Via Lucio Mario Perpetuo: oggi è una giornata di sole, la primavera si affaccia timidamente, chiede permesso, posso entrare? ma nuvole e vento fanno ancora i gradassi. È la seconda primavera blindata, questa e confusione, malcontento, attese, piani sanitari in bilico tra buon esito e fallimento, restrizioni, multe, disagi, paranoie, recitano un copione che non è cambiato, dopo un anno di pandem-onio.
Percorro un viale alberato, piccole gemme si preparano a riempire di rosa i rami spogli; nell’aria si mescolano i rumori distanti di un cantiere edilizio, il cinguettio scatenato degli uccelli, lo sciabordio dell’acqua di una fontanella lungo il marciapiede. C’è un tizio in bici, il giro della catena produce una specie di sfrigolio cantilenante che va a ritmo di pedalata; pochissime macchine in transito, i ganci grippati di un’altalena che dondola stridono da un giardinetto nei paraggi; cani silenziosi corrono a recuperare un oggetto lanciato dai padroni in uno spazio verde destinato solo a loro. Sembra un idillio, invece è solo la bellezza della normalità che risponde alla mia esigenza di fuga.
Cammino senza autocertificazione in tasca, potrei eludere le critiche dicendo che sono stata sbadata e l’ho dimenticata a casa, invece è stata una scelta, perché mi sento più sincera a non dovermi giustificare tramite un pezzo di carta piuttosto che firmare una dichiarazione falsa: non sto andando a fare la spesa, non ho bisogno di medicine e non vado a comprare il quotidiano. Ma se mi beccano dirò proprio: oh, che sbadata, l’ho dimenticata a casa. Sto andando al supermercato o in farmacia o in edicola. Insomma, alla fine mentirò. Come fanno tutti!
La strada fa una curva a sinistra: in Via dei Laterenzi, invece, c’è silenzio. Non so se ciò sia dovuto all’obbedienza al codice rosso con cui è stata decretata, in questa regione, la clausura fino a Pasqua oppure se l’arcobaleno di divieti non abbia nulla a che vedere con l’isolamento naturale di questo piccolo rione popolare.
Lo abbandono entrando in Via dei Sulpici.
I palazzi grigi sono ravvivati da una serie di fioriere che sporgono dai balconi; le gradazioni cromatiche non servono a imporre limiti: il giallo, l’arancione e il rosso dei gerani mettono solo allegria, quello che i colori dovrebbero fare.
La revolver ha un solo colpo in canna. Un gioco d'azzardo: ruoti il tamburo, ti affidi al destino e premi il grilletto. L'ago nel braccio può essere l’unica pallottola sparata o la camera di scoppio vuota della pistola.
Coraggio, mamma, a te non accadrà nulla.
Da Viale Opita Oppio entro in Via Cartagine. Respiro dentro una mascherina di stoffa; una donna parla al telefono con qualcuno; mentre la supero sento che dice: non ce la posso fare. L’uomo del bar... l’ho guardato negli occhi, ieri, mentre mi porgeva il resto: ho pagato un succo di frutta in bottiglietta e un cornetto. Non li ho consumati, non ne avevo voglia, volevo solo essere un pensiero positivo nella giornata dell’ennesima persona che non ce la può fare.
Intanto arrivo in Via Selinunte. Vedo, dall’altro lato della strada, una saracinesca chiusa, verniciata di rosso, con dei disegni bianchi; porta in alto una scritta: “CENTRO SOCIALE AUTOGESTITO SPARTACO”. Sono passati trent’anni. Pogare alle feste dell’Unità al ritmo di “Curre curre guagliò” dei 99 Posse: "22.9.1991 Un giorno come tanti ma non certo per qualcuno, qualcuno che da giorni mesi anni sta lottando contro chi di questo stato ‘na gabbia sta facendo..."; osservare il murales in bianco e nero realizzato da mio fratello sulla parete di un locale, ascoltare nei centri sociali di Palermo la musica dal vivo di gruppi amatoriali punk-rock... Chissà se esistono ancora! Il mio batterista preferito fa l’avvocato e porta sempre i capelli raccolti in un codino. Mi viene da ridere, una bimba su un triciclo si ferma e mi guarda, la madre si scusa dell'innocente impertinenza, poi corre dietro al mini veicolo a tre ruote lungo il marciapiede. La distrazione mi riporta con la mente al qui e ora:
22.3.2021 Un giorno come tanti, ma non certo per qualcuno, qualcuno che da giorni mesi - un anno - sta lottando contro... il coronavirus. Ecco la gabbia odierna.
