martedì 17 gennaio 2017

In viaggio con Proust: "E all'improvviso il ricordo mi è apparso"


Immagino di essere su un treno per un viaggio molto lungo che ha una meta lontana; non so cosa aspettarmi alla fine, ma il piacere che provo è nel godermi il tragitto, con le sue fermate, le sue stazioni obbligatorie. 
Questo mio lungo viaggio è cominciato quando ho deciso di mettere mano per la prima volta a un'opera che ho sempre snobbato per il timore, indotto dal sentito dire, che potesse essere oltremodo pesante. Ho superato la mia remora (in verità, un pregiudizio) e con una rinnovata curiosità ho comprato e cominciato a leggere "Dalla parte di Swann", il primo volume di "Alla ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust, ben determinata ad arrivare al settimo libro.
Un piccolo tratto è stato già percorso e sono giunta a questa fermata con un entusiasmo che ho subito pensato di condividere con voi. Sono solo a pagina 134, alla fine del primo capitolo: pochissimo, ma quanto basta per trarne uno spunto al quale voglio dare il giusto risalto.

Quanto sono importanti i ricordi?

Tutto ciò che facciamo, se è rappresentativo di qualcosa, un giorno diventerà un ricordo importante. Eppure ci sono momenti, nella vita, che vengono riesumati dal passato solo se richiamati alla memoria attraverso una percezione sensoriale, che li riporta in vita e li traghetta nel presente. Magari sono finestre chiuse su episodi lontani, che all'improvviso si spalancano semplicemente perché un suono, un sapore, un odore, ci riportano indietro nel tempo e allora le distanze di anni si accorciano e ci rivediamo a una certa età, in luoghi che non abbiamo più visto, a fare qualcosa che non abbiamo più fatto. 
È una cosa che sperimento spesso e verificare che questo è uno dei temi principali di una grande opera della letteratura classica, mi ha fatto entrare maggiormente in sintonia con l'autore, che non sempre è stato capito.

Accade anche a me di "ricordare" non attraverso un atto di memoria volontaria, ma tramite un riscontro, involontario, suggerito da una sensazione: il mio ricordo è il risultato di un processo interiore che parte da un organo di senso. Così mi sono ritrovata a godere della descrizione immersa che Proust fa della reazione scatenata dall'assaggio di una "petite madeleine", un dolcetto morbido a forma di conchiglia:

Già da molti anni, di Combray, tutto ciò che non fosse il teatro o il dramma del mio andare a dormire, non esisteva più per me, quando un giorno d'inverno, come rientrai in casa, mia madre, accorgendosi che avevo freddo, mi propose di farmi bere, contro le mie abitudini, una tazza di tè. Dapprima rifiutai, poi non so perché cambiai idea. Lei mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti che vengono chiamati "petites madeleines", che sembrano scavati nella valva incavata di una conchiglia di Saint-Jacques. E subito, meccanicamente, oppresso dalla giornata tetra e dalla prospettiva di un domani triste, portai alle labbra un cucchiaino di tè dove avevo lasciato ammorbidire un pezzo di madeleine. Ma nell'istante stesso in cui il sorso del tè, frammisto a briciole di dolce, toccò il mio palato trasalii, attento a qualcosa di straordinario che mi stava accadendo.

Ed è davvero straordinario ciò che accade, non solo al narratore del romanzo, che rievoca i momenti unici della sua infanzia con espressioni quali "piacere delizioso", "essenza preziosa", "immensa gioia", "virtù della bevanda",

E all'improvviso il ricordo mi è apparso. Quel gusto era quello del pezzetto di madeleine che zia Léonie la domenica mattina a Combray (perché quel giorno non uscivo prima dell'ora della messa) mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio quando andavo a darle il buongiorno in camera sua.

ma anche a me, tutte le volte che un sapore o un odore fanno palpitare qualcosa nel profondo del mio animo e lo spirito va alla ricerca di un'immagine, di un contatto visivo che mi colleghi a un ricordo, per riconsegnarmelo intatto.

