martedì 16 maggio 2017

I no che aiutano a crescere


Ho rubato il titolo del post a un saggio di Asha Phillips, ma questa non è una recensione del libro, anche perché non l'ho mai letto. Ne sentivo parlare ai tempi della scuola primaria dei miei figli e, certo, sembra interessante: il testo analizza, con una casistica divisa per età, le varie tipologie di situazioni in cui è fondamentale per un genitore "dire di no" al proprio figlio per consentire uno sviluppo positivo della sua personalità evitando al bambino di infilarsi in una dinamica autocentrata e "onnipotente" (descrizione tratta da Ibs.it)
Mi sento a posto con la coscienza: i miei due pargoli, ormai adolescenti, sono cresciuti a pane e no.

Oggi mi è venuto spontaneo allargare il discorso azzardando un parallelismo: molti di noi non stanno attraversando, in fondo, delle tappe evolutive nella difficilissima arte della scrittura divenuta impegno quotidiano? E pensavo a quanti "no" aiutano a maturare un significativo cambiamento in chi intende raggiungere non dico dei livelli accettabili, ma dei veri e propri obiettivi importanti, che siano il risultato di sudore e fatica distribuiti nel tempo.

Quando io critico il self-publishing lo faccio perché leggo, in tanti autori che pubblicano la propria opera, costi quel che costi, solo la precisa volontà di superare l'ostacolo dei "no", che non sono soltanto quelli degli editori poco interessati o attenti a soddisfare prevalentemente le esigenze di mercato, ma anche quelli dei lettori che bocciano determinate opere per tutta una serie di ragioni che non vengono capite. Perché l'autore self si è infilato in quella "dinamica autocentrata e onnipotente" del bambino che non sa intascare i "no" necessari. 

Non parlo a vanvera, voglio raccontarvi un'esperienza personale a conforto della mia riflessione.

Conoscete il Torneo letterario "IoScrittore"
Non mi dilungo, se volete sapere di che si tratta potete visitare l'apposita pagina web, dico solo che è una bella opportunità perché si vince una pubblicazione con una casa editrice importante, ma soprattutto ci si confronta da subito con il giudizio implacabile dei lettori.
È un torneo, non un semplice concorso: significa che è una gara a eliminazione e si avanza per fasi.

Nella prima fase è sufficiente presentare un tot numero di battute, (min. 25.000, max 50.000) che il sistema provvederà ad assegnare casualmente agli stessi partecipanti per una prima scrematura. C'è un sistema di valutazione che consente di dare dei voti in relazione a una serie di parametri (la storia è interessante? incuriosisce? è scritta in un corretto italiano? i personaggi sono convincenti? etc. etc.)  e di  aggiungere un giudizio più complesso che spieghi meglio i difetti o i pregi riscontrati nell'opera.
Solo un certo numero di incipit inediti passa il turno in base alla graduatoria che viene fuori dalle medie dei giudizi forniti. (È lì cade una buona percentuale di teste.)

Vi ho parlato, spesso, delle mie difficoltà di lavorare sodo a un nuovo progetto di scrittura e allora, cosa decido di fare subito dopo Natale? Colgo al volo l'occasione per "costringermi" a scrivere la storia che voglio portare a termine e che langue dalla scorsa estate in un file del pc per mancanza di tutto (tempo e concentrazione non mi sono complici, ormai, da parecchi anni.) In pratica prendo i due capitoli già scritti, li rileggo, redigo una sinossi (sulla base della mia idea narrativa) e mi iscrivo al Torneo con uno scopo soltanto, avere un'ottima scusa per tornare a scrivere, e una grande paura: superare il primo step. Sì, perché ciò significa terminare necessariamente il romanzo (la seconda fase, dopo il primo assaggio, prevede la valutazione dell'intera opera) e questo entro la fine del mese di maggio. 
Impresa titanica.

Che mi sono risparmiata (a questo punto, dico, per fortuna) non avendo superato detta fase eliminatoria:

Gentile Marina, purtroppo il tuo incipit non ha superato la prima fase del Torneo Letterario IoScrittore.



Delusione? Nonostante tutto sì.  
Reazioni? Diverse.

Intanto ho ricevuto otto utili giudizi sul mio incipit e in cantiere ho il romanzo quasi finito, che possibilmente avrei tenuto ancora sigillato nelle intenzioni.
Adesso mi aspetta il lavoro più difficile: riscrivere tutto da capo, tenendo conto dei suggerimenti ricevuti.

Ho incassato il mio "no", a denti stretti: nella sua definitività, nel suo carattere intransigente, esso contiene un messaggio chiaro. 
Ci rimango male e le mie reazioni contrastanti sono: "ma come, ho dato il massimo!", "accidenti, non so scrivere più", "hanno ragione!", che tradotto significa: orgoglio ferito, insicurezza alle stelle, umiltà nell'ammettere l'esistenza di alcuni limiti.

Perché il punto è questo: siamo convinti di essere bravi a scrivere, ma sarà sempre il confronto a misurare quanto.

Sulla tua pagina personale, a partire dal 26 aprile, troverai i giudizi espressi sul tuo incipit: si tratta di note e consigli che possono essere utili per capire punti di forza o di debolezza della tua opera.

La mia pagella contiene un  7.33 di chi mi dice:


(e me la butta!)

e un entusiastico 10 di tre belle righe:


Gli altri sei giudizi mi danno tutti il cinque pieno, qualcuno sfiora la sufficienza.

I punti di forza della mia scrittura coincidono in tutti i giudizi, grosso modo: 
Sintassi e ortografia corrette.
Padronanza della lingua.
Stile curato.

Ma anche le pecche riscontrate si ripetono, più o meno:
Pochi elementi di novità. 
Il romanzo non ha nulla di nuovo da dire.
Scrittura priva di slanci descrittivi apprezzabili.
Mancanza di suspense (che trovo scritto suspance, ma vabbè!)

