Un tempo mi bastava tenere un diario personale e prendere buoni voti nei temi d’italiano, per essere convinta di avere ricevuto un dono dalla natura: la capacità di scrivere.
Negli anni ho assecondato la fantasia, garantendo così alla scrittura un posto sempre importante nella mia vita. Solo che avere una passione ed essere in possesso degli strumenti per coltivarla non mi sono stati sufficienti per costruirmi un futuro da scrittrice ed è questo l’errore in cui sono cascata: farmi bastare quei presupposti.
Ho scritto un romanzo spinta dalla voglia di raccontare una storia che premeva per venire fuori ed è una storia alla quale sono ancora affezionata, perché sono convinta di avere usato gli ingredienti giusti per renderla particolare, non troppo scontata, tutto sommato godibile. Rileggendo “31 dicembre” a distanza di anni, tuttavia, mi rendo conto che lo sottoporrei a dei cambiamenti che restano ipotetici per mancanza di un’effettiva mia volontà di tornare su un testo che ritengo superato. Nel frattempo sono cambiata io, ma soprattutto si sono evoluti i miei obiettivi nella scrittura.
Cerco di evitare le ingenuità tipiche di chi scrive sotto la spinta emozionale dell’ispirazione, di tenermi alla larga dagli “abusi”: di aggettivi, di avverbi, di parole evitabili.
La scrittura è controllo e c’è un’armonia necessaria che nasce proprio dalla capacità dello scrittore di non portare chi legge ad avere il desiderio di dire le stesse cose in una maniera differente. Posso non essere colpita dalla storia di un libro, ma se mi ripeto: ”io, questo, non lo avrei scritto così”, vuol dire che la mia visione soggettiva sta scavalcando l’obiettivo dello scrittore di essere capito nel modo in cui ha immaginato di arrivare al pubblico, significa che quello scrittore mi ha lasciato lo spazio di reinterpretare il suo pensiero che, invece, dovrebbe essere chiaro.
Negli anni ho maturato convinzioni nuove, approfondito e sviluppato competenze diverse, ho affinato tecniche, corretto errori, letto tanto e ciò che sto facendo ultimamente è destinare il tempo impiegato esclusivamente per correre dietro all’ispirazione all’analisi di un impegno che non voglio connotare soltanto come una generica passione.
In pratica sto studiando.
Studio metodi, linguaggi, strade percorribili che si avvicinino a quello che voglio sia il mio stile.
Mi chiedo se io mi senta più affine a una scrittura intimista che parli prevalentemente in prima persona, se preferisca mescolare le mie impressioni a una narrazione lenta come insegna Proust oppure costruire una sequenza di immagini che siano piccoli squarci aperti sulla quotidianità alla Carver maniera.
Mi chiedo cosa voglio ottenere quando scrivo: un effetto scenico che avvicini la mia scrittura a una sceneggiatura cinematografica o stimolare interpretazioni come quando si va alla ricerca dei significati nascosti dentro un’opera d’arte?
E non rispondo solo alla domanda “cosa ti va o ti senti di scrivere?”, ma la completo con: “come intendi raccontare ciò che vuoi dire?”
Sto studiando.
Prendete il flusso di coscienza, per esempio: non è ciò che si lascia scorrere su un foglio sciogliendo parole tenute imbrigliate nella mente; anche nel flusso di coscienza c’è una letterarietà, che forse rimane illeggibile dentro un romanzo (penso a James Joyce), ma va indagata e studiata se si vuole sperimentarla con efficacia.
E del dialogo che dite? Non è un accessorio che si inserisce nella storia per darle colore e dinamicità; è esso stesso storia, perché ogni battuta pensata, come dice il linguista inglese John L. Austin, contiene parole che fanno cose.
Le descrizioni di ambienti e persone non sono pedanti elenchi di caratteristiche e attributi associati a esse; sono elementi che, per dare un’idea, talvolta, possono ridursi anche all’essenziale.
Non dico niente di nuovo, okay, sono tutte cose che chi scrive sa (o dovrebbe sapere), ma nella teoria siamo tutti più o meno preparati, è nella pratica che diventiamo fallibili.
Io lo sono.
