martedì 11 ottobre 2016

La protesta silenziosa


La domanda più ricorrente, ormai, negli ambienti letterari, come in quelli scolastici, è perché si legga di meno. 

Se lo chiedono gli insegnanti che si accorgono di una disaffezione crescente dei giovani alunni verso la lettura e provano a motivarli suggerendo titoli che scoraggiano già in partenza. Spronarli a dodici anni con "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di E.M Remarque o sensibilizzarli con "Sotto il burka" di D. Hellis non credo sia il massimo delle strategie vincenti.
L'amore per la lettura va educato e sono convinta, come in tutti gli esempi della vita, che prima di correre si debba imparare a camminare.

Studiano il fenomeno le case editrici che trasformano in caso letterario il mare di nulla che sempre più spesso campeggia nelle vetrine delle librerie, perché hanno capito che abbassare il livello di pretese relative alla buona lettura agevola le vendite e dunque garantisce loro la sopravvivenza. Oppure sfruttano una tendenza, assecondano un momento storico, rifiutandosi di mantenere quell'atteggiamento equidistante che dovrebbero avere nei confronti del contenuto pubblicabile di certi libri.

Rispondono le indagini statistiche con la solita curva verso il basso quando confrontano numeri e percentuali ogni anno, registrando fasi di debole ripresa e momenti di inesorabile calo.

Niente, non si legge. Si fa fatica. Ma io lancio una provocazione: e se molti si astenessero, facessero una precisa scelta per osteggiare un certo tipo di letteratura percepita come ostile?

Questa estate, su un quotidiano, ho letto un articolo che mi dispiace non avere conservato, gli avrei dato un'occhiata a supporto di quello che sto per dire, perché confortava la mia idea.
Di quella pagina di giornale ricordo bene il titolo, "Gli italiani non leggono per autodifesa" e il tono lievemente polemico verso tutta quella letteratura che oggi va per la maggiore. 
Sembra quasi che la gran parte dei libri che hanno successo, quelli più venduti, quelli che vincono premi, quelli accarezzati dagli editori abbiano un'unica matrice: il politicamente corretto.
Lì, il giornalista spostava l'attenzione sul piano ideologico: molti evitano di leggere perché la gran parte dei testi pubblicati sono di sinistra. Allora chi non si riconosce in un certo tipo di visione del mondo non acquista un libro di cui sostanzialmente non condivide nulla (lo può fare per curiosità, per poterne parlare, forse, ma non per appagare il bisogno di immersione in una storia).
Non ne faccio un manifesto politico, non mi interessa schierarmi, ma, in effetti, mi viene da pensare.    

Che per ottenere attenzioni sia più conveniente mettere in campo argomenti sensibili di cui si discute ormai quotidianamente non credo si possa negare: le storie sulle periferie urbane causa di disagi, quelle i cui protagonisti raccontano le loro vite da "ultimi", il punto di vista di chi è solo ed emarginato. Quanti romanzi raccontano il fenomeno dell'immigrazione, quanti la bellezza di amori omosessuali, quanti spiegano le ragioni di scelte forti ma sempre con lo sguardo orientato verso la visione buonista della non discriminazione, della inviolabile libertà di pensiero, della vita che porta inevitabilmente a certe conseguenze.
Il caso Englaro è diventato un libro (scritto da chi ha vissuto il dramma di Eluana) e negli store Mondadori sono presenti diverse opere contro l'omofobia, che sono sicura siano vendutissime (solo per fare qualche esempio).
Nei salotti letterari gli ospiti, scrittori di riconosciuta fama, affrontano i dibattiti sui soliti temi con le argomentazioni che sono alla base dei loro scritti, fanno audience nelle trasmissioni televisive perché risvegliano la coscienza individuale e collettiva, hanno sempre un sistema da condannare, un giudizio da sospendere, costringono chi ascolta  a fare i conti con le miserie umane. 
Queste idee hanno più presa sul lettore. Pensare di descrivere le cose come stanno, senza moralizzazioni, senza dipingere di giusto e corretto ogni aspetto della realtà, raccontare la delinquenza senza andare a scavare sui perché e i percome, fotografare senza ipocrisia le insicurezze indotte dalla pressione migratoria, è scomodo e lo scrittore che ne vuole parlare parte svantaggiato: in pochi leggerebbero storie del genere, solo i lettori tacciati di conservatorismo borghese, ergo le case editrici non avrebbero alcun ritorno nel proporre la pubblicazione di siffatti libri e li bocciano.

Il mio punto di vista parte sempre dal basso, ovviamente. A fare le spese di questo criterio di selezione che punta al politically correct sono gli esordienti, ché i "grandi" restano grandi (sto pensando a Oriana Fallaci): se io scrivessi un romanzo incentrato sull'idea ipocrita del pacifismo? se io mi atteggiassi a guerrafondaia o, peggio, a xenofoba, raccontando la storia "sporca" di un immigrato clandestino che sceglie di arruolarsi nell'Isis dopo avere goduto di tutti i benefici del Paese che lo ha ospitato e lo ha fatto studiare e gli ha dato la possibilità di costruirsi una vita onesta, per poi ribellarsi allo stesso sistema che gli ha regalato una dignità? Se lo mostrassi per quello che è, una persona senza scrupoli, senza tirare fuori dall'inchiostro benevolo della mia penna  tutte quelle scuse sulla decadenza dei costumi o il vuoto di ideali che induce a fare determinate scelte?
Che ne penserebbe un editor? E cosa ne penserebbero i lettori? 

