Da quando il dibattito sull’affermazione e la tutela dei diritti degli omosessuali si è arricchito di nuove tematiche e il progresso degli studi di genere ha portato a una rapida proliferazione di identità femminili e maschili, mi è venuta la curiosità di allargare i miei orizzonti.
Il labirinto di termini e significati in cui mi sono impelagata non ha fatto che confondermi le idee.
Io sono una “etero cisgender”, come dire: “sono quella che sono e mi sta bene” e siccome ho la certezza che non mi sveglierò mai, un giorno, con il desiderio di essere qualcosa che non sono, questo termine identificativo mi mette, in realtà, a disagio, perché lo vedo connotato di possibilismo, come una finestra aperta su altre strade, che invece io considero sbarrate. È solo la mia impressione, intendiamoci, forse è la “teoria del gender” che crea in me dei pregiudizi, perché non condivido il “potere scegliere” cosa/come/chi essere. Lo so, con questo discorso mi colloco da sola nel girone dei conservatori retrogradi genderfobici, ma vorrei comunque si apprezzasse il mio sforzo nel voler capire le novità di un mondo che sta cambiando regole.
Datemi il tempo di abituarmi (se mai ci riuscirò!)
Non solo sono cisgender, ma anche binaria, a quanto m’insegna il nuovo linguaggio. Vuol dire che genere e sesso biologico coincidono e io mi identifico nella componente femminile del dualismo maschio/femmina presente in natura.
Niente di troppo complicato, fin qui; ho solo acquisito la conoscenza di una terminologia a me sconosciuta.
Ma le istanze del movimento di liberazione omosessuale continuano a farsi largo e adesso si danno nomi precisi a tutte le possibili combinazioni legate agli orientamenti sessuali, quelli che finora erano accorpati sotto le macro categorie omsessualità, bisessualità e transessualità. E qui, mi perdo: se prima mi bastava sapere chi fossero lesbiche, gay, bisex e trans (cosa che mi rendeva facile la traduzione della sigla LGBT), ora, con tutta la buona volontà, non riesco a raccapezzarmi nell’universo identitario oggetto di studi e rivendicazioni.
Intanto, attenzione a fare un doveroso distinguo fra transgender e transessuale, spesso usati come sinonimi: il transgender è chi non si sente a proprio agio con l’identità associata ai propri genitali, mentre il transessuale è chi avvia il percorso psicologico e fisico di transizione per passare al genere cui si sente di appartenere. E anche i bisex - non semplifichiamo - non sono le persone attratte indistintamente da uomini e donne; è più appropriato dire che sono persone attratte da più di un solo genere, non necessariamente uomo o donna.
La conclusione che ho tratto dal mio inefficace approfondimento è che tutti possono essere o sentirsi qualsiasi cosa, a prescindere dall’orientamento affettivo, dal genere di appartenenza e dalla propria sessualità.
L’espressione di moda, oggi, è “gender fluid”, che è il soggetto che non vuole sentirsi incarcerato dentro uno schema sessuale: se è femmina, vuole avere la libertà di sentirsi maschio e viceversa, senza che la “convenzione” dia un'etichetta secondo il genere che li rappresenta. E c’è anche il “genderqueer”, che pensavo fosse la persona confusa, chi si sente di appartenere indistintamente al genere femminile e maschile, ma anche a nessuno dei due, salvo poi scoprire che, in realtà, “queer” è il termine eletto per individuare tutti gli individui che si tengono fuori dalle identità e dalle definizioni su genere e sessualità. In pratica, è un simbolo di dissenso verso l’eteronormatività.
Non afferro del tutto, ma almeno capisco la nuova sigla a seguito della principale: adesso la comunità è LGBTQ, cui si aggrega una I.
Cerco.
I sta per “Intersessuale”, che una definizione presa dal web (il glossario di ModenaPride2019) mi dice essere “una persona con caratteristiche (ormonali, morfologiche o genetiche) che non corrispondono (del tutto) alla descrizione medica di sesso maschile o femminile. Potrebbe sentirsi come un uomo o una donna o come una persona non binaria.”