Voglio trascurare in questa sede la mia esperienza di valutatrice delle opere altrui, perché, diomio, ci sarebbe da farne un post a parte (e non è detto che non lo faccia), ma tolto il fatto che sono convinta che un mainstream non abbia lo stesso appeal di altri generi letterari (prevalenti, devo dire), tolta anche l'idea che mi sono fatta di una partecipazione a maggioranza di giovanissimi, ho messo a frutto le critiche rilevate, perché le ho riconosciute e non posso non tenerne conto.
Non tocco lo stile, che a quanto pare è promosso, nemmeno le opinioni su cui non sono d'accordo (come l'idea che parlare di un circo appartenga a uno stereotipo: perché?), ma quelle che capisco e condivido sono spunti da cui ripartire: ho tanto lavoro da fare sui contenuti, che devo caricare di mordente, sulle scene cui devo dare maggiore efficacia e movimento, sui dialoghi, che risultano poveri e piatti. E non mi sognerei mai di autopubblicare il mio romanzo così com'è, perché metterei in circolazione un prodotto non meritevole. 
Di contro, sono convinta che molti di quegli autori scartati dal Torneo avranno inveito contro chi ha osato profanare con giudizi sbagliati il pregio della propria opera e saranno lì, a farsi in quattro, invece che per intervenire sulle parti migliorabili dell'opera, per seguire i passaggi fino al bottone "salva e pubblica" di Amazon (o chi per esso.)

L'ennesima polemica contro il self-publishing? 
No, solo la condivisione di un'esperienza che vorrei fosse utile per riflettere sui "no" che aiutano a crescere, piuttosto che sui "sì" che servono a nascondere.

64 commenti:

  1. I "no" e i riscontri dai lettori o da chi giudica nei concorsi, contest, tornei letterari ti aiutano a crescere.Se vieni letto dai soliti o per un numero ristretto non hai una visione ampia e imparziale. Il mondo là fuori è duro e mi pare giusto così. Le delusioni, i no servono a vedere dove e cosa funziona nel tuo scritto. A nessuno fa piacere una critica o giudizio, ma è necessario se si vuol diventare scrittori o lavorare comunque in un ruolo in cui serva una certa scrittura funzionale. La strada è lunga perché purtroppo, che se ne dica, non vedo scrittori in giro. Col tempo e non per tutti.

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    1. Non tutti, purtroppo, sanno intascare i "no", come convincerli che la differenza tra uno scrittore vero e uno che pensa di esserlo sta proprio nell'umiltà di sapersi correggere, dando credito alle giuste critiche altrui?

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    2. I"no" impari a intascarli col tempo e uscendo dalla zona confortevole.
      Non li convincerei. Se sono già sicuri di essere scrittori e bravi per giunta, non accetteranno mai un "no" da chi è nel ramo editoriale.
      Posso consigliare di scrivere e accettare le sconfitte di non passare il turno. Non si può vincere se non si merita e il mondo editoriale non è una "crocerossina" che ti cura le ferite.
      Sta a te metterti i cerotti e continuare a camminare.

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  2. Tra le 25.000 e le 50.000 battute (non pagine ;) ).

    Sulla sostanza, invece: ci si lamenta sempre degli editor delle case editrici, che scartano senza capire/approfondire ecc., favorendo sempre i soliti noti. Ebbene, IoScrittore scardina il meccanismo dando la possibilità ai lettori di scegliere in via diretta. Il che, da un certo punto di vista, assomiglia molto a spingere il bottone "pubblica" su Amazon. La differenza è che in IoScrittore ci sono una seri di malcapitati :) obbligati a leggerci per intero per darci una valutazione. O almeno si spera.

    I giudizi di IoScrittore sono molto naif, per essere gentili. Gli editor sono lettori professionisti e, pertanto, pretendono di leggere professionisti della parola. Noi, qui, siamo al più amatori. E la differenza si vede tutta, inutile nascondersi. Però è un punto di partenza. Uno "start" con un gradino più basso rispetto all'ingresso in casa editrice. Qualcosa che magari potrebbe essere un trampolino.

    E poi i giudizi di IoScrittore fanno tanto "Sostiene l'autore": come posso non apprezzare l'idea? ;)

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    1. 😂50.000 pagine, manco Proust! Ora correggo!

      Ho accettato di fare da lettrice, spero di non essere una di quelle malcapitate, anche perché mi è bastato leggere gli orrori degli incipit a me assegnati che, per fortuna, non hanno superato la prima fase.
      Essere stata defenestrata assieme a loro ha ferito il mio orgoglio, non mento, ma veramente ho letto cose imbarazzanti! 😄
      La formula che gli editori si sono inventati è furba: conoscono bene la quantità di immondizia che li tempesta e lasciano il "lavoro sporco" ad altri prima di sporcarsi le mani loro. Non è sbagliato.
      E i giudizi, in anonimato, privi di ogni scrupolo, sono più impietosi ma, forse, anche più veri. Lo testimonia il tuo "sostiene l'autore", dove non se la scansa in pratica nessuno. 😊

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    2. Io cerco sempre di essere obbiettivo quando lascio un commento a un racconto, anche non in anonimato (tanto mi conoscono e sanno che sono un perfido pirata :D :D :D ) però è vero, non tutti la prendono nel modo giusto.

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    3. La critica, ancorché costruttiva, deve avere un certo tono: nessuno si prende volentieri la tirata di orecchie che sa solo di rimprovero. Il giudizio rigoroso ci vuole ed è necessario, ma se assume la veste quasi di supponenza o è offensivo, diventa brutto e intollerabile. Ogni tanto trovo che molti ci provino quasi gusto a stroncare con un velo di malizia ingiustificato. Frustare sì, ma con garbo. :)

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    4. Se è solo un rimprovero non è costruttiva, comeunque sì, il tono è importante, ma non solo, è anche importante far notare le cose buone (ci sono sempre)

