Ricordo l'anno in cui feci gli esami di abilitazione per la professione di avvocato: noi candidati leggevamo i nomi della commissione esaminatrice e in base ad essi studiavamo strategie di azione per superare le prove scritte. Sapevamo che l'avv. Tizio prediligeva un certo modo di scrivere i pareri legali, dunque la premessa richiesta doveva recitare sempre formule tipo queste: "la fattispecie in esame pone la questione se...", oppure "al fine di inquadrare correttamente la questione giuridica proposta è necessario...", mentre l'avv. Caio era un fan dei pareri senza cappelletti e dunque preferiva frasi dirette tipo: "la disciplina del sistema codicistico relativamente a...". Conoscere lo stile ed il modus operandi di chi avrebbe letto i nostri elaborati ci dava il vantaggio di capire quale dovesse essere il nostro orientamento giuridico, ma non ci garantiva alcuna certezza su chi avrebbe letto, poi, i nostri pareri, per cui era importante che quello scritto secondo le regole di Tizio finisse nelle sue mani, in sede di disamina, perché se fosse finito nelle mani di Caio il giudizio sarebbe senz'altro stato differente, dunque anche l'esito dell'esame.
Ora suppongo che anche il comitato giudicante di un Concorso letterario abbia uno stile personale capace di influenzare l'opinione relativamente all'opera da valutare.
Esistono CRITERI OGGETTIVI ed anche CRITERI SOGGETTIVI che intervengono e che possono fare la fortuna di un autore o decretarne il fallimento.
Ho provato ad immedesimarmi e a vestire i panni di un membro della giuria esaminatrice di un'opera scritta.
Quali sarebbero, in questo caso, i miei parametri di valutazione?
Secondo dei criteri puramente OGGETTIVI, mi soffermerei a verificare la presenza di caratteristiche non condizionate dalla variabilità dei punti di vista; così premierei:
1) un bel contenuto ed uno stile ben curato: la storia dev'essere oggettivamente interessante e rivelare una bravura stilistica che non lasci spazio ad alcuna interpretazione;
2) l'opera scritta bene: guarderei se le norme della grammatica italiana siano state rispettate, con una relativa tolleranza per i refusi e nessuna per i macroscopici errori di ortografia e sintassi;
3) la logicità nella conduzione della storia: verificherei il filo conduttore e la coerenza fra i piani narrativi che non devono essere mai traditi da stravaganze senza senso. Se lo scrittore affida la sua fantasia ad una premessa, tutto deve discendere da essa e la storia deve snodarsi secondo una conseguenza di azioni e reazioni che non possono fuoriuscire dal binario della narrazione;
4) la giusta caratterizzazione dei personaggi: i protagonisti della storia non devono rimanere manichini esposti in vetrina, ma presentare caratteristiche ben precise capaci di dare vita a figure concrete, che non abbiano tratti analoghi nel carattere o negli atteggiamenti, tali da indurre il lettore in confusione. Il quadro psicologico dei personaggi dev'essere perciò chiaro, "preciso e concordante" (come le presunzioni semplici in campo giuridico, che peraltro devono essere anche gravi, ma questo non c'entra: scusate, deformazione professionale!);
5) l'efficacia dei dialoghi: non è facile scrivere un dialogo convincente; l'interlocuzione non dev'essere banale o superficiale, deve accordarsi sempre con il contesto ed incidere sull'emozione suscitata.
Nella lettura di un testo, tuttavia, intervengono anche elementi legati alla sfera SOGGETTIVA, opinabili, perché si tratta di punti di vista, di opinioni che risentono di una visione personale e che sono inevitabilmente legati al carattere o ad un modo di pensare. Sotto questo aspetto, premierei:
1) la storia con il fattore X: in genere mi colpiscono i libri che raccontano vicende non scontate e lì il fattore X è senz'altro l'originalità (se non smentita fino alla fine); ma ci sono scrittori che, pur narrando fatti ordinari, lo fanno in modo assolutamente straordinario, magari usando artifizi particolari o adottando uno stile individuabile fra tante altre opere di eguale tenore: queste sono le storie che più mi piace leggere;
2) la narrazione che non contiene gli stereotipi largamente (e aggiungerei banalmente) condivisi: il protagonista bello e dannato, la donna ricca e odiosa, la fanciulla povera ma buona. Recentemente ho letto un libro di Denis Lachaud, "Frederic smarrito fra i suoni", in cui con maestria l'autore conduce il lettore dentro i ragionamenti, ai limiti della schizofrenia, di un ragazzo di 17 anni: è quasi una fastidiosa stonatura trovare un giovane nel pieno del suo vigore perdere la ragione, ma è anche il vero punto di forza su cui si reggono le 216 pagine del romanzo che non dimenticherò più;
3) la capacità di coinvolgere: la storia narrata non deve soltanto generare in me curiosità o interesse, ma deve rapirmi al punto da indurmi a subordinare ogni altro mio interesse alla lettura del libro che la racconta. Devo trovare immedesimazione, condivisione, devo provare empatia verso i personaggi: amarli, odiarli, entrare nelle loro teste, capire il loro modo di ragionare, vivere la loro vita.
