“... Lui solo aveva il potere di farmi ritrovare i giorni passati, il tempo perduto, davanti a cui gli sforzi della mia memoria e della mia intelligenza erano sempre vani...”
È l’ultimo brano che leggo, del libro che ho dietro, prima di salire a bordo.
Un fischio di nave: si parte. Il richiamo è lungo. Cessa solo quando vengono mollati gli ormeggi. Tengo gli occhi chiusi, anche se non è necessario. Da qualche parte, qualcuno sta gonfiando un materassino con una pompa manuale che stantuffa: raccoglie aria sfiata raccoglie aria sfiata raccoglie aria sfiata, in un ritmo che non cambia, sempre fermo sulla stessa modulazione di frequenza.
Pensare all’estate - imperativo categorico: fa un freddo cane, qui. Ma se invece di essere un materassino gonfiato a mano, questo sottofondo fosse un apparecchio da rianimazione? Un ventilatore per terapia intensiva. Può togliere la mascherina, se vuole, no no che non la tolgo, grazie.
Inaspettato, nell’aria già satura di suoni, arriva un clacson di auto, come un sistema di allarme che si è attivato, perché si ripete, incessante: strombazza si blocca strombazza si blocca strombazza si blocca; per qualche minuto le mie orecchie assorbono il rumore e cercano di ammorbidirlo, trasformandolo in una nota musicale: sarebbe un do acuto.
Che incubo, avere le batterie scariche del telecomando antifurto: quella volta che la chiusura centralizzata mi ha lasciata fuori dall’auto ed è partito il do-do-do-do-do perentorio e stordente dell’allarme, avrei voluto avere il superpotere di Sue Storm dei Fantastici 4.
Il do acuto rimane un ricordo: adesso si è attivata la centrifuga di una lavatrice. S’impenna in un tunnel sonoro che va direttamente all’ultimo, velocissimo, giro, quello che fa uscire la biancheria accartocciata, quasi asciutta dall’oblò e dilata il minuto oltre il tempo segnato dal timer. Mi ipnotizzo con il cestello ruotante che compatta il suo contenuto in un’unica spirale scura... lavare stendere ripiegare stirare riporre nei cassetti... una quotidianità che ogni tanto un jolly interrompe. Questo jolly, oggi, mi ha fatto alzare alle sei del mattino per essere puntuale e non arrivare tardi all’appuntamento segnato in agenda.
E perché farsi mancare il martello pneumatico, che in un attimo cancella panni stesi e sapone per il bucato? Un trapano che oltraggia lo spazio mentale rimasto incontaminato e frantuma le pareti del mio cervello, facendomi rimpiangere di non avere messo gli auricolari. Gli fanno eco i marzianetti di Space Invaders, che avanzano impavidi e si dissolvono sotto il fuoco del cannone sputa missili. Daniela sarebbe fiera di avere una cugina che continua ad accumulare punti e a superare livelli, come quando il lunedì sera andavamo insieme alla sala giochi di Via Veneto e ci sparavamo decine di partite con l’obiettivo di battere il record raggiunto la settimana precedente. Sono passati più di vent’anni. Ma come mi sono ridotta! In questo momento, il mio braccio non sarebbe in grado di rispondere alle sollecitazioni di un tasto schiacciato compulsivamente con il dito: tendinopatia al sovraspinato destro mi dice un’ecografia, che ha dieci righe di descrizione incomprensibile. Ho giocato due manches mentali, tre minuti di ricordi di gioventù rampante, poi vengo travolta dalle navicelle aliene e catapultata dentro una stanza dove una stampante gira a vuoto, carica carta che non c’è e fa un rumore che procede a scatti: borbotta ci riprova borbotta ci riprova borbotta ci riprova. Si ferma sconfitta.
“Qualcuno vada a rispondere, su!”, mi viene da urlare. Il pulsante del citofono è lo sfogo di un nevrotico che mollerà solo se qualcuno andrà ad aprirgli il portone. Oh, pace, forse si è rassegnato. Conservo un racconto scritto per un conoscente che con la sua attività di musicista mi ha ispirato la storia: mi sono divertita a scriverla; il protagonista, bassista di un gruppo musicale in crisi, s’invaghisce di una donna che partirà senza dirgli niente, lasciandolo appeso a un citofono che rimbomba in una casa vuota. La suggestione sonora mi accompagna, perché parte un suono stridulo e potente, un assolo di chitarra elettrica: gli AC/DC delle migliori esibizioni. Che meraviglia, quelle feste in cui l’unica droga circolante era la musica e si ballava si ballava si ballava fino a non sentire più le gambe. Tutto quel rock con cui smaltivamo il peso dello studio giornaliero, ai tempi dell’università e la testa si svuotava prima di accogliere il nuovo carico di lavoro intellettivo. Non posso più scatenarmi come ai tempi di Thunderstruck: ho la spalla dolorante e una meniscopatia al ginocchio con cui convivo da quasi quindici anni. Però sono giovane nello spirito, dai!