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  3. Io francamente non sono molto convinto che i no aiutino a crescere. A prescindere da quel che si possa dire self o non self. I no possono aiutare a crescere, così come i fallimenti e tanti altri parametri.
    Per avvicinarci al tema del libro che hai citato e da cui trai il titolo, io francamente sono scettico dei metodi educativi degli psicologi, così tanto in voga oggi. Mio padre era autoritario, se capitava poteva mollare anche uno sganascione. Eppure io e i miei fratelli non siamo diventati drogati, sbandati e anzi, siamo diventati adulti dai sani principi. Vedo certi bambini di oggi che vengono ripresi dai genitori e da tappetti di 5 o 10 anni rispondono al genitore un lapidaro stai zitto cretino. Se questi sono i no che aiutano a crescere siamo messi male con le nuove generazioni.
    E francamente non ritengo valido il no che hai ricevuto tu da Io Scrittore.
    Non è valido perché le variabili in campo sono molteplici. In un concorso in cui si può partecipare dal mainstream, al rosa, alla fantascienza, anche i lettori sono vari. Magari chi ti ha giudicato è un lettore abituale di thriller o di generi lontano dal tuo mainstream e quindi pur riconoscendo la tua scrittura valida (cosa tangibile), non hanno trovato gli elementi di coinvolgimento di norma delineati nei loro generi.
    E poi i no dell'editoria spesso non aiutano a crescere affatto. Semplicemente perché più che no sono silenzi, e tali silenzi spesso portano a far decrescere l'autore. Magari l'autore aveva potenzialità, ma la delusione, l'editoria inarrivabile come il Castello di Kafka, portano a mollare la scrittura.
    Tanti possono essere tentati di pubblicare con un tasto il romanzo rifiutato in self, ma non stanno facendo nulla di utile a loro stessi.
    Io da aspirante autoeditore due anni fa avevo presentato il mio romanzo a un editor di prestigio. Lei lo ha valutato e mi ha detto no. E mi ha spiegato anche il perché di quel no. Questo mi ha fatto crescere, ho studiato e ho presentato un nuovo romanzo a un'altra editor qualificata e mi ha detto sì.
    Ma dentro quel che sì ci sono tutti i no, spesso anche dolorosi, che vengono tirati fuori dall'editing. Poi magari dopo aver preso il sì dell'editor i lettori diranno lo stesso no. O magari sì. O magari sì e no.
    Non si può prevedere a priori quali sono i no validi che fanno crescere. I no non sono tutti uguali ed educativi a prescindere.

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    1. I "no" dei genitori cui alludo io (credo anche il libro) sono le prese di posizione di fronte a un capriccio, sono le assunzioni di responsabilità di fronte a un facile sì: se oggi, a quattro anni, mi chiedi per il compleanno il cellulare e io non so dirti "no, non te ne fai niente", è probabile che a quindici mi chiederai la luna convinto di poterla ottenere e di averne diritto. È un esempio, forse anche banale, ma è di questo che stiamo parlando: di un'abitudine a un "no" che educhi a dare il giusto valore alle cose.
      Se sono convinta di avere scritto il romanzo del secolo, è giusto che qualcuno mi apra gli occhi e mi dica. "guarda che non lo è" e che io non mi trinceri dietro il mio orgoglio.
      Con il tuo pensiero mi sono consolata anch'io, perché è vero che una componente forte dei giudizi espressi dipende dai gusti e dalle aspettative legate ad essi ed essere obiettivi non è sempre facile, però l'intelligenza e l'umiltà di una persona sanno cogliere gli aspetti corretti della critica. Io so che quando un giudizio mi dice che nella mia storia manca la suspense passo oltre , perché non è un thriller, ma se qualcuno sottolinea che non incuriosisce, mi si accende un campanellino; se sono in due ad avere la stessa impressione comincio a credere che un problema la mia trama ce l'ha, non posso ostinarmi a dire: "vabbè, non piacerà a loro." Il confronto con la critica, per me è questo e il Torneo in questione mi ha solo consentito, a gratis, di avere contemporaneamente il feedback di otto persone diverse che mi hanno fatto capire dove intervenire in un testo che altrimenti io avrei perseverato a considerare buono.
      Con gli editori bisogna insistere, trovare strategie, io ho trovato la mia partecipando ai concorsi letterari, qualcuno preferisce presentare la propria candidatura per una rivista letteraria, i silenzi si sopportano, non è vero che la pazienza ha un limite: nella scrittura la pazienza si deve conservare infinita.
      Tu sei un autoeditore avveduto, perché pubblichi in self, ma passi dalle mani di un professionista. Questo basta a mettere a posto, per così dire, la coscienza dello scrittore, ché poi, se al lettore non piaci, quello non è un problema che deve porsi lo scrittore che ha fatto bene ciò che ha fatto, ma il lettore libero nei giudizi soggettivi.

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    2. Uhm... capisco. Che posso dire: tu sei una donna troppo saggia. ;)

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  4. Tralascio le interpretazioni e le associazioni psicopedagogiche che il titolo stimola, mi attengo al tipo di esperienza che ci hai raccontato: questo è quello che chiamo mettere le palle sul ceppo. Ognuno cerca e poi trova il modo di mettersi in gioco, con umiltà, intelligenza, desiderio di migliorare. Vedo in giro tanti blog che appaiono più che altro come manifesti di autonominati detentori della "scienza infusa", autori scocciati di non essere riconosciuti patrimonio dell'umanità, ebbene... leggerti è sempre un piacere. A proposito, grazie per la tua onestà quando è toccato a me sottostare al tuo giudizio.

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    1. Abbiamo un vantaggio: siamo dei lettori con la passione per la scrittura (non ho detto apposta il contrario); questo ci consente una visione più ad ampio raggio perché scriviamo ciò che vorremmo leggere e leggiamo le cose che vorremmo sapere scrivere: un mix che dovrebbe spingerci per inerzia verso il miglioramento. Qual è il senso dell'autoadulazione? che ce ne facciamo della finzione di sapere fare bene le cose? a che serve, a chi serve?
      Ci vuole intelligenza anche a sapere cogliere le buone intenzioni dietro una critica onesta. ;)

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  5. Non metto in dubbio che certi "no" aiutino a crescere. Bisogna però capire se siano i "no" adeguati :-P ...
    In altre parole: il lettore giudica lo scrittore. Ma chi giudica il lettore? La lettura può essere vista come una comunicazione tra due cervelli, tra due culture, tra due sapienze intellettuali. Per potersi giudicare (ma anche capire ed eventualmente apprezzare) devono essere, non dico di pari livello, ma almeno simili.

