giovedì 17 ottobre 2024

Tra nuoto e nuoto, il pilates

Ho praticato molti sport nella vita. L'ho fatto per moda o per necessità o perché era un diversivo, mai per un reale desiderio. L’unica eccezione: il nuoto, che pratico ormai da più di venti anni e ancora non mi stanca.  

La mia scarsa propensione verso il moto fisico è migliorata nel tempo solo perché, con l’età, ho dovuto accettare dei cambiamenti e ciò ha comportato l’insorgere di nuove esigenze e nuove abitudini. Niente più manubri, barra, bilanciere, panca; niente sport di squadra, agonismo, niente sudate in palestra per attivare, tonificare, irrobustire muscoli e articolazioni. Il nuoto è il jolly che mi gioco quando si mette male con la sperimentazione di insolite attività sportive, ma adesso ho aggiunto le lunghe camminate e, non so come, a un certo punto mi sono trovata a gravitare nell'orbita del Pilates. 

Il come, in verità, lo conosco bene: mi sono semplicemente rimessa nelle mani di un’amabile fisioterapista, che è anche istruttrice di questa disciplina da me sempre snobbata, perché giudicata la zietta della ginnastica, che aggiusta ciò che la vecchiaia guasta. Fino a qualche anno fa avevo poco o nulla da aggiustare, oggi, invece, si comincia a guastare tutto e così, il mio irrisolto problema alla spalla è confluito in una serie di esercizi che hanno scavallato la terapia a base di massaggi riabilitativi e tecniche dall’esito nullo (tecarterapia - ionoforesi e diavolerie di ultima generazione), per imporsi come potenzialmente risolutive dell’ormai annoso disagio.

La teoria è affascinante: c’è questo signor Joseph Pilates che, durante la prima guerra mondiale in Gran Bretagna, fu uno dei primi civili a essere internato come prigioniero di guerra presso il campo di Knockaloe, dove l’esperienza del confinamento, con le sue limitazioni, lo indusse a creare un sistema di esercizi fondati sulla resistenza, l’equilibrio e il bilanciamento del corpo. Quindi, alla disciplina in origine chiamata “Contrology”, fu data, poi, il nome del suo sperimentatore, sebbene nel tempo si sia evoluta in forme diverse da quella originale, senza tradirne gli intenti.

In palestra si usano macchinari modernissimi, che sembrano strumenti di tortura: ti iscrivi a fare pilates e ti ritrovi in una camera allestita a girone dell’inferno, con carrelli mobili, panche che esibiscono ambigue resistenze elastiche e sistemi di cinghie che farebbero la felicità di Torquemada. Okay, siamo nell’ambito del wellness, ma a vederli incutono un bel po’ di soggezione.

In casa te la cavi con attrezzi semplici, rigorosamente chiamati con il loro nome inglese: foam roller, fitball, lex bands, insomma trattasi di rullo massaggiatore, pallona di gomma ed elastici (a varie misure), che speri ti aiutino ad alleviare tensioni muscolari, migliorare la flessibilità del corpo, correggere la postura, agevolare la circolazione sanguigna, allungare i muscoli, aumentarne forza e resistenza. Tutto perfetto, per carità (quando esegui gli esercizi correttamente), ma la mia amabile fisioterapista mi ha detto che no, questo non è il vero pilates, non è quello che Joseph Pilates presenta come l’arte del controllo motorio nel suo libro “Return to Life through Contrology” e in altre produzioni letterarie. Le evoluzioni della pratica vanno (e fanno) bene, ma il principio base di tutta la teorizzazione si fonda sullo studio dei movimenti che agevolano il bilanciamento del corpo, la respirazione consapevole, l’allineamento della colonna vertebrale, tutte cose che vanno a braccetto con molti principi dello yoga. 

Nel Metodo Pilates, sono sei quelli che devono essere rispettati: 

  • respirazione
  • baricentro
  • precisione
  • concentrazione
  • controllo
  • fluidità

Occorre respirare in modo corretto, usando il diaframma, per distribuire l’aria inspirata in tutti gli ambiti polmonari e ossigenare bene i tessuti; rendere stabile il baricentro, punto di forza e di controllo (Pilates lo chiamava “The power house”), situato idealmente fra addome e cingolo pelvico; eseguire i movimenti con molta precisione affinché assolvano al loro compito. Per lo stesso motivo occorre concentrarsi al massimo, perché è la mente che comanda tutto e per fare ciò dev’essere sgombra da ogni pensiero che non sia la finalizzazione dell’esercizio. Niente trascuratezza nella gestualità per evitare posizioni scorrette (in origine il pilates si chiamava contrology proprio per la priorità data al controllo) e mi raccomando, nessuna rigidità nel corpo: ogni movimento dev’essere armonico e aggraziato.

Poi se tutto questo diventa routine siamo a cavallo!


Bene, tornando alle mie sedute di fisioterapilates (ribattezzate così, perché in teoria io mi recavo in uno studio di fisioterapia, ma nella sostanza mi ritrovavo a eseguire esercizi di pilates), la mia amabile fisioterapilatista mi guidava a fare cose alle quali non avrei mai pensato di approdare, nella ricerca del benessere: mi diceva di respirare con il diaframma e okay, so come si fa, ma quando mi chiedeva di sollevare le braccia mi invitava ad accompagnare il movimento facendo partire il respiro dai fianchi. Come dai fianchi! È un problema di propriocezione. Di che? Così dovevo immaginarmi i polmoni allocati in basso e sforzarmi di spingere le braccia in alto con la forza della concentrazione tutta puntata sul baricentro, per non costringermi a uno spostamento errato che avrebbe attivato il tendine compromesso del sottoscapolare e vanificato lo sforzo. Il fascio anteriore del sovraspinato gridava vendetta, ma è perché dovevo controllare respiro e conseguente azione ed essere precisa: abbassa le spalle, allungati più che puoi, tieni la testa flessa, respira dai fianchi... arghhhhh, ma come c**** si fa!

