martedì 11 aprile 2023

Fine dell’idillio


Anni fa avevamo una piccola casa, come dicono le persone chic un pied-à-terre, in una località che io ho molto amato: Sant’Ambrogio. 

In Italia c’è un San’Ambrogio di Torino, in Piemonte, un Sant’Ambrogio di Valpolicella, in Veneto, un Sant’Ambrogio sul Garigliano, nel Lazio, ma scommetto che in pochissimi conoscono il Sant’Ambrogio siculo, una frazione di Cefalù, all’interno del Parco delle Madonie, che conta circa 300 anime. Si raggiunge uscendo dal capoluogo normanno e percorrendo sei chilometri verso Messina: lungo un tragitto a serpentina che costeggia il mare, sulla parte destra della carreggiata, una strada sale verso il borgo che guarda il Mar Tirreno dall’alto, svelando la sua origine contadina, più che marinara (è un paese di braccianti agricoli, dediti alla coltivazione di viti e ulivi). 

Quando acquistammo la casa ero ventenne e conservo dei ricordi bellissimi delle estati trascorse lì con la mia famiglia, tra mare e collina, nel silenzio quasi irreale delle stradine mattonate e delle terrazze affacciate sul litorale. 

La nostra piccola proprietà, chiamata affettuosamente roulotte in muratura, era sita in Largo Maria, la via che, dopo una curva, dalla piazza centrale portava verso l’uscita del paese.

Per andare a mare mi accollavo una scalinata di oltre duecento gradini, che portava giù, fino alla strada, attraversata la quale, accedevo nella spiaggia di ciottoli (cosa, per me che non amo la sabbia, di pregio assoluto): era il mio angolo di paradiso.

Il nostro parallelepipedo a due piani era munito di ogni comfort, nonostante fosse tutto in scala ridotta: un pergolato di un metro e mezzo coperto da una vite rampicante  all’ingresso, il bagno e la cucina di Barbie più un camerino da pranzo al piano terra e due stanzette da letto al piano di sopra, da cui si godeva una vista che m’incantava: uno scorcio di mare incastonato fra i tetti di Sant’Ambrogio. 

Il paese è tutto un sali e scendi di viuzze, tra scalette abbellite da vasi di gerani e fazzoletti di terra recintati, adiacenti a case in pietra viva, con cortili fioriti e muri ricoperti di bouganville. La sera salivamo a Cozzomauro, il rione dove il belvedere offriva un panorama straordinario, ci sedevamo sulle panchine e ci godevamo lo spettacolo del tramonto sulla rocca di Cefalù. In estate l’esigua popolazione del paese si rimpolpava, tra villeggianti ed emigrati di ritorno nella loro terra madre, così era pieno di giovani coppie, di figli, di nipoti, ma io andavo a Sant’Ambrogio anche d’inverno e nell’unico bar aperto, come nell’unico market e nell’unica chiesa, i soli sguardi che incrociavo erano quelli di uomini e donne sopra gli ottant’anni, fieri di portare, nelle spalle incurvate, nel passo lento, negli occhi ancora vivaci, i segni di una vita di lavoro, sacrifici e cibo salutare. 


Ma i bei ricordi a Sant’Ambrogio hanno anche un lato B, che racconta di estati trascorse lì da sposata e con figli molto piccoli, assuefatta ad abitudini giocoforza cambiate e a un’organizzazione che prevedeva turni di villeggiatura: noi si andava a luglio, i miei nel mese di agosto. 

