martedì 12 aprile 2016

Romanzo in progress: un cantiere sempre aperto


Mi ero ripromessa di non parlare del romanzo che sto scrivendo, perché non ho mai trovato stimolante rendere conto di una stesura in corso d'opera al pubblico che legge gli articoli di un blog. Qualcuno sostiene che serva per catturare futuri lettori i quali, seguendo l'iter dell'autore fino all'attesa pubblicazione, si sentono più coinvolti, dunque curiosi di leggere il prodotto finito frutto di considerazioni, dubbi condivisi, consigli richiesti e utili riflessioni suscitate dal confronto. 
Io sono un po' restia a seguire questa "azione di marketing", sono interessata all'evoluzione dei lavori di persone che conosco e stimo, ma se dovessi imbattermi nel resoconto di qualche scrittore a me ignoto, all'interno del suo blog, penso che non considererei i suoi articoli. 
Sbaglio a pensarla così?

Eppure oggi colgo l'occasione non per addentrarmi nella storia cui mi sto dedicando da un po', ma per lasciare spazio a un piccolo sfogo che parte proprio dal lavoro che sto portando avanti fra pochi "alti" e moltissimi "bassi": il mio nuovo romanzo.

Quando ho un'idea forte che si impone e non mi lascia pensare ad altro, mi butto a capofitto nel progetto: è un lancio nel vuoto che io adoro, non so come finirà né vedo un traguardo all'orizzonte, ma mi abbandono con entusiasmo, mi lascio trascinare dentro la mia istintiva ispirazione e ho bisogno di aprire il mio personale cantiere letterario.
L'ultimo ha avuto inizio quest'estate, in Sicilia ed è andato avanti per sei capitoli.
Una sera mi sono concessa una pizza con le mie amiche e le solite chiacchiere da comari sono state soppiantate dal dramma sentimentale di una di loro, protagonista di una travagliata vicenda, così, al ritorno a casa, ho aperto il tablet e ho cominciato a scrivere l'inizio di qualcosa su cui avrei, poi, costruito l'intreccio del mio romanzo: un primo capitolo che, decisamente, superava la mia normale quota creativa, essendo un po' oltre - molto oltre -  i parametri della mia scrittura. 

Ho provato a fare la scrittrice come quelle di cui ci piace tanto parlare, quella che deve sapere scrivere di tutto, quella che deve essere in grado di raccontare verità lontane anni luce dalla propria vita e dal proprio modo di pensare e mi sono imbattuta in una versione in tinta hard che mi ha fatto per un attimo dubitare della mia sanità mentale. L'ho fatto e mi sono divertita e persino il risultato mi piaceva.
Ecco, ho usato i due verbi al passato perché è bastato qualche mese, una fase di stallo e molta poca convinzione nel frattempo maturata per mandare al diavolo l'idea originaria del mio romanzo. E c'è stato anche qualcuno, al quale ho avuto il coraggio di affidare la lettura di quel primo capitolo, che mi ha fatto sentire come Eva sgamata dopo avere mangiato il frutto proibito.

Quando ho scritto "31 dicembre" ero una sognatrice, ho tradotto un'idea, che premeva per essere raccontata, in una storia che ha seguito un percorso tutto sommato semplice: scrivevo e le cose venivano da sé. Non mi preoccupavo di incongruenze, non avevo l'incubo dei punti di vista, non mi appaturniavo con sottotrame, infodump e show don'tell e nella mia beata incoscienza ho portato a termine il lavoro. Una valanga di errori e refusi mi ha seppellito, subito dopo la pubblicazione, ma la storia, quella, non mi ha mai, mai, stancato o fatto perdere l'entusiasmo: a distanza di anni, io la trovo ancora costruita bene (e scusate l'autocompiacente franchezza! Chissenefrega, ogni tanto...)

Ora che le molte letture continuano a suggerirmi idee e strategie stilistiche, ora che molti blog letterari che seguo mi mettono in guardia, mi consigliano cosa fare e cosa no, ora che via via vengo a conoscenza di come si diventa scrittori, ebbene ora tutto quello che scrivo non mi piace. Trovo banalità in ogni cosa che penso, riconosco errori che fanno inciampare la penna una parola sì una no, leggo e non mi convince l'incipit, il dialogo è debole, la struttura fa acqua da tutte le parti, è tutto da cestinare. È lì, a buttare giù e ricominciare, scrivere e tornare indietro; fare un passo avanti e tre nella direzione opposta.

Ma come fate a scrivere i vostri libri?