Non c'è spazio, oggi, per tutto ciò che non si considera correggibile, risanabile, per verità che non restituiscono una speranza.
Siamo tutti buoni e si vendono romanzi "buoni".
E poiché ormai la tendenza è questa, io (ma è un io generico, sia chiaro!) non ho voglia di leggere queste storie, mi rifiuto di spendere soldi per sopportare una narrativa che non sento vicina alle mie idee, preferisco cercare altro o non cercare.

E se leggere di meno dipendesse anche da questa silenziosa forma di protesta?

64 commenti:

  1. Ormai sono anni che mi batto contro questa idea, tanto modaiola, secondo la quale si legge poco. Citando Baricco, lui dice che oggi si legge infinitamente di più di quanto si leggesse ai suoi tempi. Certo, uno guarda ai numeri discendenti delle statistiche ISTAT e pare essere proprio così. Quello che però le statistiche non dicono è che oggi si legge più che nel 2000 (verificate pure, io l’ho fatto), e non tengono neanche conto del mercato dell’usato e delle biblioteche.

    Inoltre ritengo che sarebbe più proficuo cominciare a dire esattamente il contrario. L’anno scorso avevo lanciato l’appello di inserire nei blog questa frase: “Leggere e fico, 23 milioni di italiani lo fanno!”. A forza di dirlo si potrebbe arrivare a convincere perfino i non lettori più accaniti...

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    1. "Si legge di meno" è ormai un luogo comune, eh? Sì, è probabile, ma che si pubblichino più volentieri storie "ruffiane" non lo è. Gli editori sanno che certi temi caldi, attuali, destano maggiore interesse di altri e non si fanno sfuggire l'occasione.

      Lanciare un hashtag modello "messaggio subliminale"? Una sorta di persuasione occulta, per cui se ci convinciamo che leggere è fico corriamo a comprare libri? Basterebbe?

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  2. Una domanda: se non ti piace questo tipo di narrativa moralizzante e "buonista", perché mi fai da beta? :-)

    E soprattutto: perché se un autore decide di affrontare certi temi deve essere considerato un politicante dell'ultima ora? Non può essere che semplicemente gli interessano? Che per lui è una SFIDA, andare a cercare il bene là dove tutti vedono il male? Che è un umanista convinto? Che vuole raccontare una storia anche senza indottrinare o educare nessuno?

    Questo, per lo meno, è il mio caso. Io sono la persona più lontana dalla politica, da QUALUNQUE POLITICA. Però ho dei valori umani che cerco di mettere nella mia scrittura. E sinceramente mi sono un po' rotta le palle (scusami, non ce l'ho con te, ma è una cosa che mi tormenta da anni) per il fatto che la mia idea venga vista come di sinistra, quando è soltanto figlia di una mia visione spirituale che arriva dalle filosofie orientali. Mi sono rotta le palle anche di sentirmi attaccata soprattutto dai cattolici, che dovrebbero rendere propri gli stessi valori (che sono etici e morali, non politici) di rispetto e comprensione di cui io mi faccio promotrice, invece spesso alimentano divisioni e differenze, completamente dimentichi delle parole del loro maestro.

    Aggiungo inoltre che secondo me la gente legge meno perché molte delle opere pubblicate sono povere di contenuti, storielle senza arte né parte che non lasciano nulla. Se ci fossero più romanzi sociali e meno biografie dei calciatori, forse quest' Italia non andrebbe così alla deriva.

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    1. Aspetta Chiara, non sono stata io a etichettare una determinata letteratura di sinistra, lo ha fatto il giornalista notoriamente di destra. Io ho solo tratto uno spunto per dire qualcosa che penso: che l'editoria attuale predilige un tipo di tematiche che, comunque, sono i cavalli di battaglia di una certa ideologia di sinistra. Che tu scriva il tuo romanzo per altre ragioni (tu, come tanti altri, immagino) non sposta la questione centrale. E io ti conosco e so quale ragionamento ti ha portato a raccontare la tua storia. Non ho dubbi che ti abbiano spinto altre molle. Non c'entra niente con l'essere di sinistra o di destra, cosa, peraltro, che a me frega molto poco, non essendo schierata, né interessata in alcun modo a sbandierare idee di natura politica. Parto sempre da un sentire individuale: non ragiono per comparti di idee. Non mi preoccupo di verificare che ciò che penso coincida con una visione di destra o di sinistra.
      Non devi in alcun modo sentirti presa di mira, non è nel modo più assoluto un attacco personale ai tuoi ideali (abbastanza condivisibili, peraltro).
      Quello che leggo io non ha niente a che vedere con l'articolo di oggi. Non ha niente a che vedere con la storia che stai scrivendo tu.

