Torno a casa alla 10:30, con due pacchi della spesa, il borsone della piscina e una busta contenente il materiale che mi serve per alcuni lavori manuali, che sto svolgendo in prossimità del Natale.
Scanso il secchio che è ancora davanti alla porta della cucina, mi preparo un tè, dal momento che, quando esco presto per andare a nuotare, non faccio colazione; sposto dal tavolo i piatti impilati, le pentole, le posate, tutto quello che ho tirato fuori dalla lavastoviglie e mi creo uno spazietto dove poggiare una tazza. Mi impongo di vivere il disagio con filosofia, anche se per sedermi ho dato un calcio agli stracci appallottolati sotto il mobile della cucina, vicino al lavello, appesantiti dall’acqua di cui sono inzuppati: hanno lasciato una scia che sembra la bava di una lumaca gigante.
In questa stanza si muore di freddo, l’umidità si è infiltrata dalle fessure della serranda abbassata della finestra tenuta aperta tutta la notte. Adesso è chiusa, ma l’aria non si è intiepidita: aspetterò il calore sprigionato dai fornelli, quando dovrò cucinare. Già, perché mi tocca, fra poco, anche se prima dovrei smaltire questo caos apparentemente calmo: tutto è fermo, tutto è a riposo, il silenzio degli utensili messi in salvo, che sembrano suppellettili scelti apposta per essere esposti (e in effetti l’ordine casuale in cui occupano mensole e tavolo ha un che di artistico), ma le lancette dell’orologio, senza tregua, stanno ritmando il tempo che mi resta per sistemare tutto, prima dell’arrivo degli Unni. È poco e io, invece di armarmi del sacro spirito casalingo di chi non tollera disordine e sporcizia, me ne frego bellamente e mi siedo in salone a cucire l’ultimo personaggio del presepe di pannolenci che sto realizzando: Baldassarre, e la cosa inquietante è che, mentre gli applico in testa la corona e gli incollo la mirra di stoffa in una mano, mi sembra di vederlo con lo sguardo corrucciato esortarmi a mollare queste inezie, ché c’è una cucina da ripristinare, stracci da raccogliere, piatti e pentole da lavare, un tecnico da contattare, un elettrodomestico da buttare. Ma io non sono ancora pronta e continuo a ignorare il problema, dimenticando di conservare in frigo il tritato, che muggisce dentro uno dei sacchi della spesa, non ancora sistemata, schiacciato sotto due brick di latte che gli ho intelligentemente adagiato sopra e di stendere fuori le cose bagnate della piscina, che covano spore fungine, chiuse, come sono rimaste, dentro il borsone abbandonato all’ingresso.
Basta! gli scrupoli hanno alzato la voce, sono costretta ad assecondarli: mi rassegno e torno in cucina animata da cattiva, ma necessaria lena.
Scanso il secchio che è ancora davanti alla porta della cucina, mi preparo un tè, dal momento che, quando esco presto per andare a nuotare, non faccio colazione; sposto dal tavolo i piatti impilati, le pentole, le posate, tutto quello che ho tirato fuori dalla lavastoviglie e mi creo uno spazietto dove poggiare una tazza. Mi impongo di vivere il disagio con filosofia, anche se per sedermi ho dato un calcio agli stracci appallottolati sotto il mobile della cucina, vicino al lavello, appesantiti dall’acqua di cui sono inzuppati: hanno lasciato una scia che sembra la bava di una lumaca gigante.
In questa stanza si muore di freddo, l’umidità si è infiltrata dalle fessure della serranda abbassata della finestra tenuta aperta tutta la notte. Adesso è chiusa, ma l’aria non si è intiepidita: aspetterò il calore sprigionato dai fornelli, quando dovrò cucinare. Già, perché mi tocca, fra poco, anche se prima dovrei smaltire questo caos apparentemente calmo: tutto è fermo, tutto è a riposo, il silenzio degli utensili messi in salvo, che sembrano suppellettili scelti apposta per essere esposti (e in effetti l’ordine casuale in cui occupano mensole e tavolo ha un che di artistico), ma le lancette dell’orologio, senza tregua, stanno ritmando il tempo che mi resta per sistemare tutto, prima dell’arrivo degli Unni. È poco e io, invece di armarmi del sacro spirito casalingo di chi non tollera disordine e sporcizia, me ne frego bellamente e mi siedo in salone a cucire l’ultimo personaggio del presepe di pannolenci che sto realizzando: Baldassarre, e la cosa inquietante è che, mentre gli applico in testa la corona e gli incollo la mirra di stoffa in una mano, mi sembra di vederlo con lo sguardo corrucciato esortarmi a mollare queste inezie, ché c’è una cucina da ripristinare, stracci da raccogliere, piatti e pentole da lavare, un tecnico da contattare, un elettrodomestico da buttare. Ma io non sono ancora pronta e continuo a ignorare il problema, dimenticando di conservare in frigo il tritato, che muggisce dentro uno dei sacchi della spesa, non ancora sistemata, schiacciato sotto due brick di latte che gli ho intelligentemente adagiato sopra e di stendere fuori le cose bagnate della piscina, che covano spore fungine, chiuse, come sono rimaste, dentro il borsone abbandonato all’ingresso.