Mi sento come Penelope con la sua tela: oggi inserisco la trama nell'ordito, domani tiro via il filo e lo riavvolgo attorno al rocchetto. I personaggi della storia mi guardano e sbuffano di fronte a una regia così claudicante. Mi dicono: ma allora, quand'è che entriamo in scena? Sono pronta a metterli in campo, li lancio nell'avventura, un momento dopo li ritiro e li confino di nuovo in panchina ad aspettare nuove direttive.
E tutto questo perché non so più accontentarmi, le mie esigenze si sono elevate al cubo, non voglio fare la fine di tanti esordienti che scrivono qualunque cosa perché sentono di essere scrittori nel DNA e non perché qualcuno, dall'esterno, li rassicuri di questo.

Così sono trascorsi nove mesi dall'inizio del mio nuovo romanzo, nel frattempo esso ha avuto tre incipit diversi, due cambi di direzione, una ripulita all'iniziale slancio erotico (al quale non ho del tutto rinunciato) e io sono rimasta ferma sempre ai primi sei capitoli.
Mi pare ottimo. Di questo passo, per la laurea di mio figlio dovrei arrivare alla prima risicata stesura! E conto di prendere polvere sui vostri comodini, tra una borsa di acqua calda, una papalina per il freddo della notte e una dentiera nel bicchiere.

Ad maiora, scrittori!

****



(e permettetemi di ricordarvi di nuovo che c'è un libro da vincere nella gara del Thriller per la quale è ancora in corso la votazione nel blog di Michele Scarparo. Il romanzo messo in palio da Helgaldo si chiama "Di uomini e bestie" di Ana Paula Maia, edizione La nuova frontiera. Continuate a votare!)

52 commenti:

  1. Per aspera, ad astra ;)

    Questo è il motivo per cui io non posso fare a meno di una (buona?) pianificazione: il rischio di perdersi è troppo alto. Ad ogni modo, io credo che tu stia facendo troppi passi, tutti insieme.
    Visto che tu sei intollerante (se non allergica!) alle pianificazioni, io ti consiglierei di buttare giù la storia con una sola regola, in testa: mai, e dico mai, rileggere quello che hai scritto. Fino alla fine. Se hai un'idea di finale dirigiti verso quei lidi. Se non l'hai, vai dove ti porta il cuore (ops!).
    Poi, quando hai finito, lascia passare abbastanza tempo da non ricordarti più i particolari; poi riprendi in mano il lavoro e rileggilo tutto insieme: probabilmente farà schifo, e gli americani hanno nomi molto evocativi su quanto possa essere brutta la prima stesura. Ma, ehi: è solo la prima! A quel punto puoi pensare con calma alla fase di organizzazione: le scene sono nel giusto ordine? Manca qualcosa? Qualcosa è di troppo?
    Apri in file nuovo (altra regola inderogabile) e ricomincia a scrivere. Quando avrai finito la seconda stesura, la lingua farà ancora schifo, forse, ma la storia starà in piedi.
    Solo allora, apri un terzo file, e ricomincia a scriverla cercando di usare le parole giuste.
    Quando sei arrivata alla terza stesura fammi un fischio ;)

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    1. In pratica mi suggerisci di tornare al mio vecchio metodo, perché è sempre stato esattamente questo: cuore e istinto.
      Però, non so se, alla fine di questa pedalata, sarò ancora in grado di fischiare (sai com'è, la mia età ha raggiunto un bel punto di non ritorno!)

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    2. Quindi 3 file? Questo metodo mi ammazzerebbe.
      Che bello essere tutti diversi e confrontarsi.
      Ciao Michele! Sandra

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    3. @Sandra- I metodi di lavoro sono come i figli piccoli: ciascuno sopporta solo i propri :)

      @Marina - Intanto pedala. A fischiare penserai quando sarà ora ;)

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    4. Michele sono d'accordo con te, Marina siediti e scrivi senza guardare errori, banalità, incongruenze. Quando finisci nascondi il manoscritto e rileggilo solo dopo qualche mese... vedrai che alla fine brucerai tutto ;) scherzo, dai dai fimmina siciliana susiti e allestiti a scriviri!

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    5. Vuoi unirti al club dei fischi a completamento di opera? ;)

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    6. Non so fischiare ;)

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  2. Ahi, quanto mi sono identificata. Se ho ben capito rimpiangi la "beata ingenuità" e lo slancio del primo romanzo. Ti capisco in pieno perché ho provato le stesse cose. Essere bombardati da regole di scrittura e affini porta all'insicurezza, a perderci nelle mille revisioni o a bloccarci al primo capitolo. A me è successo e ho dovuto mettere da parte un romanzo per un anno, perché mi veniva la nausea ogni volta che aprivo il file e pensavo a tutto quello che un lettore beta avrebbe potuto dirmi in questo o quel punto. Da un po' a questa parte sono giunta alla conclusione che è necessario semplicemente fregarsene di tutto questo o corriamo il rischio di restare intrappolati nelle paludi per sempre. Ho ricominciato a scrivere senza pensare agli infodump, ai pdv e a cosa direbbe un lettore beta. Se posso permettermi di darti un consiglio, ti direi di lasciare da parte per un po' anche i lettori, scrivi solo per il gusto di condurre i personaggi da qualche parte.