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    2. La citazione dell'articolo arriva dopo questa frase: "Ma io lancio una provocazione: e se molti si astenessero, facessero una precisa scelta per osteggiare un certo tipo di letteratura percepita come ostile?". Quindi, le parole del giornalista sono solo uno spunto, a mio avviso, per veicolare la distanza da un certo tipo di contenuti, che poi rispecchiano anche la mia visione del mondo e delle persone.
      Per il resto, se uno vuole scrivere testi xenofobi e omofobi è liberissimo di farlo.
      Io credo nella libertà di espressione, anche quella di chi ritiene sia giusto vivere con il dito puntato contro gli altri. Quindi, sono pronta a dividermi i lettori con loro. Perché dubito saranno gli stessi: chi crede che giudicare la moralità degli altri e chi crede che basti andare in chiesa per essere brave persone non riuscirà mai a capirmi né ad apprezzare i miei scritti. Di conseguenza, io non apprezzerò i loro, perché li sentirò distanti dal mio sentire. Però al mondo c'è spazio per tutti. Anche per il Mein Kampf. Che non farei mai leggere ai miei figli...
      Su tutto il resto, ti risponderò stasera, quando avrò avuto modo di ascoltare i messaggi che mi hai lasciato. :)

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    3. E non sono ancora finiti! Sto solo aspettando il momento per riallacciarmi al discorso iniziato stamattina. :)

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  3. Le statistiche sono un mondo complicato e non sempre attendibile. Bisognerebbe capire bene in che modo sono raccolti i dati. Se è vero che non tengono conto di alcuni canali come mercati, biblioteche, internet, allora si intuisce che i risultati sono alterati. Non mi piace la statistica, lascio ad altri l'onere della verifica a onore della verità. Bacioni. :-)

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    1. Non saprei, sento dire spesso che le statistiche sbagliano, ma allora a che servono? Forse a dare un'idea, forse a fare lavorare degli apparecchi elettronici fallibili, non lo so! In questo contesto, comunque, non erano i dati istat a offrirmi lo spunto per la riflessione.

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    2. Hai ragione Marina, sono io che ho preferito limitare il mio commento alla statistica che ritengo uno dei tanti modi per condizionare le opinioni.

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  4. Concordo sul primo punto. Se le nuove generazioni non vengono iniziate alla lettura c'è poco da fare. I miei figli non amano leggere, nonostante ci provi da sempre a loro proprio non piace eppure se non ho una libreria fornita io per avvicinarli ai libri..! La colpa un po' la do alla tecnologia che li affascina di più.Non è mancanza di tempo, ma di voglia. Leggere è mettere in moto il cervello, il cuore e la fantasia e crea un certo dispendio di energia mentale, ma non diverte come un videogioco o un cartone animato.
    Gli adulti che non leggono perché costa troppo non vanno nemmeno in biblioteca dove è gratis. Una scusa la trovano tutti, ma in definitiva leggere significa decidere di conoscere il punto di vista altrui su qualche cosa, e...ecco la cosa non interessa evidentemente. Peccato,mi verrebbe da ribadire il concetto perché leggere non è peccato.

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    1. Fai bene a ribadirlo una volta di più.
      Ho anch'io un figlio che legge poco: in terza media, la professoressa ha dato alla classe una lista da brivido, i titoli che ho citato nel post venivano da quell'elenco e da allora lui ha perso totalmente la voglia di leggere. Fargli riacquistare fiducia nella lettura che potrebbe coinvolgerlo è una dura battaglia, ma tutte le volte che posso ci provo. Comunque, anche lì, il discorso è molto soggettivo: l'altro mio figlio, per esempio, legge molto e anche cose impegnative.
      Sento dire sempre più spesso agli adulti che non hanno tempo. Boh!

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  5. Credo che il discorso sia più ampio. Capisco il tuo punto di vista nel quale mi identifico in parte (sono pure io un "conservatore" convinto che le responsabilità individuali e il pragmatismo gestionale di uno stato non possano essere cancellati dalla pressione sociale e da un'etica del "politically correct" che vada a danno dello stesso stato che la applica).
    Ma questo spiega solo in parte il fenomeno dei non-lettori.
    E poi bisogna vedere cosa si intenda per "lettori". Un lettore abituale di romanzi rosa o gialli, o anche di fumetti, non è forse un lettore, sebbene le sue letture siano totalmente sganciate dall'attualità politica e sociale?
    E poi c'è la gente che non legge perché lo ritiene tempo perso, perché allora è meglio guardare un film.
    Ultima annotazione: la tua osservazione sulle letture proposte a scuola la condivido, ho sempre pensato che, per assurdo, bisognerebbe iniziare al primo anno con scrittori contemporanei e poi andare a ritroso e studiare il secondo anno gli autori del novecento, il terzo quelli del XVIII e XIX secolo e poi arrivare a Tasso, Boiardo, e infine Dante e Petrarca il quinto anno. Partire da un mondo più simile al nostro e scendere man mano nel passato storico. Ma è solo una mia idea eh, senza alcuna logica che la sostenga.

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    1. Nel mio post volevo evidenziare una certa politica editoriale. Non si può negare che determinati argomenti e la cultura del politically correct si siano allargati anche in ambito letterario: una mia amica mi ha regalato un libro che parla del rapporto uomo/cane dicendomi che glielo aveva consigliato il libraio perché l'argomento va tanto di moda. Ecco, ci sono tematiche che vanno più di moda di altre, perché sono quelle di cui si discute di più, quelle che animano i dibattiti. Che si legga di meno per tale motivo è un'evidente provocazione: non sarà per questo, ma certo qualcuno può anche essere interessato a leggere altro e se l'editoria propone sempre lo stesso genere di libri, fa presto a voltarle le spalle.

      Sì, concordo con la tua idea attuabile nelle scuole: conquistare i giovani con letture contemporanee e rafforzare i risultati raggiunti con i classici senza tempo.