    Te lo vedresti un novello Eco (cioè un professore universitario che decide di sottoporre un romanzo, scritto per diletto, a IoScrittore) stroncato da un lettore 25enne (cresciuto a pane e fantasy?) ?

    Il mio esempio potrebbe sembrarti insensato ma, se ci pensi, credo che siamo in molti sui banchi di scuola ad aver stroncato capolavori semplicemente perché non avevamo la testa pronta per apprezzarli.

    Essere esposti a lettori "forzati" (perché il sistema del concorso assegna 15 incipit a caso, giusto?) secondo me non sempre predispone bene alla lettura.

    Un'opera pubblicata, pur essendo disponibile a chiunque sugli scaffali della libreria, in realtà attira solo i lettori interessati (dal titolo, dalla sinossi, dal genere...). Forse aiutano di più a crescere i "no" dei lettori che ti hanno scelto. Forse.

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    1. Il giudizio non è una catena: lo scrittore giudicato dal lettore, il lettore giudicato da chi? Ci sono ruoli, alcuni che si prestano più di altri ai giudizi e non per una sorta di inferiorità dell'uno rispetto all'altro: chi scrive è per sua natura sottoposto all'opinione del lettore, perché si scrive per essere letti, perché il destinatario di chi scrive è il potenziale lettore ed è lui che, alla fine, giudica.
      Occorre riconoscersi "fra simili": io partecipo a un concorso per inediti perché sono un'esordiente assieme ad altri esordienti; poi ci saranno esordienti più bravi e capaci di altri, ma non certo professori universitari, scrittori, che si dilettano a fare gli aspiranti.
      È una "lotta" inter pares.
      Ho capito il tuo punto di vista sui lettori "forzati" e io mi sono dovuta sciroppare la metà di opere di fantascienza o di avventura che non amo leggere per nulla; però ho dato dei giudizi obiettivi sullo stile, la natura della storia, nel Torneo non ero una lettrice e basta, ero un "giudice". Spero, certo, anche se non ne sono convinta, che molti altri "giudici" abbiano avuto la stessa mia maturità di pensiero e non si siano fermati, nel giudizio, solo ai propri gusti letterari.

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    2. La mia domanda sul lettore era ironica :-D. Intendevo solo dire che lo scrittore deve impegnarsi per essere un buon scrittore. Ma anche il lettore deve impegnarsi per essere un buon lettore.

      Tu sei stata una lettrice seria: ti sei sorbita generi che non ami. Ma gli altri lettori saranno stati altrettantio seri? Avranno letto tutto o si saranno fermati alle prime pagine?
      Tu stessa ne sei poco convinta (e siamo in due). È in questo senso che dico che i "no" aiutano sì a crescere però bisogna vedere se provengono da gente seria e preparata.

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    3. Per me è importante l'effetto che fanno su di me.
      "Questa storia non mi ha detto niente" è il giudizio del lettore che mi lascia indifferente (non posso parlare a tutti); "Attenta a non cadere nel sentimentalismo" è la critica del lettore serio che mi ha fatto notare l'errore in cui non vorrei mai cadere.
      In fondo, anche le critiche passano attraverso un filtro e la differenza fra lettore e lettore, certo, è importante.

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    4. Darius sono d'accordo con te, ma solo se si tratta di lettori "professionali" (virgolette d'obbligo) chiamati cioè ad esprimere un giudizio il più possibile oggettivo. In tutti gli altri casi valgono le leggi di Pennac ;)

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    5. Il decalogo di Pennac?
      Ce l'ho: https://trentunodicembre.blogspot.it/2014/11/uno-sguardo-al-decalogo-del-lettore-di.html
      😉

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  6. Anche io da poco ho ricevuto un no che mi sta aiutando a chiarire gli aspetti su cui devo lavorare, un no motivato che mi serve di certo più di un sì. Quindi capisco perfettamente cosa intendi. E' dura uscire dal proprio punto di vista mettere nelle mani altrui il giudizio di validità di una propria opera e rimettersi al lavoro, ma serve, per limare ciò che presto o tardi diventerebbe un errore palese fatto davanti a tutti, quindi concordo. No del genere fanno crescere.

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    1. Infatti parliamo di "no" intelligenti, quelli mirati, quelli che noi sappiamo cosa vogliono dire perché vanno a scoprire pecche che magari vorremmo ignorare e contro cui, poi, qualcuno, concreto e con la giusta intenzione, ci costringe a sbattere.
      Tutta salute per le nostre penne! :)

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  7. Ho fatto anch’io l’esperienza del torneo on line di Io scrittore! È stata un’esperienza che mi è servita moltissimo. È stato un no parziale che mi ha fatto crescere.
    Io ho partecipato con il mio romanzo “La libertà ha un prezzo altissimo” che avevo scritto per il concorso Mondadori e che non avevo vinto…
    Quando ho partecipato al torneo Io scrittore sono riuscita a passare la prima fase e sono arrivata nei primi 200 finalisti e per un momento ho quasi sperato di vincere, ma alla fine niente, non mi sono piazzata.
    Tuttavia i consigli e le critiche ricevute mi sono serviti per migliorare il romanzo, fare un’approfondita revisione e decidere di autopubblicarmi con Narcissus.
    Il problema di quel torneo però è che puoi essere giudicato anche da un lettore (che è a sua volta partecipante) non troppo onesto che vota l’opera con malafede (per eliminare un concorrente).
    A me è successo nella seconda fase del torneo, ho avuto dei voti alti tra il 7 e l’8 ma un paio di voti bassissimi tipo voto 2 o 3 con giudizi stringati del tipo “di nessun interesse” “brutto”.
    Ho invece apprezzato i giudizi costruttivi, quelli che spiegavano cosa secondo loro andava migliorato e cosa invece era piaciuto.
    Riconosco che il mio romanzo andava migliorato e dopo il torneo ho usato i consigli per revisionarlo e sfrondare certe parti non del tutto lineari.
    Poi siccome da quando l’avevo scritto erano già passati 4 o 5 anni e il 2014 era l’anno dei miei 50 anni ho deciso per l’autopubblicazione.
    Tu Marina hai ricevuto dei giudizi molto positivi, quindi puoi utilizzare giustamente in maniera proficua questa esperienza.



