martedì 11 luglio 2023

#CitazioniEstive: Il vincitore riluttante - Ennio Flaiano dopo la vittoria del Premio Strega (tratto da “Diario di un'estate marziana” di Tommaso Pincio)


Premio Strega, prima edizione. Raccontano i tanti presenti alla sera del 5 luglio 1947 che Flaiano, salito sul podio dove l’attendevano Maria Bellonci e un assegno di duecentomila lire, cercò di trovare una battuta. Un amico lo aveva sollecitato dalla folla gridando, Ennio, dicci qualcosa, e lui, in qualità di vincitore con Tempo di uccidere, annaspò per il turbamento. Alla fine qualcosa la disse, nel microfono che un cronista Rai gli aveva puntato sotto il mento. Nessuno capì cosa, ma risero tutti comunque.

[...] Eppure tra gli attimi sottratti alla notte del 5 luglio 1947 da coloro che di lì a qualche anno sarebbero diventati i paparazzi, vi è un’immagine che una verità sembra coglierla. Non sarà una verità assoluta, quella del vincitore riluttante, ma nemmeno la si può ridurre a una mezza verità. La foto mostra lo scrittore subito dopo il termine del lungo scrutinio, verosimilmente poco prima della battuta pronunciata a mezza bocca nel microfono della Rai, quella che nessuno ha sentito anche se tutti hanno riso. Lo mostra con il braccio alzato di chi è proclamato vincitore: glielo sorregge Libero Bigiaretti, secondo classificato. È però un braccio molle e pesante, restio ad alzarsi. Il viso è invece un poco inclinato, asseconda gli occhi volti in basso, verso il niente, occhi che hanno lo sguardo dubbioso di chi si sente fuori posto. Sulle labbra la piega lievissima di un sorriso che sa di scuse. È evidente che lo scrittore, più che sorpreso per il trionfo, è sconfortato dal concretizzarsi di ciò che temeva. È una foto che non mente, questa. Flaiano non ha passato la serata sul terrazzo, insieme agli invitati festanti, ma solo, chiuso in una stanza dell’albergo, con gli amici che ogni tanto bussavano per aggiornarlo sull’andamento dello scrutinio. In seguito, rievocando la pubblica premiazione del suo primo e unico romanzo, scriverà di aver provato la “ mortificazione del successo” e la certezza di non esservi tagliato. Racconterà di essere tornato a casa da solo, seguito da un cane randagio fin sulle scale. Ristorò l’animale con una zuppa di latte e lo lasciò dormire sullo scendiletto ma senza trovare conforto nella sua compagnia. Cosa lo angustiava? L’aver ricevuto il premio per un romanzo che trovava tutto da riscrivere. Il dubbio che ogni successo fosse un malinteso e che lo fosse particolarmente nel suo caso. Si sentiva in conflitto con un’epoca che faceva del successo una nuova forma di adorazione, ma anche con se stesso per essersi assunto, con l’applauso dei giudici e della critica, un debito che non poteva saldare. Questa convinzione di non essere meritevole lo accompagnerà fino alla tomba. Ancora negli ultimi mesi di vita, a chi gli ricordava come Fellini lo rimproverasse di non essersi identificato fino in fondo con la sua vocazione, replicava che la sua vocazione era proprio quella di non identificarsi, non essendo egli nato per fare lo scrittore né sapendo scrivere. Lo abbiamo visto: di tutto ciò che aveva scritto negli anni, ci saranno state al più tre pagine che non lo disgustavano. 

“Tutta una vita per tre pagine! Poche, no? Il guaio è che non sono nemmeno una di seguito all’altra” disse sempre in quell’intervista.




13 commenti:

  1. Ecco, una personalità che era tutto l'opposto rispetto alla grande caccia alla popolarità caratterizzante i nostri tempi. Sarà che oggi stiamo vivendo una fragilità diversa, tutta legata all'approvazione, al consenso.

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    1. Esattamente quello che penso: l'atteggiamento di Flaiano di fronte alla vittoria di un Premio letterario è un bell'esempio di distacco dalle cose materiali e di modestia (quella che oggi difetta in chi vive di applausi e vetrine)

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  2. Nel libro che ho letto c'è anche una sua riflessione sulla città di Roma, che lui ama e odia, considerata il più grande "set cinematografico" dove le persone recitano la loro stessa vita. Conosco poco Flaiano, ma è una figura che mi ha affascinato, tanto da volere recuperare il libro con cui ha vinto la prima edizione del Premio Strega. Poi, questo suo distacco dalla notorietà e dal successo è bellissimo, quasi un monito verso l'arrivismo di oggi.

