martedì 17 gennaio 2023

2022: anno di letture deludenti


E qui mi tocca sbrigarmi, se no diventa un post anacronistico, questo! In giro, tutti hanno rispettato i tempi di consegna: hanno inaugurato il 2023, pubblicando le liste dei libri letti nel 2022 e io mi sto ancora leccando le ferite! Nell’anno appena trascorso sono arrivata a trenta romanzi risicati (io che di solito ne leggo dai quaranta in su) e, in più, di questi trenta romanzi la lettrice Rottenmeier che è in me ne ha salvati soltanto sei.

Dal mio scranno di giudice dell’Inquisizione letteraria, ho bruciato al rogo due grandi successi: L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany Mc Daniel e I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci, con la doppia sentenza di essere entrambi immotivatamente sopravvalutati. Alla stessa sorte, con l’aggravante di avermi fatto perdere tempo, ho condannato “Fedeltà” di Marco Missiroli (deludente) e “Malavita” di Giankarim De Caro (giovane scrittore, con ancora tanta strada da percorrere). E non a caso ho usato la metafora dell’Inquisizione, perché l’ultimissimo romanzo letto nel 2022 è stato “Vardø dopo la tempesta”, di Kiran Millwood Hargrave, poetessa, drammaturga e romanziera britannica, che l’amica Luana mi ha prestato dopo una cena in casa sua e che lei voleva sottoporre alla mia attenzione affinché ne giudicassi prevalentemente lo stile (lei ne ha scritto una bella recensione). E okay lo stile, okay la scrittura (una prosa poetica di grande pregio), okay l’argomento (una comunità norvegese di donne, nel 1617, all’indomani di una tragica burrasca in cui perdono la vita mariti, figli e fratelli, decidono da sole e senza alcun aiuto esterno di rimboccarsi le maniche e ritornare alla vita di ogni giorno, salvo poi sottostare al controllo di un sovrintendente, che in passato aveva mandato al rogo delle donne accusate di stregoneria), okay tutto, insomma, fino alla svolta omo: cosa c’entrava in questo contesto? Per me nulla. Così una vicenda molto interessante (tra l’altro ispirata a fatti storici realmente accaduti) è diventata quasi il pretesto per offrire al pubblico un racconto parallelo, focalizzato su una passione omosessuale del tutto stridente e casuale, fuori dal percorso naturale che il romanzo sembrava seguire. Mi è parso il classico, ormai regolare, ammiccamento alla cultura inclusiva, che ritrovo sempre più spesso nelle produzioni letterarie: tra le letture dello scorso anno c’è stato anche un romanzo (dove la luce non risiede nemmeno in fondo al tunnel): “Il sale” di Jean Baptiste Del Amo, in cui l’autore non si è fatto mancare la relazione gay; i citati libri di Missiroli e della Mc Daniel fanno altrettanto... ma cos’è diventato, ormai, un requisito imprescindibile per andare al passo coi tempi? come uno di quei presupposti previsti per i film candidati agli Oscar, che dal 2024, a quanto pare, dovranno rispettare determinati standard di inclusività per essere premiati?


Altri libri letti sono stati come gli incontri con persone di cui il giorno dopo non ricordi più il volto: “Domani avremo altri nomi” di Patricio Pron, Vento scomposto” di Simonetta Agnello Hornby, “Una musica costante” di Vikram Seth, storie godibili nel momento in cui le attraversi, ma che non lasciano alcuna impronta, dopo.

Tutto il contrario delle letture DOC che mi hanno sorpresa, fatto riflettere, lasciato un segno, in qualche modo, vuoi per lo stile, vuoi per l’atmosfera, vuoi per i personaggi. Sono le uniche che salvo e guarda caso appartengono all’area “grandi classici”: “L’idiota” di Fëdor Dostoevskij, “Gli indifferenti” di Alberto Moravia, “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, “La montagna incantata” di Thomas Mann e “Tenera è la notte” di Francis Scott Fitzgerald. Aggiungo “Ho sposato un comunista”, un altro bellissimo libro di Philip Roth, eletto a uno dei miei autori classici contemporanei preferiti. Sei romanzi su trenta, un record! Sono diventata più petulante io oppure i miei gusti stanno avendo un’impennata verso il passato addebitabile, forse, all’età, alla naturale virata verso altre esigenze e altri interessi? Le scritture di un tempo non mi deludono, hanno un respiro diverso, non rispondono a canoni precisi o, se quei canoni sono presenti, si muovono nascosti dentro storie belle, complesse, non necessariamente portate avanti dall’azione a tutti i costi (ho detto in altri contesti che ormai mi sono venute a noia le moderne, stereotipate, narrazioni in prima persona, al tempo presente e con una struttura paratattica).