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  6. Esordisco affermando che trovo sacrosanta l'affermazione di Ariano Geta.
    Aggiungo che le statische mi hanno sempre lasciato indifferente, generalmente sono funzionali e vanno a beneficio della teoria che si vuole far passare di volta in volta come la più accreditata.
    Quando si tornerà a concepire la lettura come il mezzo principale per acquisire conoscenza e consapevolezza, sarà un bel giorno. A me interessa poco che si leggano mostri sacri della letteratura piuttosto che Harmony, quello che credo sia importante è valorizzare la lettura in sé, rendere di uso comune il libro, fonte di ogni conoscenza come di diletto e divertimento. Mi sbaglierò, ma penso che crescere leggendo libri equivalga al processo di crescita dell'essere umano, si incomincia a con il lallare e il gattonare e via via si arriva alla dialettica e alla retorica, ai contenuti, alla corsa verso il pensiero astratto, verso il pensiero critico. Una società deve valorizzare e incentivare la lettura sin dalla primissima infanzia. Con leggerezza, passo passo, sino alla complessità. Per questo odio gli intellettuali, quanto meno quelli che vivono in uno stato che mi evoca la condizione degli iceberg, milioni di ettolitri d'acqua congelata lì, mentre in molti posti c'è chi soffre la sete.

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    1. Una cosa però la devo aggiungere, credo che sia doveroso. Mi riferisco a quello che hai detto tu Marina, in un mondo perfetto, cioè in un mondo dove tutti leggono, sarebbe una bella protesta la tua, mi avresti al tuo fianco. Il politicamente corretto, quello spacciato come buono e giusto da una buona parte della sinistra italiana, lo trovo utile e indispensabile un po' come la peluria tra le chiappe. Chiedo scusa, si nota che ho studiato francese eh?

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    2. La libertà di espressione dovrebbe essere concessa a tutti, quindi su questo punto sono d'accordo: se uno vuole portare avanti un messaggio guerrafondaio, razzista e omofobo (ovviamente senza scaturire nel reato) perché non può farlo? Sarà poi il suo lettore a valutarlo, e decidere se assecondare o meno questo pensiero. Ciò che invece non mi piaciuto è stato il bollare certi contenuti come di sinistra a prescindere, anche quando si tratta di una scelta puramente estetica, che con la politica con c'entra una cicca. :)

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    3. Infatti con la politica non c'entra una cicca come dici tu, mi riferisco a quella schiera di radical chic, intellettuali di posa così dentro le dinamiche editoriali e giornalistiche da aver influenzato intere generazioni con atteggiamenti buonisti non suffragati da azioni reali. Quelli che facevano i ribelli quando io ero ragazzo, portatori di bandiere appartenute a ben altre carature umane. Personaggi che oggi, dall'alto dei loro attici nei quartieri bene, e dalle tribune giornalistiche, fanno la morale sul lavoro e i costumi. Io per età me li ricordo bene. Bisogna aver creduto in certe cose e essere scesi in piazza a manifestare, per capire quello che intendo.

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    4. Sono d'accordo anch'io con Ariano!
      Quanto al politically correct si può ormai tradurre con "se questo è di moda lo pubblico".

      Poi, leggere... cosa si intende? Mia figlia non compra più libri. Ha la tessera della biblioteca, l'e reader... scarica da gutemberg o liber liber... sarà considerata lettrice o no?

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    5. Sì, Patricia, per me tua figlia è una lettrice, perché un ebook non è nulla di diverso da un libro cartaceo.
      Se poi le statistiche si basano solo sulla vendita del cartaceo, allora sì che si finisce per alterare i risultati delle indagini.
      Le case editrici seguono le tendenze, come nella moda. Pubblicano solo quello che possono piazzare nel mercato con ampi margini di guadagno. Non ci si può fare niente, ma ci si può stufare.

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    6. Infatti! Mai letto Dan Brown, troppo attage pubblicitario pro e contro. :D)

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    7. Al solito ne ho dimenticato un pezzo... uff!
      La battuta su mia figlia era appunto una battuta. Io la considero lettrice a tutti gli effetti e anche forte lettrice ma non comprando libri o comprandone pochi non rientra nelle classifiche. Le sfalsa in un certo senso. Legge ma non fa titolo in fatto di vendite

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    8. Ecco, Chiara, mi soffermo su questo che hai detto: la libertà di espressione è di fatto garantita a tutti, il problema è che non arrivi da nessuna parte se non incontri il favore del pubblico. Il senso del mio discorso è lì: le case editrici sanno che al potenziale pubblico piacciono le storie che trattano determinati argomenti, così quel lettore che ha idee diverse ha più difficoltà a reperire sul mercato storie che gli siano più consone. Io sorvolo sulla narrativa che mi propina in tutte le salse quanto sia bello l'amore omosessuale, che io rispetto e qui non voglio fraintendimenti, ma che non riesce a emozionarmi. E, lo ribadisco, questo non ha nulla a che vedere con la storia che stai scrivendo tu, dove il disagio è trattato in un modo diverso, per originare un percorso, il famoso "viaggio dell'eroe" di cui abbiamo tanto parlato e che ha tanti altri interessanti ingredienti che rendono la vicenda accattivante

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    9. @Massimiliano, l'ipocrisia purtroppo è diffusa in ogni classe sociale e in ogni corrente di pensiero. Ci sono gli intellettuali di sinistra che per inneggiare sulla Rai al "sì" del referendum prendono 200000 euro e ci sono i rapper ribelli con attico in centro a Milano e Jacuzzi sul tetto, così come ci sono quelli che inneggiano alla famiglia tradizionale con due matrimoni falliti alle spalle, o i vegetariani (come un mio amico) che mangiano prosciutto di nascosto quando sono sotto stress, e non lo dicono a nessuno per non sembrare incoerenti. Tutte queste persone faranno i conti con la propria coscienza. Io preferisco uno che la pensa diversamente da me ma è coerente con ciò che predica rispetto a uno che mi dà ragione, ma la sua condotta quotidiana sposa principi opposti.

