martedì 7 marzo 2023

Il “terzo tempo” della vita


Avevo tredici anni quando lessi “Porci con le ali” di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice. Era un romanzo che avevamo in casa, un po’ nascosto nella libreria e io lo scovai il pomeriggio in cui volli sbirciare da vicino i ripiani alti del mobile. Lassù, oltre a esserci una collana di libri di arte, un’antica edizione della Divina Commedia in tre volumi e le biografie di Garibaldi e Napoleone, c'era una mensola dedicata alla narrativa, dove si trovavano vecchi testi di letteratura e qualche romanzo che i miei non volevano tenere a portata di mano. Ricordo che presi la scala per raggiungere la “no fly zone”  e fu così che scoprii il romanzo “proibito”. 

Il titolo era così stravagante e la copertina così spudorata (disegni di seni nudi e di pose dal forte richiamo erotico) che la mia curiosità ebbe un’improvvisa impennata e non mi diede tregua finché non decisi che lo avrei letto, quel libro, con il sottotitolo che solleticava la mia fantasia: “diario sessuo-politico di due adolescenti”. Lo avrei fatto di nascosto, prendendolo e riponendolo al suo posto ogni volta che finivo di leggerlo. Cosa mai avrebbe raccontato! Non ricordo più niente, solo che mi rese edotta su aspetti ancora non esplorati della sessualità e che ne rimasi molto colpita.

Ma facciamo un salto in avanti. 


Ritrovo Lidia Ravera (che, a onor del vero, non ho più letto) qualche giorno fa, quando ho accettato la proposta di Luana di andare alla presentazione del suo ultimo libro: “Age pride. Per liberarci dai pregiudizi dell’età.” Adesso la femminista liberale (che comincia la sua carriera di scrittrice poco più che ventenne e diventa, nel tempo, giornalista ed esponente politico nel Lazio guidato da Zingaretti) è una simpatica, energica, signora di settantadue anni, con tanta verve e una gran voglia di ribellarsi agli stereotipi. Quello più vicino alla sua attuale condizione è la paura di invecchiare con la conseguente, triste, convinzione che essere vecchie significhi abdicare al potere seduttivo o alla capacità di “vivere bene” la quotidianità. Nel suo intervento ha esordito bandendo gli eufemismi: lei è una donna vecchia e non ha bisogno di nascondersi dietro false apparenze o, peggio, dietro termini politicamente corretti; anzi, vuole rivendicare la bellezza dell’età matura di fronte a chiunque ne sminuisca il valore o tenda a ridurla a una fase sottovalutata della vita, soprattutto per una donna. E già, perché per gli uomini è tutto diverso, la vecchiaia è sinonimo di esperienza e l’esperienza conferisce fascino; ciò che è squalificante per una donna, è strumento di conquista per un uomo, specie se potente o ricco. Tutto vero: quanto troviamo normale che un uomo attempato frequenti giovani donne e quanto, invece, patetico che siano le donne mature ad avere relazioni con uomini più giovani? Allontaniamoci dalla stretta del pregiudizio, suvvia! La vecchiaia ci dà delle libertà, negate quando siamo ancora “carne fresca”; non dobbiamo più dimostrare niente a nessuno, possiamo finalmente essere quelle che siamo e non rinunciare alla vita che abbiamo sempre vissuto: uscire la sera, fare sport; possiamo ancora ridere e divertirci in compagnia delle amiche, anche se il fondotinta non riesce più a coprire le rughe solcate dal tempo. La menopausa? una benedizione, altroché la frustrante scadenza imposta dalla natura femminile! 

La giovinezza non è l’unica stagione in cui è legittimo cercare la felicità.

