martedì 6 ottobre 2015

Leggo ergo dubito

Vincent Van Gogh - "La lettrice di romanzi"

Quando ho un problema, non lascio mai che prenda il sopravvento sulla mia capacita di autoanalisi: lo guardo in faccia e gli dico a noi due! Lo afferro, lo seziono, non demordo, seguo il filo di arianna che si perde dentro i labirinti del mio inconscio e provo ad arrivare al nocciolo della questione.

La mia insicurezza. Questo è il problema.

Non sono psicologa dunque non mi avventuro dentro disquisizioni scientifiche che non mi competono. Esperienze negative ancorate a fasi della vita ormai passate, incapacità di dimenticarle del tutto, complessi irrisolti, possono certo influire sulla mia insicurezza ma la mia indagine oggi analizza quella che manifesto quando scrivo, più in linea con questo blog che parla prevalentemente di scrittura.

La prima cosa che, in genere, lamentiamo è il non sentirci padroni degli strumenti che servono per essere bravi scrittori; poi ci sono le critiche che, per quanto utili e ben accette, non sono mai boccate d'aria fresca.
Ho cercato di dare una spiegazione valida alla mia fame di conferme che sì, attinge anche alle motivazioni appena addotte, ma non soddisfa pienamente la mia ricerca della verità.
Finché non l'ho trovata, la ragione della mia insicurezza, l'ho sempre avuta davanti agli occhi (nel vero senso della parola): essa si annida nel potere di immedesimazione che vivo quando leggo. Una sensazione che segue un doppio binario e che nell'uno o nell'altro caso mette un freno alla mia appassionata vena narrativa.
Cosa voglio dire è subito spiegato.

Quando mi scontro con la bellezza di un libro, so che io non sono all'altezza di produrre pagine simili: provo a entrare nella mentalità dell'autore della storia per catturarne i segreti, per assorbirne stile e abilità comunicative e mi ritrovo con un pugno di mosche in mano, non essendo capace di emulare la bravura altrui.
Bene, ma c'è anche l'altro lato della medaglia: quando mi immergo nella lettura delle opere di un esordiente trovo tutti i difetti di una scrittura immatura e allora, poiché so di parlare dallo stesso lato della barricata, penso che anche la mia opera scritta possa fare questa impressione.

Leggere il libro di uno sconosciuto ci pone in una condizione di pregiudizio assoluto; ammettiamolo, difficilmente ci accostiamo alla lettura di chi sta esordendo con un testo che è stato persino autopubblicato e se lo facciamo siamo lì che ci aspettiamo, già fin dalle prime battute dell'incipit, di storcere il naso per poter dire "lo sapevo". Al primo refuso sfuggito all'attenzione dell'autore (che si affanna, durante la revisione, a eliminarli tutti e, ahimè, c'è sempre quello bastardo che si nasconde per fargli venire l'ulcera a giochi fatti), ecco che noi, lettori prevenuti, sogghigniamo perché TROVATO! l'errore che fa la differenza fra il romanzo editato con tutti i sacri crismi e quello prodotto secondo le regole fallibili del "faidate" (che poi si beccano strafalcioni anche in libri D.O.C., ma sottolinearlo adesso non serve.)
L'ho detto in varie occasioni, a me piace leggere le opere degli autori esordienti, mi piace giudicarle non dall'alto di un pulpito inesistente ma da un'assoluta condizione di parità; per me è quasi una sfida riuscire a trovare il libro meritevole di successo perché, nonostante questa mia curiosità verso l'emergente (forse anche strana per qualcuno), alla fine trovo difficile fare a pezzi il mio forte pregiudizio di partenza, quasi mai ribaltato da scoperte sbalorditive.
Sono esigente, mi basta poco per non apprezzare in pieno una storia e ho bisogno di tanti elementi per rimanerne soddisfatta: devo emozionarmi, incuriosirmi, la mia lettura non deve incepparsi in stonature, non deve incontrare errori troppo fastidiosi; tollero la svista, ma non la banalità; mi sorprendono i guizzi creativi, mi stufa la prosopopea*, non mi piace nemmeno l'eccessiva semplicità e di fronte a un'idea vincente io devo riscontrare una resa su carta altrettanto valida, senza perdere strada facendo l'interesse e il desiderio di sapere come andrà a finire. Soprattutto non devo sbadigliare, né saltare in modo imbarazzane interi paragrafi per trovare quello al quale aggrappare la mia residua attenzione. Al culmine dei miei sforzi, il libro finisce per giacere sul comodino per intere settimane senza esercitare più alcun fascino su di me. Lì muore a mezza corsa, cioè lo abbandono per sempre. E amen!