C’ha detto?
Sento che posso ancora farcela, anche perché mi tocca capire quella A che si è aggiunta in coda alle altre lettere: siamo a LGBTIQA.
Il termine “Asessuale” non ha bisogno di spiegazioni: è asessuale chi non subisce alcuna attrazione sessuale oppure chi non è coinvolto dall’attività sessuale, ma non è così semplice come sembra, perché, se si scava a fondo, si precipita in una cavillosissima rete di varianti guidate dalla componente romantica (e come si fa a non tenere in debita considerazione l’orientamento romantico!), per cui diventa fondamentale capire se si è aromantici, biromantici, eteroromantici, omoromantici, panromantici, termini speculari a quelli, analoghi, legati alla sfera della sessualità (asessuali, bisessuali, eterosessuali, ecc.)
E non finisce qui: nell’ambito dell’asessualità, il pelo si spacca ancora di più, perché si può non essere esclusivamente asessuali, ma percepire occasionalmente un’attrazione sessuale in date situazioni, per cui, per esempio, se una persona asessuale vive l’attrazione sessuale solo a seguito di un forte legame emotivo, siamo in presenza del “Demisessuale.”, rientrante nella generica categoria della cosiddetta “asessualità grigia”, altrimenti chiamata grey-A o grey-ace.
(Tiratemi fuori da questa palude!)
E non l’aggiungiamo una bella D all’illeggibile acronimo della comunità?
Ma poi dovremmo inserire la P di Pansessuale (chi è attratto da tutti i generi. Evvai, crepi l’avarizia!), anzi la P al quadrato, visto che c’è anche il Polisessuale, che - giuro - ho provato a capire cosa sia, ma mi sono arresa.
E credo si siano arresi pure i principali esponenti del Movimento, che, invece di allungare l’alfabeto ad libitum, hanno pensato bene di aggiungere un bel segno +, onnicomprensivo di qualsivoglia orientamento o identità di genere, così non si offende nessuno e la confusione dilaga senza prove evidenti.
Ora, io non ho nulla contro le rivendicazioni di un’organizzazione che ha legittimi scopi. Sono d’accordo sui pari e pieni diritti di ogni soggetto che non rientri nel modello culturale della cosiddetta “eteronormatività”, dove l’eterosessualità è percepita come normale e tutto il resto no.
Ma mi chiedo: a cosa serve ottenere l’approvazione e assecondare la distinzione di tutte queste possibili combinazioni di orientamenti sessuali e identità di genere? Questa iper attenzione - sociale, culturale, umana - verso la complessità dell’essere nella sua sfera intima legata alla propria sessualità, al genere o al proprio sentire, non nasconde il rischio di disperdere l’obiettivo, di sacrificare anche la credibilità delle battaglie civili, in nome di una inclusività estremizzata?
L’arcobaleno è un bel simbolo di riconoscimento della Comunità LGBTQIA+, scelto perché è segno di pace e armonia. Ma di questo passo, occorrerà cambiare bandiera.
E' tutto un gran casotto e io ci sto capendo ben poco ma apprezzo tutte queste aperture. Vorrei che la generazione che sta crescendo ora apprenda tutto ciò e non abbia nemmeno problemi con i pronomi. Per quanto mi riguarda chiedo solo tanta pazienza nei miei confronti se mi rivolgerò con li pronome "tu" anziché "egli".
RispondiEliminaIo amo tutto ciò che sta succedendo sapendo bene che per raggiungere l'equilibrio bisogna andare all'eccesso... Il cambiamento è in tatto, la confusione è tanta e gli ostacoli sono sempre ben radicati. Ma parliamone, anche se facciamo fatica a comprendere!
Ebbrava Tu!!