4) l'effetto sorpresa: trovo apprezzabile una storia scritta bene e con un bel contenuto, ma quando un elemento impensato interviene a sconvolgere piani o a sovvertire ordini (purché sempre in modo coerente) allora il mio entusiasmo subisce un'indomabile impennata;
5) la capacità di lasciare il segno a lettura conclusa: un libro al quale affido il posto d'onore fra le mie preferenze è quello che devo poi smaltire subito dopo essere arrivata all'ultima riga, quando ho bisogno di qualche giorno per assorbire la storia e digerirla, per pensare, rimuginare, per uscire in punta di piedi dalla vicenda narrata e chiudermi la porta alle spalle per sempre.
Ora non so quanto siano determinanti, nel giudizio di un'opera letteraria, i requisiti oggettivi rispetto a quelli soggettivi, se cioè a prevalere siano gli elementi inopinabili o i fattori legati ad un gusto personale, sui quali si possa discutere.
Certo è che quando una giuria letteraria si esprime lo fa anche sotto la spinta di motivazioni che nascono da una predisposizione o da determinate preferenze, dunque a maggior ragione penso che vincere un concorso risponda anche ad un sottile incontro di fortunate congiunture.
E voi che giudici sareste? e quali sarebbero i vostri metri di valutazione?
Io mi sono trovata in giuria, sia a un concorso per romanzi che a uno per racconti (oltre alla strana esperienza di partecipante-giudice che offre IoScrittore). In entrambi i casi mi occupavo della seconda fase, quindi c'era già stata a monte una scrematura. Le opere erano quindi tutte ben scritte a livello stilistico. La differenza l'ha fatta la struttura e la trama. Mi sono resa conto che anche chi ha un'ottima capacità tecnica a volte fatica a costruire una storia che sia una storia, che porti il lettore a girare pagina con il desiderio di giungere alla fine.
RispondiEliminaHo anche capito, però, che il quid in più che differenzia una buona opera da una ottima sono proprio i punti finali del tuo elenco. Nel caso del concorso per romanzi io ero molto in imbarazzo perché ero quella con meno esperienza tra i giurati (mi chiedo ancora cosa ci facessi lì) e avevamo delle linee guida che però lasciavano ampia discrezionalità. C'era però un romanzo che spiccava notevolmente sugli altri. Rimaneva dentro. Non era il tipo di romanzo che io avrei acquistato, anzi. Non aveva una trama lineare e definibile, era un esperimento narrativo ai limiti della follia. Ma, una volta chiuso il manoscritto rimaneva dentro, continuavo a pensarci. Ancora adesso a distanza di più di un anno, mi torna spesso in mente. Con molti patemi d'animo gli ho dato il punteggio più alto, temendo però di aver fatto una scelta molto soggettiva e poco condivisibile. Ha vinto quel romanzo, a pari merito con un altro, segno che comunque quella sensazione di sorpresa, novità, quella capacità di rimanere dentro erano state condivise da tutti.
Sono uscita da queste esperienze con l'idea che i gusti sono personali, ma ci sono dei parametri oggettivi per dire "quest'opera è bella. A me magari non piace, però è oggettivamente degna di essere letta."
Un'opera oggettivamente apprezzabile non può essere scartata, questo è vero, però se ho davanti un romanzo stilisticamente perfetto ma che mi attraversa senza lasciare traccia ed uno tecnicamente meno preciso che, invece, occupa a lungo i miei pensieri, la mia scelta va senz'altro a quest'ultimo.
EliminaAvrei difficoltà a giudicare lavori, per così dire, non nelle mie corde: vivrei un dramma se dovessi selezionare una poesia, ma penso che accadrebbe lo stesso se mi capitasse di leggere un romanzo fantasy; forse in questi casi punterei la lente d'ingrandimento sull'abilità stilistico-narrativa dell'autore, dunque fonderei il mio giudizio su basi di carattere prettamente oggettivo.
Sono molto d'accordo con te e con Tenar. Non ho mai giudicato romanzi, ma mi è capitato di cercare di anticipare il responso di giurie che dovevano giudicare in campo artistico.
RispondiEliminaSe il livello non è eccelso, c'è spesso qualcosa o qualcuno che, al di là di tutto, svetta. A occhio nudo, si potrebbe dire. Quando il livello sale, invece, serve davvero molta "educazione", sul tema, per riuscire a vedere chi sia meglio; capisco che molti, da fuori, non riescano a cogliere i motivi neppure spiegandoglieli :)
EliminaInfatti, secondo me, i motivi vanno colti ma non spiegati. Come spieghi un'emozione o la sensazione che ti ha lasciato quella data lettura? Sì, in genere, nelle opere di basso livello, intervengono pochi fattori che possono aiutare una scelta, mentre in quelle di spessore più elevato puoi appigliarti a più elementi.