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    1. Prendo il tuo consiglio e me lo metto sulla scrivania come monito mentre scrivo: il lettore viene alla fine, perché, certe volte, è vero: scriviamo forse pensando troppo a quello che dirà chi leggerà, alle critiche che farà, ai gusti che non collimeranno mai, senza pensare che è normalissimo che sia così. Non si può piacere a tutti né si può pretendere un apprezzamento globale.
      E comunque sì, rimpiango quell'inconsapevolezza che mi ha fatto viaggiare veramente libera con la fantasia, nel mio primo romanzo.

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  3. Mi sento chiamata in causa dalla prima parte del post, dal momento che il mio blog inizialmente era nato per raccontare e condividere la stesura del mio romanzo. Non si trattava però di una strategia di marketing, perché sarebbe stata troppo prematura. Forse la mia scelta è dipesa dall'insicurezza e dalla necessità di confrontarmi.
    Ora però sono passati parecchi mesi dall'ultima volta che ho parlato del romanzo sul blog, tuo guest-post a parte. Da quando tu mi fai da beta, le mie paturnie trovano sfogo anche senza il bisogno di sbandierarle ai quattro venti. ;)

    Per quel che riguarda invece dubbi e tentennamenti, ti capisco benissimo. Il romanzo che sto scrivendo è ora una storia totalmente diversa rispetto a quella che avevo pensato all'inizio, ed è probabile che molte cose cambino ancora. Proprio di recente mi sono trovata a definire nuovi punti trama e a strutturare meglio un percorso che, lungo la strada, aveva un sacco di "buche" (intese proprio come vuoti narrativi). Il lavoro sarà ancora lunghissimo, non ho dubbi. E più volte ho provato la tentazione di archiviare momentaneamente il materiale che ho a disposizione e ripartire da un nuovo file, su cui integrare vecchi testi, che porti con sé una ventata di freschezza e non mi faccia sentire vincolata al materiale disordinato che ho prodotto in precedenza. Questo tipo di lavoro, ora come ora, mi sembra prematuro perché le idee non sono ancora abbastanza chiare. In futuro, però, chi lo sa.
    In tutto questo casino, non esistono certezze. Non so nemmeno se considerarmi una scrittrice. I brani che ti mando sono delle bozze. Sono disordinati, però penso abbiano delle potenzialità. Certo è che devo ancora studiare moltissimo, sputare tanto sangue. E sono pronta a farlo. Non mi sono ancora stufata, nonostante le tante storie che ogni giorno mi vengono in mente: forse l'importante è questo. :)

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    1. Adesso viaggi dentro un sommergibile: ogni tanto emergi e poi torni a solcare i mari dell'ispirazione in totale immersione. Per me, questa è la scelta migliore per non tediare gli ospiti, perché ho sempre idea che possa capitare una cosa del genere (sempre nel presupposto che non ci sia una conoscenza: io, personalmente, trovo piacevoli anche i post in cui parli dell'evoluzione del tuo romanzo, ma perché ho imparato a capire i tuoi dubbi, li tocco con mano, so di cosa parli).

      Il lavoro che stai portando avanti tu ha una bella mole: conosci perfettamente inizio e fine, ma in mezzo ad A e B (per usare l'esempio di Darius) hai tanta tanta tanta roba, è normale che un'idea ne soppianti un'altra e che tutto sia ancora in gioco. Però, la scrittura è soprattutto esercizio mentale, stimola a cercare soluzioni per trovare la rotta giusta, guai a stancarsi! Magari la storia non va avanti (qua torno a parlare di me), ma mollare mai!
      Scrivere mi piace, voglio spingere il pedale dell'acceleratore, perché voglio continuare a imparare, a sbattere le corna contro i dubbi e le incertezze.
      Che sia questo il turbo di cui tutti abbiamo bisogno per provare a essere scrittori?

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    2. Il mio blog non è mai stato monotematico, nemmeno agli inizi. I post che parlano esclusivamente del romanzo sono in tutto una decina (su più di 150) forse meno. Però più volte ho condiviso le tecniche imparate durante la stesura. In quel momento non si trattava di un semplice "diario di bordo", perché offrivo al lettore qualcosina in più. Penso, per esempio, alla serie sulla post-modernità e affini: anche andando a sommare questi, si arriverà al massimo a una cinquantina di post.