Basta! gli scrupoli hanno alzato la voce, sono costretta ad assecondarli: mi rassegno e torno in cucina animata da cattiva, ma necessaria lena.
Raccolgo da terra stracci, lenzuola e asciugamani, tutto quello che ho trovato utile per assorbire l'acqua fuoriuscita dalla lavastoviglie e, mentre li sollevo e li porto via dal pavimento, non mi accorgo che stanno lasciando patacche di acqua sgocciolante: hanno formato un percorso che va dalla cucina alla lavanderia e devo ripassare il mocio, se no è un casino. Programmo un ciclo di lavaggio breve in lavatrice, giusto per rinfrescarli e per riconservarli puliti; intanto ripasso con acqua e sapone piatti e bicchieri: vaffanculo, amabile lavastoviglie, per colpa tua sono andata a letto all’una e mezza, la scorsa notte, con la schiena a pezzi e il pensiero al finale di un film che avrei voluto vedere per intero se non fosse stato per quel “mamma, qui si è allagato tutto” urlato da mio figlio nel bel mezzo del tanto atteso climax!
E per un attimo, ma solo per un attimo, ho immaginato Piazza S. Marco, in queste drammatiche, ultime ore.
Mentre le mie mani si decuplicano e in tre quarti d’ora hanno lavato tutto, impastato polpette, apparecchiato e, finalmente, liberato accappatoio e costume dalla claustrofobia del borsone, il timbro vibrante di un bicchiere mi fa capire che il ciclo di lavaggio è giunto alla fase della centrifuga, ma non sono veloce a intuire che il portaspazzolini è in pericolo e, dopo qualche secondo, il timbro vibrante del bicchiere è sostituito dallo scroscio del vetro rotto: il portaspazzolini è caduto e ha travolto la bottiglia di dopobarba, così i cocci in frantumi sono innaffiati dalla fragranza pungente della lozione e non so cosa fare prima, se recuperare i pezzi piccoli e taglienti o asciugare il pavimento. Lo spruzzetto di gomma, nel frattempo, è rotolato sotto la lavatrice e lì può rimanere: addio! E mentre mi rendo conto che ho lasciato la padella con il soffritto per il sugo sui fornelli, drogata dal mix di alcol aromatizzato e olio bruciato che mi sta dando alla testa, squilla il citofono: gli Unni, di ritorno dalla scuola!
Spengo il fuoco e vado a rispondere, ma il pulsante di apertura del portone non funziona, così mi tocca scendere e, quando rientro verifico che le finestre, spalancate per fare un po’ di corrente e velocizzare lo smaltimento dell’odore nauseabondo (che ha cercato riparo in ogni stanza), hanno fatto sbattere la porta del corridoio che ha fatto schizzare un chiodo piantato nell’architrave dal quale facevo pendere un gingillo fatto da me che, per fortuna, si è schiantato al suolo senza fare danno (è di stoffa.)
Spengo il fuoco e vado a rispondere, ma il pulsante di apertura del portone non funziona, così mi tocca scendere e, quando rientro verifico che le finestre, spalancate per fare un po’ di corrente e velocizzare lo smaltimento dell’odore nauseabondo (che ha cercato riparo in ogni stanza), hanno fatto sbattere la porta del corridoio che ha fatto schizzare un chiodo piantato nell’architrave dal quale facevo pendere un gingillo fatto da me che, per fortuna, si è schiantato al suolo senza fare danno (è di stoffa.)
Insomma, qualcuno smetta di pensarmi, oggi!
E in mezzo a tutto 'sto casino, potevo, secondo voi, trovare il tempo di scrivere il post di oggi?
... posso regalarti un ferro di cavallo?
RispondiEliminaSuperstizioni scherzose a parte (anche se il grande Eduardo De Filippo diceva comunque che "non è vero ma ci credo") posso dirti che giornate del genere sono capitate anche a me, giornate in cui arrivo alle dieci di sera e non ho avuto neppure il tempo di aprire il libro che stavo leggendo.
Prenderla con lo spirito giusto (tipo invocare la saggezza zen o... scriverci un post per il proprio blog ;-) è il miglior modo per affrontare queste giornate. Quindi, promossa :-D
P.S.: è venuto il tecnico a riparare la lavastoviglie? Occhio che quelli vanno martellati di telefonate, se no all'ultimo momento hanno sempre l'impegno imprevisto a causa del quale non possono più passare e sono dunque costretti a rimandare la riparazione a data da destinarsi... (parlo per recente esperienza, si capisce vero?)