Non sono solita abbandonare libri, ma con uno ho fatto un’eccezione senza il minimo rimpianto: se mi permettete il suggerimento, tenetevi alla larga da “American Psycho” di Bret Easton Ellis, una delle storie più terrificanti in cui mi sia mai capitato di incappare (tra l’altro, nemmeno per sbaglio; ho voluto fortemente leggerlo). La mia sopportazione si è fermata all’ennesima efferatezza psicopatica di questo giovane vanesio riccone, che passa la vita a spalmarsi creme sul viso, palestrarsi, vestire abiti firmati e ammazzare la gente nei modi più impietosi (ho, però, visto il film, che non arriva a essere sgradevole quanto il romanzo).


Mi sono iscritta, come ogni anno, a una challenge di lettura, “Viaggiatore curioso” sfidando me stessa e gli altri partecipanti a leggere un autore per ogni Stato di un continente a scelta: a me era venuta la felice curiosità di attraversare l’Asia letteraria, impresa fallita prima ancora di cominciare (sebbene avessi trovato autori papabili in Indonesia, Corea del Sud, un paio nello Yemen e uno nel Libano) e per concludere ho fatto l’esperienza dell’audiolibro, ma non sono ancora pronta per darne un giudizio: direi che per ora è un convinto PASSO.


Ho di nuovo un anno a disposizione per leggere e recuperare bellezza (salvo nuove delusioni): la lista di libri è lunghissima, impossibile smaltirla, stando al mio tsundoku cronico. Che poi, sto pure caldeggiando il bel proposito di procedere con qualche rilettura e sapete quali romanzi mi sono rivenuti in mente?

Magari ve lo dico un’altra volta!


16 commenti:

  1. Bè, comunque hai letto più di me, io ormai come lettore sono in caduta libera.
    Riguardo il sentirsi insoddisfatti, probabilmente certi libri contemporanei non passeranno alla storia, ma è giusto dargli una chance. Poi è ovvio che se non piace non piace, d'altronde il bello di essere solo un lettore anziché un critico letterario è che si può esprimere il proprio giudizio senza dover temere rappresaglie dall'editore ;-)

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    1. Forse le rappresaglie dello scrittore criticato sì! :D
      Il fatto è che ormai pretendo molto da una lettura e vorrei non sbagliare la scelta: è talmente poco il tempo a disposizione che sprecarlo per cose di scarso apprezzamento è un peccato. Diciamo che il rischio lo corro sempre, però ecco, lo scorso anno m'è andata proprio male!

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  2. Da tempo ormai prediligo i classici e non me ne pento. Non disdegno qualche novità ma il rischio è dietro l'angolo. È il bello dei libri. L'avventura prima ancora di amarli è leggerli
    Buon 2023, senza liste scolastiche comincia persino meglio

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    1. A Più Libri Più Liberi mi sono divertita a dare chance a scrittori giovani e promettenti, perché leggere è anche, in fondo, raccogliere una sfida, solo che mi rendo conto di essere diventata molto più esigente (leggi "camurrusa" assai!) e mi piacerebbe che l'avventura non fosse solo una speranza ma una certezza presente fra le pagine del libro. :)

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  3. Anch'io non ho l'abitudine di abbandonare un libro, ma da quando ho preso a frequentare la biblioteca, ho imparato a non perdere tempo con letture che non mi entusiasmano.
    Se un'opera delude le mie aspettative, la riconsegno e ne prendo in prestito un'altra.
    Così leggo molto di più e con maggiore gusto.

    Quanto alle tue riletture, la indovino con una...
    Classici? ;)

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    1. Sì, conosci i miei amori letterari e sono sicura che hai indovinato di chi parlo! ;)
      Prima ero più inflessibile rispetto agli abbandoni: m'impuntavo e finivo ogni romanzo che leggevo anche a forza, ora non più: sei brutto e non mi piaci? Adieu!
      Lo sai che la biblioteca è un'esperienza che mi manca? Perché sono fissata ad averli, i libri, possederli, sapere che sono miei, anche se non mi piacciono, alla fine.