Il coronavirus ha preso le nostre vite, letteralmente, qualche volta in modo definitivo, qualche volta tenendole in proprio potere, i risvolti del dramma affidati a medici, ospedali, alla preghiera, al vaccino.
Non obbligatemi a giocare alla roulette russa, perché se no faccio la guerra!
Giungo a un incrocio: ad angolo c’è una scuola chiusa. Le scuole vuote mi mettono malinconia, pure nei mesi di vacanza, nella piena legittimità della pausa estiva. Ora, però, è una legittimità forzata, mamme in crisi, figli in crisi, studenti non tutti in crisi: sarete teste gloriose, dopo l’esperienza della didattica a distanza.
Attraverso Via del Quadraro e arrivo al Parco dell’Acquedotto Felice, meta di questa passeggiata. Non è proprio dietro casa, ma nell’arco dei miei 200 metri ho un ferramenta, un barbiere e un negozio che vende rettili; il supermercato più vicino è a quasi un chilometro. Adatto alle mie esigenze il concetto di “prossimità”: non prendo la macchina né mezzi pubblici, non mi reco al centro, sto alla larga dalla gente, la mascherina è il mio secondo muso, nella borsa ho tre cose, portafoglio, chiavi di casa e amuchina. So che posso permettermela l’aria aperta di un parco, anche se cammino impunemente oltre la soglia della presunta “prossimità da casa”.
Mi guadagno il mio angolo di paradiso. Oggi, in borsa, ho portato una quarto oggetto “sacro”: le cuffie. È tempo di smaltire le tossine mentali, è tempo di affidarsi al potere salvifico della musica: non cambia la situazione, ma cancella il grigio di questa mattinata di timida primavera.
Vero! La musica non cambia la situazione, ma cancella il grigio...Confermo in pieno!
RispondiEliminaIntenso questo tuo racconto in cui descrivi il paesaggio in cui cammini attraverso ciò che vedi e ciò che senti, suoni, rumori, stralci di discorsi...Ma affiora anche qua e là la riflessione sul periodo crudo che stiamo attraversando, sulla difficoltà e la ribellione. Da un lato la roulette russa, il rischio, il destino, dall'altro il desiderio di un angolo di paradiso.
Posso confidarti una cosa? Sono andata a prendere la mappa di Roma e ti ho seguito, passo passo, via per via!
Grazie!!!
Ma lo sai che il mio intento era anche quello di portarvi idealmente con me nel tragitto fatto per arrivare fino al parco? Dunque, grazie a te, Annamaria, per avermi letto nel pensiero! 😁
EliminaHai fatto benissimo!
RispondiEliminaIo esco tutte le mattine, senza autocertificazione.
Avendo la fortuna di vivere sul mare, porto mio figlio a far volare il suo aquilone nel mezzo del nulla.
Poi andiamo a dare da mangiare agli animali di un circo fermo in città dallo scorso ottobre, a pochi isolati da casa.
Stamattina c'era un posto di blocco di carabinieri proprio di fronte al circo.
Noi eravamo a piedi. Li ho salutati e gli ho chiesto se sfamare gli animali fosse un reato. Hanno riso e mi hanno detto che posso farlo a qualsiasi ora del giorno, senza neppure sapere se abitassi da quelle parti o se, come te, avevo già percorso un buon chilometro.
Ah, io la mascherina la porto sempre sotto al mento perché, come detto, passeggio nel nulla e non posso fare assembramento con mio figlio. ;)
Magari avessi il mare vicino, lo cambierei volentieri con i parchi che visito spesso. Hanno il loro fascino, poi questo degli acquedotti a me piace particolarmente perché è attraversato dai ruderi ed è bello da vedere. Io, devo dire, non ho incrociato mai nessun posto di blocco, dacché cammino a piedi e c’è molta gente in giro, anche in macchina, niente a che vedere con il primo lockdown. Il parco, però, è un luogo sicuro, nessun assembramento: lì sì, che mi concedo il lusso di togliere la mascherina.
EliminaGrazie! Grazie per avermi portata a fare una passeggiata con te! Da quando le scuole hanno chiuso, io non metto il naso fuori di casa; fatta eccezione per ieri quando ho portato Lorenzo, il grande, dall'oculista: credo che mio figlio sia miope, di certo se non ci vede e lamenta sempre mal di testa non posso ancora rimandare la visita che rimbalza già da settimane. Però, mi stanco quando esco, sarà tutto sto stare fermi, sarà che torno a periodi nei posti che conosco bene e quasi sempre trovo due o anche tre attività alla volta chiuse definitivamente. Il mio stato d'animo non m'aiuta: dentro mi sento troppo chiusa, fuori mi viene voglia di scapparmene a casa. Non mi va di incontrare gente, neppure per sbaglio, persone che conosco e con cui sarei costretta, seppur a distanza, a scambiare due parole con la mascherina e il cuore pesante che mi soffocano.