      Il mio turbo è la volontà di mettermi alla prova in qualcosa che, nonostante i miei difetti, so fare abbastanza bene e vorrei imparare a fare ancora meglio. Non so se come turbo vada bene, però funziona. :-)

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  4. Dunque: non essendo Scrittore nel senso comune del termine, dovrei astenermi dal rispondere. Giusto?

    Tuttavia, in qualità di "scrivente" :-), potrei abbozzare due risposte. Una pratica e una filosofica. La risposta pratica non è molto lontana da quella di Michele :-). Io mi metto a scrivere solo quando la mia trama ha già un inizio e una fine. Poi nel mezzo ci possono crescere tante cose nel frattempo, ma il percorso da A a B è quello. Tutte le A senza B sono puri esercizi di scrittura (e ben vengano: oltre che essere salutari, può essere che prima o poi qualche A trovi la sua B, magari al tuo prossimo viaggio in Sicilia...).

    La risposta filosofica forse l'hai già letta tra le elucubrazioni pseudo-intellettuali raccolte nel mio retroblog. La riassumo brevemente: credo che un romanzo sia un po' come una fotografia. Al momento dello scatto è perfetta: se poi la riguardiamo a distanza di anni è normale che ci faccia sorridere per quel che eravamo. Io sono sicuro che tra anni quando rileggerò i miei racconti, sarò il primo a sorridere di certe scelte, tecniche, particolari o anche refusi. Sarò il primo a dire che non è stato perfetto. Ma questo deve essere un motivo sufficiente per rifiutarsi di scrivere? Per continuare ad abbandonare tracce e storie a metà? E' come se nella vita rimanessimo con la macchina fotografica in eterna attesa dello scatto perfetto. Forse (forse) un giorno arriverà questo momento, ma nel frattempo avremo alle spalle una vita senza fotografie.

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    1. Il punto è che io una B l'avrei pure individuata, ma ho scelto un percorso tortuoso per arrivare fin lì e non voglio mollare la strada difficile per prendere scorciatoie!
      Beh, qualche mio scritto datato è davvero imbarazzante, ma anch'io ho detto da qualche parte che non rinnego il passato, perché mai dovrei farlo! Avevo un'età, avevo delle idee che rispondevano a quella età, non avevo ancora maturato l'esperienza che un po', adesso, penso di avere. La scrittura si evolve, le ispirazioni cambiano, forse mi manca la voglia di credere veramente di potere scrivere in un certo modo. Dovrei lavorare di più sulla mia autostima.

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    2. Ah, ma io non ho parlato di percorso. Ci sono infiniti modi per andare da A a B: se la traiettoria non fosse tortuosa, dove sta il divertimento? :-D

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    3. Un segmento di retta è il l'insieme dei punti più noiosi che collegano A e B.
      È geometria, no? :)

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    4. Esatto Michele, direi geometria piana, ovvero spazio a due dimensioni. Ma visto che le ultime frontiere della fisica quantistica ci fanno intravedere l'esistenza di uno spazio a 11 dimensioni (quindi qualcosina in più del normale spazio tridimensionale...), direi che ci sono i margini di manovra per fare un percorso tortuoso. Quindi, cara Marina, c'è di che divertirsi :-D. Poi se ti serve un lettore-beta (oltre a quelli che probabilmente già hai), beh, sai come trovarmi :-). Altrimenti l'unica soluzione è avere una mezza magica corona... e trovare chi possiede l'altra metà.

      P.S. : ricorda però di non tenere la tua mezza corona nella tua borsa di feltro di Babilonia... :-)))))
      P.P.S. : ok, ho divagato anche troppo, chiedo venia.

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    5. La matematica non è il mio forte, ma nelle undici dimensioni, in effetti, mi muoverei alla grande!
      Allora, farò un fischio anche a te quando avrò affrontato l'ultima fatica di Ercole: la revisione.
      Mi sa che la mezza corona è rimasta imprigionata nella magia di Montmartre! :)