Ho riflettuto su tutto quello che la Ravera, con grande ironia e una straordinaria capacità di coinvolgere il pubblico, ha detto durante la serata e una considerazione mi è rimasta impressa: da bambine il passaggio all’adolescenza è vissuto come una novità; entriamo in una nuova fase della vita, cui dobbiamo per forza adattarci; facciamo i conti con l’inizio delle mestruazioni, che vuol dire molte cose; assistiamo ai cambiamenti fisici ed è bello che ciò avvenga. Analogamente, anche entrare nella vecchiaia significa abituarsi a una novità, anche questa è una fase obbligatoria della nostra esistenza, anche in questo caso il corpo subisce una nuova rivoluzione interiore ed esteriore. Lì tutto ha inizio da un flusso di sangue mensile, qui facciamo i conti con la fine della fertilità: un ciclo che si apre e si chiude; i lati di una stessa, magnifica, medaglia che si chiama vita. E mi piace la coincidenza: ripensarmi adolescente, con tutto ancora da imparare e adulta, in un’età in cui quello che ho imparato mi ha resa ciò che sono. Nell'uno e nell'altro caso tengo fra le mani un libro di Lidia Ravera.


Tecnicamente, io starei ancora attraversando la cosiddetta seconda età adulta e una decina d’anni o poco più mi separa dalla beata terza età o come la chiama la scrittrice “il terzo tempo”, ma vivo già i segni di un cambiamento in corso, non nello stile di vita, in cui ancora salvo le abitudini fra hobby e sport, bensì nella sfera emotiva. Insomma, non so se fa parte del gioco, ma io, invecchiando, sono diventata più fragile.

La “vecchiaia”, nel mio caso, è questo: commuovermi. Commuovermi sempre. 

Mi commuovo di fronte a un papavero che resiste sul ciglio della strada, in mezzo a cemento e asfalto; mi commuovo di fronte a un cartellone pubblicitario che apre il sipario su un palcoscenico di ricordi; mi commuove vedere una coppia di anziani che si tiene ancora per mano, sentire la voce al telefono di mia madre, il bel voto preso dai miei figli a un esame universitario, la pagina di un libro, l’ascolto di una canzone, pregare... Accidenti, ma un tempo non ero così emotivamente aggredibile! Sono sempre stata parca di emozioni esternate, molto controllata. Giusto i funerali mi rubavano qualche lacrima, poi piombo levigato. E adesso... una pappamolle! Non ci sono motivi reali, semplicemente mi condizionano di più gli eventi esterni. Forse il muro che inconsciamente ergevo a protezione dei miei sentimenti si sta sgretolando, come l’osteoporosi che rosicchia le ossa delle donne oltre una certa età (per rimanere in tema). Ma io assecondo senza problemi questa mia nuova natura e nemmeno provo imbarazzo a parlarne. Facendo salvo il presupposto (necessario) della buona salute, sposo tutto ciò che Lidia Ravera ha detto all’incontro, presentando il libro, che lei benevolmente chiama “comizio”. Altrove scrive: “il terzo tempo della vita è un buon momento per esercitarsi a cambiare.”


Io gioco d’anticipo! 


                                                

21 commenti:

  1. Credo che ognuno viva situazioni diverse, perciò è difficile generalizzare. Per me invecchiare, per ora, significa sentirmi più saggia, più libera e più forte, ma a volte anche più pessimista. Che la menopausa sia una benedizione, dipende, da come la affronti, ma anche da come ti capita. Però è assolutamente vero che bisogna inoltrarsi nella terza età con la curiosità dell'esploratore, non con il pessimismo del rinunciatario. (Quanto a lacrime di commozione sono una professionista da sempre!)

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    1. Tu professionista in lacrime, io in pessimismo! :)
      Ci convivo da sempre e la vecchiaia mi fa solo vivere la negatività in modo meno drammatico.
      Invece, a dirla tutta, durante la serata, l'unica cosa su cui sarei intervenuta è lo stato di buona salute: tutto bello, tutto vero, ma se manca la salute, hai voglia di viverti i tuoi anni al meglio! Però ho anche immaginato che questo fosse il presupposto taciuto di tante belle parole spese a favore dell'età senile. Il succo è che esistono aspetti belli in ogni fase della vita e bisogna viverseli come meritano.