E questo è il motivo principale per cui scrivo senza essere assillata dal desiderio di comunicare al mondo che ho una storia da fare conoscere (e vi prego di non interpretate ciò che ho appena detto come una critica verso chi, invece, quando scrive, è mosso da altri intenti: questo è un fatto mio soggettivo, un’esigenza personale.)
Mi piace capire bene perché taluni scritti funzionino più di altri, perché certe parole arrivino deboli, perché altre risultino, al contrario, dirompenti; non cerco perfezione, ma efficacia. E imparo.
Perciò mi alleno e consiglio allenamento.
Le mie palestre di narrazione sono state il blog di Helgaldo e “Scrivere per caso”. Ho dovuto, mio malgrado, rinunciare alla prima, ma posso ancora contare sugli stimoli e le idee proposte da Michele Scarparo: è con i suoi esercizi che misuro presunte abilità e la volontà di spostare avanti l’asticella del mio desiderio di scrivere in un certo modo. Mi alleno per cogliere gli aspetti migliorabili di un’arte apparentemente facile: scrivere non lo è per niente.
Lo so che ne siamo tutti consapevoli, ma qualche volta ce ne dimentichiamo.
Questo, dunque, il mio progetto: condividere i risultati degli esercizi che in questi anni hanno messo alla prova capacità e limiti della mia scrittura.
Presto su questi schermi
Brava! Studia!Io non ho mai smesso. Scusa che scrivo qui senza tornare al post del tuo ritorno sul blog. E quindi: bentornata! Non posso esimermi e concordare sull'utilità dei blog che hai citato. Quanti blog ci sono in giro che insegnano, fanno riflettere, ti accompagnano nel mondo della scrittura? Tanti, pure troppi. Quanti sono competenti? Quei due (e che duo) che hai citato. Michele lo continua a fare, Helgaldo chissà. Ha lasciato un buon materiale, per ora basta andare a rivederlo, poi si vedrà. Buono studio!
RispondiEliminaLa parola d’ordine dovrebbe essere: “sporcarsi le mani”.
EliminaCerto, ci sono articoli che smuovono riflessioni, danno consigli, suggeriscono metodi, ma poi, si dà scarsa importanza alle occasioni per mettere in pratica quanto si apprende in teoria. Invece, io ho tratto giovamento dall’averne approfittato. Per questo, ogni tanto, torno a ribadirlo.
Ciao Marina.
RispondiEliminaChi dice che scrivere è facile conta frottole o non ne è capace.
Anche scrivere costa sudore soprattutto quando si parla di libri. Sudore, impegno, studio come dici tu e un approfondito esame di coscienza.
E' facile mettere le parole in riga. Dar loro un senso, creare una frase non assurda. Dar loro significato profondo è un'altra cosa.
Il tuo "studio", l'impegno costante, l'esercizio. la pratica e anche la lettura aiutano, insegnano. Non basta il credersi capaci per esserlo veramente.
Ciaooooo
Credo che l’umiltà sia un approccio vincente in un mondo in cui si chiede il consenso di un pubblico: capire certi meccanismi per arrivare a una buona scrittura è un atto dovuto e anche di rispetto verso chi ti concede la propria fiducia. A me piace l’idea di non deludere il potenziale lettore.
EliminaNon si smette mai di studiare, di mettersi alla prova e migliorarsi. Questo lo ammettono anche gli scrittori arrivati, ricordando sempre che un qualunque testo è migliorabile all'infinito.
RispondiEliminaTrovo molto intelligente la tua fase di studio e sono certa troverai presto la strada giusta in cui raccontare scrivendo. Conoscendo il tuo amore per Proust chissà che tu non riesca a creare una versione moderna e femminile di lui? Di certo le capacità non ti mancano e nemmeno lo spirito critico. Allora buon studio.
Io e Proust abbiamo un rapporto come dire intimo: ci parliamo dentro una stanza in silenzio, è un dialogo interiore fra me e la proiezione di me dentro quel suo mondo così scrutato e profondo. Emularlo no, perderebbe valore: non vorrei scrivere come lui, lo lascio parlare esclusivamente con me.