Bene, sono una lettrice rompiballe e voglio essere scrittrice! Come la mettiamo?

Ecco la doppia immedesimazione: con il lettore severo che legge la mia opera di scrittrice esordiente.

Le mie domande mi mettono in crisi: sei sicura, Marina, di scrivere come se avessi sempre a che fare con una persona che ha i tuoi stessi tenaci pregiudizi? Di emozionare con la tua storia? di incuriosire, non essere noiosa, banale, di tenere alta l'attenzione di chi ti dà fiducia? Di raccontare cose interessanti e di farlo bene, con uno stile appropriato, senza un linguaggio stucchevole, senza cadere in errori imperdonabili di grammatica e sintassi?
La risposta è NO!
Non sono sicura, anzi sono convinta di avere buone idee incapaci, tuttavia, di prendere la strada maestra per essere raccontate nel modo giusto. Forse sono indulgente con i refusi (quelli sono frutto di distrazione e anche il lettore meno avveduto se ne accorge), ma la narrazione non va avanti senza che io mi dica "ma a chi vuoi che importi, a chi può interessare questa storia?". Sono un'esordiente anch'io, chi mi dà credito avrà lo stesso mio pregiudizio ed essere convincenti non è facile: ma se già storciamo il naso noi comuni lettori, cosa possiamo aspettarci da un Editore al quale destiniamo i nostri lavori imperfetti sperando che si alzi col piede giusto o che si convinca che investire il suo tempo nel nostro progetto sia un affare oltreché un giusto riconoscimento?

Ragionare a voce alta (perché scrivere su un blog è anche questo) mi è utile. Sarebbe interessante raccogliere le vostre opinioni.
Qual è l'origine delle vostre insicurezze? (sempre che ne abbiate!)



*Anche questa volta ho usato un termine che partecipa all'iniziativa Una parola al mese di Romina Tamerici, nel suo blog. La parola di ottobre è prosopopea (qui maggiori informazioni).







40 commenti:

  1. Stavo proprio ragionando su una nuova rubrica, nella quale autore e commentatori siano anonimi per evitare i soliti imbarazzi o il classico "mi piace" a prescindere. Visto che con "Acchiappami" abbiamo un po' rotto il ghiaccio, forse potremmo fare un gruppo di auto-aiuto vero :) Che ne dici?

    Anche a me, come scrivente, piace confrontarmi con le pagine di gente brava con la penna. Perdo facile, è vero, ma non sempre :)

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    1. Tipo "anonima scrittori", anzi no, scriventi?
      Mi piace. Organizza che occupo la prima sedia del cerchio! :)

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    2. fatto. entro questa settimana pubblico il post: vedremo se ci saranno adesioni ;)

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  2. Io non sono in grado di fare auto-analisi, cioè di mettermi lì a pensare, ragionare, ecc. L’auto-analisi però mi riesce spontaneamente quando scrivo. Viene fuori non quello che prevedevo di scrivere, ma quello che avevo già dentro, imberbe, e che evidentemente ha una certa importanza, almeno per me. Forse è per questo che scrivo.