RispondiEliminaIl mio è un doppio malessere, me ne rendo conto. Ma a leggerti, mi è venuta voglia di prendere le cuffie e fare due passi, che ne so, lungo la pista ciclabile, con la Sabina che si staglia nel panorama. Forse vado... Vado? Ma sì, vado. Dopo ti racconto: quando riusciremo finalmente a riprendere quel caffè.
Vai, Irene, se “contagio” positività sono felice. E poi, sempre spesa, supermercato, pane... e che diamine: abbiamo bisogno di sport, aria, libertà e ottima musica.
EliminaIo, il caffè, lo aspetto come aspetto di scendere in Sicilia, sappilo! 😘
Quando si parla del potere liberatorio della musica io posso solo assentire in modo pieno e incondizionato. Certo, il lockdown continua a esistere, come pure l'ansia per i vaccini e la sensazione di prigionia. Però, è proprio in un contesto simile che bisogna rammentare che esistono cose belle che possono essere godute anche "dentro una cella".
RispondiEliminaNon me ne dimentico: ormai non faccio altro che tenere strette le cose belle e positive (fosse anche solo una passeggiata e l’ascolto di buona musica) e alla larga da me ciò che mi mette ansia. Ci provo: qualche volta vince l’ottimismo, qualche volta no, è una lotta che non mi stancherò mai di affrontare, almeno finché durerà questa stremante incertezza su tutto.
EliminaUn racconto meraviglioso, Marina. Il passaggio su via dei Sulpici è veramente poesia. E poi non avevo mai fatto caso ai nomi bellissimi che Roma dà alle sue vie e ai suoi parchi...
RispondiEliminaAbito in una zona che ha i nomi di antichi romani, qualcuno persino buffo. Quando li ho visti per la prima volta, pensavo fosse una follia chiamare le vie Vestricio Spurinna, Scribonio Curione, Attio Labeone, Sestio Menas... solo ricordarli è quasi impossibile! 😅 Il Parco degli Acquedotti è molto grande, è uno degli itinerari previsti per chi visita anche il Parco dell’Appia Antica. Sono fortunata perché vivo da quelle parti lì ed è stata una scoperta incredibile, per me, vivendo comunque in una zona periferica. Grazie, Elena: un momento di forte ispirazione.
EliminaChe bel nome "parco dell'acquedotto felice", sembra di buon auspicio, chè poi stare all'aria aperta in un parco sembra già una bella cosa.
RispondiEliminaIo comincio a sentirmi un po' depressa per le cose che non posso fare, per esempio andare a fare un giro al mare o in collina, di solito con la primavera capitava...Ieri sono andata a lavorare a piedi e ho messo gli auricolari per ascoltare un po' di musica, ma non è servito molto a sollevarmi il morale.
Già, Felice era il nome del papa che diede il nome all’Acquedotto, era papà Sisto V, al secolo Felice qualcosa. Però, sì, vista l’attuale situazione, usarlo nell’accezione di aggettivo non è male per niente. Giulia, dobbiamo pur inventarci qualcosa: che sia la musica, che sia una passeggiata, che sia un desiderio di libertà realizzato all’aria aperta... qui, il morale va aiutato.
EliminaCome sempre, una narrazione che ci porta direttamente nella scena.
RispondiEliminaQuesta realtà cristallizzata in una serie di immagini che stanno diventandoci troppo familiari... fa male. Siamo quasi in aprile e ancora non ne usciamo. Il teatro del prossimo mese continuerà a essere a distanza, e questo davvero ci rende tutti molto inquieti e ormai sfiniti.
Sfiniti, il termine giusto. Quando si diceva “andrà tutto bene” eravamo pieni di speranza, adesso la quantità di fiducia si è notevolmente ridotta; andiamo dietro alle regole senza capire più in che direzione ci stiamo dirigendo: quella giusta, quella sbagliata, quella inutile. Tutto fermo, in perenne attesa... una sospensione che dura da troppo tempo ormai. Non ci resta che “mostrare”, scrivendo, il nostro stato d’animo.