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  5. Sono in un'altra dimensione, ma chiaramente non che io sia meglio, ma non ho rimpianti - come dice Maria Teresa - per il primo romanzo, per la freschezza di una scrittura forse meno consapevole, cara Marina. Il problema è che magari ti sei imbattuta in una storia più complicata, mica sono tutte uguali. Come scrivo? Ne parlo già a noia nei miei post, tu li leggi, quindi sai. Io credo fermamente che a questo punto tu abbia bisogno di fare un piccolo/grande investimento e avvalerti di un editor esterno, no non un lettore beta, tu non hai idea davvero di come, se è quello giusto, possa fornire soluzioni tecniche, idee, di come possa in definitiva metterti sulla strada giusta, poi cammini tu, è ovvio, ma hai la direzione mentre lui/lei ti sta accanto e ti riacciuffa in caso di nuovi sbandamenti. Perché vedi il vero problema non è questa sindrome di Penelope, chissenefrega se lo finirai tra 20 anni, ma durante la strada tu puoi perdere completamente la voglia di continuare, e buttare via tutto, per non dire che non ti stai godendo il panorama, o così mi pare. Un bacione Sandra

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    1. Qualche volta sì, il panorama mi annoia e mi lascia talmente indifferente da spostare la mia attenzione su altro, ma sono più frequenti i momenti in cui l'ispirazione mi chiama o mi tira le orecchie perché non le dedico abbastanza tempo (anche questo, che iattura averne sempre pochissimo!). Il tuo consiglio è prezioso, Sandra e ho idea che vorrò rivolgermi a qualcuno in futuro, per appoggiarmi alla competenza di persone qualificate. Intanto, però, sta storia s'ha da scrivere!

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  6. Ho preparato un post su un'idea folle per il mio nuovo romanzo sulla Rivoluzione Francese, che però pubblicherò il 23 aprile. Dopodiché potete chiamare gli igienisti mentali. ;-)

    Nell'attesa posso dirti che sono passata attraverso tre fasi: la scrittura di slancio quando ero ragazza; la trama iperpianificata, il che non mi ha impedito di partire per la tangente spesso e volentieri; la trama pianificata a grandi linee, ma con innumerevoli possibilità di fuoriuscire dal bordo.

    Attualmente sono in questa terza fase, e mi sto trovando bene. Ho dei momenti in cui recupero anche l'entusiasmo dei primi tempi, come un dono dall'alto, ed è un momento davvero magico quando accade. Quello di cui sono sicura è che non voglio buttare via pagine e pagine come ho fatto anche in tempi recenti!

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    1. Credo di inserirmi anch'io in questa tua terza fase: linee chiare ma non rigidamente programmate e molta voglia di andare avanti, ma senza incontrare ostacoli. Poi li incontro dappertutto e lì mi trovo spiazzata, senza munizioni per affrontare il nemico!
      Certo che anche scrivere romanzi storici non dev'essere una passeggiata di salute!

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    2. Di solito non parlo in pubblico del mio "work in progress", ma solo per una questione di scaramanzia. Mi sembra di aprire la porta del forno mentre la torta sta lievitando!

      Scrivere romanzi storici è come essere nel pieno di una battaglia medievale, con le frecce che ti volano tutt'intorno. Con il periodo della Rivoluzione, va molto meglio, siamo già in epoca moderna e e molto ben documentata.

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    3. Riuscire a organizzare un lavoro del genere è una gran cosa, io già mi pongo mille domande se un tizio va in galera per un certo motivo, quanti sono gli anni di pena coerenti col tipo di reato? Può uscire usufruendo dei riti speciali? E lì, lo studio è infinito, è come stilare un parere legale ed è solo una notizia che trapela nel romanzo pur non essendo il punto centrale della trama!

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  7. Io in genere prediligo le narrazioni brevi proprio perché più facilmente gestibili. Comunque seguo una regola cronologica, probabilmente sbagliata: se dopo un anno ancora sto combattendo col manoscritto e non vedo la fine del tunnel, mollo tutto. Non sono fatto per le stesure infinite e infinitamente rielaborate, non è nelle mie corde. Comunque questo riguarda il passato perché adesso sento la necessità di fermarmi. Per un po' di tempo le uniche cose che scriverò saranno le liste della spesa ;-)

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    1. Seguendo la tua regola, mi restano quattro mesi per capire che fine far fare al mio romanzo! Io, invece, elaboro e rielaboro in modo instancabile, quasi traessi da questo il massimo piacere... e non è così!
      Anche seguire i momenti giusti per dedicarsi alla scrittura mi sembra plausibile, non lo prescrive mica il medico di scrivere sempre e comunque! dunque, sono d'accordo con te: fermarsi fino al contrordine.
      Allora, il mio "ad maiora" calza a pennello! :)

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  8. Quando scrivo sono talmente presa dai miei personaggi che anche se penso che sto producendo una ciofeca arrivo alla fine perché ho bisogno di vedere cosa succede. Questo perché io non lo so, cosa succede. Me ne rendo conto mentre digito, pagina dopo pagina, non prima. Non prendo appunti, non faccio schemi, non strutturo la trama perché la cambio strada facendo. Insomma, faccio il contrario di quello che si dovrebbe fare.
    L'unico per cui ho un progetto, seppur minimo, è la saga distopica. È anche l'unico che scrivo alla velocità di un bradipo.