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  4. Capisco la frustrazione che provi nel vedere inserito a forza il tema LGBTQ+ in ogni tipo di lettura. Alcune volte infastidisce anche me.
    Sono rare le volte in cui i romanzi (o i film/serie tv) riescono a trattarlo con naturalezza, perché nella maggior parte dei casi le opzioni sono due: l'autore inserisce un personaggio secondario che ricalca gli stereotipi del personaggio gay e sembra che così si senta la coscienza a posto, oppure inserisce come dicevi tu una storia d'amore non necessaria, pur di mostrare di essere di mentalità aperta.
    Trovo che sia ancora molto difficile inserire questo tema senza cadere in una di queste due trappole, ma mi auguro che un giorno diventi una questione così normalizzata da non essere più, appunto, una questione.

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    1. Esatto. Per esempio, a me piacciono molto i film di Ozpetek, tra i protagonisti ci sono omosessuali, ma i contesti sono giusti e le storie ben costruite: se è una storia d'amore a me non interessa che a viverla siano due persone dello stesso sesso, ma le forzature non mi piacciono; dunque non è il tema che mi rende perplessa, quanto l'(ab)uso pretestuoso che se ne fa. Come una singola brutta nota che rende stonata l'itera esecuzione canora: ecco, sempre più spesso ho questa sensazione e ne rimango delusa.

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  5. Consolati Marina, che hai letto più di me! Anche se sono stata più fortunata e ho trovato alcuni titoli che mi hanno preso il cuore, in linea con i miei gusti. Il mio tavolino qua traballa più che mai di libri in attesa, e non ne posso più di codici e normative, ma sono alle semifinali, mi tocca studiare fino a fine gennaio. Dopo giuro faccio indigestione di libri!!!!

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    1. So quanto possano essere brutti, pesanti e noiosi i testi giuridici. Dai, che sei quasi al traguardo: un altro po' di pazienza e poi le librerie sono tue! ;)

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  6. Concordo su Gli indifferenti e Tenera é la notte, il primo riletto un paio di anni fa (lo avevo letto durante l’adolescenza) e il secondo letto sempre due o tre anni fa, nel mio proposito di leggere almeno uno o due classici ogni anno. Quest’anno ho cominciato con L’insostenibile leggerezza dell’essere...
    Credo che un classico sia sempre una bella esperienza di lettura.

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    1. Io ho capito che anche la rilettura è un'esperienza da fare: non sai quante volte mi è capitato di vivere la storia con uno spirito diverso e di scoprire delle novità che, vuoi perché dimenticate vuoi perché proprio non riscontrate al tempo della prima lettura, hanno reso poi molto più bella l'avventura.
      L'insostenibile leggerezza dell'essere è in lista da tempo: lo scorso anno lo ha letto mio figlio e avevo intenzione di farlo anch'io... dopo trent'anni circa!