Ieri, in casa di una vicina del palazzo, dentro il cestino di leccornie che accompagnava il vassoio con le tazze di tè, c'erano anche gli After eight, li conoscete? Sono quei quadrati sottili di cioccolato con dentro uno strato cremoso alla menta. Nel mio inventario mentale quei cioccolatini erano archiviati come uno dei tanti ricordi senza vita, neutralizzati dal tempo. Non ne mangiavo da anni, così per una rinnovata curiosità ne ho messo in bocca uno.

E all'improvviso il ricordo mi è apparso:


Ho sette, forse otto anni e sono molto curiosa. In salone c'è una grande libreria in legno chiaro che prende l'intera parete. La parte bassa è chiusa con delle ante: lì dentro mia madre tiene i piatti e i bicchieri del servizio importante e c'è un cofanetto con le posate in argento. Mi piace guardare i libri disposti sugli scaffali, qualcuno è coperto da statuette di nobili dame del settecento in porcellana di Capodimonte. In alto, più o meno al centro del mobile c'è una nicchia chiusa, un cubo che interrompe lo schema regolare di ripiani e ha una chiave. Nel mio immaginario, quello è uno scrigno che nasconde chissà quali segreti, ma sono bassa e non arrivo ad aprirlo.
Poiché quella è una libreria che sfiora il tetto, anche i miei genitori, per prendere i libri dai piani più alti, si servono di una scala a tre gradini che tengono piegata in un piccolo spazio ricavato tra il mobile e la parete ad angolo. Un pomeriggio mi decido e, mentre i miei riposano nella loro stanza, io prendo la scala e ci salgo su. Sono costretta a sollevarmi ancora un po' sulle punte, ma riesco ad aprire l'anta senza troppa difficoltà. Sono investita da un odore che mi inebria, un misto di libri antichi, di colla, quella del vasetto con il pennellino, avete presente? di carte da gioco plastificate e, nell'insieme indistinto di profumi, percepisco un'essenza di menta di provenienza ignota. C'è un tagliacarte con l'impugnatura in pelle, lì dentro, il sabot con le carte di baccarà, un vecchio libro da rilegare, che appena tocco si sfalda in decine di fogli che mi cadono a terra (mio padre mi ammazzerà), un rompicapo del quale mi innamoro subito (è un cubo trasparente con dentro un labirinto dove fare scivolare una pallina) e poi una custodia nera rettangolare di cartone: After eight, c'è scritto sulla scatola. Sono cioccolati. Mi si illumina lo sguardo. Ne prendo subito uno e lo assaggio: faccio una smorfia, l'incontro di due sapori così diversi non mi convince, ma voglio riprovare. Adesso l'odore di menta mi sale dal palato alle narici, mescolato al sapore del cioccolato.
Non li mangio tutti, ma so che quell'armadietto contiene un segreto, il mio segreto, al quale attingo ogni pomeriggio, quando i miei genitori vanno a riposare: scaletta, qualche tentativo per riuscire a far passare la pallina da un punto all'altro del rompicapo e un after eight che si scioglie in bocca. Sono dieci minuti di puro godimento.
Diventa un'abitudine a tempo, però, perché i cioccolati finiscono e io ci rimango malissimo. 
I miei genitori non si sono accorti mai di nulla, credo, talmente di nulla che non ho più trovato quei cioccolatini in quel posto né li ho più mangiati, come da allora non ho avuto più alcun interesse verso la nicchia chiusa a chiave nella libreria.

Se non fossi stata interrotta dalla conversazione con la vicina di casa, il sipario su quel periodo della mia infanzia sarebbe rimasto aperto e avrei ricordato altri particolari. 
Un sorso di tè e ho ripristinato il collegamento con il presente.
Potrei scriverci un libro, come fece Proust, che è diventato Proust.

Uhh, il treno riparte. Il viaggio continua...

Alla prossima tappa proustiana!