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  2. La vecchiaia non dovrebbe essere troppo pantofolaia, è giusto continuare a mantenersi attivi e cercare le cose che danno felicità, anche se ovviamente cambiano rispetto ai tempi della gioventù.
    Riguardo l'umore, come sai io sono perennemente arrabbiato (il termine giusto sarebbe un altro, ma è troppo volgare, non mi va di scriverlo) però ho anch'io i miei inattesi momenti di commozione. Mi capita soprattutto quando vedo qualcosa che mi ricorda i giorni dell'infanzia, tipo quando capito nel paesino collinare dove trascorrevo le vacanze estive, o magari quando mi è capitato di rivedere - dopo anni di latitanza - gli zampognari che suonavano nenie natalizie in piazza. E poi mi commuovo molto più facilmente di prima ascoltando certe canzoni particolarmente nostalgiche.

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    1. La nostalgia è sempre motore di grande commozione, ti capisco! Invece, per quanto riguarda l'arrabbiatura (e anch'io non uso altri termini più incisivi), quando capitano a mio marito certi momenti, gli dico che è l'andropausa! :D :D

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  3. Mi trovo molto in sintonia con gli effetti che l'età ti ha regalato Mi sento anche io più fragile, penso sia una conseguenza della menopausa o più precisamente dello squilibrio ormonale che ci tormenta in questa fase della nostra vita. La sto attraversando, ne assaporo pregi e difetti. Ma non voglio giocare né d'anticipo né di rimessa. Gioco la mia partita ogni giorno. Tra pianti, e nuove consapevolezze. Perché sì, Marina, siamo pi fragili ma anche più forti perché non ce ne preoccupiamo più. Un abbraccio

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    1. Questo era proprio il punto toccato con forza dalla Ravera: il fatto di non doversi più preoccupare di tante cose, il che per noi diventa un vantaggio e i vantaggi vanno sfruttati sempre. Ce lo insegna la vita.

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  4. Io non vedo l'ora di andare in pensione! XD

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  5. Molto musicale chiamare "terzo tempo" la vecchiaia! Io mi ci trovo in pieno ma anche se gli anni ci sono, e fisicamente me ne accorgo, psicologicamente non me li sento proprio. Tuttavia, mi rendo conto che, se da un lato la vita mi ha reso più sicura di un tempo, dall'altro una certa sensibilità che con l'età cresce e si affina, ti toglie le difese e ti fa sentire più vulnerabile.
    Grazie Marina e un abbraccio!

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    1. Con lo spirito giusto si affronta tutto, anzi è meglio dire si attraversa ogni fase della vita. Ciò che conta è essere consapevoli che i cambiamenti sono inevitabili, ma non devono condizionare (in negativo) il nostro viaggio sulla terra. ;)

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  6. Anche nella libreria di mio padre c'era 'Porci con le ali'. Attirava la mia attenzione, peccato che mio padre mi ha avuto a 49 anni e, sebbene dicesse che in vita aveva letto tanto, sono cresciuto non vedendolo mai aprire un libro. Inoltre vivevo con mia madre che ha la terza media. Per dire che, a 13 anni, pur avendo nei fine settimana biblioteche intere a disposizione, non ero un gran lettore. Mi fa piacere scoprire la storia di Lidia Ravera, di certo una persona coraggiosa che sa pensare.
    Mi commuove il tuo commuoverti, a me capita nel finale delle commedie romantiche e, ogni tanto, quando mi rivolgo a Gesù, specie ringraziandolo.