    Tornando all’argomento del tuo post, è comunissimo dare per scontata l’esattezza di quello che scrive un Autore Autorizzato (ne parlerò nel post di domani) ed essere invece puntigliosi nei confronti di un Autore non ancora Autorizzato. Non vale solo nella scrittura ed è una questione di “credibilità”. La “credibilità” si accumula come monete, giorno dopo giorno e man mano che l’accumuliamo ne riscontriamo i benefici. C’è una sorta di ipocrisia in tutto questo, temo, ma il mondo funziona così e, per dirla con le parole di Baricco, in un mondo in cui si “surfa” è inevitabile che lo sarà sempre di più.

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    1. Vero,esiste anche il pregiudizio al contrario: dare per scontato che l'Autore Autorizzato" come lo chiami tu sia credibile, ma lì, però, la botta che prendi se ti delude è bella grossa, con il "piccolo pesce" soffri meno!

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  3. Non mi fa onore ma mi riconosco nell'atteggiamento prevenuto che ho leggendo gli esordienti soprattutto se self. Sugli esordienti italiani invece con editori tradizionali se big cerco di capire il percorso fatto per arrivarci, in tutti i casi andando avanti con la lettura cerco di estraniarmi da pensieri nocivi. Come mi colloco? Devo dire che l'iniziativa di Michele che continuo a dire e pensare che sia davvero utile, mi ha galvanizzata, forse ora ho le capacità per arrivare più lontano e non a caso dico ORA, perchè leggendo e scrivendo tanto e spezzo una lancia anche a favore dei corsi di scrittura, ho acquisito tanti strumenti. Di sicuro però non ho quel talento che trovo in pochi autori oggi. spesso Pulitzer americani. Lì sono doti innate. Baci Sandra

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    1. Sì, scrivere pensando a chi ce l'ha fatta non è una buona idea, ti condizioni spesso in negativo e non fai un buon lavoro di concentrazione su quanto stai scrivendo.

      Quindi, se non hai talento, cioè quella dote innata che ti spinge in alto senza fatica, voli sempre a bassa quota?

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    2. Metà altezza cara :D Sandra

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  4. Io non ho insicurezze ;-P
    No, seriamente, il mio livello di insicurezza è quello di uno che quando esce dal garage ritorna indietro per essere sicuro di aver chiuso la porta e poi magari gli rimane il dubbio di non aver spento la luce...
    Sono un insicuro cronico, e proprio perché consapevole di questa mia debolezza caratteriale cerco di conviverci a tutti o livelli. A volte, quando trascrivo qualcosa riferito a un dato storico o geografico, lascio il testo in rosso per ricontrollare la giustezza del dato e questo ovviamente diminuisce la quantità di inesattezze. Insomma, provo a girare la debolezza a mio favore
    ;-)

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    1. Certo, si elaborano strategie per arginare la difficoltà. Sai cosa accade a me? Se per esempio ricevo un complimento per qualcosa che è piaciuta molto, la mia attenzione si sposta su quell'altra cosa che potrebbe non piacere. In pratica non mi godo le cose positive e sto sempre lì ad arrabbattarmi sul resto. Cavolo, mi dico, ma prendi e porta a casa... e non rompere! (Super-io rigoroso, il mio!)

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  5. Negli ultimi tempi leggo con un certo occhio clinico e mi è capitato di vedere qualche piccolo errore anche in libri pubblicati da grandi CE, l’altro giorno poi mentre facevo la mia lista dei cento libri ho ripreso in mano il libro di Fausto Brizzi "Jack Frusciante è uscito dal gruppo" e l’incipit era completamente senza punteggiatura e senza maiuscole (dopo la forma cambiava) quindi era un vezzo, una licenza poetica, e mi sono detta: ma se lo facessi io direbbero subito che non conosco la punteggiatura come minimo!
    Questa la mia considerazione: forse ci mettiamo troppo problemi, l’insicurezza può andar bene per cercare di migliorarsi, ma non bisogna lasciarsi bloccare.