40 commenti:

  1. A me è accaduta la stessa cosa con le Galatine, ma il mio ricordo non te lo racconto. :P

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    1. Avrei anch'io un ricordo da non raccontare con le gelèe alla frutta!
      Ma qui, solo finestre sul passato romantiche! :D

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  2. Bello. Questa è una cosa che mi capita spesso. Qualcuno dice che succede perché sono vecchio, io rispondo... bè non posso dire qui cosa rispondo 😃😃😃

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    1. Se dunque siamo coetanei mi devo sentire anch'io vecchia? E siamo in due a non potere dire cosa risponderemmo! :D

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  3. Sì, il ricordo, soprattutto se legato all'infanzia, ha sempre il gusto di qualcosa di remoto, quando ancora il mondo e la vita erano un'avventura tutta da scoprire.
    Io non so che pagherei per rivedere materialmente la "casa delle vacanze" in collina, cosa impossibile perché ormai ci abita altra gente da anni che ha ovviamente fatto sparire ogni cosa: la credenza in cucina con quei piatti di vetro "ricamati" con degli intagli quadrati intorno alla circonferenza, il mobiletto di metallo con tutti i vecchi numeri di "Topolino" che rileggevo con un piacere speciale anche se non erano nuovi perché, non so, quelle storie, quelle copertine che vedevo solo due settimane all'anno erano speciali rispetto ai numeri che conservavo a casa e potevo vedere tutto l'anno. E poi l'ingresso rustico coi suoi blocchi di pietra e la colonna ricoperta da un mosaico di rozzi rettangolini bianchi...

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    1. Bello il tuo ricordo.
      Siamo pieni di ricordi ed è forse anche un po' vero che l'età aumenti la nostalgia di tempi ormai andati. Io avevo rimosso il mio o, meglio, lo avevo archiviato come un'esperienza della mia infanzia, in fondo niente di trascendentale, eppure quel sapore ritrovato dopo quarant'anni, mi ha fatto rivivere quel momento come se mi mancasse tutto di allora.

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  4. Dunque ti sei decisa a leggere il libro di un esordiente da migliaia di pagine... :-)

    Proust non è un esordiente, lo so. Però "esordisce" nella tua intima coda di lettura.
    E lo fa con un bel tomo... :-D
    O sbaglio?

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    1. Mi aspettavo di imbattermi in una lettura ostica, invece è una lettura piacevolissima. La sua attualità è evidente da subito. Un "esordiente" di cui tesserò di sicuro le lodi! :)

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  5. Non ho mai letto Proust, ma da quel che vedo si avvicina tantissimo al tipo di letteratura che sento più vicino: qualcosa di così dannatamente universale da restare vero qualunque sia la vita di chi sta leggendo.
    Leggere un testo e ritrovarcisi non perché si abbia un particolare vissuto alle spalle, ma perché si è umani e in parte ci si somiglia tutti. Puoi essere una ragazza di ventisei anni che lavora in un call center, un fortunato imprenditore americano o uno scrittore francese del secolo scorso, non importa: sicuramente puoi capire cosa si provi a mangiare un dolce e ad essere catapultato indietro nel tempo.
    Grazie per avermi fatto scoprire Proust, che anche io ho sempre guardato con un po' di diffidenza mista a timore. Credo proprio che sarà tra le mie prossime letture! :)

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    1. Il bello della condivisione è proprio questo: raccontare un'emozione, una suggestione, una reazione che possano indurre altri a fare la stessa esperienza.
      Quello che per ora ho notato di questa lettura è lo stile particolare di Proust, il periodare infinito, che ti costringe a rimanere attento e concentrato su ciò che leggi altrimenti perdi il filo, ma è un'attenzione ben ripagata dai contenuti, che hanno carattere universale, come dici bene tu e coinvolgono nella misura in cui mostrano, nella loro ovvietà, sensazioni che tutti nella vita abbiamo provato in qualche modo. Poi, per me, i ricordi sono la parte più bella del bagaglio esistenziale di una persona.

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  6. I ricordi siamo noi, Marina.
    Non si vive di ricordi però sono il nostro bagaglio e non dobbiamo perderlo.

    Hai già iniziato Proust???? Hai più coraggio di me ahhahahahaha io in casa ce l'ho dalla parte di Swann ma l'ho nascosto bene :))

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    1. Questo tuo commento mi sembra l'ideale continuazione di quello mio poco sopra. I ricordi restano la parte più preziosa della nostra vita.