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  3. Conosco bene Flaiano. È un pescarese che è riuscito a far diventare Fellini un regista immenso, imitato da tutto il mondo.
    Ciao Marina.

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    1. E poi, i due, hanno litigato, lo sapevi? Roba futile, Flaiano accusava Fellini di avere un atteggiamento poco leale nei suoi confronti, di fare il primo della classe, senza dividere i meriti con chi, quei meriti, glieli aveva garantiti. Il litigio, poi, era scaturito da uno sgarbo ricevuto in partenza per l'America a seguito della candidatura agli Oscar di 8 e mezzo, quando a Flaiano era stato riservato un posto in classe turistica e Fellini viaggiava in prima classe. Flaiano manda un messaggio al regista: " Ciao, caro Fellini, le amicizie frivole finiscono per una frivolezza." E il sodalizio si ruppe davvero.

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  4. Non conosco Ennio Flaiano, sono andata a leggere qualcosa di lui su Wikipedia compresa la trama di Tempo di uccidere che mi è sembrata abbastanza inquietante, chissà magari lo leggerò in futuro. Il suo atteggiamento nei confronti del premio strega lo rende una persona interessante, forse perché mostra la vera anima degli scrittori che scrivono per esprimere la loro interiorità che, altrimenti, non riuscirebbero a esternare.

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    1. Anche a me ha colpito il suo atteggiamento. Sono sicura che se fosse capitata a me una cosa del genere avrei assecondato tutti gli oneri e gli onori legati al Premio. Per questo ammiro Flaiano, in quella circostanza l'ho considerato coraggioso: ha saputo prendere la giusta distanza dal "giogo" della vittoria.

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  5. Mi piace l’idea della mortificazione del successo e di un uomo mai soddisfatto del proprio lavoro. Non mi sembra che questa sia un epoca che faccia del successo una forma di adorazione più di altre, il riconoscimento, è ciò che hanno sempre cercato gli autori lungo la storia. Secondo me è importante non operare per il successo, se poi arriva... be’, Flaiano evidentemente non sapeva convivervi. Magari avrebbe preferito un successo postumo, così da non doverlo gestire. Penso che in ogni nostro lavoro dobbiamo cercare una briciola d’immortalità.

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    1. Mi sei sembrato mio figlio che vuole convincermi a riprendere carta e penna perché solo così, scrivendo un altro romanzo, potrò guadagnarmi l'immortalità, se non altro agli occhi dei miei posteri: metti un nipote, un pronipote che nelle loro case tengono l'opera di una parente vissuta a cavallo fra il ventesimo e il ventunesimo secolo! :D Io, comunque, vincessi il Premio Strega, ma pure il Premio Carciofo, gongolerei come una pazza!

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  6. Bella storia! (allarme rosso: nel titolo manca un apostrofo!)

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  7. "Il dubbio che ogni successo fosse un malinteso e che lo fosse particolarmente nel suo caso." Sembrerebbe non credere nelle sue capacità, però poi leggo che ha litigato con Fellini, qualcuno dice per invidia, altri per distanza culturale. Però se se la prese per il biglietto in turistica nel volo per Los Angeles, per contro della prima classe di Fellini, allora forse al successo ci teneva. Di Flaiano ho trovato questa sua citazione: "Per lui sono come una Coca-cola, Fellini mi infila una cannuccia dentro e aspira tutto." Forse pensava di non meritare il Premio Strega, ma era evidentemente cosciente che in altri ambiti meritava molto di più. Questo è ciò che sento tra le righe.

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    1. Sì, forse credeva poco nella sua capacità di romanziere e più in quella di sceneggiatore; non posso pensare a una posa, perché, per quanto si voglia dimostrare indifferenza di fronte a certi eventi inaspettati, essere sotto i riflettori in una serata che ti ha incoronato vincitore di un prestigioso premio, un po' di ragionevole adrenalina o contentezza, caspita, non te le mette addosso? Poi, nel rapporto con Fellini, forse c'era di mezzo l'orgoglio ferito nell'essere stato messo a paragone con il regista ed essere stato considerato meno di lui. Chissà!

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