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    1. Hai fatto l'esperienza anche tu e hai avuto un buon consenso.
      In pratica l'autopubblicazione è un regalo che ti sei fatta per i 50 anni.
      Appena ci arrivo anch'io, magari avrò pure finito di scrivere sto benedetto romanzo! 😄

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  8. Conosco bene ioscrittore, una volta ho partecipato e ho anche superato la prima fase degli incipit, ma non la seconda.
    Il tuo discorso è giusto, anche a me sono state d'aiuto le recensioni negative ricevute nella seconda fase (un l'ho anche pubblicata sul mio blog tempo fa) però il motivo per il quale io ho scelto il self-publishing non è stato il non aver digerito dei "no".
    Mi spiego meglio.
    Ho iniziato a autopubblicare prima ancora di partecipare a ioscrittore. Prima avevo seguito la normale strada dell'invio dei manoscritti a vari editori, per vedermeli sempre puntualmente respinti.
    Ho concluso che evidentemente non ero abbastanza bravo per essere pubblicato. Non potevo essere un professionista.
    Però per me scrivere è una passione, e "scrivere" in se stesso non è sufficiente: una narrazione ha senso solo se qualcuno la legge, se rimane chiusa in un cassetto non serve a nessuno, tanto vale scrivere un diario.
    Io avevo bisogno di scrivere e - conseguentemente - di essere letto, non mi interessava che i lettori fossero migliaia, ne bastavano anche poche decine, però dovevo mettermi alla prova.
    E allora ho pensato: perché non dovrei?
    Facendo una metafora semplice da capire: quanti ragazzi fanno provini per diventare calciatori professionisti? Quanti ci riescono? Ecco, quelli che NON ci riescono, che dovrebbero fare? Smettere di giocare a calcio perché tanto non sono diventati professionisti e quindi evidentemente non sono po così bravi?
    Qualcuno segue questa dinamica: si scoraggia, si demoralizza, e non tocca più un pallone in vita sua.
    Altri invece hanno una reazione del tipo: ok, non sono abbastanza bravo per diventare un professionista, ma a me giocare a calcio piace. Non me ne frega niente di guadagnare un milione di euro o di trombarmi un'attricetta o di essere intervistato a canali unificati dopo un big match, a me piace giocare a calcio, punto.
    Ed ecco che tanti di questi giocatori... scartati? falliti? inutili?... (mettere un aggettivo a scelta) creano squadre di calcetto che giocano tra loro la domenica senza guadagnare nulla (anzi: rimettendoci i soldi per l'affitto del campo, vestiario e altre cose); oppure giocano in una vera squadra di calcio a 11 che partecipa a un vero torneo ufficiale. Tipo il campionato promozione o l'eccellenza (se vedi quante squadre di calcio esistono che giocano in tornei del genere nella sola città di Roma ti rendi conto che parliamo di migliaia di persone, migliaia di "calciatori falliti" che però si intestardiscono a giocare anche se praticamente non guadagnano nulla e ottengono solo muscoli strappati e calcioni sugli stinchi).
    Ecco, io sono in questa fase: i tanti "no" ricevuti mi hanno convinto che non potrò mai essere uno scrittore professionista. Beh, mi sia almeno concesso di essere uno "scrittore dilettante", non chiedo altro ;-)

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    1. Ho afferrato il senso del tuo discorso, che, poi, è anche un po' la critica che ti muovo io: giocare da dilettanti ti diverte e ti consente di godere della tua passione per il calcio, però è come una rinuncia ai sogni, è un gettare la spugna senza avere tentato tutto. Perché dici che non potrai mai essere uno scrittore professionista? Ti convinci di non poterlo esserlo più e chiudi le porte alle critiche positive: se c'è più di una persona che ti dice che potenzialmente puoi arrivare a ottenere di più, perché ti accontenti di fare goal nella squadra dell'Oratorio?
      Ma poi chi è che arriva a realizzare veramente il sogno di pubblicare con la grande casa editrice, eppure certe volte basta crederlo possibile per portare la scrittura a un livello più alto. Non è un'illusione, è giocare con l'impossibile. Qualche volta si stanca lui! 😉

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  9. In tutte le esperienze non si perde mai, o si vince o si impara.
    Un post che fa riflettere. Grazie Marina

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    1. E anche la tua saggia massima fa riflettere, Verbena.
      Ti ringrazio di essere passata da queste parti e di avere lasciato il tuo commento . 🤗

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  10. Ti sei posta in questa esperienza con l'intelligenza che ti contraddistingue.
    Ok, percorso che si ferma, ma fare tesoro dell'esperienza e delle critiche, comprendendo i punti di forza della propria scrittura.
    Brava.
    P. S. Voglio leggere entro l'estate il tuo "31 dicembre". Appena mi libero del nuovo copione.

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    1. Sono affezionata al mio primo esordio, ma adesso lo vivo in maniera diversa e vedo il mio romanzo con occhi nuovi, che non sono più quelli dell'età in cui l'ho scritto. Però, come dico sempre, mi sembra di avere perso la spontaneità di allora e non so se è un guadagno, una fase che dovevo aspettarmi di vivere crescendo.

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  11. Volevo parteciparci anch'io quest'anno, ma me ne sono ricordato tardi e limite di partecipazione era scaduto da un mese.
    Al di là di avere un giudizio sul proprio inizio di romanzo, tu trovi che sia davvero un'opportunità concreta di pubblicazione, insomma che ne valga la pena? O che sia un po' uno sparare a caso bendati sperando di centrare il bersaglio? Che i grandi numeri di partecipazione alla fine premino solo uno quando magari ce ne potrebbero essere più di uno meritevoli?