      Riesuma dall'angolo in cui è nascosto Swann è buttati, secondo me non te ne penti. ;)

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    2. Una volta o l'altra. Non adesso. Non sono dell'umore giusto. :)

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  7. Sai già come la penso sul Maestro e sulla sua opera *__*
    Uno dei miei propositi per il 2017 (per la verità l'unico finora) è proprio quello di rileggere "Combray".

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    1. Bello, Ivano, molto evocativo. Ne sono proprio affascinata.

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  8. Ho letto Proust, qualche stralcio, all'università, quando ho studiato la memoria sensoriale. Ne ho un ricordo pieno ancora oggi. Prima o poi anch'io ne approfondirò la lettura.

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    1. Non so, ma qualcosa mi dice che potrebbe piacerti molto, Iara.

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  9. Che bella e dolce pennellata questo post.
    Conosco quel passaggio dal primo dei romanzi. Non ho mai fatto l'esperienza di leggerli ma è fra i miei desideri.
    Hai mai visto il film "Il dottor Zivago" in quella mirabile versione classica? Ecco, questo modo di intendere il ricordo mi fa venire in mente la scena in cui il protagonista entra nella dacia di famiglia dopo tanti anni e vede in un angolo la balalaika. In quel momento è come invaso dal ricordo di tanti momenti e ha come un deliquio di malinconia e forse d'angoscia per ciò che più non può tornare.

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    1. Grazie, Luz. C'era Omar Sharif, in quel film, vero? mia madre ne era innamorata :)
      L'ho visto anch'io, ma diversi anni fa e non lo rammento, però immagino molto bene il mix di malinconia e angoscia che un ricordo è capace di causare, perché da una parte rivivi il piacere di un momento bello, dall'altra sei cosciente che è qualcosa che hai perduto per sempre. La scia del tempo che passa! Accidenti, ho raccontato a mia madre quello che ho scritto qui oggi e le ho trasmesso una nostalgia ancora più grande. Siamo pure parecchio lontane...

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    2. Sì, il film era quello. Se avrai modo di rintracciare quella scena, sappi che ne resterai abbacinata. :)
      Non mi stupisce che tua madre senta quella malinconia, perché i ricordi se ne vestono proprio. Mi pare di ricordare che hai origini calabresi come me, giusto?

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    3. Un po' più giù, Luz, sono siciliana.

      Lo rivedrò volentieri: a me i vecchi film piacciono un sacco. :)

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  10. Questo brano è celeberrimo, e per me un remember nel remember perché mi ha ricordato una lezione di scrittura creativa basata appunto su questo pezzo. Il cibo sa essere estremamente evocativo, io ricerco apposta alcuni prodotti/piatti per calarmi nella memoria malinconica e crogiolarmi un po'. Buon viaggio Sandra ps. anche il mio con la Kerenina è abbastanza impegnativo, eh.

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    1. Eh sì, la Karenina non è una passeggiata di salute, ma è dannatamente bello. :)

      Molte delle critiche su Proust passano proprio dal ricordo così ossessivo di certi momenti della sua infanzia, come il desiderio spesso negato del bacio della madre prima di addormentarsi. Qualcuno ha trovato eccessiva anche la descrizione delle sensazioni provocate da un biscotto inzuppato. Io l'ho trovato perfetto.

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  11. Gli odori e i sapori sanno risvegliare i ricordi in modo quasi incredibile, per esempio le mandorle caramellate che vengono preparate a Natale mi fanno ricordare mia madre, in particolare l'autunno dei miei sedici anni.

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    1. Ti capisco, mi vengono in mente anche i marron glacé che mi fanno un effetto incredibile ogni volta che li mangio (e lo faccio davvero molto raramente) perché mi ricordano quelli che preparava mio nonno, il profumo di casa sua, dei mobili del suo salone...

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  12. Wow! Bellissimo post, Marina. Una pagina piacevole, invitante, seducente e succulenta da far vibrare non solo le papille gustative e sensoriali, ma anche e, ancor di più, i segreti nascosti nei meandri del nostro cuore e della nostra mente con l'affiorare dei ricordi della nostra infanzia e giovinezza. Buon viaggio, allora! E noi insieme a te...