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  7. Ci capita spesso di confrontarci sulle nostre rispettive letture e magari inviarci un messaggio quando qualcosa ci emoziona o ci delude, quindi grosso modo conoscevo già il contenuto di questo bilancio di letture. Sollevi delle questioni importanti, sempre più presenti fra lettori "assidui" o "intensivi": il valore dei classici rispetto a tante narrazioni attuali resta innegabile e la questione della tematica dell'amore omosessuale nei romanzi. Sulla prima delle due, non c'è discussione. I classici sono un baluardo inespugnabile. Non si può non attraversarli per comprendere cosa sia vera letteratura, ragion per cui resto basita ogni volta che nuovi lettori (ma soprattutto lettrici, ahimè, sto notando) sui 25-30 anni trovano "noiosa", "lenta" la narrativa classica, e perciò perdibile. Scandaloso. Non posso espormi in tante discussioni, perché poi finisce col generarsi quella diatriba da scarto generazionale, la Abelarda di 50 anni che se la prende con la rampante 25enne "mangialibri" che sa tutto di Leigh Bardugo ma aborre Nabokov, ecc. ecc.
    Sono sempre più convinta che essere lettori non significa leggere libri, ma leggere determinati tipi di libri. Una vicina di casa di mia madre era lettrice accanita, ma... di Harmony, per dirne una.
    Accantonata la prima questione, veniamo alla seconda. Grazie per la citazione della mia recensione su Vardø, che ho amato per tutte le caratteristiche che citi. E poi sì, quella relazione dell'ultimo minuto fra Maren e Ursa è come un'unghia sulla lavagna, una ridondanza, un "non c'entra nulla". Io, se avessi scritto questa storia, avrei comunque reso Maren profondamente innamorata di lei, avrei reso Ursa consapevole di ciò, ma non avrei scritto quella scena (che invero non è esplicita né infastidisce in sé) perché anche a me è parsa una forzatura. Sono del tutto d'accordo sulla rappresentazione dell'amore al di là dell'appartenenza a un genere, mi piace perché resta qualcosa che prescinde da sesso, età, cultura, etnia, ecc. Ma si sono narrazioni in cui non deve restare dentro i sentimenti ma trasformarsi in un compimento che stride perché anche poco credibile. È evidente che Ursa sia rimasta incinta del suo barbaro consorte, è evidente che non sia omosessuale né particolarmente attratta da Maren in quanto donna da amare (se vogliamo accogliere l'idea di una Ursa non binaria, come si dice di questi tempi) . Avrebbe potuto, per curiosità, giacere con Maren? Può darsi. Ma è ridondante e poi, cosa ancora più importante, la vera bellezza sarebbe stata raccontare la consapevolezza di Ursa, lo svelamento di Maren, piuttosto che farle andare verso qualcosa di "inevitabile". Alla fin fine, queste sono preferenze e gusti di chi legge, i nostri gusti non sono la Bibbia, la questione non è stata minimamente sollevata nei circoli di lettori che hanno letto il romanzo, e questo fa pensare che dovremmo abituarci a ritenere il racconto dell'amore in ogni sua sfaccettatura.
    Per conto mio, non mi sono lasciata disturbare troppo dalla cosa, pur avendola trovata ridondante, tanto più che mi pare di non averla inserita nella mia recensione. Mi sono voluta concentrare sul resto, che mi fa piacere abbia apprezzato anche tu, in primis lo stile, la scelta di quel particolare modo di raccontare, uno dei rari casi in cui non ce la raccontano in prima persona, evviva. :)

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    1. Decisamente il libro è scritto benissimo e la storia si legge volentieri, però - neanche a ripetermi - quella svolta lì ha intiepidito di molto il mio slancio. Hai detto bene, una bella amicizia era la giusta conseguenza che doveva scaturire dalla narrazione, anche il sentimento di una nei confronti dell'altra poteva starci, ma la virata di Ursa... ho sentito dentro le orecchie come un botto fortissimo, lo scoppio di una bomba e poi di una risata: la mia! Comunque, è andata e poi è vero che i giudizi sono diversi e l'unanimità è rara: non si potrà mai prescindere dalla visione personale, viviamo tutto con la percezione soggettiva di ogni cosa, figurati nella lettura di un libro!
      Il valore dei classici non dovrebbe essere messo in discussione, bisognerebbe mostrare di più la loro importanza, forse anche - dico una cosa azzardata - portandoli nelle nostre scritture, anche utilizzando uno stile poco inflazionato o ignorando la ciclicità degli argomenti più caldi. Scrivere una storia che abbia il sapore della letteratura classica, te lo immagini, sarebbe innovativo. Certo, valli a coinvolgere poi sti giovani affezionati alla Bardugo (ma, a proposito, chi è?) Mi iscrivo al club delle "Abelarde" anch'io :D :D

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  8. Sarà che non amo le saghe familiari, ma mando al rogo anch'io "I leoni di Sicilia". Invece, ho letto anni fa e riletto poi con piacere il libro di Vikram Seth, forse anche perchè è una storia tra musicisti.
    Concordo in pieno sul valore intramontabile dei classici e su altre tue considerazioni. Grazie, Marina, e buona giornata!

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    1. Io ho amato Vikram Seth de Il ragazzo giusto, questo suo romanzo, ancorché molto godibile (anch'io l'ho scelto perché a parlare è la musica, in un certo senso) mi è sembrato più debole, diciamo meno affascinante. Dei Leoni non salvo niente: mi sono proprio annoiata. :)

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