Credo che gli equilibri alterati abbiano, a un certo punto, risvegliato l’anima quiescente della defunta proprietaria della casa, finendo per creare uno scompenso nella condivisione di spazi e quotidianità con il suo spirito irrequieto. Acquattato negli anfratti invisibili della casa, aleggiava sereno in quegli armoniosi giorni di vacanza in cui ero la giovane figlia che andava a mare con i genitori e trascorreva i pomeriggi a leggere distesa sul letto a castello, fino a sera. Silenzio, ordine, misura. Con la nuova vita familiare, era tutto molto meno silenzioso, meno ordinato e sicuramente fuori misura: riservavo alla lettura giusto il tempo del riposo di due cifari, i miei figli, che mi concedevano dai cinque ai dieci minuti di pausa prima di riattivarsi e rendere impossibile l’esistenza di tutti (di noi e dei vicini): non dormivano la notte e di giorno era parecchio arduo gestirli. Una serie di imperativi categorici sballavano i ritmi serafici, pacati, lenti, dell’ordinaria vacanza: a mare prestissimo - pranzo alle 12:00 - addormenta uno (mentre l’altro è sveglio) - distrai quello sveglio (mentre l’altro dorme) - passeggiata - giochi in casa - giochi in spiaggia - hai messo in borsa il biberon di latte/non latte? - Perché piange così tanto questo bambino? - Sì sì ora provo a calmarlo - ma sono le due di notte! - Niente litigi okay? Attenzione: le preoccupazioni per le intolleranze al lattosio più il terrore di allergie mortali alla frutta a guscio possono causare attacchi isterici e nevrosi ai vivi... e pure ai morti. La leggenda narra che, a quel punto, lo spirito silente della defunta ex proprietaria della casa abbia cominciato a ribellarsi al caos della nostra vita da genitori in vacanza con bimbi piccoli e impegnativi, così, ogni volta che decidevamo di trascorrere qualche giorno in quel di Sant’Ambrogio, che si trattasse di un fine settimana o di una vacanza estiva, accadeva sempre qualcosa di terribile: dai piccoli incidenti domestici all’intossicazione alimentare di uno dei miei figli, che una notte ci ha fatto letteralmente scappare dal paese, dopo solo quattro ore dall’arrivo. Per non parlare della volta in cui sempre lo stesso figlio ha avuto una violenta reazione allergica e siamo dovuti prontamente intervenire per scongiurare il pericolo di uno shock anafilattico, fino all’evento più grave: la sua caduta dalle scale, durante un nuovo, cocciuto, nostro tentativo di trascorrere qualche settimana di ferie a mare, in quell’idilliaco borgo sul golfo tirrenico, culla dei miei ricordi estivi di gioventù più belli. Il piccolo se l’è cavata - deo gratias - con una lesione alla clavicola, io con un mezzo esaurimento nervoso.


Gli eventi accaduti e l’attribuzione sovrannaturale a tanta sfiga hanno creato delle ovvie resistenze da parte nostra nel volere tornare a Sant’Ambrogio, così, dal lontano 2005 non vi abbiamo più messo piede. Poi, nel 2018, proprio nella data di oggi, i miei hanno venduto la proprietà (per motivi diversi dalla leggenda che a lungo ci siamo raccontati per giustificare tanta negatività concentrata in soli cinquanta metri quadri di superficie) e dunque abbiamo messo un punto fermo all’idillio.

La poesia del borgo, con il suo intreccio di vicoli fioriti, la nostalgia della casa bomboniera e l’unicità del paesaggio rimangono in questo post, che festeggia un anniversario importante, e dentro un album di fotografie:


































































21 commenti:

  1. Non potevi far vivere quel posto e le Vs avventure meglio di così!!! Non sapevo che era stata venduta.... ho un ricordo bellissimo con te in quel paradiso!!!

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    1. Ti ricordi? Sono stati giorni bellissimi... ma ancora ero senza figli! :D

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  2. Purtroppo è così, capita un po' a tutti che il luogo dell'idillio non regga sul lungo periodo per svariate ragioni. La casetta dove passavamo le vacanze quando ero bambino non era nostra e a un certo punto il proprietario ha detto che non poteva più affittarcela perché la figlia si sposava e la dava a lei.
    Mio padre si rassegnò e smettemmo di andarci, invece mio zio con moglie e cugini presero in affitto un'altra casa. Però, nel giro di pochi anni, anche loro mollarono perché soprattutto mia zia non si godeva granché la "vacanza" visto che per lei significava continuare a dover mandare avanti una casa, cucinare, fare la spesa, tendere d'occhio i figli casinari... E così anche loro passarono ai soggiorni alberghieri in cui stanza e cucina sono a cura del personale dell'albergo. E da lì è stato brevissimo il passo a dire "Ma perché tutti gli anni nello stesso posto? Si possono provare luoghi diversi, no?"
    Insomma, la generale evoluzione dei soggiorni vacanzieri degli italiani negli ultimi decenni.

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    1. Infatti, a vent'anni davo una mano, ma erano i miei genitori che facevano tutto e io mi godevo solo il bello della vacanza: riposo assoluto, mare senza orario... Ricordo che scendevo giù in spiaggia alle tre del pomeriggio, mi mettevo all'ombra, dietro uno scoglio comodo e leggevo: era tutto senza tempo e senza ritmi. Ma poi, eccolo, l'inevitabile cambiamento. Forse è fisiologico ed è per questo che esistono i ricordi: per preservare quei momenti che evolvono.