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    1. Saprai anche tu che i dieci finalisti hanno diritto alla pubblicazione dell'ebook, mentre solo al vincitore ufficiale sarà garantita la pubblicazione in forma cartacea a cura di una casa editrice del gruppo Mauri Spagnol: direi che vale la pena. Da questo concorso sono uscite penne ormai conosciute: Valentina D'Urbano, che ha vinto un'edizione, poi si è affermata. E poi, a prescindere da tutto, la partecipazione a un grosso concorso è uno stimolo, può essere un punto di partenza, un'opportunità per mettersi in gioco, confrontarsi anche con la buona stella, perché no! A me è servito per dare uno scopo alla mia scrittura. Insomma, l'anno prossimo segna la scadenza nel calendario e non dimenticartene! 😉

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  12. Faccio una considerazione: se un manoscritto viene affidato per una valutazione a lettori/scrittori, quindi non professionisti, quali informazioni utili si possono trarre?
    Mettiamo da parte la questione fluidità, grammatica ecc.
    Ogni giorno leggo pareri su libri, scritti da una moltitudine di persone, lettori con background e gusti differenti, non c'è quasi mai un indicativo simil oggettivo.
    Più concretamente, mettiamo che tu scriva "sdolcinato", un editor o comunque un grande e forte lettore (tale non solo per quantità letta) potrà "bypassare" questa tendenza, valutando in modo meno impulsivo il lavoro. Ma c'è chi legge "LA STORIA". Partiamo malissimo ;)

    I no devono essere punti di forza ma anche presi per quel che sono, non hanno sempre un unico valore.

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    1. Devo dire che, rispondendo anche a Giulia, che ne faceva cenno, anche a me all'inizio suonava strano che ci si dovesse giudicare fra di noi, perché il dubbio della mala fede ti viene. Forse gioca un ruolo anche la fortuna; per esempio so che chi è stato assegnato a me è caduto in buone mani. Mi vanto di avere garantito un trattamento assolutamente obiettivo, nel bene e nel male, ai candidati. Ho bocciato otto lavori su dieci che, infatti, non hanno passato la selezione. Se la maggioranza ha valutato con la serietà richiesta, è probabile che arriverà alla fine un buon lavoro. Del resto, come dicevo a qualcuno, questo sistema è una bella paraculata: siamo in 1000 e da soli ci facciamo la guerra. Ai giudici ufficiali arrivera il meglio senza che si siano minimamente affannati a trovarlo.
      Io ho preso dei miei "no" quelli che ho riconosciuto come validi e utili, del resto di uno che mi dice "senza infamia né lode" non ho che farmene e so già a quali giudizi devo dare sostanza.

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    2. No ma la mala fede spero appartenga a pochissimi eventualmente :O
      Io più che altro pensavo al fatto che è un po' un "minestrone": non so se si davano regole precise, ma mettiamo che chi abitualmente non legge un genere o non gradisce uno stile, si sia ritrovato a valutare proprio un testo simile. Senza pensare ad una precisa volontà di nuocere, penso che sia abbastanza umano averne un parere "inferiore" rispetto ad altro testo.
      In teoria, e dico in teoria, un professionista dell'editoria dovrebbe saper "andare oltre".
      Per quel che che ti conosco, leggendo le tue riflessioni e i commenti che lasci in giro, penso tu sia stata correttissima e un ottima giudicante, ma ne sono certa!

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    3. Sì, suppongo che sia come dici tu: tutti leggono di tutto e anche a me sono capitate storie appartenenti a generi molto lontani dal mio. Considera anche che se non sei un lettore abituale, ti annoia dedicarti alle opere di altri, non sei abituato a fare una valutazione di un testo. Pensa che uno dei giudizi che mi sono arrivati era questo: accompagnato da un bel 5.67, diceva "non è il genere che amo, ma devo pur scrivere qualcosa, altrimenti non mi accetta il parere se non arrivò ad almeno 200 battute". Per la serie: toh, ti dico qualunque cosa per rispettare le regole. Ma che giudizio è?

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  13. La formula presenta una stortura di fondo: lo si vede anche in altri ambiti quando giuria e partecipanti sono gli stessi (penso al contest fotografico organizzato dal circolo di Emanuele o alla stupida ma efficace trasmissione 4 matrimoni) però un'idea di massima sull'opera la può fornire.
    Un mio amico ha partecipato e come te è stato eliminato al primo step: fiumi di mail a noi del gruppo scrittura per farsi consolare, e sulle ingiustizie dal caso. Personalmente preferisco un no da un professionista, ma ha ragione chi quassù ha fatto notare che in editoria arrivano più silenzi che altro. Sandra

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    1. No, io non ho chiesto consolazione, né ho gridato alle ingiustizie, perché ci sta e quando si partecipa a una competizione si mette in conto di non arrivare da nessuna parte. L'ho vissuto più come le prove preselettive che organizzano per smaltire le masse informi di concorsisti pubblici. Ormai si può arrivare alla pubblicazione per vie traverse, sempre impossibili, ma almeno più varie che rivolgersi direttamente all'editore con lettera di presentazione e manoscritto al seguito.

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  14. Non voglio spezzare lance a favore del self publishing perché sono uscita così stremata da questa pubblicazione che non so quando (non voglio dire se) avrò voglia di sudare quanto ho sudato negli ultimi mesi, però, però, però. Un però c'è. I "no" delle case editrici non sempre sono "no, non ci piace" o “no, è fatto/scritto male”. A volte sono "sarebbe un sì, se solo... e noi, adesso, non abbiamo la possibilità di lavorare sul se solo”.

    Ma questo era un discorso generale. Sul caso specifico: sono d’accordo con Giulia. Non ho partecipato al concorso di cui parli (anche se ci ho pensato) ma se i votanti sono a loro volta autori, non mi stupiscono i voti bassi. Purtroppo. Senza contare che valutare una storia in base a due capitoli è piuttosto difficile. Alcuni dei miei libri preferiti all’inizio li avrei cestinati, solo dopo aver superato una trentina di pagine è arrivata la magia. Sono “no” che vanno presi per quelli che sono, “no di superficie”. Possono aiutare, devono farlo, ed è giusto lavorarci, ma non possono condizionare. Non farti condizionare. Sei brava, Marina.