Parliamone sì. Io parto sempre da un principio: se ho un pregiudizio devo fondarlo oppure eliminarlo, ma per fare questo devo essere consapevole e per essere consapevole devo informarmi. Per questo, di fronte a quello che vedo come un caos poco significativo, mi sono posta con un atteggiamento critico: vediamo prima cosa e perché e poi giudichiamo. Ecco, lo sto ancora facendo, ma la mia confusione e i miei dubbi non sono stati ancora minimamente scalfiti.
Elimina❤️
EliminaIl politicamente corretto si sta estendendo - in maniera spesso ridicola in ogni dove - anche l'Arsenio Lupin nero che sto vedendo ora su Netflix, sembra oggetto di discriminazione al contrario, essendo l'originale bianco. Per tornare al nocciolo del post, credo che anche i diretti interessati ne abbiano le scatole piene di sentirsi ingabbiati in specifiche sigle.. nonostante una pandemia, abbiamo ancora tempo per trastullarci con i dettagli.. importante è solo il Rispetto. E credo che non abbia genere, né razza, né sesso, e neanche religione. ;)
RispondiEliminaGuardiamoci attorno e vediamo quante volte ne facciamo a meno.
Esatto. Il rispetto credo sia sufficiente, se autentico e sincero, come dovrebbe sempre essere. Questo è il motivo per cui comprendo poco questo cavillare pure su cose che non dovrebbero essere portate all’attenzione di nessuno, perché appartenenti alla sfera strettamente personale.
EliminaPer me, e questo vale per tutto, la sovraesposizione non avvicina ai problemi, ma, al contrario, crea distacco e disaffezione.
@Franco: che cosa intendi con "discriminazione al contrario"? Che sarebbe in qualche modo favorito?
EliminaPS: ho visto la prima puntata e m'è sembrato molto banale!
Ingenuo si, ma più divertente di tanta altra roba strombazzata ..no, il "contrario" era rivolto a chi si lamenta di un personaggio nero, abitualmente bianco. Stiamo alla frutta..😉
EliminaA me pare solo che stanno facendo un gigantesco lavaggio del cervello alle nuove generazioni, e la facile suggestionabilità dell'adolescente sta creando confusione mentale e danni all'equilibrio psichico dei giovani caratterialmente più deboli.
RispondiEliminaNon dirò tutto quello che penso di questa situazione perché mi piace esprimermi sulla base di fatti accertati e non di mere ipotesi, comunque non nascondo che sono fortemente a disagio.
Resto convinta che la maggiore consapevolezza non aiuti le lotte contro la discriminazione o l’affermazione di diritti. Tutto questo sottilizzare sugli orientamenti non apre le menti, crea solo più confusione: a che serve sapere che se provo un’attrazione per un amico, anche se in genere non provo pulsioni sessuali, sono una demisessuale? Se lo dichiaro, ho diritto a una porzione di rispetto in più? A uno sconto sul pregiudizio della gente?
EliminaUn compagno di scuola di mio figlio, adesso, non vuole più uscire con gli amici, perché dice di essere “queer” ed è lui a non sentirsi più a suo agio con gli eterosessuali. Usa con orgoglio questo termine, però poi si autoghettizza.
@Ariano: chiunque voglia fare il lavaggio del cervello alle nuove generazione deve mettersi in fila!
EliminaNon so. Nel senso che per me siamo tutti persone. Però vedo le stesse perplessità che vedevo nei colleghi quando sono arrivate le sigle per i Disturbi Specifici dell'Apprendimento. "Adesso questo è discalculico, quello è disortografico, quello ha deficit dell'attenzione, per me sono tutti capre e basta". In realtà per me che sono dislessica, ma non discalculica e non ho deficit dell'attenzione la differenza è sostanziale. "Adesso ci sono anche gli afantasici, non sanno più cosa inventarsi!". In realtà gli afantasici, coloro che non sono capaci di raffigurazione mentale, ci sono sempre stati e per loro studiare è una fatica immensa e mi sembra giusto che sia riconosciuta (una mia cara amica, di un'intelligenza spaventosa, è afantasica). Quindi è sempre difficile capire l'importanza di una definizione se non è la tua o se non senti il bisogno di riconoscimento in una persona a te vicina.