Dici che sia più semplice giudicare le prime rispetto alle seconde?
Se lo spessore è modesto basta scegliere chi abbia fatto "meno peggio" ;)
EliminaIn terra caecorum beati monoculi! :)
EliminaFra i parametri oggettivi, io aggiungerei anche la gestione dei punti di vista, perché trovo molti scrittori, anche affermati, che lo usano in modo un po' rocambolesco. Sandrone Dazieri, ad esempio, ha scritto molti romanzi che mi sono piaciuti, ma in "Uccidi il padre" rimbalza continuamente da un personaggio all'altro all'interno della medesima scena, cosa che limita molto le possibilità di identificarsi.
RispondiEliminaMa sai qual è, in generale, il tipo di romanzo che apprezzo maggiormente? Quello in cui ho la sensazione di un progressivo passaggio del caos all'ordine. L'autore che riesce a disseminare la trama di elementi apparentemente scollegati e a dare a ciascuno di loro la giusta collocazione secondo me è il migliore di tutti. Quando ogni singola parola ha le sue ragioni per essere sulla pagina, e non ci sono elementi stonati e inutili, l'opera mi regala una profonda sensazione di armonia.
Sono d'accordo con te: a me piace domandarmi spesso "chissà dove vuole andare a parare l'autore", perché mi auguro sempre di riuscire a mettere ogni tassello al posto giusto. Se questa operazione non mi riesce, allora boccio la storia senza prova d'appello. Sono una lettrice esigente!
EliminaCome dire che i conti devono quadrare, dici bene: il caos deve volgere verso l'armonia. :)
Non so quale sarebbe il mio metro di valutazione, ma credo di conoscere quello applicato dalle case editrici: venderà?
RispondiEliminaCerto, spesso è usato a sproposito e una delle conseguenze sotto gli occhi sono libri scritti da chiunque sia stato visto pascolare in uno studio televisivo. Ma bisogna sempre ricordare che una casa editrice o ha i conti in ordine oppure chiude. Quindi nei vari metri di valutazione deve rientrarci anche questo.
La domanda "venderà?" è insidiosa: quanti brutti libri vengono messi in circolazione solo per assecondare la legge dei numeri? Le Case Editrici, vero, spesso campano anche - se non soprattutto - sui fenomeni da baraccone, seguono le mode del momento, bocciano contenuti di qualità solo perché ormai superati, ma perdendo tanto in qualità rischiano la disaffezione del lettore abituale (a me è capitato!). O forse, in questo caso, ubi maior minor cessat?
EliminaNel giudicare un libro gli ingredienti che citi ci sono tutti, fino all'ultimo... ma poi mi trovo tra le mani un libro che mi piace moltissimo, ed è carente sotto molti aspetti, anche importanti. Che sia questo il genio? Quello di chi riesce ad andare oltre i cirteri di giudizio con un solo balzo?
RispondiEliminaSì, poi ci sono i libri che escono fuori da ogni regola: il genio creativo che riconosci e non sempre viene premiato!
EliminaMi è capitato sia di valutare opere per concorsi indetti da Plesio e anche per concorsi esterni. Per quelli esterni, bene o male, ho sempre valutato seguendo le linee guida imposte dall'ente che indiceva il concorso, in quelli interni a Plesio ho invece sempre scelto io i criteri. Dopo i classici parametri di stile, grammatica e logicità della trama aggiungo sempre una quarta voce, che denomino 'piacere personale' e che compilo sempre a 'lettura digerita'. La voce, in sostanza, che misura quanto un'opera mi abbia lasciato, quanto sia capace di accompagnarmi anche dopo la lettura.
RispondiEliminaHo notato che un po' tutti, tolta l'analisi fondamentale su forme grammaticali e sintassi, ci soffermiamo sul modo in cui la lettura entra nei nostri pensieri, segno che la valutazione soggettiva è una componente forte nel giudizio.
EliminaCredo di sì. Anche perché penso che sia poi uno dei parametri utilizzati anche dal lettore finale per giudicare la qualità di un'opera.
EliminaÈ vero, alla fine è solo il lettore il vero giudice di un'opera!
EliminaNon mi è mai capitato di far parte della giuria, penso comunque che sia un'attività interessante e tutti i fattori oggettivi e soggettivi si congiungono, con l'unico scopo di emettere un giudizio.
RispondiEliminaSarebbe interessante farlo :D
Sì, devo dire che anche a me piacerebbe misurarmi con questa esperienza, però temo che sarei un tantino rigorosetta!
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