EliminaMi stanno aiutando molte letture giuste: so esattamente qual è lo stile che abbraccerei; adesso, voglio dominarlo appieno.
Giusto studiare e approfondire sempre, infatti io credo che bisogna "buttarsi" e scrivere con una certa costanza. Anche perché poi, rileggendo ed editando, magari ci si accorge maggiormente di banalità, sciatterie, o anche semplicemente di non aver scritto quel che si intendeva scrivere secondo le intenzioni iniziali. Insomma, è l'allenamento costante a "tenere in forma" il corpo e anche qualunque tipo di talento non fisico.
RispondiEliminaOgni tanto torno a ribadire l’importanza dell’allenamento nella scrittura, ma questa volta mi piacerebbe che il mio lavoro si completasse con il confronto: mostrare i miei ragionamenti, gli errori, vorrei portasse a una discussione sulla scrittura in senso stretto. Ne siamo appassionati: quali step seguiamo, allora, per raggiungere quel gradino in più di miglioramento cui diciamo di tendere tutti?
EliminaPossiamo parlarne, però c'è anche l'aspetto individuale in base al quale una certa "tecnica" funziona perfettamente se la applica Tizio, mentre se ci prova Caio non ci trova a suo agio...
EliminaE il bello sarà proprio scambiarci le esperienze: a me viene bene fare questo, tu come lo faresti?
EliminaCioè non vorrei solo mostrare il risultato dei miei sforzi, ma amalgamarlo a quello di chi vorrà dire la sua.
Vediamo cosa viene fuori.
Tu sei scrupolosa e metti in dubbio la tua scrittura. Questa è a mio avviso una componente essenziale per scrivere bene. Vedo in giro scrittori o pseudo tali troppo certi di essere arrivati all'apice del loro vero o presunto ingegno. Invece, come insegnano per altro anche gli ambienti anglosassoni, la scrittura richiede studio costante.
RispondiEliminaChissà, forse fa parte del tuo percorso anche questo aspetto della "ricerca" e magari proprio questa ricerca, unita a un nuovo romanzo o alla revisione del vecchio, farebbe di te la scrittrice che secondo me sei, senza ombra di dubbio. Devi fare come Michelangelo con il marmo di Carrara: togliere il superfluo e fare emergere l'opera.
:)
Certamente mi muove l’insicurezza, alla fine non è di conferme esterne che vado alla ricerca, ma vorrei tirare fuori le mie qualità, se ci sono. E poiché, con un pizzico di presunzione, mi dico che l’”opera” c’è sotto tutta quella montagna di “superfluo”, sono messa di buona lena a scavare, ché eliminare tutto ciò che non serve non è cosa facile. :)
EliminaParliamone!
RispondiEliminaDevo dire che ammiro molto la tua costanza e la tua ricerca di perfezione. A me piace fare bene, ma mi manca il perfezionismo e quindi spesso, sopratutto in scrittura perdo interesse quando forse le opere sono ancora perfettibili, potrebbero avere un'ulteriore revisione, un'ultima levigatura. Credo che mi faccia bene non sono umanamente, ma proprio a livello tecnico, confrontarmi con la tua concezione della scrittura per riuscire a portare anche la mia un passo più in là.
Vorrei che fosse uno scambio reciproco: nessuno tra noi insegna qualcosa, però abbiamo delle capacità valide, delle intuizioni da condividere. Magari qualcuno, passando di qua, potrebbe trarre dalle nostre discussioni qualche utile suggerimento da applicare alla propria scrittura.
EliminaPenso che tu abbia preso una giusta decisione. Peraltro lo dico con molta umiltà poiché io scrivo poesie e quindi sono meno addentro al mondo della narrativa (non ho mai scritto racconti o romanzi)
RispondiEliminaScrivere poesie credo sia la cosa più difficile in assoluto: racchiudere in un verso un mondo di emozioni richiede una cura per la scelta della parola giusta non indifferente. Anche perché devi riuscire a trasmettere una sensazione. Io, per esempio, non ne sono capace: è più facile che un poeta scriva narrativa che un romanziere poesie.