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    10. È giusto che tu, Chiara, difenda la tua posizione e, ripeto, so che hai un modo di vedere che prescinde da una visione politica, ma anche la mia riflessione non ha una matrice ideologica. Io ci tengo a sottolineare questa cosa, perché non era un puntare il dito contro le idee di qualcuno, ma il non sentirsi sempre coinvolti dalle idee di tutti.

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    11. @Marina, ora lancio io una provocazione: non è che il lettore cerca certi argomenti perché la sua coscienza si sta evolvendo?
      E l'esclusione non potrebbe dipendere dal fatto che molti pensieri, un tempo dominanti, sono ormai per molti versi superati? Senza entrare in tematiche sociopolitiche, per esempio, mi domando che appeal possa avere, sulla mia generazione, un romanzo che esalta il lavoro dipendente. Trent'anni fa, forse, tutti sarebbero stati disposti ad accogliere e accettare quest'idea, ora non più. Lo stesso non può valere per altre forme di pensiero, come per esempio quella che i gay sono tutti dei pervertiti? è solo un'ipotesi, sia chiaro, ma potrebbe non essere tanto campata per aria...

      P.S. Ho letto un solo romanzo su un amore omosessuale: terribile! Non perché quel tipo di amore mi scandalizza (sai come la penso) ma perché il libro era scritto di emme, e i personaggi erano due Ken senza spessore. :-D

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    12. Peccato, i miei commenti si mescolano e non si capisce a chi sto rispondendo! :(
      Comunque, Chiara e Massimiliano, l'ipocrisia non piace nemmeno a me e l'ipocrisia non ha colore.
      Io sono coerente, almeno cerco di dimostrarlo sempre, anche quando faccio certi ragionamenti per i quali mi attiro critiche (è inevitabile in uno scambio pacifico di idee). Però non mi piace essere fraintesa e allora se sento puzza di equivoco torturo di spiegazioni la persona finché non mi faccio capire per come voglio io. Capito, Chiara? :)

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    13. Sì, Chiara, credo che l'evoluzione del pensiero sia una giusta osservazione, eppure pensaci, parliamo di omosessualità e lo facciamo estremizzando due vie: o li mostriamo come una coppia meravigliosa o come il prototipo della perversione. Il primo modo di inquadrare la vicenda è politicamente corretto, il secondo no. Il primo piace, il secondo no. Allora mi conviene scrivere di un bellissimo rapporto fra due gay, che rappresentarli come due assassini, per esempio. Ma tu glielo vedi un thriller dove il serial killer è un gay? Si ribellerebbe il mondo. Perché oggi è giusto che passi il concetto della tolleranza, perché esiste l'omofobia. Cioè tutto ruota attorno a un determinato modo di volere rappresentare la realtà.

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    14. Sì ma guarda che io sono uguale, quindi mi sa che stasera parleremo un bel po', anche se devo scrivere. :-D

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  7. Sinceramente non so perché non legga tanto, quasi per niente libri, forse è stato che da piccolo neanche a scuola si leggevano tanti libri, al massimo 2 o 3 in tutto..

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    1. Dipende da te. Prova a rimetterti un libro in mano: leggere è un arricchimento e diventa un'abitudine se riprendi confidenza con questa attività. Secondo me ne vale la pena! :)
      Che libri hai letto?

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    2. I classici di scuola, Il piccolo principe, Oliver Twist, Il libro Cuore e altri che non ricordo. Comunque poco fa ho letto Chisciottimista e mi è piaciuto, ma è proprio a pelle che leggere non fa per me, in ogni caso utile consiglio ma che probabilmente non seguirò purtroppo ;)

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    3. Se su dieci volte che ti rifiuti di leggere, una trovi il libro giusto e lo leggi con gusto è già qualcosa. Bisognerebbe insistere a farlo diventare di più di qualcosa. :)

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  8. Le statistiche dicono che i bambini leggono molto di più di quanto facessimo noi. Il motivo secondo me risiede in tre punti chiave: una maggiore attenzione della,scuola verso la lettura spontanea e meno obbligata, una maggiore offerta di libri per bambini, un fiorente mercato dell'infanzia che spinge i genitori a spendere più volentieri anche per i libri per i loro figli. Il problema nasce negli anni successivi, verso l'adolescenza dove, un po' per pigrizia e molto per moda, si passa ad altri interessi. Come dice Salvatore sarebbe importante continuare a far passare il messaggio che leggere è fico.
    Per quanto riguarda la narrativa buonista o polically correct, sicuramente ci sono una tendenza modaiola e un business che cavalcano un'onda positiva e sincera. Fino a poco fare scrivere di amore omosessuale era quasi tabù.
    Ma non credo che sia questo a allontanare dalla lettura. Spesso chi non legge semplicemente non ha mai letto o ha solo letto per obbligo a scuola. Secondo me gli adulti di domani leggeranno molto di più di noi.