    Postilla: stai scriveeeendo? Questa mia domanda dovrebbe farti capire che io sarei ben felice di leggerti mentre parli dei romanzi che stai creando. :)

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    1. Il mio metodo è uguale, cara Monica!
      Ma è un metodo "buggato", perché pare mi porti a navigare a vele spiegate, invece mi trascina solo in alto mare!
      Ne verrò fuori e scriverò sto benedetto romanzo e se ne parlerò ancora, sarà per presentarlo al pubblico.
      Aspettalo con pazienza! :)

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  9. In qualsiasi curva di miglioramento, dopo un inizio in genere in salita ma agevolato da un certo entusiasmo iniziale e una fase di miglioramento rapido si giunge ad un punto in cui migliorare ulteriormente diventa più arduo ma ci si comincia a rendere conto dei propri limiti e dei propri errori. Mi sa che sei arrivata a questa fase, il che, direi, è positivo. Ora non demordere e non farti prendere dall'ansia. Questa è la fase della pignoleria, dell'insoddisfazione, del dettaglio minimo. Ma vedrai che ritrovato il tuo equilibrio le cose andranno filate ;)

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    1. Grande incoraggiamento il tuo, Grilloz, grazie!
      Finalmente, una boccata di aria fresca! :)

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  10. Io forse avrei pure trovato qualcosa che potrebbe persino diventare romanzo, chissà, però non ho tempo. Proprio non ne ho. Quindi ci penso su un po' e speriamo prima o poi di riuscire a buttare giù qualcosa (in realtà l'ho già fatto mesi fa).
    Prima però devo chiudere i miei racconti, poi vedremo... ;)

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    1. Bello, un romanzo di Marco Freccero lo leggerei molto volentieri.
      Intanto, faccio il pieno di racconti! :)

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  11. ^_^ Io scriverei tutto fregandomene delle regole, anzi, cercherei proprio di dimenticarle per un po'. Metterei tutte le idee, l'entusiasmo, gli intrecci sulla carta. Anche quelli che magari non sono del tutto coerenti. Poi, con calma andrei a rivedere e correggere dove serve. Cambierei le espressioni che mi sembrano povere o troppo scontate, andrei a ricercare le incoerenze facendo delle scelte... insomma, mi dedicherei ai ricami. Magari sbaglio, ma ragionare su qualcosa di tangibile mi sembra più semplice che stare lì a immaginare e basta.

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    1. Mi sembra una regola di praticità impeccabile. Scrivevo così prima di avvertire tutti i blocchi e i freni chiesti a una buona scrittura. Ma ho capito che scrivere bene può essere un presupposto, gli altri ingredienti devi "usarli" nei fatti, "sporcandoti le mani.
      Sto raccogliendo molti suggerimenti dai vostri commenti

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  12. Non preoccuparti del tempo e scrivi finché sei completamente soddisfatta del risultato finale. Sono sicuro al 99,9% che finirai pr esserlo e se rientrassi proprio in quello 0,1% che non lo sarà mai, allora si vede che non doveva essere.
    Io sono più di cinque anni che lavoro al mio romanzo, anche se, come ho scritto di recente in un commento, se mettessi in fila i giorni effettivamente dedicati all'opera il numero diminuirebbe di moltissimo. Di recente mi è stato ricordato che Donna Tartt ha impegato otto anni per scrivere il suo primo romanzo, Dio di illusioni. Quindi, perché no?

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    1. Grazie Ivano, hai ragione, scriverò fino a esaurimento idee. Fortunatamente, il tempo non mi preoccupa, non ho fretta. Voglio solo raggiungere un buon risultato ed esserne soddisfatta, come dici tu.
      Fra la mia e la tua opera dovremmo arrivare ad accumulare una decina di anni... Con i capelli bianchi, ma ci saremo ancora! :)