EliminaDa che il Piemonte è in zona rossa io sto uscendo solo se è necessario, per andare al lavoro (quel che ne è rimasto) o per necessità; altrimenti mi permetto ogni due o tre giorni un breve giro del quartiere, esattamente come un anno fa, anche quando avrei voglia di una bella passeggiata al sole di un'oretta.
RispondiEliminaPer il resto tutto a distanza. Tenere una giornata di formazione stando 8 ore davanti al computer è decisamente logorante, però lo si fa.
Non è credibile una zona rossa che impone restrizioni per due settimane e poi diventa arancione per cinque giorni prima di Pasqua per tornare a essere rossa nei giorni di festa. Nessun senso, nessuno, a mio avviso. Io non lo so come sta finendo, anzi lo so e cerco di sopravvivere come posso, con l’unica accortezza di stare attenta alla mia saluta e a quella degli altri.
EliminaVeramente è credibile nel senso che almeno vi si dà un poco di respiro (non tanto a te, che in effetti ti cambia poco, ma ad alcune categorie di lavoro). L'alternativa sarebbe come sta capitando qui da me, che siamo in zona rossa da 15 giorni e continueremo così fino a Pasquetta. E credo anche dopo, perché tecnicamente saremmo rosso scuro, la situazione qui è brutta sul serio, e non c'è tanto spirito per allegre passeggiate, per quanto a prima vista non si direbbe. Il termometro della situazione non ce l'ha il cittadino, ma chi lavora in ospedale come mia mamma può dirti come sta andando davvero.
EliminaAnche nella mia città d’origine, Caltanissetta, la situazione è molto brutta: i contagi aumentano con una rapidità impressionante e io consiglio ai miei di non muoversi da casa. Forse, nei grandi centri la percezione è diversa, nel senso che c’è più dispersione e questo illude, fa vedere più a distanza il problema. Ma quello che non capisco è la modalità di gestione del sacrificio: è bello il pensiero di fare respirare alcune categorie lavorative, ma resta insensata la decisione, perché, comunque, il virus non si prende una pausa per Pasqua e magari, dopo avere forzato la gente a non uscire per settimane, le concedi la libera uscita che potrebbe essere fatale. Sono contentini pericolosi.
EliminaEh, beata te! Il parco Acquedotto Felice mi ispira parecchio, chissà com'è d'estate... magari cade qualche goccia rinfrescante da lassù? :D
RispondiEliminaPurtroppo lavoro e studio non mi stanno lasciando spazio per le passeggiate, pur avendo un parco a un kilometro da una parte e un lungo argine dall'altra (ma tocca usare eccome la mascherina, perché non sono luoghi deserti, l'attività motoria è permessa). Le uniche volte che sono uscita in un intero mese sono per l'ospedale, esame di controllo, e in ufficio postale di corsa la sera, dopo aver timbrato, per spedire due raccomandate urgenti. Tra l'altro, brutta esperienza: fuori dall'ufficio si è rischiata la rissa, dato che, diversamente dalle indicazioni mostrate, dentro c'erano meno clienti, noialtri fuori in fila per tutto il parcheggio, senza possibilità di prendere il numero di attesa. L'ufficio chiude alle 19, normalmente chi è dentro entro le 18.50 viene servito, gli altri no. Ale 18.40 esce un'impiegata a dire che noi fuori non saremmo stati serviti, ma c'era gente in attesa da 20 minuti, come me. Alcuni animi si sono scaldati, parecchio, gli stessi clienti hanno minacciato di chiamare i carabinieri. Fatalità la coda è stata smaltita celermente, alle 19.00 ha chiuso l'ufficio, alle 19.10 non c'era più nessuno da servire. Le persone sono molto stanche, ma accanirsi gli uni con gli altri non ci fa certo risolvere la situazione.
La gente è esasperata sì, ormai non è disposta a tollerare più niente o, magari, è sempre stata così e ora trova solo terreno fertile per sfogarsi. Me lo diceva giusto una mia vicina di casa: ci siamo incontrate l’altro giorno, lei faceva fare pipì al cane (ma non è quella di cui ho parlato, questa abita al secondo piano: hanno tutti almeno un cane in casa!), io andavo a piedi al supermercato e mi raccontava di quante volte al giorno, ormai, lei perda la pazienza anche per futili motivi. Le credo, anche se io continuo a mantenere la calma in quasi tutte le situazioni, salvo poi venirmi a sfogare nel blog. 😅
EliminaComunque, le Poste restano al primo posto tra i luoghi pubblici più rissosi. 😄