giovedì 2 luglio 2020

ΒLACK COFFEE EDIZIONI: "Lingua nera" di Rita Bullwinkel

Per la rubrica “Il vino buono sta nelle botti piccole”, oggi vi presento la casa editrice indipendente: 


Ancora una volta il mio primo impatto con un libro cartaceo è di natura visiva: resto sempre impressionata da un’immagine rappresentativa del felice connubio fra l’idea che mi faccio del suo contenuto e la parte frivola del cervello, a primo acchito, blandita, stuzzicata, coinvolta dai sensi.
Trovarsi sotto gli occhi una copertina del genere e rimanere indifferenti è impossibile:




Quel serpente rosso corallo attorcigliato intorno alla pera su uno sfondo verde acquamarina non vi suscita niente? Non l’improvviso desiderio di immaginare quale storia possa essere raccontata in un testo esteticamente così “appetibile”? 
Questo libro mi sta facendo una promessa e io mi fido.


*****

“Lingua nera”, della scrittrice americana Rita Bullwinkel, è una raccolta di racconti: 230 pagine contenenti diciassette storie paz-ze-sche, storie che afferrano il lettore, lo scaraventano fuori dalla realtà pur rimanendo realistiche, lo sbatacchiano contro pareti immaginarie, pur muovendo le scene in luoghi non immaginari, gli dicono in ogni momento: “ehi tu, continua a leggere, ancora non hai visto niente!” 
Queste storie apparentemente semplici, hanno un inizio spiegabile e un finale che non spiega e non risolve: devi essere tu a capire quanto significato ci sia nelle sfumature delle trame, a trovare la chiave di lettura della rappresentazione di vite quotidiane, di relazioni umane e di disagi dell’essere.

Nel racconto che apre la raccolta ("Arpa"), c’è una donna, segretaria di una facoltà di musica che, ascoltando il suono dell’arpa si sente altro rispetto a se stessa:

Era come se la mia anima fosse scivolata in un nuovo corpo-arpa, una sorta di guscio che esisteva principalmente sotto forma di vibrazione...

ma questo suo immedesimarsi in uno strumento musicale, di cui subisce il fascino, motiva il suo intimo sfogo legato al rapporto col marito:

Avrei tanto voluto circondarmi di quei suoni per il resto della vita. Le arpe non pretendevano nulla. Pensai a tutte le cose che, invece, mio marito pretendeva da me.

E il bello è che questo racconto, che contiene una parte evidente e una che emerge fra le pieghe della narrazione, parte da un’atipica associazione di idee nata da un vecchio ricordo.

“Lingua nera”, che dà il titolo alla raccolta, è un’altra stravagante storia in cui una ragazza decide di fare un’esperienza “elettrizzante”, in barba alle raccomandazioni della madre:

Quando la mamma uscì dalla stanza mi avvicinai alla presa e piegai il mio piccolo corpo così che la testa fosse all’altezza dell’intrico di fili. Mi protesi verso la parete, chiusi gli occhi e tirai fuori la lingua.

Leccare i fili elettrici scoperti non è una buona idea:

Quant’è facile rovinare le cose, ricordo di aver pensato. Ricordo di aver pensato, Perché l’ho fatto pur sapendo che sarebbe finita male?

Il tuo corpo lo puoi rovinare fino a un certo punto.

Il corpo. 
C’è un filo conduttore latente che lega i racconti della Bullwinkel, una costante che dona spesso alle sue storie dei tratti inquietanti ed è, appunto, il “corpo”, che si fa ora metafora, ora veicolo di comunicazione, ora linguaggio da codificare e pone la narrazione sempre a un passo dal surreale.

In "Arredamento" il corpo umano diventa oggetto nelle elucubrazioni di un’impiegata in uno show-room, quando accetta di esaudire il desiderio di un detenuto, assecondandolo nella scelta dei mobili da mettere nella casa che un giorno sarà la sua dimora, una volta scontata la pena:

Immaginai l’unico tessuto color terra delle mie interiora dissolversi in una materia semisolida, cromata d’argento. Vidi una squadra di omini dare alla materia la forma di una palla. La lucidavano fino a renderla una perfetta sfera cromata, brillante, che galleggiava al centro della mia gabbia toracica. Gli omini guardavano il proprio riflesso sulla mia sfera cromata... Questi drappi sono orrendi, sentivo dire a uno di loro mentre passava le sue dita sulla superficie delle mie costole. Perché hanno accostato queste tende a quel candelabro? Sentivo le mie viscere respirare. Mi riempii i polmoni di aria fresca e dentro di me sentii la palla cromata fremere.

E in questa simbologia del corpo che si fa oggetto d’arredamento si cela la rabbia di una donna guidata da convinzioni ben radicate, che dà seguito a uno scambio epistolare con una persona condannata alla detenzione per un motivo che lei non vorrebbe mai scoprire.

Nel breve racconto "Navata", un padre dice alla figlia che la navata è la pancia della chiesa e la figlia le porta delle cose da mangiare che infila sotto il tappeto e schiaccia con i piedi, così la navata non deve neanche masticare.

