giovedì 27 aprile 2023

Feticismo prêt-à-porter

Ieri sono scesa in cantina per prendere una musicassetta, che per me ha un valore inestimabile; sapevo di trovarla dentro una valigia ventiquattrore dove custodisco alcuni oggetti importanti. Lo sono perché il tempo ha attribuito loro un significato simbolico: c’è una t-shirt ricavata da un lenzuolo di cotone bianco, su cui, molti anni fa, con un pennarello nero, scrissi a lettere cubitali il nome del mio gruppo preferito e in rosso quello dei singoli componenti, con delle venature glitterate ormai scomparse quasi del tutto (sul retro, avevo trascritto i titoli delle canzoni più belle). Quel pezzo di stoffa cucito ai lati, senza dovizia di particolari né pretese di precisione, rappresenta tutto un mondo vissuto a diciotto anni, fatto di sogni ancora da costruire, l’incantesimo della musica a segnare ogni sua tappa e mi riporta indietro, nel lontano 1987, al permesso ottenuto di andare al concerto dei Duran Duran, insieme a due amiche, fan sfegatate come me della band inglese (accanto al prezioso cencio, ho ritrovato anche il biglietto di quell’evento alla Favorita di Palermo, icona di una delle occasioni più belle della mia vita).

Un oggetto celeste a forma di uovo racchiude in sé l’anima dell’odore che mi ha riportata nell’abitazione universitaria di Via Laurana (che dividevo con due amiche), precisamente nell’ingresso, in cui avevamo collocato una scrivania e una libreria per ricavare un’altra stanza di studio. L’uovo era un diffusore che si svitava e lasciava fuoriuscire un aroma fruttato; ho preparato i miei ultimi esami, prima della laurea, immersa dentro le esalazioni di quel deodorante per ambienti e se adesso lo avvicino al naso, incredibile, ma profuma ancora: mi rivedo seduta davanti alla finestra, che si affacciava sulla nostra ampia terrazza al primo piano, con un tomo di più di mille pagine aperto sulla scrivania e un cremino in mano, quando, all’ora della pausa, mi premiavo per avere studiato ininterrottamente tutto il giorno, addolcendo col gelato la bocca che aveva masticato pagine e pagine di articoli di procedura civile.

Lo so, non sembra normale, ma ho conservato anche la confezione vuota di un gel anticellulite, che applicavo sulle gambe prima di scendere in palestra. Ce n’era una sotto casa nostra, sempre a Palermo, sempre negli anni universitari; si chiamava “Open Club”: in mezzo agli attrezzi per scolpire glutei e addome, tra un esercizio e l’attesa del successivo, gli occhi di un ragazzo seguivano accidentalmente i miei spostamenti. Ogni volta che entravo nella sala lo riconoscevo dal pantalone di tuta blu scuro e una maglietta, sempre uguale, colore latte macchiato. Non che fosse importante per me flirtare con questo sconosciuto, ma quell’ora di palestra rappresentava l’argine che tratteneva tutte le sensazioni positive che lo studio mi sottraeva.

E poi, eccola, nella valigetta, la bottiglia di profumo, regalo di mia nonna per un compleanno: “Arrogance”, nel suo packaging del rosa che piace a me, con il tappo e la scritta dorati. Aprirlo e percepire, un po’ avvizzita ma presente, la sua fragranza spalanca mille porte e tra i ricordi che ne fluiscono quello più bello mi fa ripensare a mia nonna, lucida novantenne, sempre in ordine, con una nuvola di capelli bianchi ben pettinati, intenta a risolvere i cruciverba della Settimana Enigmistica seduta nel suo angolo di divano, il gomito poggiato sul bracciolo, lo sguardo concentrato.


Confesso di avere un vizio che non arretra nemmeno di fronte all’età che avanza (come se fosse legato a un fattore temporale!) e ha un brutto nome: si chiama feticismo. Ovviamente non parlo del disturbo psicologico legato alla sfera sessuale: non sono una maniaca che ha bisogno di circondarsi di oggetti inanimati per risvegliare la libidine (l’unico pensiero che mi viene, dispiegando davanti ai miei occhi la maglietta dei Duran Duran, è quanto fossi invaghita negli anni di liceo del bassista John Taylor e l’odore della crema anticellulite mi fa rimpiangere una conquista mai andata in porto). Non scomodo piedi, né biancheria intima... La libidine dei ricordi: ecco, forse, definirla così addolcisce l’ossessione.