RispondiEliminaInsomma, anche a me che sono una persona banale (mi definirei più che altro monogama) tutte queste sigle sembrano troppe e confusionarie, ma se per qualcuno sono importanti ben vengano, alla fine a me cambia poco.
Un unico appunto. Mia madre era una femminista dura e pura e io sono stata cresciuta secondo la famigerata "teoria del gender" (per altro in scuola cattolica scelta anche perché teneva un approccio neutro tra maschi e femmine, tutti vestiti uguali a fare le stesse cose). Per quel che ne so io la "teoria del gender" non dice che si può scegliere. Dice che la maggior parte dei tratti che attribuiamo all'essere maschio e femmina sono in realtà sovrastrutture culturali (posso testimoniare che nei giochini stupidi io percepisco i colori "come maschio", cioè vedo meno sfumature, cosa di solito considerata legata al sesso maschile) e che non sempre la propria identità coincide col sesso biologico (non che non deve coincidere o che si può scegliere). In questi termini vi vede d'accordo. E comunque l'essere stata cresciuta volutamente in modo molto neutro (fino ai dieci anni in tutte le foto sono indistiguibile da un maschio) non mi ha creato problemi (anzi sono una banale donna sposata) se non il legare facilmente con persone che a varia natura si riconoscono in una di queste sigle o in generale con chi è un po' fuori dagli schemi.
Cambia poco anche a me, ma mi sfugge il valore dell’attenzione su un dato orientamento sessuale. Cioè, se una personalità con delle caratteristiche particolari influenza l’attività intellettiva, può avere un senso individuarla, come il caso della persona afantasica, che studia a fatica perché ha un problema che la limita: la mancata capacità di raffigurazione mentale. Si cerca di capire come venirle incontro, come correggere il suo “difetto”, come aiutarla, anche e soprattutto nel contesto classe. Ma quale valore aggiunto ha sapere che sono una che fa sesso con o senza romanticismo, per dire? Mi dovete aiutare a ritrovare l’armonia sessuale? Chiedo di essere trattata al pari di altri? Il rispetto è naturale perché è dovuto a tutte le persone, su questo siamo d’accordissimo, a chi è utile sapere che c’è chi vive la propria identità di genere in un modo o in un altro? Serve ai fini di una possibile tutela contro le discriminazioni? Non lo so, certe volte penso che fare emergere tutte queste varianti possa persino essere controproducente per gli ignoranti che vogliono una scusa per denigrare o fare peggio.
EliminaPer la teoria del gender, sì, forse mi sono espressa male, ho semplificato: anch’io so che nasce da una valutazione che ha a che fare con il fattore culturale e su questo resto della mia opinione: per me il sesso o il genere restano legati alla natura. A maggior ragione trovo normalissimo quello che dici: sei una etero, che ancorché cresciuta in un ambiente volutamente neutro, ha sviluppato serenamente la tua natura.
Sapessi come mi vestiva mia madre da bambina! E mi faceva tagliare sempre i capelli cortissimi e ho giocato alla guerra e con i soldatini fini all’adolescenza. Un maschiaccio in tutto. 😅
L’accettazione della diversità, per me, non ha bisogno di riconoscimenti esasperati per dire “guarda che esisto pure io”. Appunto, anche per me siamo tutti solo persone.
Però, vedi, tu hai parlato di "difetto" quando si parla di funzionamento atipico. Ognuno al suo carattere, la mia amica a questa tua parola si sarebbe inalberata perché presuppone un concetto di "normalità" e uno di "devianza". Una persona atipica non ha un difetto, funziona in modo diverso dagli altri e esige (in alcuni casi come per i DSA con leggi che tutelano questo suo diritto) che si tenga conto del suo modo di essere che non va né corretto né la persona va "aiutata". E le parole sono importanti, possiamo considerare eccessivo, ma se riportassi le tue parole pari pari in un contesto educativo rischierei quanto meno un richiamo formale. È eccessivo? Forse, ma solo impuntandosi come muli le persone con funzionamento neuronale atipico hanno visto i loro diritti tutelati.