E poi era tutto un stabilizzare il bacino, fare lavorare in sinergia regione addominale e regione lombare, addurre le scapole. Cioè? Pensa a stringere una noce con la parte alta della schiena. Ah, ecco! Quanta eloquenza, in questo suggerimento! Intanto assumevo posizioni innaturali e - giuro - ce la mettevo tutta per dare seguito alle richieste di chi mi guidava con tanta abnegazione.

Certo, nei miei tentativi, a fallire totalmente era la ricerca della plasticità nei movimenti: che spettacolo la mia espressione concentrata ad assecondare i segnali confusi del cervello rivolti a mantenere in equilibrio il baricentro, mentre il corpo continuava a ignorare l’esistenza di questa benedetta “sede del potere” e mi regalava pose improbabili e del tutto sconnesse.

Mi sono affezionata alla fisioterapista, istruttrice certificata di pilates; ammetto che, dopo ogni seduta, mi stuzzicava l’idea di seguirla anche nella palestra dove lavora e che mi invitava a frequentare. Forse col tempo avrei capito come respirare, immaginando di prendere aria dai fianchi e sarei stata più controllata, precisa e fluida, a beneficio della mia tendinopatia, ma alla fine ho rinunciato. Il pilates non fa per me.

La mia attività motoria si è spostata ancora una volta in acqua. Mi tengo il fastidio alla spalla, ma con la benedizione del medico, sono tornata in piscina, dove la fluidità è automatica, il respiro è controllato, la precisione è più facilmente raggiungibile e il baricentro... oh, quello non mi preoccupa: si autogestisce e a me basta semplicemente sapere che c'è.


7 commenti:

  1. intanto grazie perchè mi hai spiegato in che cosa consiste il pilates, cosa che ignoravo bellamente. E poi grazie per una piacevolissima lettura che quasi prescinde dall'argomento trattato, chè la tua scrittura è fluida, precisa e controllata, tanto che farebbe felice mr Pilates.
    massimolegnani

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te, Massimo. Allenare il cervello con la scrittura mi riesce un po' meglio: la fatica e lo sforzo sono di altra natura :)

      Elimina
  2. So che faccio male, ma non pratico sport, un po' per pigrizia e un po' per il tempo. Ciao Marina!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E no, caro Giuseppe, non va! Mens sana in corpore sano: su su, molla tutto e vai a fare una corsetta! :D

      Elimina
  3. Ti dirò, ne avrei pure davvero bisogno anch'io, però un senso di profondo fatalismo mi trattiene dal provarci. Forse se non avessi otto ore quotidiane di lavoro, e relative tre ore di attività di spostamento connesse, troverei anche la voglia (ma ribadisco il forse ;-)
    Al momento attuale però alle sei di sera sono svuotato da ogni energia fisica, sia pure per attività non eccessivamente dispendiose sul piano atletico. Spero che le mie camminate nel weekend e lo stretching che pratico per forza di cose a casa siano sufficienti a non ridurmi più rottame di quanto già sono :-D

    RispondiElimina
  4. Il pilates mi affascina, sarà proprio per tutta quella serie di esercizi che elenchi, è evidente si lavori anche su una certa "consapevolezza". Non ne conoscevo le origini (non è che dovremmo pronunciarlo "piléits" essendo quel cognome?), è davvero una cosa interessante. Vicino al mio posto di lavoro c'è questa magnifica sala pilates ricavata al piano terra di una di quelle palazzine antiche completamente ristrutturate. Ci butto l'occhio da tempo e mi riprometto di andare a vedere e prendere informazioni, poi capita che una collega mi precede e vengo a sapere che c'è un pagamento a ogni seduta oppure un pacchetto e fra l'una e l'altra opzione non trovi niente di conveniente perché è davvero per ricchi con quei prezzi. Però mi rendo conto che quella magnifica sala per borghesi non è certo la sola in tutta la cittadina. Mi ci dovrei impegnare, ma forse poi lo realizzerò davvero più in là.
    Ti ci vedo in quella situazione, tu col tuo corpo ginnico. Verissimo, fare quel tipo di respirazione non è semplice. È la stessa che si usa a teatro (mai nel cinema con quella presa diretta con tanto di microfono), dove la voce deve per così dire "tuonare", avere mordente. Sì, l'aria deve essere percepita fino ai fianchi, per la precisione sotto i reni. Tecniche che appresi una vita fa e alle quali, come quando guidi, non pensi più, fai e basta.
    Il nuoto è il tuo elemento, non c'è niente da fare. :)

    RispondiElimina
  5. Fatalità, dopo aver praticato yoga per anni la scorsa settimana mi lascio trascinare da una serie di sessioni di Pilates, senza però tutti gli accrocchi che tu a un certo punto descrivi (foam ecc). Ebbene, interessante! Devi sapere che ho cominciato lo yoga per ragioni simili alle tue: avevo sempre mal di schiena e praticare yoga mi ha fatto dimenticare ogni dolore. Il Pilates per come l'ho capita io è molto simile allo yoga ma dello yoga non ha la concentrazione, la presenza, la filosofia. Insomma, anche io dopo una settimana ho mollato. Invece del nuoto sono tornata allo yoga e ai cari vecchi esercizi di potenziamento muscolare che ormai sono necessari. Cui aggiungo una fisioterapia più tradizionale per una tendinite all'achilleo. Insomma, Roma chiama Torino e Torino risponde...

    RispondiElimina