FERRAGOSTO A MOLLARELLA (Licata)
I preparativi fervono, come quelli del 31 dicembre che pullulano di attese: ferragosto come il capodanno.
Mi sono riempita i polmoni di aria di mare e dalla terrazza della casa che mi ospita lo spettacolo della spiaggia goduta dall'alto è stato per tre settimane fonte di relax e ispirazione.
I nostri vicini stanno preparando la brace per la grigliata di carne, io ho appena finito di fare la doccia e sto aspettando che la sfera rossa che in questo momento mi incanta si nasconda dietro la linea dell'orizzonte. Lo fa in pochi minuti, così torno alle mie incombenze con la musica proveniente dalla spiaggia nelle orecchie e distratta, di tanto in tanto, da qualche botto inaugurale che rimbomba da un punto lontano. Il cielo sta indossando la sua divisa notturna e penso, con una punta di nostalgia, ai balli in discoteca dei miei tempi, ai falò in spiaggia, al bagno di mezzanotte, immancabile appuntamento di ogni estate in campeggio. I miei ricordi risalgono a quando partecipavo ai festeggiamenti e sublimavo i miei flirt estivi con una birra, le infradito ai piedi e un costume che poi spariva dentro l'acqua.
Il vociare di alcuni baldanzosi giovani mi distrae, mentre stendo i teli del mare. Sono due coppie di ragazzi del luogo che scendono verso la spiaggia, mentre percorrono la stradella davanti al mio cancelletto. Rimango rapita dai capelli biondissimi di una delle ragazze e dalla moda dei tatuaggi che li uniforma.
Alle ventidue la serata entra nel vivo: i profumi dell'arrosto alla brace invadono le mie narici, mentre io, per non mettere mano ai fornelli, ho consumato in fretta un arancino, che mi sazia con grande goduria. La musica continua a diffondersi dalla spiaggia e i ritmi si fanno più impegnativi: abbandonate le hit dell'estate, le varie Sofie, i mitizzati trattori in tangenziale e gli ironici esami comprati all'università, si passa al tunz tunz che scatena entusiasmo in casa: mio figlio è uno shuffler provetto e coglie ogni occasione per muovere gambe e piedi!
Serata perfetta, direi. Un brindisi con un bicchiere di vino sotto il cielo stellato, un gioco pirotecnico che fa brillare la superficie nera del mare e buon ferragosto! Niente bagno di mezzanotte, ma un magnifico tuffo fra le lenzuola!
Peccato che questa sia solo la versione edulcorata di un racconto abbellito dalle parole, che in realtà dovrei narrare in modo diverso.
I preparativi fervono, come quelli del 31 dicembre che pullulano di attese: ferragosto come il capodanno. Solo che nella notte del primo dell'anno si festeggia un inizio, in quella di metà agosto una fine. La fine dell'estate. La mia. Il 16 rientro a Caltanissetta e il 19 sarò di nuovo a Roma. Mi godo la coda di queste vacanze dalla terrazza della casa che abbiamo affittato per tre settimane.
I nostri vicini stanno preparando la brace per la grigliata di carne, io ho appena finito di fare la doccia e ho da preparare una cena, che sembra debba sfamare un esercito e invece deve saziare prevalentemente due buone forchette chiamate "figli". Per prendere tempo ho trovato una scusa: aspetto il tramonto che da quassù è un incanto. Dura troppo poco, poi le richieste di cibo tornano a rompere l'incantesimo e a farsi imperanti. Ma io ho poca voglia di cucinare, così mio marito si offre di andare a comprare qualche arancino. Nell'attesa, mi concedo un solo sforzo: preparare la tavola. Ricompatto il quotidiano aperto su una pagina:
"Attacco alla Thailandia: quattro morti e quaranta feriti sono il tragico bilancio dell'esplosione dieci bombe".
In quel momento, come in una coincidenza cinematografica, sento uno scoppio di petardi che da simbolo festoso diventa un amplificatore di suggestioni legate alla deflagrazione nella terra asiatica. Guardo il cielo che sta diventando buio e penso alle vittime dell'ennesimo attacco jihadista.
Stanotte si balla, si canta attorno a un falò, il bagno di mezzanotte è un immancabile appuntamento. I miei ricordi risalgono a quando partecipavo ai festeggiamenti e sublimavo i miei flirt estivi con una birra, le infradito ai piedi e un costume che poi spariva dentro l'acqua. E non spariva per quello che avete sicuramente immaginato, ma solo perché era una sorta di abitudine condivisa tra noi amici, quella di sentirci completamente liberi in acqua, protetti dal buio e assistiti solo dalla luna. Ossa infradicite e mal di testa garantiti.
Il vociare di alcuni baldanzosi giovani mi distrae, mentre stendo i teli del mare. Passano davanti al mio cancelletto e io non posso evitare di alzare gli occhi su di loro. Una lei dice a un lui: "me mà mi scanna se torno tardi". Lui risponde: "seee, a sedici anni, ancora?", l'amica incalza: "amunì Gabriè, almeno stasera facciamo le tre!" e un quarto tipo la difende: "io sana l'haiu a purtari a casa, sennò so mà scanna puru ammia!". Ridono divertiti.
Rimango rapita dai capelli biondissimi di una delle ragazze e dall'orrore che l'altra esibisce fiera sulla coscia scoperta: un tatuaggio che le ha trasformato la gamba in una savana. Un leone con una chioma nera e qualche pennellata di rosso ruggisce in mezzo a un fogliame confuso che le scende lungo il femore e si ferma sul ginocchio. Sgrano gli occhi e rimango con una molletta appizzata a metà sul filo per stendere. Sorvolo sul tatuaggio dei due maschi, anche se la ragnatela di inchiostro fissata sul polpaccio del fidanzato della sedicenne ha risposto a qualche mia domanda.
Alle ventidue la serata entra nel vivo: i profumi dell'arrosto alla brace invadono le mie narici, mentre la fame sta trasformando i miei figli in pericolosi cannibali. Si muovono nervosi, rispondono con il linguaggio della ribellione adolescente che si agita in loro. Per ammazzare il tempo, prima dell'arrivo di mio marito con gli arancini fumanti, approfittano della musica proveniente sempre dalla spiaggia e sbuffano al coro di "mira Sofia" cantato dallo spagnolo, poi smorfiano il ritornello dei trattori in tangenziale imitando il movimento dinoccolato delle spalle visto nel video della canzone. Cerco di convincerli a farsi la doccia, ma loro, salati, affamati e insofferenti, mettono alla prova il mio livello di sopportazione con lo shuffle dance ballato in terrazza, al ritmo di alcuni brani salvati nei loro smartphone.
Pensavamo di potere salutare il ferragosto con un brindisi di mezzanotte e la visione di uno spettacolo pirotecnico ammirato dall'alto, invece il tuffo fra le lenzuola diventa un incubo: la musica si protrae per ore, non ci si crede, dura fino al primo albeggiare.
Io prendo sonno a spot, il suono martellante entra persino nei miei sogni, insieme al leone che ruggisce nella savana depilata di quella ragazza e gli arancini che fanno la ola nella mia pancia. Alle sei e trenta sono come il defunto adagiato nel letto mortuario: tisa e immobile, con le braccia incrociate sul petto e gli occhi ammaccati dal sonno e dagli abbìli.
Al canto del gallo le casse della discoteca in spiaggia tacciono.
È una fortuna, oggi, trovare la spiaggia vuota.
Stamattina il mare è tutto mio!
Buon ferragosto a tutti.