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    1. Ciao Filippo, ho trovato molto bella l'immagine di te tredicenne di fronte a una mole di libri poco usufruiti. In casa mia, mio padre leggeva poco (quotidiani sempre, libri pochissime volte),era mia madre la "lettrice forte" della famiglia. A me piaceva vederla con un libro in mano, sul divano o sdraiata sul letto... e, come si dice, gli esempi li assorbi quando li vivi.
      Gesù, nella mia vita, è tutto: so che sta parlando con me proprio quando mi rivolgo a lui e gli occhi all'istante mi si gonfiano di lacrime.
      Ti ringrazio per il commento.

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  7. Non conoscevo Lidia Ravera, ricordo il titolo "Porci con le ali" ma credevo fosse solo politico, magari con qualche vignetta di Forattini!
    Non so se lei abbia pensato al rugby, ma la definizione di "terzo tempo" arriva, in genere, da quello sport. Il terzo tempo è il dopo partita, quando tradizionalmente le squadre di rugby si riuniscono insieme per festeggiare, indipendentemente da chi ha vinto. Se c'è una cosa che apprezzo del rugby è infatti l'etica, le regole e i valori di questo sport, molto più gentleman del calcio (un rugbista una volta disse: "Il rugby è uno sport bestiale giocato da gentiluomini, il calcio è uno sport per gentiluomini giocato da bestie... :D ) L'associazione non sarebbe sbagliata: dopo aver "giocato" tanto in campo nella vita, finalmente si festeggia.
    Comunque, 18 marzo c'è Italia-Scozia per il Six Nations, il Torneo Sei Nazioni... ;)
    Ah, in quanto all'emotività... l'altra sera ho fatto l'enorme errore di guardare il film Hachiko, che poi già lo so che finisce male, no? E' nell'aria, che va male...in quei film lì, o muore il cane o muore il padrone, mannaggia.
    Eh niente, si è allagato il divano.

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    1. Io, invece, non conosco il rugby, di cui vedo con piacere che tu sei una grande tifosa. Solo per quelle regole etiche, varrebbe la pena seguirlo (la frase del rugbista sembra proprio un aforisma! :))
      Allora, sul versante "commozione a piè sospinto" stendiamo un fazzolettone pietoso! :D

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  8. ahah.. quando ho letto di terzo tempo ho pensato subito ad un'azione di canestro nel basket!! .. invece sono felicemente pensionato e penso anche al quartoe quinto tempo.. e mi hai sbloccato anche un ricordo tenero.. mamma teneva nascosto in un cassetto il mitico Lettere al Direttore di Romano Battaglia, un libro che ho letto (di nascosto) e amato tantissimo e anche Porci con le ali, come Il decamerone, erano imboscati tra i libri vietati da non tenere a portata di ragazzino curioso.. ;)

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    1. Abbiamo un terzo tempo nel rugby, un terzo tempo nel basket... e un terzo tempo della vita, insomma ce n'è per tutti!
      Allora non era solo mia mamma che "nascondeva" i libri che non voleva farmi leggere! Solo che non ha mai fatto i conti con la mia curiosità, che andava a scavare ovunque; poi, capirai, quel libro lì, Porci con le ali, non era nemmeno tanto nascosto: era solo in alto e nessuno dei miei pensava che banalmente una scala mi avrebbe dato accesso a quel tesoro (ora che ci penso lassù c'era pure L'amante di lady Chatterly!)

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  9. Porci con le ali fa parte del mio bagaglio di libri letti durante l’adolescenza (un altro è Paura di volare di Erica Young), pensa che mi è venuta voglia di rileggerli entrambi ne ho un vago ricordo e mi piacerebbe affrontarli con la saggezza di oggi. Ho seguito alcune interviste a Lidia Ravera sul giornale e di recente da Gramellini e a me piace molto, mi ritrovo in quello che afferma, io stessa con il passare degli anni ho apprezzato sempre di più la vita che a vent’anni mi sembrava un grande fardello, è che con l’età matura arriva la consapevolezza di quello che sei che da giovane non hai perché é ancora tutto da costruire. Il mio periodo di vita più felice è cominciato dopo i 40 anni, in cui mi sono sentita libera da molti stereopiti, non dovevo dimostrare più niente a nessuno. Non voglio dilungarmi, però anch’io con la menopausa (che è arrivata a 50 anni) dopo il periodo di assestamento ormonale, mi sono sentita finalmente liberata (per me le mestruazioni erano una croce, saltavano del tutto oppure avevo delle emorragie continue che andavano avanti per due settimane).
    Sulla commozione ho anch’io dei momenti, ma credo sia nell’ordine delle cose, forse oggi possiamo lasciarci andare anche con le lacrime, perché no.