EliminaHo mutuato l'esempio da un ambito che conosco sia sul piano normativo, sia vivendolo da dislessica. Ora io non so cosa comporti a livello pratico, psicologico e normativo appartenere alla grande categorie del "non binario" ma posso immaginare che sia simile. Immagino che in alcuni contesti possa essere importante anche solo poter dire serenamente "io mi sento di essere/io preferisco/io sono" senza la paura di essere guardati male/allontanati o peggio. Ti assicuro che tra i miei alunni "frocio" è ancora un insulto gettonatissimo. Mi sembra normale che chi cresce sentendosi insultato poi abbia una gran voglia di rivalsa, riconoscimento e non voglia che altri vivano la stessa situazione. Poi, come in tutti i contesti, sia chiaro, esistono l'esagerazione e l'estremismo.
Ecco, vedi, fraintendere è un attimo. Ho messo apposta il termine “difetto” tra le virgolette, proprio perché non conosco la terminologia tecnica, ma pensavo che dal discorso che ho fatto si capisse che non alludevo a una devianza. E quando dico che queste persone hanno bisogno di aiuto intendo dire che dev’esserci chi capisce la loro atipicità per poterla approcciare al meglio. Mi dispiace che si sia capito poco di quello che ho detto, anche perché così è come se venissero rappresentati pensieri che non ho. Ma sicuramente è una mancanza mia.
EliminaIl fatto di voler espressamente catalogare ogni singola identità sessuale è, a mio avviso, già fortemente pregiudizievole, poiché implica che una persona ics deve essere attratta solo da una persona y o da dinamiche z, per concetto, altrimenti rischia di sfociare in una nuova categoria.
RispondiEliminaInsomma, se io fossi lesbica, trans o qualsiasi altra cosa, vorrei essere libera di amare chi mi pare, senza necessariamente dare un nome alle cose.
In fondo perché dare sempre definizioni a tutto? Per me è assurdo.
Anche perché è una maglia larghissima: sai quante possibili sfaccettature può avere un orientamento sessuale? e già si è visto. Guarda, se cerchi lo spettro (lo chiamano così) dell’asessualità, non te ne esci più! Come dire diamo un nome pure a chi è attratto dai biondi, ma poi distinguiamo fra biondo grano, biondo cenere, biondo platino... Non si può, dai!
Elimina@Claudia può sembrare pregiudizievole, ma d'altro canto è fondamentale per un percorso di emancipazione.
EliminaPurtroppo l'umanità vuole per forza categorizzare, etichettare, perchè sente il bisogno di dominare la natura, di controllarla a suo piacimento. A me tutte queste etichette non piacciono. Io credo che esistano solamente le persone. Ognuna con la sua diversità. Ognuna con il proprio orientamento sessuale. Ho il timore che tutte queste categorizzazioni rischiano di porre ancora più barriere e distanze tra le persone, quando dovremmmo tutti rispettarci per quello che siamo. Complimenti per il blog. Ciao.
RispondiEliminaGrazie per l’apprezzamento. Tu scrivi poesie, bene! ☺️
EliminaSono d’accordo: dare un nome alle cose ha un senso quando serve a qualcosa. Il Movimento per i diritti degli omosessuali fa bene a proporre discussioni sull’importante cambiamento della condizione sociale, giuridica, umana delle categorie che rappresenta, ma farlo aggiungendo ogni volta nuove definizioni, a mio avviso, risulta dispersivo.
Anche io sono molto confusa, ma soprattutto quasi infastidita da questa congerie di nomi e sigle. Premesso che rispetto ogni persona e ogni scelta, non mi sembra logico schematizzare tutto, anzi la schematizzazione mi sembra quasi offensiva. Nessuno parlando di me mi definisce “femmina eterosessuale”, perché dovrei inscatolare qualcuno nella definizione di transgender o altro? La mia sessualità dovrebbe essere un fatto strettamente personale, non un’affermazione pubblica. Ma io sono vecchia e antiquata, probabilmente
RispondiEliminaConsolati: mi sento vecchia e antiquata anch’io, perché per quanto mi sforzi di correre dietro ai tempi, rimango sempre indietro e capisco sempre meno la necessità di taluni cambiamenti. Osservo, critico, ma poi mi rassegno.