Ma no, in realtà, il mio feticismo ha un’accezione “nazional popolare”: è quell’attaccamento agli oggetti che hanno una storia e un significato importanti per me. Non riesco a liberarmene perché mi sembra che in essi si riannodino le corde sciolte del passato; sono il filo di Arianna grazie al quale trovo la strada del ritorno a quei momenti. E una sensazione che amo, mi riempie di malinconia, qualche volta, ma mi piace, non posso farne a meno. Conservo tutto ciò che nella mia vita crea un legame forte con situazioni e persone. 

Così, dentro la valigia riposta in cantina, custodisco pezzi di vita che camminano con me da anni; ci sono anche lettere e testimonianze di eventi che non voglio dimenticare e altri “feticci”, che mi danno il conforto della continuità: una salviettina del profumo maschile Morris, seccatasi nella sua confezione nera con un angolo aperto, il tappo di uno spumante con una data e un nome, una videocassetta Sony da 120 minuti che non ho il desiderio rivedere (mi basta sapere cosa contiene), alcune pagine strappate da un diario, cui ho dato il privilegio dell’esclusività. 


Ho preso la musicassetta che cercavo: era, a sua volta, dentro una piccola scatola di cartone. Non ricordavo di avervi religiosamente conservato pure la bottiglia mignon di un liquore con cui nel 2009 avevo omaggiato un evento importante. Allora non era stata una scelta casuale: mi era stato comunicato con una mail di essere la vincitrice del concorso letterario cui avevo partecipato con il mio romanzo. Me lo pubblicavano: sarei diventata una scrittrice esordiente. 

E pensare che, all’epoca, bevvi un sorso di “Liquore Strega” in segno di augurio per il futuro e ora quell’oggetto, insieme a tutto il resto, tiene attivo il mio feticismo prêt-à-porter, assolvendo solo al ruolo di “bel ricordo”, simbolo di un sogno che non ho più!



18 commenti:

  1. È bello avere questo genere di oggetti-feticcio che ci rammentano momenti importanti, magari collegati a sogni che poi non sono andati in porto, però in quel momento tutta l'emozione, l'aspettativa, la soddisfazione fluivano insieme e ci davano la certezza che stavamo vivendo un attimo indimenticabile, lo era già mentre era in corso, prima ancora di essere diventato passato e memoria.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Esattamente e io ho sempre immaginato che la bellezza di quei momenti fosse trattenuta dentro quegli oggetti, che poi può essere anche una determinata musica o solo un odore (non a caso ho amato Proust e la sua Recherche) :)

      Elimina
  2. Ci sono degli oggetti che hanno il potere di riportarci indietro nel tempo, ho notato che avviene sopratutto quando questi oggetti sono conservati in un posto lontano dagli occhi, perché ogni volta che apriamo quella scatola il ricordo viene evocato e diventa quasi tangibile. Il liquore “Strega” mi ha mosso un ricordo, mia madre lo preparava in casa comprando gli ingredienti in un negozio del paese specializzato e ora mi sembra quasi di sentirne il profumo, oltre a vedere il suo colore giallo intenso nella famosa e bellissima bottiglia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io, per fortuna, conservo solo i ricordi che non voglio perdere nell'oblio del tempo, perché altrimenti non basterebbe un castello per conservare tutti gli oggetti, te lo immagini! :) Ho vissuto gli anni universitari in maniera molto intensa e ci sono sensazioni che a volte mi capita di volere rivivere: quegli oggetti me le hanno lasciate inalterate e questa è la ragione del mio attaccamento a certe cose.
      (Ci credi che da allora non ho più assaggiato il liquore Strega?)