EliminaChe bello questo post! Per tanti motivi, mi limito a citare l'ultimo che è la chiusura stessa perché il tuo progetto di condivisione sarà un grande arricchimento. E poi è stimolante, per me - che non ho costanza in nulla e sono troppo concentrata solo su quello che devo o non su quello che voglio (che ancora forse non ho ben chiaro neanche cosa sia) - è stato come ricevere un input positivo, un rinnovato entusiasmo. In generale, indipendentemente dalle storie che tieni nel cassetto, a me piace leggerti su tutto, anche in questo caso, per la chiarezza con cui riesci ad esporre i contenuti che siano pseudo-recensioni, pensieri personali, fatti quotidiani. Sai che ho apprezzato tantissimo il tuo post sulla "buona scrittura".
RispondiEliminaGrazie Viola, noi, tra l’altro, ci esercitiamo nelle stesse prove e, devo dire, il confronto è sempre stimolante. Tu, poi, hai sempre punti di vista nuovi, ti fai delle domande, cerchi risposte, e questo stuzzica anche riflessioni interessanti.
EliminaAlla fine, con formule diverse, ritorno là, alla famosa “buona scrittura”: c’ho proprio ‘na fissa! :)
King sostiene che il talento non basta per diventare uno scrittore, dietro c'è un lavoro indefesso. Lo studio, l'applicazione e il mettersi in discussione rimangono dei punti fermi anche del mio modo di vivere la scrittura. Apprezzo molto la tua ricerca, sicuramente ti condurrà a trovare uno stile preciso e incisivo. Brava, ricominciamo a parlare di scrittura, non vedo l'ora ^_^
RispondiEliminaHo pensato che scrivere possa essere una esperienza da condividere non solo nella fase finale, a, diciamo così, prodotto finito, ma anche durante la lavorazione in senso stretto.
EliminaProviamo a vedere se questo “laboratorio” può funzionare. 😉
Sono argomenti che restano sempre interessanti, anche se periodicamente si ha bisogno di liberarsene (almeno a me succede così). Uno volta che ci si sia resi conto di quanta attenzione e quanta cura serva per imparare a scrivere bene, anzi, sempre meglio, non si smette più di porsi problemi e cercare soluzioni che cambiano con noi. Anche sul mio blog prossimamente riprenderò a parlare (anche) della parte artigianale dello scrivere. :)
RispondiEliminaMi capita di ritornare periodicamente a parlare di argomenti legati più alla scrittura, mi viene naturale e hai ragione: diventa quasi un’esigenza.
EliminaMi fa molto piacere che anche tu riprenderai il lato artigianale dello scrivere: più siamo a parlarne e più esperienze ci portiamo in cantiere. :)
Studiare, fare esercizi di scrittura fa sempre bene. Io credo che applicarsi con costanza porti a una crescita che poi traspare anche nella storia scritta. E sicuramente questa maturità emerge e si apprezza. Credo tuttavia che un romanzo nato in un contesto e in un momento della vita sia apprezzabile proprio perché rappresenta quel momento particolare, mi riferisco al tuo primo romanzo, ma anche al mio e a quelli di altri autori.
RispondiEliminaSono d’accordo e non rinnego le cose che ho scritto in passato: sono tappe di una crescita necessaria. Anzi, ti dirò che sono pure contenta di avere raggiunto una rinnovata consapevolezza nella scrittura, sarebbe bello finalizzare anche questa nuova fase. :)
EliminaSai una cosa? Io in questo periodo sto seguendo un corso, e ho capito una cosa: c'è veramente tanta gente, molto piena di sé, che s'improvvisa, senza dare spazio a un doveroso approfondimento. Per cui quanto hai fatto e farai mi sembra la giusta strada.
RispondiEliminaGuardarsi sempre dagli improvvisatori, sono dannosi, perché tu li hai riconosciuti, ma qualcuno potrebbe prestare loro l’attenzione immeritata che poi li porterà a scrivere mediocremente.
EliminaÈ tutto difficile nella scrittura, persino trovare buoni maestri.
Mi hai frainteso: non è un corso sulla scrittura!
EliminaMa il principio resta! :)
Ops sì, in effetti avevo capito questo, ma in ogni settore immagino, come dici tu, che il discorso sia ugualmente valido. :)
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