EliminaSarcastic mode: finché la libertà di scegliere la propria identità non lede la mia libertà di disinteressarmene, ben vengano tutte le sigle del mondo. ;-)
RispondiEliminaE questa mi piace! 😉
EliminaE comunque non hai citato i metrosessuali (scoperti grazie a South Park)! :D
RispondiEliminaImperdonabile! Come ho fatto a non citare i metrosessuali di South Park! 😂
EliminaMa che sono? 🤪
Una storia lunga, dovresti guardarti una decina di stagioni della serie e poi saresti pronta a scoprirlo XD
EliminaTi stupirà sapere che anni fa lo seguivo insieme a I Simpson. Adesso non mi chiedere i nomi dei protagonisti, perché non me ne ricordo uno, ma io adoravo il pupo arancione che parlava in modo incomprensibile e in ogni puntata faceva una bruttissima fine😂 e il ciccionetto, buffino e cattivissimo. Non ho visto tutte le serie, ma mi facevo certe risate con mio fratello! 😂
EliminaOK, allora dimmi solo... i nomi dei protagonisti! XD
Elimina😂
EliminaChe poi sarebbe presto fatto, mi basterebbe consultare Google (lo faccio va, che mi è tornata la curiosità! 😋)
Capisco la tua confusione Marina, che a volte è pure la mia perché in un panorama internazionale, con pure la differenza di lingua di mezzo, diventa ancora più difficile capire chi hai di fronte e come dialogare senza in qualche modo offendere o urtare la sua sensibilità. Per capirci anche tra i peakers c'è la comunità LGBTQ+ con il loro gruppo e logo di rappresentanza. Se prima capitava che una femmina tentava un approccio con la sottoscritta e respingevo con garbo (a volte difendo così seriamente i loro diritti che credono faccia parte della categoria) e che alla vista di un maschio di regale bellezza e gentilezza si pregasse l'altissimo con un "ti prego, ti prego, fa che non sia gay!!", adesso è tutto un casino e non sai più cosa dire. Sono banalmente tradizionale, femmina e donna con ahimè predilezione per maschio e uomo, o per dirla con i termini qui sopra "etero cisgender binaria". Mi viene in mente quella famosa battuta del film Mediterraneo, nella voce di Vassilissa: "Io sono "etero cisgender binaria"... può interessare?" :D
RispondiEliminaPerò però... Oggi l'Ungheria ha approvato una legge contro la "promozione dell'omosessualità" ai minori di 18 anni, libri e film a contenuto LGBTQ+ saranno vietati, secondo loro per proteggere i bambini, ma sa tanto di persecuzione nei confronti di qualcosa che non capiscono o non vogliono capire. L'effetto di questa legge? Il film "Il diario di Bridget Jones" andrà in seconda serata, fascia protetta, se non tolto del tutto dalla programmazione, perché uno degli amici di Bridget è dichiaratamente gay. E allora Marina, ci impareremo anche tutte ste formule con pazienza, perché per me è chiaro che in fondo qui ci sono anche i nostri stessi diritti in campo. Non credo nemmeno per un istante che questa legge sia a protezione dei bambini.
Per come la vedo io, l’eccessiva ostentazione della varie identità sessuali tramite l’uso di una terminologia non necessaria non ha nulla a che vedere con la discriminazione o l’omofobia incommentabile di certi Stati. Anzi, forse sì: l’agevola. A me sembra che sdoganare tutti questi orientamenti non faccia che provocare il disprezzo e l’odio verso chi è visto come diverso o, addirittura, minaccioso per la comunità. È inutile dire che trovo assurda e vergognosa la legge ungherese, ma non penso che per sostenere i diritti LGBTecc. serva questa dettagliata analisi di come, quanto, perché ci si innamori o ci si senta attratti da questo o quello. Ma che resti un fatto personale, no? Che giovamento può trarre, nella società, in termini di rispetto, chi dice di essere un assessuale demiromantic? Ma che mi frega a me: per me sei una persona, punto. E in quanto tale hai tutto il mio rispetto.