      Elimina
  3. Ti capisco, anche se in parte. In sostanza: di oggetti feticcio sono rimasti pieni i cassetti della casa dei miei. La vecchia stanza che condividevo con mia sorella. In quei cassetti bianchi è sepolto tutto il nostro passato, le cinture anni 80, le cassette, i fermagli per capelli a fioccone, perfino vecchie trousse ricevute ai nostri 18 anni (inutilizzabili ovviamente da moltissimo tempo eppure dalle forme belle, per questo conservati). Aprire quei cassetti dona le stesse sensazioni che provi tu. C'è qualcosa di struggente, malinconia pura. Non so perché abbiamo raggiunto a 50 anni questo vizio di immalinconirci dinanzi ai ricordi, ma davvero una decina di anni fa nemmeno li sfioravo questi pensieri, e immagino neppure tu.
    Io però, al contrario di te, non ho voluto portare con me i miei feticci e sono certissima che faranno la fine della pattumiera quando smantelleremo casa. Non ho questo legame con gli oggetti, pur facendomi piacere che esistano ancora in quei cassetti bianchi. Invece Franco è come te. Fra le cose in garage c'è il suo Pinocchio degli ultimi anni 60, quello di gomma, grande, sulle fattezze del film Disney. Ha il naso tutto smangiucchiato dalle sue gengive di bambino al quale spuntavano i denti, è sbiadito e rovinato, ma non lo butterebbe per niente al mondo. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahah, ora propongo a Franco di aprire un museo con tutti i nostri feticci! tipo quello di Pamuk nel romanzo "Il museo dell'innocenza", hai presente? Che meraviglia quel suo Pinocchio. Allora ti confido che in un angolo del mio armadio, nascosto dentro una scatola, conservo il famoso "lenzuolino" con l'angolo sdrucito che mio figlio Enrico usava per addormentarsi (tormentava quell'angolo di stoffa con le dita). Non faccio così con tutte le cose, se no sai che casino sarebbe la mia casa! Ma se poco poco vivo un momento della mia vita in modo straordinario, allora so già che vorrò ricordarmene sempre
      (straordinario nel senso proprio di fuori dall'ordinario).

      Elimina
  4. Anch'io conservo una serie di oggetti che mi sono cari e non possono essere definiti solo ricordi perché sono pieni di vita. Sì, anche gli oggetti si caricano della nostra vita e ce la restituiscono attraverso varie sensazioni psicologiche o anche fisiche! I profumi, per esempio, come hai ben ricordato.
    Quando anni fa ho sbaraccato la casa dei miei e ho portato da me alcune cose, tra le altre c'erano dei piattini da dolce che mia mamma usava quando avevamo ospiti. Riprendere a usarli mi ha fatto tornare ai pomeriggi domenicali in cui le amiche di mia mamma venivano a trovarla, lei preparava una torta e dalla credenza del soggiorno dove stavano dolci e liquori, insieme ai piatti del servizio bello usciva un meraviglioso profumo di confetteria.
    A proposito, il liquore Strega girava anche in casa mia, però a me non è mai piaciuto.
    Grazie di questo splendido post!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah sì, il profumo di confetteria! Mi hai fatto venire in mente che ne usciva uno analogo dalla credenza di mia nonna, dove andavo ad attingere la mia riserva di cioccolatini. Che bello, il tuo ricordo!

      Elimina
  5. È un problema se non abiti in una casa con magazzino annesso :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Per ora quel magazzino c'è, però mi rendo conto che prima o poi a qualcosa dovrò rinunciare, sigh! La casa (con magazzino) non durerà per sempre, sigh sigh!

      Elimina
  6. Sono un accumulatore compulsivo, ho un'agenda magazzino per ogni anno, dove conservo biglietti di cinema, teatri, ristoranti, mostre ma anche ticket di parcheggio di ospedali e segno ogni minimo evento.. ogni tanto, riaprendone qualcuna, mi risovvengono date, luoghi, episodi.. e anche odori, sensazioni, persone, incontri, atmosfere.. non potrei privarmene mai.. è un fil rouge sensitivo e di memoria storica.. la mia personale macchina del tempo.. ;) p.s. I Duran Duran li ascolto ancora, attorno al 2000 si sono evoluti in maniera fantastica creando un pop sofisticato e di livello.. da Medazzaland in poi, ma senza John Taylor.. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io ho un cassetto pieno delle stesse tue cose, soprattutto biglietti e brochure di mostre. Sono contenta di trovare dei colleghi "compulsivi" come me! :)
      Io i Duran Duran li ho lasciati all'università, quando mi sono buttata sul versante dark della musica, però ho continuato a sentire i loro pezzi vecchi e anche molti dei recenti e a parte vedere quanto siano invecchiati (ma è nelle cose), li trovo sempre performanti. Quanti bei ricordi!