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    1. Mi sono posta il problema con un atteggiamento provocatorio, perché anch'io so che sono altre le ragioni che scoraggiano la lettura. A parte l'articolo di giornale che ho letto quest'estate, qualche giorno fa sono andata in libreria e ho notato un banchetto con una serie di libri contro l'omofobia che, a detta del libraio, erano quelli più venduti negli ultimi tempi. Ho dato un'occhiata alle quarte di copertina e mi è venuto dal cuore dire fra me e me: "che palle"! Io non lo voglio leggere un libro che parli di questo, che ci posso fare? Non mi interessa. E allora è nata tutta un'elaborazione di pensiero che ha portato a questo post.

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  9. Come era già successo anche in passato, condivido la tua critica. Mi sembra che su determinate cose la pensiamo allo stesso modo.
    Comunque non leggere non mi sembra un'autodifesa. La vera autodifesa è leggere bene. Ci sono un sacco di gioielli in giro... basta cercare.

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    1. Sì, quello era il titolo dell'articolo del giornalista, volutamente provocatorio. Voleva attirare l'attenzione e, infatti, io mi sono fiondata sulla pagina. Ho trovato lo spunto interessante, anche se lui ne faceva una questione ideologica.

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  10. Giusto ieri sono stato quasi insultato su facebook (mannaggia a me che ho commentato) per essermi posto il problema: ma davvero i lettori stanno diminuendo? Davvero c'è stata un'età dell'oro in cui tutti leggevano? Sì, forse durante la crisi le vendite dei libri sono calate, così come sono calate le vendite di qualsiasi altro prodotto.
    Comunque no, non credo che il "politically correct" allontani i lettori, magari allontana certi lettori da certa scrittura. Ma non tutti sono lettori interessati ai temi sociali. E onestamente non so quanti lettori si facciano influenzare nelle loro scelte dai cosidetti salotti.
    Daltro canto non è neanche del tutto vero che non si pubblicano libri "contro". Adesso non mi viene nessun titolo di narrativa, ma di saggistica ce ne sono parecchi, figurati che hanno pubblicato pure il libro di Salvini.
    Come reagirebbe un editor di fronte a una storia forte come quella di cui hai fatto l'esempio credo che dipenda molto dall'editor e dalla casa editrice, ma non credo che una storia forte che mostri l'altra faccia della medaglia venga scartata a priori.

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    1. @Grilloz
      Eh ma io ieri le ho lette le rispose che il tizio ti ha dato. Seguivo anch'io la discussione. ;) Ma tranquillizzati, dovendo stimare le argomentazioni del tizio, lo si può eleggere tranquillamente al re del radical chic degli imbecilli. E tra l'altro l'articolo che ha postato a dimostrazione della sua inconsistente tesi, è pieno di errori e imprecisioni. Se non mi trovassi nel limbo del silenzio, gli avrei risposto per le rime.
      Ops... che ho fatto, ho commentato, torno al silenzio...
      Ah, bel post Marina. ;)

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    2. Grazie Marco, mi hai risollevato :) Devo dire che un attimo dopo aver postato mi sono pentito di averlo fatto, già volevo contestare il post del giorno prima più o meno sullo stesso argomento.
      Se ne pure uscito ad un certo punto che leggere è un arte che pochi sanno leggere ecc. ecc. meno male che vuole promuovere la lettura :D
      P.S. ma sei in sielzio stampa?

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    3. Beh mi ha dato parecchio fastidio che il tizio abbia voluto zittire un amico che stimo e che tra l'altro reputo parecchio intelligente. Le sue argomentazioni erano idiote.
      Per il silenzio passo un momento un po' complicato... ogni tanto restare in silenzio è un buon modo per rigenerarsi. ;)

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    4. Marco, spero che passi presto. Sinceramente manchi.
      Rigenerati e torna.

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    5. A priori no, ma resto convinta che faccia più fatica ad affermarsi. Io ho parlato di esordienti non a caso, perché gli scrittori "contro" non sono quasi mai illustri sconosciuti, addirittura sono e fanno altro nella vita (vedi Salvini, nell'esempio che hai fatto). Ma il punto non è quanto vero sia il fatto che si legga di meno per "difendersi" da un certo tipo di letteratura, quella era una provocazione che io ho mutuato dall'articolo di un giornale notoriamente di destra, ma quanto di vero ci sia nel fatto che oggi l'editoria è gestita da persone che sposano certe tesi e sono più propense a favorire certe tematiche.

      Peccato essermi persa la diatriba con quell'utente di FB. Arrivare agli insulti è veramente squallido: se non si è d'accordo si discute, tutto il resto è ineducazione e immaturità.

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    6. Grazie Marco.
      Mi chiedo spesso anch'io quando potremo riacciuffarti in rete. Ci hai lasciato naufraghi in una certa isola! :)

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    7. La tendenza c'è, ma ho la sensazione che ci fosse più in passato. Rispetto a quando andavo al liceo io mi pare che ci sia un po' più di apertura.

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    8. Ne ho una percezione forte, ma potrei ragionare sul piano esclusivamente soggettivo, certo!

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  11. E se si leggesse poco perché la gente è stanca di comprare raccontini spacciati per romanzi brevi a dieci euro e scritti pure male? Mi riferisco al testo che ho letto questa estate che contava 600 puntini sospensivi in 100 pagine di storia dove i personaggi non erano manco delineati un po' e magari a quel punto la gente ricorre agli eBook piratati per non dire che c'è chi passa ore su un tablet tipo i ragazzi. Che già a 13 anni rigettano la lettura ma non le ore su un tablet. Poi è chiaro che se ci metti pure il politically correct magari è vero, però dipende. Romanzi come House of Cards non sono politically correct, sono belli forti, ma è chiaro che non li scrivono autori italiani, però sono stati tradotti in italiano. Onestamente non so perché ci sia il picco verso il basso per le letture. I fattori sono vari e contraddittori, legati a fascia di età e posizione geografica persino.