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    1. Noi, poveri figli di un dio minore!
      (Io ho finito di leggere un libro che non sa cosa sia la divisione in sillabe, ma non credo si tratti di licenza poetica!)

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  6. La mia cronica insicurezza è anche alla base della mia decisione di non darmi al self. Fosse per me nessuna storia mai sarebbe pronta. Un conto sono i raccontini per i blog, ma i racconti lunghi, i romanzi? Non uscirebbero mai dal mio computer. Invece se qualcuno li sceglie, beh, c'è poco da fare, devono uscire per forza. Ammetto che poi questo, il fatto che qualcuno li scelga, aiuta l'autostima, insomma, non possono fare poi così schifo, no?
    Quindi francamente ammiro molto il coraggio degli autori self (che a volte è incoscienza, ma non sempre).
    Devo dire che è difficile che non trovi dei pregi in un libro letto. Di solito penso "ah, mi piacerebbe scrivere così..." e non "mannaggia, ma se hanno pubblicato lui! Io sono meglio..."
    C'è da dire che ci sono anche i lati positivi di questo mio carattere. Tutto quel che arriva è un regalo dal Cielo!

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    1. D'accordissimo con il regalo dal Cielo! Ogni bella notizia, una gratificazione (quelle inaspettate, poi, sono le migliori!), il complimento che senti spassionato, sono come una manna anche per me.
      Solo che, forse, me li godo poco e per troppo poco tempo!

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  7. Insicurezza ?
    Sei brava ,sei bella ,sai scrivere. Hai una bella famiglia
    Sei giovane
    Hai tutto ...
    Quindi via insicurezze
    Via ...
    Dimenticavo :sei una donna dolcissima e questo è un aspetto del tuo carattere che vale oro
    Insicurezza ??? De che ? Se dice a Roma

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  8. Cara Marina, mi sono ritrovato in molte delle cose che hai scritto, sono un esordiente anche io quindi credo sia normale. Non in tutto' ed è normale anche questo. Quello che posso dirti è che se si ama qualcosa bisogna buttarsi, tutto è in divenire, la costanza, il lavoro, la dedizione, ripagano. Mettici anche la crescita, certe capacità si sviluppano con l'esperienza e il tempo. Un grande abbraccio.

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    1. Ma certamente che mi butto, che divengo, cresco, sviluppo capacità e accumulo esperienza. E chi si ferma: sarò pure insicura, ma ho una grande pazienza... e c'ho la testa dura! ;)

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    2. Grande, è la ricetta giusta. Da ragazzino scrissi sulla copertina del diario una frase che lasciò sbigottita mia madre, più che altro perché avevo solo 11 anni: "Non credo nella fortuna ma solo nella tenacia".

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    3. Caspita, Massimiliano, saggezza precoce! :)

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  9. Sono un'insicura cronica. Pure un po' paranoica.
    Avrei detto che è una caratteristica che non aiuta chi vuole scrivere, ma visto che qui siamo tutti scriventi e che siamo tutti soggetti all'insicurezza, devo ricredermi. Magari è una cosa “normale”. :)

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  10. Ma se scrivi sei sempre insicuro/a. Anche se ieri hai fatto un buon lavoro (ma lo avrai fatto sul serio, oppure è solo illusione?), oggi quasi certamente non sarai capace di combinare nulla! Ma di solito anche gli autori importanti sono in queste condizioni.

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    1. Sì, ma l'origine dell'insicurezza dell'autore importante è un'altra: sarò in grado di soddisfare anche questa volta le esigenze del pubblico (che comunque c'è e mi segue)?
      L'insicurezza di Pinco Pallino che scrive deve abbattere il muro del pregiudizio, prima.