      Elimina
  7. Anche a me è capitato di conservare oggetti che mi ricordano qualcosa di prezioso del mio passato ma, di tanto in tanto, faccio pulizia di ciò che non ha più un senso conservare.
    Ho buttato le lettere d'amore che avevo ricevuto nel momento in cui ho trovato la persona che mi ha fatto capire cos'è davvero l'amore, ma ho tenuto le magliette comprate al concerto del mio cantante preferito perché posso indossarle ancora, magari per andare in spiaggia.
    Ho buttato oggetti che ricordavano avventure adolescenziali e ho conservato la penna che mi aveva regalato mio nonno, perché scrive ancora.
    In generale non mi piace ripensare al passato perché lo trovo spesso una zavorra che toglie spazio al nuovo. Se si tiene occupata la testa con la malinconia di qualcosa che non può tornare, viene più difficile trovare lo slancio di entusiasmarsi per costruire quello che ancora non c'è. O almeno questo è quello che succede a me.
    In fondo la mia filosofia di vita si avvicina molto al famoso "tutto scorre" di Eraclito.
    A presto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A proposito di lettere, pensa che io, invece, ho ancora quelle di un ex ex, una storia molto ordinaria, niente di trasgressivo o travolgente, solo che mi ricordano un bel periodo della mia vita e non finisce qui: c'è anche una canzone degli U2 che ho abbinato a quei momenti e non posso ascoltarla senza rivedermi in quell'allora. Ti dirò, mi guardo indietro solo perché sono affezionata ai ricordi, ma niente del passato mi condiziona veramente, cioè sono d'accordo con il panta rei eraclitiano, guardo avanti ma mi piace camminare con tutto il bagaglio di esperienze che mi hanno portato fin qui. E non è pesante ;)

      Elimina
  8. Uhm, non so se rientro nella categoria perché certe cose le tengo, ma in altro modo. Tipo che le musicassette ci sono tutte e ordinate nelle scatole, da sole (e accidentaccio a un amico che m'ha spiegato che non ascoltandole spesso, rischiano di smagnetizzarsi... meglio che non ci penso!) Come pure i compact disc (ho pure rinvenuto il lettore portatile e un vecchio walkman!) Da un'altra parte ho alcuni mignon di profumi, molti vuoti, solo per la forma della bottiglietta. Poi c'è una mensolina con gli oggettini presi in ferie, piccole ceramiche o monili di legno (o i sassi rubati nelle spiagge... :P ) Non so... vale un tassello azzurro della mia vecchia piscina, rubato dagli scarti, mentre stavano facendo i lavori?! :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questa cosa della smagnetizzazione sgomenta anche me: io ho un tesoro in musicassetta, ne soffrirei da morire! Quanto ai profumi mignon, ne facevo raccolta quando ero bambina: le forme erano tutte stupende e la Standa (ma tu te la ricordi?) per me era un parco giochi, con quel cestone, nel reparto profumeria, al piano terra, pieno di queste bottigline (i profumi erano puzzolentissimi, però! :D :D). Se la vuoi detta tutta, credo che quel tassello azzurro valga più di tutto il resto: è il simbolo di una cosa cui sei rimasta affezionata, nonostante tutto, patrimonio unico, proprio perché non c'è più.

      Elimina
    2. Certo che me la ricordo la Standa! Era una festa andarci, era il supermercato più grande e ricco (almeno nella mia cittadina dell'epoca), con i giocattoli e l'abbigliamento. E la profumeria, ma io mi incantavo di fronte ai colori degli ombretti (da bambina). :D

      Elimina
    3. Ne ho un ricordo speciale pure io, forse perché da piccola ci andavo sempre con mia mamma e ne uscivo sempre con qualcosa, un profumino, una gommina, un lucidalabbra, quelli alla fragola...; era un grande edificio a più piani in pieno centro storico, un'istituzione!

      Elimina