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    1. Ormai, sarà l'età, sarà che vivo tutto con una serenità maggiore e un impeto diverso, sono poche le cose che mi condizionano veramente. Mi dispiace, semmai, quel famoso detto in siciliano, ma di facile traduzione: "fatti la fama e va curcati", fatti la fama e vai a coricarti: non voglio sembrare quella che sa scrivere solo in quel modo e il mio lavoro di miglioramento serve a smontare la convinzione forte di chi, leggendomi, trova nella mia scrittura sempre i soliti difetti. Tante volte non me li sento addosso e lì non so cosa fare: non so cosa aggiustare se non vedo cosa non va. E comunque, al di là di questo piccolo sfogo, ti dico che è vero che tante volte l'inizio non è sufficiente per entrare nella magia di una storia, però due capitoli sono un indicatore importante della natura del romanzo.

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  15. Sono convinta che ci si debba nutrire avidamente dei "no" costruttivi, scartare le critiche futili, gli applausi finti e conservare con umiltà gli elogi sinceri. È naturale avere difficoltà a digerire medicine amare, ma chi ha una grande passione da tenere in vita stringe i denti, ingoia e continua a respirare aria, sogni e sudore.
    Bacioni :-)

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    1. Sono in fase aria e sudore, il mio sogno adesso è riuscire a trovare il meccanismo giusto per dare vigore e valore alle mie idee, che altrimenti restano... chissà se posso dire molli! :)

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  16. Anni fa partecipai a questo torneo (almeno credo: l'età avanza e non ne sono sicuro). Ovviamente non passai nemmeno il primo turno, ma mi capitarono poi delle buone storie, anche se non so il loro destino.
    Quel "no" mi è servito? Non ricordo... ;)

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    1. Io ho una memoria scarsissima, ma non penso che dimenticherò questa esperienza, non perché mi avesse particolarmente segnato, ma perché è singolare e rimarrà "singola". 🙂

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  17. Credo che da Io Scrittore ci passino un po' tutti. La mi esperienza? L'incipit rifiutato con stroncature imbarazzanti apparteneva al mio primo romanzo poi edito. L'incipit passato alla seconda fase (non superata) invece a un romanzo ancora inedito.
    Poi, certo, se tutti i giudizi dicono le stesse cose, allora forse bisogna valutare un istante (anche, appunto, l'età e la maturità di chi ha scritto quei commenti). Tutte le esperienze aiutano a crescere, ma vanno prese nella giusta ottica. Io Scrittore è un gioco e non vale tanto di più (come probabilità di pubblicazione si rasenta quella di una lotteria).

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    1. Sì e io l'ho preso come un gioco, anzi me ne sono servita come stimolo per scrivere, perché in realtà non avevo il mio bel romanzo pronto con cui sperare di vincere e, se avessi passato il turno, avrei dovuto rinunciare (me lo dicevo e non ne ho avuto bisogno, alla fine.)
      E poi, è vero, nel Torneo confluisce di tutto: ho letto scritture palesemente immature, da cui ho dedotto la possibilità di candidati molto giovani, poi, chissà... Spero vinca il migliore, comunque.

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  18. Interessante post Marina, come quasi tutti gli altri.
    Questo torneo è utile come arena, ma non so quanto possa essere un effettivo trampolino di lancio. Meglio i concorsi collaudati, con criteri e critica di un certo livello. E' vero che per te rappresenta "pubblico" ma questo "no" non è uno di quelli importanti, che ti fanno virare nella direzione giusta perché ti hanno rafforzato.
    Hai partecipato credendo di passare perché hai già scritto? Vedo una incrinatura, come nel guscio dell'uovo ancora intatto ;)
    Un abbraccio
    Marina Z.

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    1. L'ho vissuta come una possibilità fra tante. In realtà, come dicevo, mi è servito come bastone con la carota, però adesso prendo il lato positivo di questa esperienza e provo a rimodellare il romanzo non certo per renderlo vicino ai gusti altrui, ma per superare quei limiti che io stessa gli riconosco.
      Spero sempre di vincere, è il motivo per cui partecipo ai concorsi, ma qui non ho creduto di superare il turno solo perché scrivo, ma perché pensavo di avere avviato una buona storia. Non è che abbia ricevuto una grande lezione di vita (è tutto messo in conto, in una competizione), ma perlomeno sto dando una chance di miglioramento al mio lavoro.

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    2. Capisco, era per superare i tuoi dubbi e quei limiti che hai colto da sola rileggendo la tua opera.
      Quand'è che esce?
      Generalmente ai concorsi si partecipa per vincere sì :D lo davo per scontato questo.
      Dai che questo libro verrà con i fiocchi ;)
      Alla prossima
      M.Z.

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    3. Verrà con i fiocchi di neve: speriamo che per l'inverno prossimo possa parlare di un romanzo finito e de-finito.
      Io, intanto, non mi scollo dalla scrivania.
      Grazie per il tifo! 😉

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  19. Ogni "no" (così come ogni "sì") va soppesato e valutato, perché non tutti sono in buona fede, e non tutti nascono da un'effettiva comprensione di ciò che si è letto. C'è chi dice no per invidia, c'è chi lo dice per distruggere un avversario, c'è chi dice sì per non deludere un amico, c'è semplicemente chi non capisce, chi non ha capito, e chi non ha parametri adatti a valutarci. Dunque in qualunque rapporto occorre sempre osservare la critica con distacco, il che non significa noncuranza, ma semplice oggettività. Anche in questo caso, la capacità di "ascoltare" è fondamentale. :)

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    1. È vero e come ben sai ho fatto una selezione fra critiche di cui tenere conto e giudizi spicci da dimenticare. Ho preso il "buono" e l'"oggettivo" e su quello sto lavorando. I no che per me aiutano a crescere sono questi. Io ho centrato il mio problema, adesso devo fare del mio meglio per risolverlo.