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    1. Sospendiamo per un attimo la conta dei lettori, il panorama editoriale cavalca l'onda e se una casa editrice capisce che è la storiella di 100 pagine che viene letta (perché è breve, dunque poco impegnativa, magari) la pubblica a prescindere da tutte le lagnanze dei lettori forti. Allo stesso modo se la gente vuole leggere una storia di solitudine risanata dall'affetto di un cane di quello andrà alla ricerca un editore e di quello scriverà l'esordiente che vuole essere pubblicato.
      Il mio articolo, che ho appositamente voluto rendere provocatorio, vuole dire esattamente questo. Alla fine il discorso sulle statistiche era a completamento di una premessa, ma la mia attenzione era orientata a questo dato. Infatti dici bene, i libri che chiamiamo non politicamente corretti sono stranieri, tradotti.

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  12. Sfondi una porta aperta, con me. Come diceva Raymond Carver uno scrittore deve essere bravo, non utile. Ma la bravura (non la mia, ovvio: forse sono un artigiano che fa il proprio mestiere onestamente), presto non sarà più una condizione necessaria, anzi, non lo è da un pezzo. E il problema del politicamente corretto non è quello che si ritiene.
    Il politicamente corretto ritiene che la cultura sia veicolo di sviluppo. Lo è la conoscenza, la cultura produce gulag e Dachau. Dietro la cultura del politicamente corretto, c'è odio e disprezzo.

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    1. Sono d'accordo, Marco. La bravura non è più l'unico presupposto perché uno scrittore abbia una chance. Oggi si scrive per testimoniare un cambiamento, per convincere chi non lo è che lo sviluppo delle idee passa anche attraverso la cultura. Certe volte ho come l'impressione che si vogliano formare le coscienze, indurle ad abbracciare per forza dei valori, anche se non si condividono in tutto o in parte. Lasciando da parte le statistiche o quello che sostiene un giornalista di destra, queste sono sensazioni che vivo e mi dispiace perché la bravura non dovrebbe essere tenuta in gabbia a favore di altri presupposti considerati prioritari.

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  13. Cara Marina, non ho modo per il momento di leggere i commenti precedenti, lo farò però!
    Per il momento ti lascio due righe: penso che si legga "male", si pubblichi quello che la gente vuole leggere SOLO come passatempo; il libro è un prodotto, non ne farei questione di dx o sx perché le tematiche sono le stesse dei contenitori tv o delle polemiche Fb: pettegolezzi, lagne, pianti, amori folli ecc. Siamo noi che vogliamo quello :P
    Chi legge compra altro, ma nelle statistiche mettono dati che sarebbe bene discutere... Se io leggo 10 libri l'anno ho un peso a livello editoriale/vendite-pubblicazione, se ne leggo 1 ne ho un altro, se ne leggo oltre 40 ecco... forse lì si può fare qualche altra osservazione. Ma se chi legge da 1 a 10 libri rappresenta la % maggiore sul totale dei lettori... e che altro dobbiamo dire? XD

    Sui ragazzi non saprei... io ricordo che anche ai tempi del liceo i veri lettori erano il 5% del totale dei compagni di classe...
    Ripasso!!! Ciaooooo ^_^

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    1. Sì, quello delle statistiche è un discorso che in questo contesto aveva un peso marginale. Invece la cosa interessante e che condivido è che viene pubblicato ciò che il lettore vuole leggere, ma ecco che scatta il circolo vizioso: molti ormai sono condizionati dai nuovi sviluppi della società (questo è un dato di fatto: la società si evolve, il pensiero collettivo anche) e se deve scegliere di leggere qualcosa, preferisce una lettura che si avvicini al nuovo modo di sentire (lecito, per carità, eh!). Le case editrici che raccolgono questa "domanda" dell'utenza ovviamente sono più propense a pubblicare quelle storie che abbiano certi contenuti, quelle su cui si orientano i dibattiti come dici tu o le "sciarre" nei social.
      Chi vuole scrivere altro e seguire parametri diversi nella scrittura ha più difficoltà a cercare una strada, diventa di nicchia, per pochi lettori: un grosso nome se lo può permettere, l'esordiente temo di no!

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    2. Sì!!! Concordo del tutto su quanto hai aggiunto... ahimè!

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  14. Sulle statistiche: La Matematica non è un'opinione, la Statistica si (infatti si parla di "interpretazione del dato"). E se fate caso ai sondaggi politici, l'informazione più interessante è quella nell'ultima slide che passano per 0,1 secondo. Ovvero numero di intervistati (la "popolazione") e percentuale di risposta. Capita che a volte son così cocciuta da andare nel sito istituzionale a cercarmeli. Beh, quando leggo un tasso di risposta del 17%, mi chiedo se l'altro 83% che li ha mandati a quel paese non dovrebbe rientrare in "No" o "Non so" ;)
    Le statistiche sulla lettura non tengono conto nè dell'usato (difficile per altro quando molto scambio dell'usato in rete è privato) nè delle biblioteche, nè degli ebook (le piattaforme estere non hanno interesse a divulgare il dato). Forse è vero che leggiamo di più (quanti libri di potevano essere in giro nel dopoguerra, ai tempi di mia nonna? non ne ricordo uno in casa sua!), ma leggiamo di meno rispetto agli altri paesi e a quanto ci si aspetterebbe in linea il loro grado di civilizzazione. Questo è il punto.
    Poi, ci sono insegnanti che amano leggere e sanno trasmettere la passione che ci mettono, e vedo piccoli lettori entusiasti. E altri che no e purtroppo credo che siano la maggioranza.
    Infine, per quel che vedo direttamente (certo non fa statistica), gli amici entrano in libreria, non sanno come muoversi, tante belle copertine ma non sanno "come" scegliere, mi chiamano e per lo più mi chiedono storie divertenti, per passare qualche bella ora spensierati (col cavolo che mi chiedono letture impegnate!) e alla fine si comprano un dvd. Ecco. Capite la soddisfazione pure per me che mi sbatto a trovargli qualche titolo, rischiando il linciaggio...