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  3. Sono cresciuto a Scauri con le mie vacanze (guarda caso a pochissimi chilometri da quel Sant'Ambrogio sul Garigliano che citi), un paesino dove ormai non si va più perché troppa la lontanaza per il residuo parentame ancora in vita, ma soprattutto troppi i ricordi.. i luoghi cui siamo legati custodiscono memorie a volte troppo pesanti, e in qualche caso - come il vostro - anche antipatiche controversie.. ma un pezzo di cuore ci resta appiccicato comunque..

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    1. Vero, nonostante la parte negativa delle vacanze a Sant'Ambrogio, non posso fare a meno di pensare a quel luogo con infinito affetto, talvolta con la nostalgia degli anni migliori. I miei genitori non andavano più, non riuscivano più a godersela, perché quando arrivi a una certa età cerchi le comodità e Sant'Ambrogio, in effetti, ne aveva poche (solo le scale interne per accedere al piano superiore erano alte, un martirio per le gambe; per non parlare della discesa a mare). Alla fine, quel meraviglioso posto non è riuscito a trattenere nemmeno loro. Ma non si dimentica, non può accadere: è stato troppo importante per noi.

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  4. Le tue foto fanno capire quanto fosse bello quel posto, la scalinata della prima foto dove ti immagino seduta sui gradini nelle sere d’estate e lo scorcio sul mare con le panchine danno l’idea di un tempo spensierato di vacanza ma anche di un piccolo e prezioso borgo. Purtroppo accade che certi luoghi con il passare degli anni e il cambiamento delle abitudini cambino inevitabilmente, in realtà siamo noi a cambiare - che sia per la fatica di gestire dei bimbi piccoli o la fatica del viaggio o la mancanza di comodità o altri eventi- e non riusciamo più a vivere quel luogo con la stessa spensieratezza. È bello però serbare il ricordo di quelle estati.

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    1. Pensa che ogni estate giravo il paese e fotografavo ogni angolo: qui ho messo le più significative. La vista sul mare con le panchine è il belvedere di cui ho parlato e la prima foto era la nostra casa, con il suo pergolato e le scalette di accesso. Quello che dici è vero, siamo noi che cambiamo e vediamo le cose in maniera diversa: chissà se tornassi oggi a Sant'Ambrogio che effetto mi farebbe! Mi riprometto sempre di farlo, poi non trovo mai l'occasione. Forse ho paura proprio di vedere un posto che ho amato con gli occhi dei tantissimi anni trascorsi.

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  5. Io adoro questo tipo di casetta, immersa in un borgo a picco sul mare, il massimo del desiderio. Capisco che per due bambini piccoli, molto vivaci, si sia rivelata una soluzione infelice. Così come comprendo come, a un certo punto, anche una casa che si è amata moltissimo e a cui si è legati da ricordi significativi, si debba rinunciare. Fasi della vita, che cambia continuamente, portano anche a decisioni non proprio facili da prendere. E quei muri poi non sono neanche più tali, ma una parte del proprio passato. E dispiace immensamente disfarsene.
    Prima o poi vivrò questa stessa esperienza con la casa nella quale ho trascorso una parte fondamentale del mio passato, assieme ai miei genitori, oggi un insieme di ricordi importanti. Non mi appartiene, ma quella casa ormai chiusa, in Calabria, a 300 metri dal mare, sarà venduta da mia sorella. Smantellarla sarà un dolore che già immagino, inevitabile. :(

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    1. Viene da dire mi dispiace, è vero, anche nel tuo caso: una casa chiusa e disabitata da anni, che è stata il fulcro di una vita tanti anni fa, una casa che non ha regalato un seguito a quei ricordi... mette molta malinconia. Ma la vita va avanti, le cose cambiano, puoi trattenere ben poco di ciò che "non serve" più: a parte la nostra disaffezione legata alle vicende che ho raccontato, anche i miei a un certo punto hanno trovato scomodo tornare a Sant'Ambrogio: troppe scale, troppi disagi e la parentesi si chiude. Che dire, cara Luana, quando venderete la tua casa al mare, metterai anche tu un punto fermo a tutto ciò che essa rappresenta, sicura che, tanto, ciò che è stata nel passato non cambierà mai. I ricordi non si possono mettere in vendita.