La musica extreme metal diventa un concerto pieno di distorsioni e suoni ringhianti. Resto immobile e, finalmente, giungo alla fine del viaggio. Ad annunciarlo un nuovo fischio di nave che agevola le manovre di attracco. Sulla banchina lo stantuffo rimane invariato: raccoglie aria sfiata raccoglie aria sfiata raccoglie aria sfiata, in un ritmo sempre costante, un piede meccanico su una pompa manuale che gonfia gonfia gonfia e non si è ancora stancata.
Esco frastornata. I rumori della strada sono ninnenanne, al confronto: macchine che prendono bivi o si fermano davanti al semaforo. La città si sveglia, è ancora presto. M’incammino a piedi verso casa.
Marina, il brano è bellissimo! Spero solo che sia e resti un racocnto, non realtà.
RispondiEliminaRiflessioni corpose di una mente stanca di pensieri troppo pesanti. Malinconia per il passato felice e impegnativo e un occhio sereno sul presente coi suoi lati negativi.
Certo che sei giovane dentro. Anch'io lo sono!
La differenza tra noi due è che tu lo sei anche fuori io non più!
Un abbraccione
EliminaGrazie Patricia, ogni tanto mi lascio andare a qualche elucubrazione mentale. 😁
Ma in quanto a spirito giovanile io neanche ti vedo! 🤗
Una divagazione molto sonora direi. Anch'io ascolto parecchio rock come sai, ma ultimamente poco. E i suoni cerco di eliminarli. Ho solo un gran desiderio di silenzio, di perdermi in un qualche mondo immaginario...
RispondiEliminaMi trovavo in un posto molto rumoroso e mi è partita la suggestione. Anche perché, per fare passare il tempo, ho dovuto affidarmi alla fantasia e ai ricordi. Quelli salvano sempre. ;)
EliminaE poi quando con la coinquilina si ascoltava The Captain of her heart o quando si tornava dall'esame ascoltando in macchina Una notte sul Monte Calvo...
RispondiEliminaRisonanze.
L'anno scorso che andavo a far lezione a Caselle Torinese, all'aeroporto. Su di un treno che doveva avere almeno trent'anni, con gli scompartimenti in legno e i sedili imbottiti, come una volta. Metto su le cuffie per ascoltare The First Picture of You dei Lotus Eaters e poi Digging Your Scene dei Blow Monkeys, mentre il paesaggio a desta scorre cia, a parte l'anacronismo dello smartphone infilato nella tasca, l'illusione di essere di nuovo negli anni '80 è fortissima...
Ma quanto è bello vivere di ricordi e di suggestioni! E la musica aiuta sempre, i suoni, qualunque cosa non lasci la mente a impigrirsi.
EliminaGrazie per le tue risonanze. 🙂
Mi ha dato l'idea di un viaggio in traghetto, il porto rumoroso, il via vai della gente, la pace del ritorno.
RispondiEliminaPer un po' ho ripensato ai miei viaggi in treno, il suo dondolio, l'odore del ferro e il panorama fuori dal finestrino, il colore del mare.
Scriverne significa riprovare tutte quelle sensazioni. Per questo non mi lascio sfuggire l'occasione, quando l'ispirazione è forte. ;)
EliminaChissà perché io, normalmente ispirata dalla musica, di alcuni momenti ricordo di più gli odori. Il salmastro puzzolente del porto, con i fumi asfissianti dei motori, poi il profumo salino del mare portato dalla brezza insieme al dolce delle brioche calde servite al bar e al classico cocco delle creme solari. Infine ancora salmastro, scarichi e finalmente il salato della sabbia bollente sotto i piedi.
RispondiEliminaMi manca il mare. Mi consolo con la bufera di nevischio che imperversa fuori, che ricorsa un altro amore, le Highlands.
PS. Thunderstruck la ascolto assordante nelle cuffiette quando ho il turno di pulizia scale, ottenendo due vantaggi: mi dà il ritmo giusto per un buon allenamento, non sento i vicini che si lamentano. :D
Avresti registrato, allora, il tipico odore di ospedale, se mi avessi fatto compagnia in questo giorno di grande suggestione sonora. Niente di che, un controllo (che quando uno sente ospedale, soprattutto di questi tempi...): a me ha lasciato una voglia matta di scrivere ciò che mi ha ispirato.
EliminaLo ascolto ancora anch'io, Thunderstruck, mentre passo l'aspirapolvere. Te lo immagini, no?
I miei vicini si lamentano del pianoforte di mio figlio, figurati!
Leggendoti, non so perché, ho immaginato un viaggio io stessa, ma all'interno di sinapsi, tra anfratti e dune di un mondo sconosciuto in cui ci si può estraniare. Scrittura ipnotica. :)
RispondiEliminaGrazie per avere colto lo spirito del pezzo: certi suoni, entrati in quel momento, nel mio cervello, mi hanno proprio indotta a fare quel viaggio che tu hai immaginato e volevo trasmettere la sensazione provata attraverso le parole.
EliminaOMG, questo mi fa enorme piacere, Marì. :D
Elimina