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    1. P.S. Se ti va passa da me che ho pubblicato l'articolo sul mito della creazione presso gli Induisti. A presto!!!

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    2. Grazie Giuseppe, quel ricordo premeva per essere raccontato. E a te è mai capitato di riviverne uno dietro il sapore o l'odore di qualcosa?

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  13. Spesso. Anche perché vivo di ricordi. Povero me!

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  14. Questa cosa capita spesso anche a me. In realtà molte delle nostre emozioni e sensazioni, secondo me, fanno parte di un ricordo rimosso. Sono troppo freudiana? Può darsi, ma sono convinta fortemente di questo. E ti dirò di più: secondo me non tutte queste sensazioni arrivano da questa esistenza. Ho letto dei libri veramente interessanti, di Brian Weiss. Il primo è stato "Molte vite, un solo amore" ma ne ha scritti moltissimi: si tratta di casi affrontati lavorando come terapeuta. Le persone venivano indotte in uno stato meditativo e spinte a rievocare i ricordi alla base delle proprie fobie. Io stessa ho vissuto quest'esperienza, usando gli audio di Weiss tradotti in italiano, ed è stato veramente molto bello, oltre che molto utile.

    "Il ricordo" potrebbe essere il tema della sfida che vi proporrò giovedì prossimo, ma forse sarebbe meglio evitare che ci sia un argomento dominante. Ci rifletterò. Penso che potrà venire fuori una bella cosa. :)

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    1. Ti ricordi la nostra discussione sulla memoria (pessima, la mia, ottima la tua)? Ecco, io non riesco a ricordare molte cose accadute soltanto un anno fa, ma ricostruisco particolari minuziosi se qualcosa, come in questo caso un sapore, ma può essere anche un odore o una musica, mi riporta indietro a quegli anni. Non sono ricordi rimossi, è la vita che è passata e lo ha fatto in modo naturale, nel senso che spesso mi capita di avvertire nostalgia per episodi assolutamente ordinari, che non hanno nulla di speciale e che si sedimentano nella mente con il semplice andare del tempo. Strati e strati di vita vissuta che diventano ricordi veri quando ci ripenso.

      Una sfida suo ricordi? Bella! :)

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  15. Io aspetterei la fine del viaggio prima di cantar vittoria, naturalmente stiamo parlando di un capolavoro della letteratura... però sono curioso di sapere se il tuo entusiasmo rimarrà tale per tutto il tempo della Ricerca oppure si perderà dentro le lunghissime e lentissime pagine del Romanzo ;)

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    1. Benritrovato, Giuseppe!
      Lentissimo fin dall'inizio,lunghissimo si vede da subito, anche nel periodare ipotattico infinito, dunque sono consapevole. il rischio di stancarmi c'è, forse con i libri successivi., per ora mi sono immersa in questo sommergibile della letteratura.
      Torna presto da queste parti. :)

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  16. Anche a me per quest'anno piacerebbe affrontare qualche sfida di questo tipo, ma rimanendo nella sfera delle cose realizzabili ( :-) ) mi piacerebbe leggere Guerra e Pace (è da un po' di anni che me lo ripeto, forse quest'anno o il prossimo sono quelli buoni (o quello dopo ancora? ;-) )

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    1. Ecco, appunto: io ero giunta a quello dopo ancora! :D

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  17. Il meccanismo del ricordo è molto interessante. Spesso la miccia è sensoriale, altre volte basta l'accenno a un dettaglio del passato per portare con sé una valanga di altri ricordi collegati, mai ripensati e riposti in chissà quale grumo di neuroni. ;)

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    1. A me piace molto rivivere un ricordo, poi però mi rimane una tale malinconia che preferisco riconfinarli in uno di quei grumi di neuroni che dici tu. Sono parentesi che spesso chiudo in fretta.

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    2. Io invece non vivo i ricordi con malinconia, ma... non li vivo proprio! Se non c'è qualche motivo casuale a farmi ricordare, al passato non penso quasi mai.

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    3. Secondo me, il tuo è il miglior modo per vivere bene il presente e pensare con serenità al futuro. :)

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