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  6. Che bei paesaggi... ma spiegami un po' sta cosa del capoluogo "normanno"! O_o

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    1. Se non conosci Cefalù, ti consiglio di visitarla, la prima volta che scendi in Sicilia. Sant'Ambrogio ne è una frazione. Cefalù è di origine medioevale e ha una cattedrale stupenda di architettura normanna. È stata eletta patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

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  7. Che splendore di paesetto! Anch'io, nella mia giovinezza sono stata legata a un Sant'Ambrogio, una minuscola frazione in Liguria, sulle colline tra Rapallo e Zoagli, in una splendida posizione panoramica. Ci arrivavo dal basso con un sentiero che si inerpicava tra gli ulivi e mi sarebbe tanto piaciuto avere una casetta lì: la città rumoreggiante sotto e davanti il mare con una vista che arrivava fino a Portofino.
    Poi la vita mi ha portato altrove e ora il mio nido di vacanza è in montagna. Ne sono contentissima, per carità, ma certi desideri del passato ti restano dentro con un po' di nostalgia.
    Grazie, Marina!!!

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    1. È destino che i Sant'Ambrogio siano paesi piccoli ma suggestivi, che conservano ricordi bellissimi di tempi andati :)
      Adesso ti invidio la vacanza in montagna: da qualche anno ho proprio il desiderio di trascorrere i mesi estivi al fresco.

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  8. E' un canto di addio commovente, Marina. Mi hai fatto ricordare, per la difficoltà di gestire le dinamiche familiari ma anche per la straordinaria somiglianza, il borgo vecchio di Campomarino dove per dieci anni ho trascorso le vacanze da quelli che avremmo potuto chiamare suoceri. Il borgo somigliava molto a quelle foto, la casa piccola e gli spazi stretti con convivenze spesso difficili. Mentre ne parlo riprovo quel senso di soffocamento che di tanto in tanto mi prendeva inq uanto mi sentivo chiusa, circondata, mai pienamente libera. Eccetto quando andavamo al mare, tardissimo, per tornare a sera. Sono storie della nostra vita che a mio avviso è giusto si chiudano. Tanto i ricordi prima o poi riaffiorano... non ce ne liberiamo mai.

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    1. Sono d'accordo. Ci sono momenti e parentesi di vita che devono chiudersi, fosse solo per ispirare pensieri così belli e veri. Ho notato che in molti abbiamo vissuto in luoghi particolari che sono stati importanti in passato: borghi piccoli e vecchi che diventano contenitori grandi e immutabili di ricordi.

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  9. Che angolo di paradiso! Se posso, cerco proprio di affittare angolini del genere quando vado in ferie d'estate, e in effetti era una casina così quella in Puglia lo scorso luglio, a San Menaio/Peschici. In alto, un sacco di scalini per arrivarci (la Spiaggia dei Cento Scalini + appunto la strada in salita), una vista mozzafiato dalla casa, il silenzio, la pace, le coccole dei gatti, un po' meno simpatici i cinghiali alle tre di notte, ma per fortuna tutto recintato. Conserva quei ricordi e chissà che in futuro tu non possa trovare un'altra casina simile. I figli oramai sono grandi. ;)
    PS. Anch'io preferisco le spiagge con i ciottoli! La sabbia non la sopporto più, da quando non mi fanno più giocare con secchiello e paletta. :P

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    1. Ah ah ah, io giocavo con secchiello e palette con i miei figli proprio lì: noi si raccoglievano pietre e si costruivano fortezze incredibili (è in quelle occasioni che ho forgiato la fantasia, perché ce ne voleva tanta per immaginarsi dei castelli facendo montagnette di ciottoli). Però tornare a casa e non trascinare nemmeno un granello di sabbia, vuoi mettere, non aveva prezzo!
      Scalini e strada in salita: na bella botta, ma se vale la pena crepi l'avarizia! ;)

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  10. Da genitore affermò con assoluta sicurezza: sono i nostri amati pargoli che portano con loro la maledizione. Non è la casa, ma capisco sia meglio vendere la casa che i pargoli
    🤔😕

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    1. Ahahah, già: pensa a cosa siamo disposti noi genitori pur di giustificare quella maledizione! Alla povera defunta ci siamo attaccati (tanto, defunta era!) :D

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