EliminaComincerò a utilizzare sempre più spesso il termine ‘persona’ per evitare di usare tutte queste sigle, io sono per la libertà nel rispetto delle libertà altrui, nel senso che ognuno può essere il genere che vuole purché rispetti il genere altrui... più o meno in linea con il commento su di Andrea
RispondiEliminaL’idea è quella: ognuno può essere il genere che vuole, il rispetto va alla persona prima che al modo in cui vuole viversi la sessualità. Infatti mi sfugge lo scopo di questa specifica rivendicazione: non è che allargando lo “spettro” delle sessualità cambia la visione della dignità di ogni essere umano!
EliminaAnch'io ho in testa parecchia confusione e confesso che non conosco bene le sfumature di significato di alcuni termini e sigle.
RispondiEliminaPerò sono d'accordissimo sul fatto che prima del problema, viene la persona e il rispetto che le si deve, qualunque essa sia.
Tra i vari commenti poi condivido quello in cui si dice che il politicamente corretto si sta estendendo in modo ridicolo in ogni dove. Ma sono anche preoccupata per tanti adolescenti fragili: c'è il rischio che subiscano una sorta di lavaggio del cervello e si sentano caricati di problemi che magari non hanno.
Più che altro penso che i giovani (quelli che hanno bisogno di identificarsi in qualche modo, non tutti) abbiano trovato delle risposte: come scrivevo ad Ariano, un compagno di mio figlio gay, adesso fa sfoggio del nuovo termine queer, perché evidentemente non era a proprio agio con una definizione che alla fine non gli apparteneva. In effetti, può darsi che schiarisca le idee ai diretti interessati e le confonda a chi non vive il problema.
EliminaE' davvero complicato, direi però troppo complicato. In questo periodo il politicamente corretto sta uccidendo la sensibilità e il buonsenso, immaginando offese e mancanze di rispetto ovunque. Quando avremo creato una società in cui si deve riflettere qualche ora prima di aprire la bocca, saremo davvero più buoni, più accettanti? Non credo che l'iper-rispetto formale possa produrre il miracolo di migliorare l'essere umano. Se ci riesce, mi inchino.
RispondiEliminaNo lo credo nemmeno io, per questo mi pongo domande e cerco risposte che continuo a non avere.
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Capisco la confusione...
RispondiEliminaPer interesessuale penso sia contemplato il caso della sindrome di Morris (un esempio è l'attrice Kim Novak).
C'era Leo Ortolani che in "Cinzia" ironizzava sull'estensione della sigla LGBTQ+. La protagonista a un certo punto scopriva che erano stati aggiunti SW (ovvero Star Wars sessuale, quelli che fanno sesso vestiti da personaggi di Guerre Stellari).
Per noi che siamo dall'altra parte credo sia difficile capire tutta la questione. Probabilmente alcune persone vivono come necessità riuscire a etichettarsi in un certo modo, perché l'etichetta ti dà una forma di riconoscimento, e di aggregazione ad altri come te. Però appunto per noi è difficile anche solo comprendere questo bisogno, e se diventa difficile capirlo, è poi facile fraintenderlo. Anche perché ci sono sensibilità diverse.
Viene da ridere, ma l’ironia è tutta lì, nel voler dare a qualunque predisposizione/passione/tendenza sessuale un nome: e se ti piace fare sesso travestito da un personaggio che ami, Obi-Wan Kenobi, Superman, il Gabibbo, perché non identificarti con una sigla! Va bene, a noi la cosa non tocca, potrebbe pure starmi bene (non mi toglie nulla), ma non assumerebbe una veste che sa di ridicolo tutto questo?