Una domenica a casa ci ritrovammo senza spuntini di nessun tipo e diedi di matto... Per tutta la messa non udii altro che il brontolio dello stomaco della chiesa. La navata strillava e protestava. Voleva una barretta ai cereali. Voleva un cracker. Voleva tutti gli spuntini che le avevo portato, e li voleva subito.
Consapevole che il momento in cui la navata mi avrebbe mangiata si avvicinava, mi misi a piangere.

C’è un lato grottesco che spiazza, perché sembra che la scrittrice abbia voluto affidarsi a un’indiretta comicità nel narrare certe storie - e infatti si ride - ma poi ci si rende conto che ogni situazione, persino la più paradossale, è raccontata con la naturalezza di chi vuole mostrare le cose più assurde come possibilissime, perché foriere di altre verità.

Che dire di Karl, il serpente che si attorciglia a forma di pera per mordere i bambini che provano a mangiarlo? (il racconto si chiama "Umani preoccupati")

A lui piaceva fingersi una pera. Gli piaceva così tanto fare la pera che si autodefiniva esattamente quello, una pera. Che diritto avevano, gli altri, di affermare il contrario?

E di Mark, l’uomo che in "Ingobbirsi" risponde all’annuncio su Craigslist per un lavoro molto singolare? 

Quando mia figlia divenne maggiorenne, l’economia era talmente in crisi che conveniva di più pagare qualcuno per reggerle il seno che comprare la biancheria necessaria.

Sto davvero leggendo la storia di un “sorreggi-seno” in carne e ossa, che la mattina si ingobbisce dietro le spalle della ragazza e le fa scivolare le mani sotto la maglietta per sorreggerle delicatamente i piccoli seni?

E come se tutto rientrasse tra i più banali fatti di quotidianità, c’è anche un uomo che interviene per colmare i vuoti delle vedove, coricandosi con loro, cucinando per loro, assicurandosi che recuperino il benessere. Una sorta di “fazzoletto” umano su cui piangere la propria sventura ("Bruciato"):

Le persone continuano a morire e mi veniva chiesto di dormire nei loro letti.

Questo libro mi ha respinta e conquistata nello stesso momento: lo strato superficiale delle storie le fa sembrare solo uno sfoggio di grande fantasia, il sottobosco più profondo, invece, svela un’indagine psicologica intelligente e arguta. E sono questi gli esordi riusciti: quelli dove l’originalità e la genialità sono veicoli su cui viaggia la capacità di saper dire bene le cose che contano.

C’era una mia aspettativa dietro quel titolo e quella copertina. 
Sono contenta: promessa mantenuta.


*****


La casa editrice BLACK COFFEE nasce con l’obiettivo di diffondere la letteratura americana meno conosciuta: è, infatti, specializzata in letteratura nordamericana contemporanea, con una particolare attenzione verso le opere inedite, le voci originali e provocatorie, soprattutto femminili, e una predilezione per la forma del racconto. Il catalogo è ricco e comprende opere di narrativa, saggistica e poesia. 
Black Coffee è l’editore italiano della rivista letteraria Freeman’s, diretta dal critico e poeta John Freeman ed è il primo editore indipendente italiano a produrre un podcast, Black Coffee Sounds Good, che esce a cadenza mensile su tutte le piattaforme dedicate.

Per ulteriori approfondimenti sulle attività e i progetti editoriali della casa editrice indipendente visitate il sito: edizioniblackcoffee.it










  














12 commenti:

  1. Non mi pare il genere che mi possa coinvolgere come lettore, comunque annoto come sempre le tue segnalazioni.

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    1. Sì, è decisamente particolare. Io, che non sapevo cosa aspettarmi, sono rimasta sorpresa.

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  2. Mi piacciono le raccolte di racconti, poiché non devo sforzare troppo la mia memoria.
    E sono d'accordo sul fatto che la copertina sia molto invitante.
    Insomma, devo ascoltare il tuo consiglio e dare una chance a questo libro.

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    1. La copertina mi mette allegria. Le storie sono molto originali: la fantasia della scrittrice mi ha colpito molto.

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  3. La copertina attira moltissimo con quel contrasto di colori e quel serpente rosso che avvolge la pera verde (e non la solita mela...) insomma già la copertina racconta una storia tutta sua. Black coffee è un bel nome per una casa editrice

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    1. Quelli di Black Coffee sono un bel team, credono nel loro progetto e si spendono bene. Alla fiera avevano uno stand che mi ha subito conquistata, con le copertine dei libri molto belle e il sorriso delle responsabili che era davvero un invito a fermarsi per una chiacchierata.
      Leggerò altro della casa editrice: ho già adocchiato qualche titolo che mi incuriosisce.

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  4. Che bella realtà. Grazie di avercela fatta conoscere!

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  5. Probabilmente non è nelle mie corde, questo. Comunque ti segnalo, perché penso ti potrebbe piacere, "Tutto da Sola" della Lorrie Moore.

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  6. A vedere la copertina (si, bellissima, concordo!) avrei pensato ad un gioco sul primo peccato, con la pera al posto della mela, ma al serpente che si crede una pera davvero no! Anche gli stralci dei racconti intrigano... sebbene non sempre riesco ad apprezzare il grottesco (sono una delle poche che non riesce a ridere di Fantozzi, ma ci sta male). Intanto me lo segno in lista. :)

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    1. È un grottesco molto intelligente, nel senso che cela un intero mondo interiore inespresso, che bisogna intercettare. Una scrittrice a suo modo geniale.

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