Mi hai fatto ricordare che, una volta, ho curato una causa legale in cui difendevo un vecchietto che in un condominio veniva vessato dagli inquilini superstiziosi, i quali sostenevano che lui portasse sfiga! Lo so, fa ridere, ma è vero: gli facevano trovare strisce di sale dietro la porta o strane misture... Potrei recuperare qualcuno di quei rimedi superstiziosi, non sia mai... 😁
EliminaIl tecnico: 40 euro per la chiamata, com’è, onesto?
Comunque, valuteremo la possibilità di un nuovo acquisto: le riparazioni, talvolta, sono inutili spese.
Qui da me per una chiamata prendono sui 25 euro, però oggettivamente Civitavecchia è grossa come un quartiere di Roma, sicuramente qui la mobilità è molto più semplice.
Elimina:(
EliminaE io che vengo da Caltanissetta, pensa con quante differenze devo misurarmi ogni giorno!
Come fare della routine noiosa e fastidiosa un rivitalizzante spazio "magico"e pezzo unico.
RispondiEliminaLa “magia” della scrittura! ✨
Eliminala naturalezza con cui, quando succede qualcosa, succede subito qualcos'altro (e questo post è scritto con penna finissima, mi inchino)
RispondiEliminaGentilissimo!
EliminaChe la penna fluisca rapida e spontanea grazie alla sfiga ispiratrice la dice lunga su quanto spesso la scrittura tragga beneficio proprio dalle situazioni che meno vorremmo vivere.
oppure da quelle che vorremmo vivere (e la gentilezza non c'entra nulla, temo. ognuno ha il dovere di riconoscere il talento di ognuno). o, almeno, mi piace farlo.
Eliminaciò che scrivi oggi accade domani. occorre avere il giusto rispetto delle parole.
Almeno un grazie te lo devo ed è sentito! 🤗
Elimina“Ciò che scrivi oggi accade domani: occorre avere il giusto rispetto delle parole”: questo sarebbe un bel punto 14 del tuo elenco di cose da ricordare! 😉
Bella giornata! Più che prenderla con filosofia e tirarsi su le maniche che altro si può fare?
RispondiEliminaBuon lavoro!
ps un anno il 7 gennaio, un sabato, alle 6 del mattino ilmarito partì da casa per andare a lavorare. Alle 9 gli telefonai e lo feci rientrare perchè si era bloccata la biologica e .... tutto quanto veniva su dagli scarica della vasca e deii lavandini.. ti lascio immaginare la uzza!!!
pps abbiamo rifatto tutto appena possibile ahahahahah
Un bel rientro a lavoro, dopo le vacanze natalizie! 😖
EliminaMi consolo: c’è sempre di peggio! Ma vedo che sulla “filosofia” siamo in perfetta sintonia! 😉
Ma davvero ti è successo tutto questo in un solo giorno? Hai la mia più completa comprensione se scappi in vacanza per una settimana,sappilo.
RispondiEliminaGiuro. C’è da dire che la porta che sbatte e fa partire la casetta di stoffa appesa con tutto il chiodo è una consuetudine, ormai, in casa mia, però unita a tutto il resto mi è sembrata come la ciliegina sulla torta.
EliminaNiente, giornate no!
Che gran casino Marina, massima solidarietà.
RispondiEliminaCose su cui si finisce per sorridere dopo, per fortuna!
EliminaCerto, poi io mi sono buttata la zappa sui piedi cercando svago in Pif... 😂
Questo magico incastro di disastri, mentre cerchiamo di fare ordine e invece qualche spirito maligno lo converte in maggior confusione e danni, lo conosco. Di solito mi si sente esclamare "E allooora!!" come Mara Maionchi. Credo spaventi lo spirito perché poi la smette.
RispondiEliminaE sì, perché i guai sono fifoni: non si presentano mai da soli; hanno bisogno di essere in compagnia!
EliminaLo spirito maligno, tuttavia, ha la mia comprensione: Mara Maionchi non spaventa, terrorizza! 😂
Ps. Abbiamo la stessa zuccheriera! ;)
RispondiEliminaE hai pure quella col coperchio giallo e col coperchio blu? 🤩
EliminaMi sono davvero divertita nel leggerti, sei riuscita a rendere leggera una storia di vita quotidiana davvero pesante!
RispondiEliminaAbbraccio.
È il mio modo di affrontare le difficoltà, l’ironia mi aiuta e la scrittura le fa da spalla.
EliminaGrazie, Mariella!
Insomma l'acqua alta è arrivata anche a casa tua a causa della lavatrice rotta...quando accadono questi incidenti domestici è sempre poco simpatico, ma tu l'hai saputa affrontare con ironia e hai scritto anche un bel post 😊
RispondiEliminaGrazie, Giulia! Io la sfiga la frego sempre: lei pensa di farmi saltare i nervi e io mi faccio una bella risata (a denti stretti, ma me la faccio.😁)
EliminaDavvero, poi, parlando seriamente, questi sono problemi da niente: lamentarsi per una cucina con un millimetro d’acqua è un capriccio: i guai, con l’acqua alta e gli allagamenti, sono ben altri! 😔