giovedì 3 ottobre 2024

Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza

Salvador Dalí, Il volto della guerra

Erasmo da Rotterdam  attingeva spesso a quel serbatoio di sapere che erano gli “Adagia”, una raccolta di proverbi, detti e motti da cui egli traeva spunto per elaborare le sue ricche e articolate considerazioni. Uno di essi, tratto da un libro che riporta l’omonimo titolo, recita “Dolce è la guerra per chi non ne ha esperienza(in latino Dulce bellum inexpertis) e, devo dire, mi stupisce sempre verificare come ci siano classici senza scadenza, che ritornano attuali in qualunque epoca e sembrano confermare, anche da lontanissimo, verità che il tempo non ha mai cambiato.

Se c’è qualcosa al mondo di cui ci si deve occupare - che si deve anzi evitare, scongiurare e tenere lontana - questa è sicuramente la guerra - scrive l’intellettuale cristiano cinque secoli fa. La guerra, già, quanto c’è di più empio e rovinoso, di più persistente e tenace, di più squallido e di più indegno di un uomo. 

Erasmo afferma che i conflitti sono spesso fomentati con estrema leggerezza e condotti, in modo crudele e barbarico, non solo da popolazioni plebee, masse anonime e volubili, ma anche e soprattutto da nazioni rette da quei prìncipi il cui dovere sarebbe quello di tenere a freno, con avvedutezza e discernimento, le inconsulte passioni della stolta moltitudine.

Ora, se noi sostituiamo al termine “prìncipi” quello di “capi di Stato”, la sostanza della riflessione non cambia di una virgola. E io penso a certi uomini a guida di una Nazione che dell’avvedutezza e del discernimento hanno fatto pezze per pulirsi le suole delle scarpe (sporche del sangue che grava sulle loro coscienze).


Dio ha creato l’uomo nudo, debole, delicato, inerme, nulla che lo predisponga alla lotta, alla violenza. Lo ha fatto a sua immagine e somiglianza, con uno sguardo benigno, braccia a cerchio predisposte all’abbraccio, il riso come segno di allegria e le lacrime come segno di misericordia e di clemenza. Gli ha concesso la prerogativa della parola e della ragione; gli ha ispirato l’amore per le arti liberali e la passione del conoscere, tutte qualità utili a distogliere l’impegno umano da ogni ferocia e, al tempo stesso, a cementare le amicizie.

Ebbene, quale malvagio ingegno, quale flagello, quale tremenda Furia infernale, ha trasformato la natura dell’uomo, imprimendogli un impulso tanto bestiale da indurlo a diventare promotore e vittima di sterminio? Che è accaduto perché degenerasse in una simile belva?


Non ce lo chiediamo più: le guerre, tutte, sono ormai eventi ordinari, ai quali ci abituiamo o perché lontani da noi o perché talmente scontati da non incutere più soggezione. Le coscienze restano inattive. Cosa è diventata la difesa strenua della pace: la preghiera silenziosa dei credenti? la voce urlata dei pochi che hanno il coraggio di dire le cose come stanno, in mezzo a un oceano di sordi o di indifferenti? un argomento di confronto nei salotti giornalistici che infestano le emittenti televisive? poco più che un dibattito in cui vengono fuori sempre colpe, responsabilità, torti e ragioni (a seconda dei punti di vista), mai proposte concrete per porre fine ai maledetti giochi di potere. Che poi, quali punti di vista possono esserci di fronte alla minaccia di una guerra mondiale! La frenesia folle e selvaggia di cui parla Erasmo ha macchiato la storia di sempre, il contagio del morbo fatale che infesta gli animi umani non è mai stato fermato e la guerra deve deflagrare per essere ripudiata: prima il danno, poi il rimpianto e il pentimento, mai una volta che, sapendo come va a finire, si faccia un passo indietro e si prevengano i disastri annunciati.

Giovenale diceva: “nessuno diviene immorale di colpo” e i più grandi mali si sono infiltrati nella vita dell’uomo sotto la fallace apparenza del bene. 

In origine, gli uomini primitivi si armavano per proteggersi dagli animali feroci e dai rigori dell’inverno. Poi la consuetudine li portò a sacrificarli per il piacere che dava saziarsene, così si cominciarono a uccidere anche bestie innocue e la tirannide della gola arrivò al punto che nessun animale poté sottrarsi alla caccia spietata dell’uomo.


Con i nostri vizi succede come col mare: possiamo forse porre qualche argine, rotto il quale non si può fare altro. Mare e vizi, una volta entrati, esulano dalla nostra volontà ma vengono trascinati dalla loro forza d’urto. 


Così addestrati si passò all’omicidio. Col tempo si arrivò agli scontri collettivi. Cos’è la guerra se non un omicidio collettivo?


Oggi più che mai è avvilente rendersi conto che ci sono guerre che nascono come necessarie, forse, ma che rimangono incastrate nelle miserabili aspirazioni di chi esercita più potere. Guerra semina guerra, se nessuno prende sul serio l’unico vero interesse che dovrebbe essere volto alla preservazione della vita. E ci sono alcune vite che sono più preziose di altre, intoccabili: quelle dei bambini, per esempio. Eppure un “divieto morale”, che dovrebbe vigere in modo spontaneo, è ampiamente ignorato e proprio quelle innocenti esistenze vengono violate, spezzate, come l’effetto collaterale di un danno giusto.


O cecità della mente umana! Nessuno che se ne meravigli o che levi una parola di riprovazione; ché anzi c’è chi applaude, chi esulta, chi chiama santa un’iniziativa più che diabolica e aizza regnanti che già farneticano di proprio così aggiungendo, come si dice, olio al fuoco.


In queste parole io trovo ci sia un’ineccepibile continuità con tutti i conflitti della storia, ma soprattutto adesso, con quelli che ci orbitano attorno. Non siamo in presenza di guerre sante, d’accordo, ma la substantia resta la stessa. Erasmo da Rotterdam si scaglia contro Giulio II, il “re delle guerre” e contro l’inspiegabile desiderio di belligeranza dei cristiani, incitati da giuristi, teologi con il consenso e la connivenza di vescovi, forse persino da essi sollecitati, ma ancora oggi è la stoltezza di certi governanti a prevalere sul buon senso; le loro ambizioni, il loro ostinato orgoglio, l’incapacità di accettare il fatto che una guerra si vince o si perde, non esiste la pervicace e temeraria sfida spinta fino al sacrificio estremo, perché ciò comporta solo una perdita di vite umane delirante, ingiustificata, inutile. 

Non è allora meglio rinunciare ai propri diritti anziché acquisire un piccolo vantaggio al prezzo di tanti mali?

Considerazione sciocca per i signori della guerra!


Il teologo cristiano cita un antico proverbio latino: “Cane non mangia cane”.

Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo stesso.

















1 commento:

  1. Se il fanatismo poteva valere una volta, a convincere migliaia di persone a gettarsi in guerra perdendo spesso la vita per un capriccio del regnante di turno, più difficile è comprenderlo ora. Ma accade. Questo fanatismo becero e ignorante ancora dilaga.
    Questo stracciare la propria dignità in nome di un valore assoluto dispensato da tiranni moderni che a differenza di tanti loro predecessori però, non vanno neanche personalmente a rischiare la vita. schiacciano pulsanti e dettano ordini dai loro bunker.
    Spero che abbiano almeno presenti le parole di Einstein: "Non so come sarà la terza guerra mondiale, ma la quarta sarà combattuta con pietre e bastoni"

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