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    1. Hai fotografato benissimo la realtà: le statistiche lasciano il tempo che trovano (vero), a scuola il primo messaggio forte parte sempre dall'insegnante. È così per tutte le materie: a me non lo toglie nessuno dalla testa che io ho odiato la matematica da quando la mia maestra per insegnarci a fare i calcoli ci minacciava (pur senza usarla, eh!) con una bacchetta di legno sbattuta in mano, un incubo!
      Se un insegnante non trasmette la passione per certe attività, l'alunno non ha incentivi importanti. E non porta a niente nemmeno l'insegnante che centra l'obiettivo, ma sbaglia la strategia (nella scelta dei libri, per esempio, come raccontavo).
      Poi un po' le statistiche ce le facciamo in forma "domestica": vedi i tuoi amici che finiscono per comprare un dvd o molti dei miei ai quali non potrei mai regalare un libro perché me lo tirerebbero in testa.

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    2. Non vorrei sbagliarmi, semmai dopo vado a controllare, ma mi pare che per quanto riguarda la statistica sulla lettura dell'ISTAT, la domana del questionario sia all'incirca hai letto più di x libri negli ultimi dodici mesi, quindi sicuramente tiene conto anche dei prestiti in biblioteca (o dagli amici) e l'usato, e teoricamente anche gli ebook.
      Diversa invece è la statistica sul venduto. Sarebbe interessante fare un raffronto tra i due dati nel tempo ;)

      P.S. la statistica non sarà una scienza esatta ma secondo me è quasi magia, determinare come si comporteranno 30 milioni di persone intervistandone mille con uno scarto di errore del 3% ha dell'incredibile ;) Asimov ci ha scritto un racconto, in fondo a cosa serve far votare 30 milioni di persone se trovi il campione statistico perfetto? basta far votare solo lui :P

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    3. Magia?? Nessun professore me l'ha mai spacciata come magia! Anzi, credo si sarebbero offesi! (Si basa pur sempre sulla Matematica, anche quando stai parlando dell'urna con le palline rosse e bianche :) )
      Si, la statistica del venduto è "certa" ma esclude una parte. La statistica sulle letture è "incerta" perchè è un sondaggio e perchè ai sondaggi la gente mente. Come i pazienti del Dr.House ("Non mi chiedo perché i pazienti mentono, do per scontato che lo facciano.") Quindi la statistica sulla lettura potrebbe anche essere più grave. :/

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    4. I tuoi professori avevano poca fantasia :D per me è magia anche l'elettronica, figurati :P
      A me sarebbe piaciuto farlo un corso di statistica e probabilità all'università, ma qualcuno ha deciso che gli ingegneri la devono solo applicare, vabbè...
      Comunque alla fine questi sondaggi ci prendono abbastanza (da ing. un errore inferiore al 5% equivale a nessun errore ;) ) anche perchè se non ci prendessero nessuno li commisionerebbe, non parlo tanto di quelli politici, ma di quelli commerciali.

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    5. Io non faccio testo, perché non ho mai studiato statistica e nella mia ignoranza non l'ho mai capita. Faccio un po' il ragionamento tuo, Grilloz, sul perché fare votare se già la statistica offre un dato certo. Uhm... certo?

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    6. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, lo diceva Asimov in un racconto, anche con una discreta vena di ironia ;)

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  15. Il tuo post pone dubbi e quesiti interessanti, tuttavia credo che chi legge scelga i suoi libri indipendentemente dalle statistiche. Io per esempio ho comprato alcuni libri molto sponsorizzati spinta dalla curiosità, ma non sempre mi sono piaciuti, alcuni li ho lasciati a metà o li ho finiti a fatica. E infine sono tornata agli autori che preferisco. E poi le statistiche parlano soprattutto delle vendite e non delle letture effettive, conosco chi (come una mia collega) che legge in media 40 libri all'anno, ma li prende quasi tutti in biblioteca, ne compra pochissimi. Lei è fuori dalle statistiche, almeno delle vendite dei libri.

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    1. Anch'io, se voglio trovare quello che più mi piace leggere, lo trovo, ma ho una lente d'ingrandimento puntata sull'esordiente: io penso che avrebbe meno difficoltà di altri se proponesse un tipo di narrativa che schiaccia l'occhiolino alle tematiche più calde. Secondo me, in tanti seguono questo ragionamento. È ovvio che non sia automatico, poi, che venga pubblicato, ma il filtro, nel suo caso, ha maglie più larghe.

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  16. Ci sono talmente tante forme di intrattenimento che per mettersi a leggere si deve essere davvero alla frutta! :D

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