaPoi, vorrei dare un contributo di pensiero sulla cromodinamica quantistica e su Feynman, ma credo che, a riguardo, parlare di tabula rasa sia già un complimento, vista la mia ignoranza in materia.☺️
Valentina D'Urbano non è un'esordiente: è già al quarto romanzo. Tra l'altro, il peggiore tra quelli scritti in precedenza, proprio perché con uno stile poco personale. Ne avevo parlato anche sul mio blog: sembrava una prima stesura. Ho amato alla follia, però, "il rumore dei tuoi passi" e "acquanera".
RispondiEliminaNemmeno la Rattaro è un'esordiente: credo che di romanzi ne abbia scritti parecchi. Quello che tu citi è l'unico che ho letto, e non mi è piaciuto, perché mi sembrava un po' piatto.
"La strage dei congiuntivi" è in wish-list da tempo. Da quando, tra l'altro, ne avevi parlato tu. Il fatto che sia stato per me il più originale dimostra che non ho sbagliato a sceglierlo. :-)
Hanno scritto altri libri, è vero, io le ho prese a esempio di scrittrici che hanno avuto un esordio felice e si sono affrancate dalla loro condizione di sconosciute. In fondo la D'Urbano è "venuta fuori" nel 2012 (credo che il suo primo libro sia di quell'epoca), la Rattaro, forse, pochi anni prima, le ho viste come giovani sognatrici che sono riuscite a vincere premi prestigiosi e a farsi strada nel mondo cui aspiriamo tutti noi. Per così dire esordienti "arrivate", più vicine a noi, che non persone con carriere corpose e professionalità affermate.
EliminaSì, però il romanzo che hai citato tu, della D'Urbano, è il quarto. E paradossalmente è il più impersonale dei quattro. :-)
EliminaPer quel che riguarda la Rattato, invece, non so a che numero sia.
Comunque riprenderò questo discorso nel post di giovedì. :)
Io li ho letti adesso. Trovo difficile dare un giudizio su di un estratto, per dire se un racconto è nelle mie corde. Comunque dei brani il 4 e il 5 li ho trovati in qualche modo stonati. Però è solo un'impressione, è come giudicare un film da una sola scena o un brano musicale da un breve passaggio: solo un'impressione.
RispondiEliminaIl problema di fondo è secondo me la scelta dell'estratto. In chimica analitica si dice che il campione da analizzare dev'essere rappresentativo del materiale in esame, tanto che ci sono dei metodi ad hoc per selezionarlo. Non so se la scelta del pezzo è o meno rappresentativa del libro, per cui le impressioni che uno dà potrebbero essere falsate. Non so.
In realtà più che chiedere di verificare se un testo fosse nelle proprie corde oppure no, ho voluto capire se solo io ho notato, leggendo i libri, la diversità di registri stilistici più evidenti in alcuni estratti piuttosto che in altri. Ovviamente, questa non era un'indagine scientifica, dunque non aveva la pretesa di dimostrare alcuna certezza. Infatti, ho preso dei brani a caso, solo stando attenta a cogliere quegli aspetti che volevo evidenziare. Le storie, poi, prese per intero, possono deludere le aspettative o sorprendere, ma per motivi diversi, che qui non mi interessava considerare.
EliminaSì, come ti dicevo 4 e 5 mi hanno dato una sensazione diversa rispetto agli altri. Però la mia è solo un'impressione, magari con un estratto diverso avrei avuto sensazioni diverse.
EliminaE' un esperimentino interessante quello che hai fatto, però secondo me è difficile riuscire a dare un giudizio "netto". Se lo scopo era suddividere i brani in gruppi a seconda di un certo registro, mi sembra che molti concordino tra i primi 3 e i secondi 3, e più o meno anch'io, avendo trovato in qualche modo "stonati" il 4 e il 5.
Comprendo ora le mie perplessità su tutti gli stralci: non amo questo tipo di libri. Sulla Murgia mi sono state dette cose o bellissime o assolutamente negative. Non ho molta voglia di farmene un'opinione XD
RispondiEliminaDi norma provo un disinteresse totale verso la scrittura piatta e l'assenza di consistenza di libri come quelli delle tre scrittrici "esordienti". Mi sembrano il polpettone italiota che equivale all'americanizzazione. Fin dai titoli provo un fastidio acutissimo!
Le considerazioni che fai sul tempo e sul dedicarsi alla scrittura in modo diverso nelle fasi della vita, sono condivisibili. Il fatto è che molti scrivono soprattutto per vendere, e non li biasimo se c'è chi li compra.
Quello che mi dà fastidio è l'uniformarsi verso l'appiattimento, anche quando basterebbe metterci appena un tocco di originalità per rendere almeno digeribile un libro.
Bene, ho fatto la mia parte, di "cattiva" e acida ^_^
Le opinioni sono belle perché sono varie. Poi, come ben sai, i gusti non si discutono e guai a toccarli! Capisco benissimo il tuo disinteresse per una narrativa che non ti convince.
EliminaDunque SEI PERDONATA! 😂
Son stata davvero acida :D
EliminaMerito un qualche castigo :P
Ecco sapevo che il n. 6 la conoscevo! :D
RispondiEliminaPerò anche il n. 5, eppure non l'ho riconosciuto :(
Questo sì che fa riflettere.
Buona serata.
Marina Z.
Hai letto "La strage dei congiuntivi"? Io ho trovato il libro geniale. Sono uscita da quella lettura divertita, ma in modo intelligente, ho riso, riflettuto e ho premiato l'originalità.
EliminaDella Murgia ho parlato. Cosa conosci della scrittrice?
La strage dei congiuntivi l'ho letto perché in studio avevo una collega che diceva sempre "questa/o non conosce i congiuntivi!", e ho finito pure per regalarglielo ^-^
EliminaDella Murgia ho letto tanti anni fa la sua autobiografia "il mondo deve sapere", ma non ho altro all'attivo.
Notte
M.Z.
Ho appena commentato l'altro articolo. Non ho letto niente di nessuno degli autori proposti, anche se ho sentito parlare degli ultimi tre. Continuo a preferire il n. 4 di Giulio Mozzi, è forte e potente come un pugno nello stomaco. Mi piace lo stile che ha usato, poiché molto indicato per la scena e il contesto.
RispondiEliminaAppunto. Non per niente stiamo parlando di Giulio Mozzi. 😀
EliminaBuongiorno e buona Pasqua cara.
RispondiEliminaBacioni. :-)
Buona Pasqua anche a te. 😘
EliminaSvelati gli arcani misteri.
RispondiEliminaLe nostre (almeno le mie), però, erano osservazioni ad impatto. Così non vale! Ciao Marina, Un saluto!
Adesso sai chi ha scritto il 3 e il 5 che, tra tutti, ti erano piaciuto di più! 🙂
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