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  13. Ti dirò che sono in una fase molto simile. Ho scritto due romanzi, il primo senza la più pallida idea delle tecniche narrative, il secondo con un po' di tecniche fai-da-te. Ora sto scrivendo il terzo, dopo aver dedicato un paio di anni agli studi e alle letture mirate. Ebbene, come dici tu, mi capita proprio di fermarmi di continuo, di avere dubbi, di rischiare di arrendermi alla consapevolezza che sto scrivendo la porcata del secolo. Infatti proprio in queste settimane i miei post sui dubbi del giovedì riguardano gli errori.
    Io credo che in un certo senso dovremmo dare un bel taglio alle nostre perplessità e procedere a vele spiegate e porci solo in un secondo momento il problema di che cosa ci sia da limare. Del resto, l'insicurezza è normale quando non si è ancora del tutto padroni di ciò che si è imparato. Ma lasciarsi sopraffare dall'insicurezza non porta a nulla. Ho voglia di scrivere una cosa? Mi piace? Mi dà soddisfazione? Allora mi ci butto, ormai le tecniche le conosco. Potrebbe essere anche un tratto distintivo del mio stile la scelta di non rispettarle. ;)




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    1. Conosci le regole e poi buttale via, mi pare che si dica così ed è giusto! Ma occorre esperienza per ignorarle del tutto. Penso che, a questo punto, farò anch'io così: mi lascerò guidare dal mio amico istinto, poi per gli interventi ragionati mi organizzerò a tempo debito!
      Mi piace ragionare sui tuoi dubbi del giovedì: è una scusa per rivedere i miei e per trovare indirettamente qualche soddisfacente soluzione. :)

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  14. Credo che tutti i romanzi nascano come il tuo, con riscritture, ripensamenti, crisi creative, momenti di stasi. Nascono scrivendoli una parola alla volta, pian piano. Il mio al momento è fermo per mancanza di tempo utile. Appena possibile ripartirò dall'incipit numero tre...

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    1. Anche tu al terzo incipit?
      Il tempo, è vero, purtroppo mette i bastoni più grossi fra le ruote.
      Dai, zaino in spalla, si ricomincia! :)

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  15. Io in questi casi sono molto pragmatico
    Napoleone diceva che in battaglia alcuni errori si superano solo perseverando.
    Parafrasando dico che certe difficoltà nella scrittura di un romanzo si superano solo scrivendo. ;)

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    1. Ciao Marco, ben ritrovato!
      Sì, penso che tu abbia ragione: guardare il problema avendolo di fronte non aiuta a risolverlo. La sola forza del pensiero non smuove le montagne! :) occorre scalarle. Attrezzarsi e scalarle.

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  16. Premetto che non ho letto i commenti quindi potrei ripetermi, sono le 6.30 e devo andare al lavoro, ma voglio assolutamente dirti la mia!
    Ci sono storie che vogliamo raccontare e che scriviamo quasi di getto, come è essere stata per te 31 dicembre e come è stata per me La libertà...
    Poi dopo la prima storia ne arrivano altre ma avendo accumulato un po' di esperienza in più e molta più documentazione cerchiamo di programmare la nostra storia con maggiori criteri e consapevolezza. Non sempre funziona la programmazione perché spesso quello che ci 'viene' da scrivere può portarci su strade diverse da quelle programmate. Mi è successo con il romanzo che sto scrivendo, ho scritto uno schema che ho chiamato 'l'arco della storia' e a grandi linee l'ho seguito e mi è servito, ma i capitoli per me più riusciti oppure diciamo quelli che rileggendo mi piacciono di più sono quelli che ho scritto uscendo mio malgrado dal seminato...cioè dal l'arco della storia. Mi spiego meglio: a volte cominciavo un capitolo pensando di scrivere di un determinato sviluppo della trama, ma finivo per raccontare altro, io seguivo la scia poi se necessario aggiustavo il tiro. Quello che voglio dirti è che se ci facciamo troppe pare mentali rischiamo di bloccarci, quindi forse può essere utile seguire semplicemente l'istinto. Programmare però è utilissimo per mantenere la rotta, ma se sai dove vuoi arrivare con la tua barca ci arrivi lo stesso...

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    1. Mi capita spesso con gli articoli per il blog: ho un'idea convinta su ciò che voglio scrivere e, alla fine, scrivo una cosa completamente nuova, perché la mente ha seguito un'altra traiettoria. Poco male: se entrambe le idee sono buone, conservo quella non sviluppata per la prossima volta.
      Con il romanzo potrebbe capitare la stessa cosa, l'importante è che tutto rientri nel pacchetto delle cose che voglio raccontare: posso partire da un punto diverso, aggiungere quello che l'istinto mi detta, ma quelle cose devo dire, altrimenti rinuncio alla storia che ho pensato e ne concepisco direttamente un'altra.
      Comunque, il mio istinto è tenace, non si lascia fregare da una piatta ragione, eh eh! :)

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  17. Nove mesi? Io sono in ballo da 4 anni :D
    Dai che non conta quanto ci impieghi, al lettore interessa solo il risultato finale (mannaggiallui!) ;-)
    CMQ alla fine del libro non hai detto nulla!