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    1. A quanto pare sulla commozione facile, diciamo così, sto trovando un valido sostegno, ma credimi per me è davvero tutto molto strano, perché sono stata sempre controllata (almeno in pubblico, eh, che da sola era tutta un'altra faccenda!) e ora quasi m'imbarazza mostrare la mia fragilità. Comunque è sicuramente vero che dopo una certa età, molti fardelli si alleggeriscono, raggiungere degli obiettivi ha un costo, una volta che li raggiungi sei a posto. :) Un principio di menopausa sta regalando anche a me la libertà di non dovere fare i conti con il ciclo (evviva!)

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  10. A chi lo dici, Marì, anch'io sono diventata sensibilissima. A differenza di te, però, che hai esercitato un certo riserbo nei sentimenti, io li ho esternati di più, ma ora non sono immune da questa nuova fase. Però non in maniera intensiva come te. Mi commuovono solo le persone. Per esempio provo una stretta al cuore per la disperazione delle persone in fuga. Mi immedesimo. Mi immagino in quelle situazioni estreme. Immagino la mia fragilissima madre in quelle condizioni e sento i morsi di quella disperazione. Mi commuovo dinanzi alla considerazione affettuosa di alcuni alunni e allievi. Quando sei davvero "qualcosa" per loro, quando ti guardano con venerazione addirittura. È una cosa talmente potente. Mi commuove il pensiero del tempo andato (il "tempo perduto" che sto leggendo lo investe in pieno), le cose ormai perdute, le persone che non torneranno, la casa più cara del mio passato giovanile, adesso chiusa e impolverata, in abbandono. Questa è una cosa molto forte che agisce dentro di me. Mi capita anche di sognare questo scenario, svegliarmi angosciata. Ci devo lavorare. Dopotutto "focalizzare" è l'imperativo del 2023. Ravera dice che il dolore è una necessità, è un maestro, io lo condivido in pieno. Quel piccolo libro può suggerire tante cose, sarà da riscoprire al momento opportuno.

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    1. Fra una decina d'anni, allora, torneremo a parlare di questo libro! :)
      A proposito di commozioni fuori controllo, pensavo a quanto poco scontato sia sapersi immedesimare nelle situazioni. Ci sono volte in cui mi sento proprio sulla pelle le sensazioni che immagino si possano provare in certi momenti: mi viene in mente un episodio della serie "Streghe" che vedevo vent'anni fa (quando lo trasmettevano in tv) e c'era una delle protagoniste che, per una sorta di maledizione, sentiva su di sé tutte le emozioni del mondo, una tortura, alla fine! Ecco, ci sono volte in cui soffro insieme alla gente che soffre ed è una sensazione brutta, ragion per cui ho abolito dalla mia vita le notizie di cronaca nera.

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    2. Anch'io mi limito a quel poco che ascolto al tg. Non so come si possa essere appassionati di questo tipo di cronaca. Alcuni conoscenti andati fra il pubblico in una puntata di Chi l'ha visto? mi hanno raccontato che esistono club e gruppi molto attivi, edotti su tutti i casi più estremi. Io che l'ho toccata con mano questa cosa terribile, so cosa comporti sulla pelle.
      Mi ricordo quella serie tv! Ci trascorrevo la sera nei primi anni di matrimonio, mi ero appassionata.

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