EliminaCerto, il “contenti loro contenti tutti” salva la questione e dunque va bene: contenti loro, contenti tutti! 🤷🏻♀️
Vedi, consapevolmente o meno hai centrato il punto (o uno dei punti) della questione: l'assenza di ironia/autoironia. La questione diventa maledettamente seria, perché se provi a fare dello spirito, apriti cielo. Dall'altra parte non vedo però autoironia. Bisogno e richiesta di accettazione e autoaccettazione, sì, ma la capacità di ridere di se stessi e delle varie idiosincrasie sembra abbastanza rara. Se noti, si parla di "pride", mai di "amusement". Tant'è che basta una punzecchiatura, magari senza cattiveria, oppure l'uso di un termine non gradito, e la gente si infiamma. Ne hai avuto la riprova sopra, quando hai detto "difetto".
EliminaQuesto perché a vincere è sempre il pregiudizio. Io lo vivo sempre sulla mia pelle: il fatto di avere delle idee non sempre in linea col pensiero comune mi espone a una più facile critica, anche quando non prendo volutamente tutto sul serio e uso l’ironia, spesso, non sono capita: emerge solo il mio lato appuntito. Purtroppo!
EliminaAnch'io noto come un "deragliamento" sulla questione. Perché davvero ci vuole tanta fantasia per individuare cavillosamente tutte le categorizzazioni possibili. Anch'io come te mi predispongo a capire. Parto dal presupposto di rigettare con convinzione la possibilità che tutto questo, comunque, non abbia una valenza. Se serve a creare un focus nettissimo sulle problematiche legate alle discriminazioni sessuali, ben vengano anche cento categorizzazioni differenti. Siamo in un mondo in cambiamento, chi resta indietro non saprà che è normale, che è "normato".
RispondiEliminaMi viene in mente un passaggio dello splendido film The Danish Girl. La storia vera del primo uomo transgender. Un dramma umano molto ben raccontato. Lui parte dalla consapevolezza di sentirsi a proprio agio in abiti femminili, poi cercherà attraverso la medicina e la chirurgia (interessata a sperimentare) di acquisire una fisiologia femminile. Nel frattempo accade una cosa: da uomo in abiti femminili è attratto da un uomo che a sua volta è omosessuale, da donna quell'uomo non le può interessare, perché si sente del tutto donna e quindi non può amare un omosessuale.
Ma tutto questo non è un giochino delle parti, è proprio un dramma umano, anzi una tragedia. Ed è questo aspetto soffertissimo che mi vedrà sempre aperta verso queste problematiche e perfino verso gli ormai inevitabili deragliamenti. Noi siamo etero e binari, viviamo con etero e binari, ma là fuori c'è un mondo che richiede ascolto, aiuto, autodeterminazione. La mia libertà non ne è lesa, ma posso fare tanto per chi chiede libertà.
Libertà da cosa, è questo che non afferro alla perfezione: cioè, dire di essere in un certo modo cosa aggiunge al fatto di vivere già in quel dato modo! Dare un nome all’attrazione che si prova, anche in situazioni molto complesse, come nel caso del film che citi, cosa sposta al fatto che quella è una realtà che già appartiene a chi la sta gestendo? Neanche una non apertissima a queste problematiche come me, discriminerebbe persone del genere, cioè, categorizzarle a che serve? il riconoscimento ufficiale, che giovamento porta alla lotta per i diritti? Ti giuro, non è per essere bastian contraria, è che proprio non lo capisco! 😅
EliminaNo no, è molto più complesso di così. Non si limita alla libertà di dire ma si estende alla libertà di vivere, che attualmente non è possibile, se non al prezzo di subire discriminazioni di vario genere. Le persone LGBT non sono ancora libere di vivere pienamente il loro modo di essere. È questo che si sta combattendo, e la cosa si sta estendendo alle leggi europee. Poi una cosa sei tu, Mari', che lasceresti vivere, un'altra sono tutti gli omofobi violenti che ci stanno in giro.
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