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    1. L'ho fatto per non rovinare l'effetto sorpresa! :)

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  18. Uscì velocemente dallo studio di registrazione, tutto il suo corpo, ormai debilitato da fatica e stress, aveva bisogno di sentire l’aria fresca della sera, e così andò a sedersi alla solita panchina. “ Cazzo, cazzo non ci siamo, manca ancora qualcosa”, continuava a ripetersi, anzi a gridare dentro la sua testa. Il Mostro, come era stato chiamato dal resto della band, era pronto per vedere la luce. Dopo quattordici lunghissimi mesi le registrazione del disco che avrebbe cambiato la sua vita, e quella dei suoi compagni di viaggio, erano terminate, ben sei mesi solo per completare la title track. Bruce pensava a tutti quei mesi rinchiusi dentro uno studio, uscivano solo per mangiare e bere qualcosa, il tempo di un panino e subito dentro quattro mura a sputare sangue e sudore. Si perché di questo si era trattato, una battaglia con ferite da rimarginare, vecchi legami recisi e nuovi amici trovati in questo lungo tempo che è stato la creazione del Mostro. “ Steve mi uccide appena dirò a tutti che non ho intenzione di dare il consenso alla pubblicazione”, questo pensiero squarciò le prime ombre della sera e Bruce sentì una lama dentro il suo cuore. Pensava alla band, la delusione e la stanchezza dei suoi fratelli di sangue, per non parlare della tensione che si era accumulata, pensava al sax di Big Man, sedici ore di registrazioni e Bruce che dettava a voce, nota per nota, come dovesse svilupparsi l’assolo. Sentiva il peso della responsabilità e ripensò alle parole scritte da Landau: “Giovedì scorso, al teatro di Harvard Square, ho visto balenarmi davanti agli occhi i miei trascorsi rock’n’roll. E ho visto qualcos’altro: ho visto il futuro del rock and roll e il suo nome è Bruce Springsteen.” Invece stava mandando tutto al diavolo, cercava la perfezione e sentiva che qualcosa non era al posto giusto, il fatto di non riuscire a capire cosa fosse lo stava letteralmente distruggendo. “Bruce, Bruce”, era la voce di Landau che aveva capito subito la situazione, dopo aver visto i volti sconvolti della band, e allora decise di dare una scossa definitiva a tutta questa storia. Si avvicinò all’amico e con voce pacata gli disse “il disco secondo me è perfetto, c’è una buona probabilità che non lo sia. C’è una buona probabilità che lo andremo a risentire, e vedremo cose che da un’altra prospettiva non sembreranno perfette. Ma, Bruce pensaci bene, è la vita”. Bruce guardò verso l’amico, aveva una strana luce negli occhi, sorrise e alzandosi dalla panchina era ormai consapevole che non si sarebbe più fermato, era giunto il momento di far conoscere Born to Run.
    Ho romanzato questo episodio, veramente accaduto, nella speranza di convincerti definitivamente a lasciarti andare nella stesura del tuo romanzo.

    P.S.
    Born to run Album ha vinto numerosissimi dischi d’oro e di platino, la title track è stata inserita da Rolling Stone al 18° posto nella classifica delle 500 canzoni più belle di sempre.
    Magari un giorno anche tu…

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  19. Scusa Andrea la mia piccola storia era dedicata a Marina, per errore ho risposto al tuo commento.
    Comunque sto vedendo che anche tu te la prendi comoda, quindi che il mio piccolo racconto possa portarti fortuna.

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    1. Il buon vecchio Springsteen compare sempre quando è ora di mettere le cose a posto! :)
      Grazie, Giuseppe, pensiero e significato del pensiero graditissimi!
      Magari, visto che non sai fischiare, la prossima volta che scendo in Sicilia ti porto il mio nuovo romanzo! ;)

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  20. Per me sarebbe un grande onore, speriamo bene ;)

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  21. Io ho avuto l'idea base del mio romanzo alla fine del 2010 e ho cominciato a scriverlo quasi un anno dopo. L'anno scorso l'ho definitivamente terminato, anche se ogni tanto mi concedo revisioni brevi, aggiornamenti e ampliamenti, quando mi illuminano nuove idee.
    Insomma, ci va del tempo. Quanto? Quanto ne serve.

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    1. Considerato che il mio primo e unico romanzo ha avuto una gestazione di dieci anni... No, in realtà l'ho scritto in due anni e mezzo, poi è rimasto a maturare dentro un cassetto per i restanti otto anni e, quando le radici stavano mettendo in pericolo la stabilità della casa, ho deciso di tirarlo fuori.
      Se il percorso è analogo, le radici le faccio dentro una tomba! :)

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