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  20. Come Sandra quassù, sono scettica sul sistema di un concorso che vede i partecipanti essere giudicati e giudicanti al tempo stesso. Ho seguito un amico quasi un decennio fa su un concorso simile (o forse era proprio IoScrittore? non ricordo). Il suo testo era buono (tant'è vero che è stato poi pubblicato da una piccola casa editrice, non eap, anche se non ha avuto successo perchè manca marketing online), ma ha avuto delle stroncature non argomentate o di genere. Se dici che un testo è brutto, spieghi perchè (stile, dialoghi, personaggi, clichè, storia lenta, noiosa?) Se dici che non ti piace il genere, non stai dando un giudizio obiettivo, piuttosto non darlo proprio. Andando poi io a leggere i testi di chi aveva dato quei giudizi, avevo solo avuto l'idea che volessero abbassare la votazione per poter loro avere una chance. Proprio come succede in 4 matrimoni o in 4 ristoranti (e in 4 ristoranti alla fine è il voto di Alessandro Borghese a rimettere ordine nella classifica).
    Infine: non è vero che il self-publishing evita di incassare i "no", semplicemente i "no" sono le mancate vendite, soprattutto se hai messo l'ebook a 99 centesimi e stai spendendo uno sproposito in sponsorizzazioni.

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    1. Tiro sempre in ballo il self-publishing proprio per dire questo: è inutile pensare di farla franca pubblicando ugualmente un lavoro che ha ricevuto già delle bocciature (purché sensate e oggettive, ché su quelle "tanto per" siamo tutti d'accordo): non lo freghi il pubblico, nemmeno se ti vendi a 99 centesimi, però inquini l'intero sistema e affossi il buono che esso produce: insomma, la solita tiritera.
      Certo, poi penso che potrei essere stata giudicata da quelli che ho stroncato io e mi viene davvero da ridere! 😄

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  21. I "no" che aiutano a crescere sono quelli motivati, sia in psicopedagogia che nella scrittura. L'ideale sarebbe incontrare la persona che ha espresso un giudizio negativo tutto o in parte, non per convincerla che si è dei geni XD ma per capire bene i difetti in ciò che si scrive. In questo senso la figura più utile è l'editor professionista.

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    1. E in questo torneo abbiamo fatto tutti i finti editor, con grado di competenze pari a zero. È stato piacevole e mi è servito, però in questo specifico caso i motivi del "no" sono stati affidati un po' al caso e all'improvvisazione.

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  22. Senza voler nulla togliere alla tua esperienza, resta da dire che i giudizi che hai ricevuto, positivi o negativi che siano, hanno lo stesso valore di quelli che avrebbe potuto dare un qualsiasi beta reader, che forse sarebbe stato anche un tantino più oggettivo visto che in questo caso si tratta di scendere in una sorta di arena dove ci si giudica a vicenda. Poi c'è il discorso dell'incipit, come si fa a giudicare tout court un'opera da poche righe? Anche qui i giudizi mi sembrano un tantino arbitrari. Perché dei no dei partecipanti a un torneo di scrittura dovrebbero avere più valore di quelli di lettori qualsiasi?

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    1. Credo che tu abbia ragione. E ti dirò di più: non sono nemmeno lettori spassionati o beta readers che hanno a cuore il lavoro altrui, tanto da sottolineare ciò che non va per sollecitare un miglioramento del testo. Sono lettori concorrenti, con l'unico desiderio/interesse di andare avanti nella competizione. Questo già dovrebbe inficiare l'autenticità del giudizio. Non è per tutti così, ovvio (io sono stata professionale e non mi rimprovero nulla), ma non so se il ragionamento è stato lo stesso per tutti. La formula serve a fare una bella pulizia alla base, ma i dubbi sono tanti.

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  23. Ho partecipato anch'io a IoScrittore, e le valutazioni dei lettori sono la parte più interessante, in particolare se si arriva a ricevere quelle relative all'intera opera. Hai ragione a dire che i "no" servono. Io sono sempre stata una sostenitrice dello "yes, we can", ma nel tempo sto cambiando idea. Anche quando ci sembra di essere arrivati a un buon livello, abbiamo ancora tanta strada da fare per scrivere qualcosa di davvero buono. Abbreviare il processo, saltando la fase dei no, forse rischia di impedire la crescita.

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    1. Ricordavo della tua partecipazione al Torneo (mi pare che tu fossi finalista, persino.)
      Avere la consapevolezza di potere ancora raggiungere soglie apprezzabili di miglioramento è il segno della maturità che io vedo in uno scrittore e che manca in tantissimi, purtroppo. Sfrutterò i no ricevuti per orientarmi meglio in un mondo che non finisco mai di scoprire.

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  24. Ciao Marina, vorrei lasciarti la mia opinione visto che conosco bene il Torneo. Per tre anni consecutivi ho superato la fase iniziale. Una grande fatica: la corsa per presentare l'opera revisionata, i manoscritti da valutare, i giudizi da formulare. Mi sono stancata e ho detto basta. Mi è servito? Non lo so ancora. Ho sempre cercato di cogliere nei giudizi qualcosa di circostanziato al manoscritto e non al mio modo di scrivere. Ognuno ha il suo: perfetto, perfettibile, deliziosamente imperfetto. Io adoro l'imperfezione. Ma nel romanzo qualcosa non va, è certo, se no arriverebbe tra i primi dieci. Così ho deciso di revisionare/riscrivere l'opera in modo sistematico e profondo prima di sottoporlo a un' agenzia letteraria. Intanto ho imparato a incassare :)

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    1. Grazie, Rosalia, per essere passata a dare la tua testimonianza. Quant'è vero quello che dici! Che fatica: il tempo non basta mai, poi io non avevo nemmeno l'opera completa (certo, pensare di farla franca era molto aleatorio da parte mia!) e sai dove ho incontrato la difficoltà maggiore? Nel dare i giudizi alle altre opere assegnatemi, perché ho letto davvero di tutto e tutto con una qualità scadente. Neanche il piacere di giudicare una storia interessante per la quale fare il tifo, al limite!
      Comunque, sono d'accordo, tutto è perfettibile, sempre, e incassare serve per guardare al lavoro fatto con quella profondità di cui parli.
      In bocca al lupo per la tua opera, qualunque strada tu voglia intraprendere. 🤗

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  25. Voglio sperare che almeno ti sia divertita! Che i no aiutino a crescere sono d'accordo! Come si dice: ritenta, sarai più fortunata! Scherzo, ovviamente!

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    1. In effetti sì, è stata un'esperienza istruttiva, alla fine. Non so se ci riproverò, ma forse sì: la fortuna si sfida sempre! 😋

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