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  11. Anche io a volte mi imbatto in chi non sa scrivere e in chi lo sa fare (inclusi autori di editori anche importanti). E come te, mi vengono i dubbi, ma poi me li lascio passare. Sto iniziando a odiare la scrittura al punto che di recente ho iniziato a leggere vari ebook e dopo un paio di capitoli sono passato a un altro ebook. Sto diventando troppo esigente oppure non scelgo con cura i testi? Non lo so.
    Io credo che non sia un problema il refuso in sé, ma la storia. Puoi anche scrivere un testo senza un solo refuso, ma se la storia non prende il volo che si fa? Questa è la cosa che mi terrorizza. Qual è il modo giusto di raccontare gli eventi in un testo senza ingarbugliarlo o appesantirlo? Inizio a farmi domande e a finire in un vortice che mi impedisce di scrivere.
    Ho un testo lunghetto da correggere e sto provando in tutti i modi a migliorarlo, a sezionarlo, per evitare quello che in un testo detesto (mi si perdoni la rima :D ), ma poi penso che sarà solo il tempo a sistemare le cose. All'inizio lo vedi come un lavoraccio, ma poi dopo un po' di mesi ci pensi di meno (anche se resta tale) e quando poi sono convinto lo pubblico con tutte le conseguenze del caso. Avevo anche pensato di coinvolgerti per un tuo parere puntuale proprio a fine del mio editing, ma non so nemmeno se alla fine lo vorrò pubblicare. Forse accadrà, ma non nei tempi che avevo previsto o forse sì, sono talmente incerto non per il testo in sé, ma perché non ho il pubblico vasto e anche se fosse il testo più bello e riuscito del mondo conterebbe ben poco.

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    1. Credo anch'io che la storia sia importantISSIMA, cioè alla fine puoi avere uno stile impeccabile, ma se a "peccare" è ciò che racconti... non c'è proprio dove andare.
      Coinvolgimi pure, se sei sempre dell'idea! :)

      (Intanto ieri ho cominciato il tuo "Jo")

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  12. L'origine delle mi insicurezze è di natura socratica: so di non sapere. E questo mi fa sempre porre con atteggiamento eccessivamente utile. Forse al quarantesimo invio ho smesso di dirti "ovviamente ci sono degli errori perché è una bozza", quasi avessi bisogno di mettere le mani avanti. Sono conscia dei miei limiti, ma metterli davanti agli occhi altrui mi fa sentire molto vulnerabile. :)

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    1. Sì, è vero: che poi mi dico, anche chi giudica il lavoro altrui ha dei limiti. Ma se siamo tutti "limitati" sarebbe bello fare combaciare i "limiti" che si attraggono: che forse il mistero dell'editoria sia anche questo?

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    2. Quindi secondo te non esistono criteri oggettivi di perfez ione?

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    3. Sono convinta di sì, che esista una perfezione riconoscibile oggettivamente, ma penso anche che alla fine sia la visione personale e soggettiva ad avere la meglio: la storia è premiata da chi la sente, la assapora, la vive. Ciò che è bello piace, ma può anche non dire niente. Lo guardi, lo ammiri e poi cerchi l'emozione altrove!

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  13. Se la tua insicurezza è ciò che ti spinge a migliorare il tuo lavoro e a non accontentarti mai del risultato finale, evviva l'insicurezza :-)

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    1. È quel non accontentarsi mai che stona un po'!

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    2. Del resto la perfezione è inarrivabile, ecco perché in questo caso accontentarsi sarebbe presuntuoso ;-)

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    3. Ci riconosciamo tutti nel filosofico eterno tendere verso... :)

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  14. Insicurezze?! Le potessi vendere a un euro al chilo sarei ricca!
    Io non scrivo più proprio perché sentivo di non essere abbastanza per quello che esigo da ciò che leggo. Spero tu non faccia la mia stessa fine! Ancora ti conosco da poco, quindi non ho ancora idea del tuo stile, ma non mollare finché senti che hai voglia di scrivere!

    P.S. Grazie per aver partecipato a "Una parola al mese".

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    1. Anche a cinquanta centesimi mi arricchirei!
      Comunque no che non mollo!

      La tua rubrica mi piace un sacco! ;)

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